N.D.
Gurubell.
TANTI
AUGURI MUFFIN!
Ecco qua, come regalo di compleanno per l'autrice Muffin98,
creatrice di Lev,
il nuovo capitolo di DDNT!
Lo sappiamo, ci abbiamo messo un sacco per aggiornare, speriamo che
almeno sia valsa la pena aspettare.
Buona lettura!
Gurubell
002
– CAPITOLO 2. LA FINE E L'INIZIO
Atto primo: troppe
voci dentro la testa
«
Mer… »
La ragazza dai capelli castani sobbalzò, voltandosi di
scatto
verso il drappo a cui dava le spalle: Lev le fece cenno di raggiungerlo
lì dietro, così, dopo aver controllato che
nessuno la
stesse osservando, scivolò furtiva oltre il pesante tendame
di
velluto rosso, facendo trasparire una certa preoccupazione.
« Cosa c’è? Che ti hanno detto?
»
Levhai sospirò, facendo un cenno con la mano come per
scacciare
un insetto: « Mi stanno tormentando… continuano a
ripetere
la parola “doppio”, sembrano impazziti…
»
« Sei riuscito a metterti in contatto con il ministro
francese? »
« Ancora no… probabilmente il suo spirito non si
sarà ancora reso conto della situazione…
»
« E quel ragazzo, lo studente di Beauxbatons? Di lui sai
qualcosa? »
Il ventiseienne affondò le mani nei propri capelli color
sabbia,
piegandosi in avanti con una smorfia di dolore: «
No… non
so niente… aiutami, mi stanno facendo impazzire…
»
« Ssshhh, tranquillo, tranquillo, sono qui…
»
La castana portò il cugino a inginocchiarsi lentamente, per
poi
permettergli di poggiare la fronte contro la propria spalla.
« Stai tranquillo, Lev… respira a
fondo… »
« Perché fanno così? Sono
impazziti… fanno male… fanno troppo
male… »
Il ragazzo represse a stento un gemito, singhiozzando, mentre le voci
degli spettri si facevano sempre più insistenti,
provocandogli
fitte atroci: quando i fantasmi erano così irrequieti aveva
quasi la sensazione che qualcuno gli stesse ficcando degli spuntoni
roventi nel cranio.
Meredyth afferrò prontamente una fiala riposta nella tasca
del biondo, stappandola con un colpetto di pollice:
« Respira questa… piano… »
Un flebile spiraglio di fumo violaceo fuoriuscì
dall’imboccatura, entrando nelle narici del
ragazzo.
Il dolore scemò lentamente, fino a interrompersi, le voci si
fecero sempre più flebili.
« Va meglio? »
Lev annuì appena, rialzandosi in piedi e riponendo la
preziosa
boccetta nella propria tasca: « Sì…
spero che si
saranno calmati quando finirà
l’effetto… »
La venticinquenne sorrise e fece per aggiungere qualcosa, quando la
voce di Lady Elaine li raggiunse, facendoli sobbalzare.
« Meredyth, Levhai, siete qui dietro, vero? »
I due cugini si scambiarono un’occhiata allarmata, uscendo
allo scoperto.
« Lady Elaine… »
Gli occhi zaffirei della donna squadrarono entrambi con
un’inquietante impassibilità, poi le sue labbra
delicate
si mossero, articolando un importante annuncio: « Lord Leon
ci ha
convocati nel suo ufficio. È appena arrivato anche il
ministro.
Ci stanno aspettando. »
« D'accordo… »
La glaciale ventottenne volse loro le spalle, incamminandosi imperiosa
verso una delle uscite del salone. Lev sospirò, prendendo
per
mano la cugina e seguendo il loro capo con la rapidità e la
leggerezza di un’ombra. Mentre varcavano la soglia, Meredyth
incrociò per un istante lo sguardo di Charles, che sostava
con
la schiena poggiata al muro, bevendo da un piccolo boccale. Il
Metamorphomagus le rivolse un’occhiata interrogativa, a cui
lei
rispose sillabando a filo di voce: « Ti dico tutto
più
tardi ».
Non ebbe tempo di controllare se avesse capito o meno: lo sfarzoso
scenario del salone cedette il posto a un lungo corridoio scarsamente
illuminato, attraverso il quale Lady Elaine procedeva spedita.
Nello stesso istante, i giovani cugini O’Gallagher ebbero
l’impressione di essere osservati ma, per una misteriosa
ragione,
nessuno dei due parlò all’altro
dell’inquietate
sensazione.
Atto secondo:
inquietanti sospetti e occhi indiscreti
« Avanti, signori, Lord Leon ha appena chiesto
di fare silenzio » fece eco Lord Artax, seduto accanto al
padrone di casa, cercando di quietare il nervoso brusio che aveva
pervaso la stanza dal momento in cui la riunione era iniziata. In
quell’istante, qualcuno bussò sul legno scuro
della porta
e, senza aspettare la risposta, Lady Elaine entrò impettita
con
i due collaboratori al seguito. Seduto accanto a Lord Leon, un nano dai
capelli color miele ed espressivi occhi celesti batté le
mani un
paio di volte, accogliendo i nuovi arrivati con un piccolo sorriso:
« Bene, ecco qua il resto della mia ciurma. Perfino durante
le
feste ci tocca lavorare, vero? »
Era vestito elegantemente e la sua voce era
limpida e piacevole. Elaine
eseguì un piccolo inchino, imitata dagli altri due.
« Buonasera, Ministro. Spero di non averVi fatto attendere
troppo
».
« Levhai ha avuto… un piccolo problema»
s’intromise Meredyth, posando una mano sulla spalla del
cugino.
Il ministro del Concilio dei Maghi, Lord Rabastan Derwent,
posò
lo sguardo glauco sul ragazzo, abbozzando un’espressione
comprensiva: « La solita emicrania? »
Lev annuì, cercando di celare il nervosismo: « Ora
è passata… ci sono novità riguardo
l’attacco
alla carrozza del ministro Bonacieux? »
Quasi in concomitanza alle sue parole, la porta si spalancò
nuovamente e, subito dopo, Lord Hammond e il conte Blanchefleur
varcarono la soglia con passo cadenzato. I loro volti erano segnati da
un’espressione grave. Leon si alzò in piedi,
poggiando le
mani sulla scrivania: « Amici miei, ditemi tutto…
»
« Le Cappe Rosse hanno recuperato il corpo del ministro
»
annunciò il comandante, tenendo il proprio elmo
sottobraccio.
« Servirà inviare un gufo al ministero francese
per
informarli dell’accaduto… »
« Me ne occupo io » si offrì Clarice
Blanchefleur,
mentre il marito le rivolgeva un piccolo sorriso. Donna, battendo
nervosamente il piede sul pavimento, incrociò le braccia con
fare aggressivo: « Vi ricordo che il y a un mio studonte
là fuori! Jerôme de Grandpré si trovova nella carrossa che
è stata attaccota!
Non avote
trovato nulla? »
« Soltanto questo » rispose serio il conte
Blanchefleur,
porgendo alla rossa un prezioso pugnale dall’impugnatura
d’argento, sulla quale era incastonato un grosso smeraldo.
Donna
lo afferrò, tradendo un fremito.
« Quosto
è suo… » sibilò sconvolta.
« Lui non se ne sepora
mai… »
« Il ragazzo potrebbe essere vivo »
tentò di
rassicurarla Lord Artax. « Finché il corpo non si
trova,
aspetto sempre a decretare la morte di qualcuno... »
« Se non è morto, prosto lo
sarà! » lo interruppe la preside di Beauxbatons.
« Che motivo avrebbero degli stupidi jigonti di tenorlo in vita? Aspettore che orrivi sera per manjarlo come
antipasto? Se non l’honno
jà manjato, poi… »
« Credo che la signora, nonostante mi abbia fatto venire il
mal
di testa con le sue grida, abbia involontariamente centrato il punto
» s’intromise Lord Alistair, che era rimasto in
silenzio
fino a quel momento.
Freya, seduta sulle ginocchia del marito, socchiuse le palpebre con
fare confuso: « Spiegati. »
Il proprietario del Maniero delle Serpi ricambiò uno a uno
gli
sguardi dei presenti fissi su di lui: « Stupidi giganti. Ecco
il
punto: i giganti non sono creature ottuse come i troll, ma non
eguagliano in intelligenza noi maghi e streghe. Oltretutto, tendono a
restare confinati nel proprio territorio e non amano impicciarsi nelle
faccende del popolo magico senza un valido motivo. Correggetemi se
sbaglio, Lady Elaine. »
« Non sbagliate » replicò la bella
strega con fare
diffidente. « Ma non sono sicura di dove vogliate
arrivare… »
« Io sì » disse Freya, alzandosi in
piedi. «
Che interesse avrebbero i giganti nell’attaccare e uccidere
il
ministro francese? L’idea non può essere partita
da
loro… »
« Oh cielo… » esclamò Lady
Daphne a fil di voce. « Non starai dicendo che…
»
« Sì, c’è sicuramente
qualcuno dietro tutto
questo. » sentenziò Lord Maxwell con aria grave.
«
Qualcuno che li ha convinti a commettere il crimine e aiutati a
pianificare l’attacco. E, mi duole ammetterlo, ma ho il
sospetto
che l’artefice si trovi in questa casa. Se non addirittura in
questa stanza… »
« Questa è un’accusa molto grave, Lord
Ravenclaw
» osservò pensieroso il conte Lawrence.
« Ma,
purtroppo, sono propenso a credere alle vostre parole, ora che il
quadro della situazione pare essere un po’ più
delineato.
Temo però che non potremmo rendere pubblica una simile
dichiarazione senza l’ausilio di prove, rischieremmo di
scatenare
un putiferio. »
« Se volete delle prove, l’Ordine dei Grifoni
condurrà ricerche anche in capo al mondo »
assicurò
Lord Hammond, battendo il pugno sul petto.
« Dovranno essere prove davvero concrete » disse
Lord
Artax. Nel suo sguardo aleggiava un velo di amara delusione.
« Mi
turba molto il pensiero che possa esserci un traditore tra
noi…
»
« Anche a me, amico mio » replicò Lord
Leon, mentre
Freya si schiariva la voce con noncuranza, lanciandogli occhiate
velenose. « Maxwell, Alistair, Lawrence… siete
davvero
propensi a credere che… »
« Oui!
E’ chioro!
» tuonò Donna, battendo il pugno sul tavolo,
facendo sussultare il signore di Villa dei Leoni. « I jigonti sopevano che
il ministro si stova
recondo alla
vostra festa! »
« Beh, questo erano in molti a saperlo »
spiegò Leon in tono calmo.
La donna gli rivolse uno sguardo scettico: « Accompagnoto solo
da moi e
due studonti
di Beauxbatons? Avevomo
fatto crodere che
il ministro avesse una gronde
scorta al seguito e che sarobbe
junto fin qui seguondo
la solita stroda.
Non erano in molti a sapore
che abbiamo proso
un’oltra vie, obbiamo mondoto il messajio direttamonte
in villa. Persciò,
chi ha udito la notisia doveva trovorsi per forsa jà
qui.»
Lady Daphne storse il naso, visibilmente indignata: « Uno o
più vili traditori sotto questo stesso tetto! Bah!
»
« Già, una vera sorpresa, eh? »
replicò
ironica Lady Hufflepuff, facendo sussultare il marito che
cercò
invano di coprire il suo commento con dei colpi di tosse.
Al sicuro dagli occhi dei presenti, dietro un grosso drappo, Alex
Neokleos ascoltava con attenzione ogni singola parola.
Atto terzo: fame di conoscenza
La
riunione durava da ormai una decina di minuti e,
nonostante fosse chiaro che tutti gli invitati si sentissero sulle
spine in attesa di un qualsiasi responso, la situazione in sala
sembrava essersi quietata.
Helga passeggiò avanti e indietro un paio di volte davanti
al
tavolo dei dolci, gettandosi attorno occhiate nervose. In quel momento
sentiva l’incontrollabile desiderio di prendere una fetta di
torta con mandorle e noci, ma non riusciva a liberarsi del chiodo fisso
che la faceva sentire in colpa ogni volta che cedeva alla tentazione.
Era talmente assorta nei propri pensieri da non rendersi conto del
ragazzo che camminava a testa bassa in direzione perpendicolare alla
sua, sussultando e colpendo col dorso della mano la mascella di lui
quando si scontrarono.
« Oh, per la gonna di Medea! Scusatemi, scusatemi, non Vi
avevo proprio visto! »
« Se per quello, nemmeno io avevo visto Voi »
replicò distrattamente il giovane, massaggiandosi la zona
colpita. « Anche se, fortunatamente, non ho
l’abitudine di
prendere a schiaffi chi mi viene addosso. »
« Mi dispiace tantissimo, non avevo intenzione di
colpirVi… »
« Non importa, mio fratello maggiore, quando è
ubriaco, ha
l’abitudine di lanciare oggetti sul soffitto, che spesso mi
rimbalzano addosso… beh, questo non penso Vi interessi, in
realtà ho solo cercato di rassicurarVi, ma non sono bravo in
queste cose… »
Era un ragazzo strano, anche se in qualche modo attraente, i suoi
capelli erano lunghi e tanto scuri da sembrar neri, mentre le iridi dei
suoi occhi erano tinte di un bel verde chiaro.
« Voi siete figlio di Lord Slytherin, giusto? »
domandò Helga, riconoscendolo. « O meglio, uno dei
suoi
figli… »
« Sì, sono Salazar » rispose lui.
« Purtroppo
non possiedo una grande abilità nel riconoscere le persone,
quindi non ho idea di chi siate Voi, il che è leggermente
imbarazzante. »
« Sono Helga Hufflepuff, figlia di Lord Artax. Ho capito chi
siete perché Vi ho visto entrare in sala con Vostro padre, i
Vostri fratelli e un giovane servo… quel giovane servo,
dietro
di Voi… »
Huck sussultò sentendosi chiamato in causa, arrossendo
violentemente quando il padroncino si voltò verso di lui,
sorridendogli.
« Ah, sei qui, Huck. »
«V-Vi ho portato il Whiskey Incendiario »
balbettò
il ragazzino, cercandosi all’istante di ricomporsi. Non
l’aiutò il fatto che le sue dita e quelle del
ventunenne
si fossero sfiorate mentre gli passava il calice.
Salazar bevve un sorso, poi indicò la bionda accanto a
sé: « Huck, lei è Lady Helga
Hufflepuff, figlia di
Lord Artax. »
« La conosco » farfugliò il ragazzino,
passando i
palmi delle mani sui pantaloni. « Cioè, a dire il
vero
Lilah mi ha chiesto di cercarla. Lei, Lady Hanna, Lady Missy e i Vostri
fratelli stanno discutendo di qualcosa e… Vi chiedo perdono
se
il calice era pieno solo a metà, Padron Christopherus me
l’ha preso dalle mani e ne ha bevuto un po’ prima
che
potessi fermarlo… »
« Spero non ci abbia sputato dentro »
osservò
Salazar, volgendosi poi verso Helga. « Beh, a quanto pare
siamo
richiesti dai nostri parenti… e abbiamo una conoscenza in
comune. »
« Lilah è una mia cara amica »
spiegò la
giovane, mentre si avviavano verso uno dei portoni d’ingresso
del
salone con Huck al seguito. Proprio a pochi metri da lì, i
componenti delle due famiglie stavano discutendo animatamente; quando
si accorse del cugino appena arrivato, Missy afferrò il
braccio
di Will: « Eccolo! Huck ha trovato entrambi! »
« Hai dovuto girare per tutto il salone oppure li hai scovati
assieme, piccolo? » domandò un giovane dai capelli
ricci e
castani, tendendo poi la mano verso Salazar. « Piacere, Ignis
Derrk, inventore e fabbricante di scope. » « Il
piacere
è mio » replicò Sal, scambiando
un’occhiata
interrogativa con i propri parenti. « Che sta succedendo qui?
»
« Stiamo provando a vederci più chiaro, Scimmietta
»
rispose Will con un sorrisino furbo. « L’intera
faccenda
non ci convince. »
« La riunione sta durando parecchio e… come sono
scortese,
quasi scordavo di salutarVi, Lady Helga » disse
Christopherus,
esibendosi in un perfetto baciamano. Hanna Hufflepuff, che era rimasta
in silenzio fino ad allora, rivolse al primogenito Slytherin uno
sguardo truce.
Missy si morse le labbra, osservando poi con fare pensieroso:
«
Quei giganti hanno creato un bello scompiglio. Ho sentito che il
ragazzo che accompagnava il Primo Ministro francese è
sparito
nel nulla… »
« Probabilmente se lo saranno mangiato »
tagliò
corto Lilah, alzando gli occhi al soffitto. La veste verde che fasciava
la sua bella figura era stata chiusa solo in parte sul davanti, creando
un’ampia scollatura.
« Ecco perché non l’hanno trovato.
Mistero risolto.
Parlando piuttosto di cose serie, è da qualche ora che non
riesco a trovare Iago. Pensavo si fosse infilato sotto qualche tavolo,
ma quando l’ho chiamato non si è fatto vivo, non
è
da lui… »
« Forse l’ha mangiato Lord Leon »
scherzò Will, beccandosi un’occhiataccia da parte
della rossa.
Una voce sopra le loro teste li costrinse a volgere lo sguardo verso
l’alto. Alex Neokleos stava volteggiando con fare annoiato.
« Non ho potuto fare a meno di ascoltare i vostri discorsi.
» disse pigramente. « Chi è questo Iago
di cui
parlava Lady McLyvon? »
« Non sono una lady. Comunque Iago è il mio tasso,
lo porto sempre in giro con me.»
Il fantasma serrò le labbra in una smorfia pensierosa:
«
Sapete, credo proprio di aver visto un tasso lasciare la sala almeno
mezz’ora fa. Si è allontanato passando sotto i
tavoli,
fino a raggiungere il portone Est e sgusciare fuori. Penso sia stato
attirato da qualcosa… »
« Maledizione! » imprecò Lilah,
sollevando gli orli
della gonna e preparandosi a correre. « Spero non si sia
cacciato
in qualche guaio. »
« Ti accompagno » si offrì Helga, a cui
fece eco Ignis.
« Sì, vengo anch’io… tu,
Hanna, che fai? »
La medium si morse il labbro inferiore, poi si limitò a
mormorare: « Io resto qui. Devo controllare una cosa.
»
« Oh, ma come, ci separiamo già? »
frignò
Will, assumendo apposta un tono infantile. Lilah gli rivolse
un’occhiata annoiata: « Vuoi cercare Iago anche tu?
»
« Sì, dai, andiamo Will, vengo anch’io!
»
esclamò Missy, rivolgendosi poi ai due cugini maggiori.
«
Sentite, vi andrebbe di investigare un po’ sulla faccenda dei
giganti? Potreste chiedere in giro o prendere per sfinimento una delle
guardie… »
« Ehm… d’accordo, come vuoi…
»
replicò Salazar, scambiando un’occhiata poco
convinta con
Huck, mentre i cinque si allontanavano rapidamente.
« La riunione è stata breve…
»
« Cielo, in cinque per scovare un tasso! »
ridacchiò
Chris, scuotendo la testa. « Io proverò a
scambiare due
parole con la mia futura sposa. Voi due divertitevi come vi pare.
»
Sal aprì la bocca per replicare, ma il giovane servo dalla
zazzera bionda richiamò timidamente la sua attenzione:
«
Forse c’è un modo per scoprire qualcosa su quanto
è
appena accaduto… »
Il secondogenito Slytherin gli rivolse uno sguardo perplesso, al che
Huck indicò con un cenno della testa il fantasma che ancora
volteggiava sopra di loro. Il ventunenne si illuminò.
« Ma certo, come ho fatto a non pensarci? Ehm…
chiedo scusa… »
« Alex » sorrise lo spirito, ben felice del fatto
di esser preso in considerazione. « Mi chiamo Alex.
»
« Senti, Alex… potresti recarti nello studio di
Lord Leon e ascoltare quello che sta succedendo? »
« Divertente » rispose l’anima
lentigginosa. « Mi state chiedendo di origliare? »
« Beh, no… » il tono di Sal assunse una
nota
d’imbarazzo. « Non è origliare,
è…
è… »
« E’ origliare, padrone » concluse
timidamente Huck,
quasi un po’ pentito di avergli suggerito una simile idea.
« Forse è meglio lasciar perdere,
magari… »
« Oh, no, al contrario! »
Alex allargò le labbra in un sorriso: « Mi stavo
annoiando a morte, sarei felice di aiutarvi. »
Atto quarto: crisi di
panico e gruppi loschi
« Non lo so… quest’idea non mi
piace proprio… il solo pensiero che qualcuno degli
invitati… se non addirittura uno di noi possa aver fatto una
cosa del genere… »
Lord Artax si coprì il volto con le enormi mani, deluso e
sconcertato. « Insomma, perché? Perché
uccidere il
ministro e far sparire un ragazzo? Perché metterci i giganti
contro? »
« Tu credi troppo nella bontà altrui, Artax
»
replicò Alistair con aria severa. « Non tutti
condividono
il tuo senso di lealtà. Anzi, c’è chi
la
lealtà non sa nemmeno cosa sia. »
« Lo so, però… »
Freya sfiorò con una carezza la spalla del marito, mentre
Leon
apriva la bocca per rispondere qualcosa. All’improvviso, la
porta
della stanza si spalancò e, con gli occhi gonfi e le guance
rigate dalle lacrime, Michèle de Grandpré si
fiondò all’interno della stanza, piantando le mani
sul
tavolo che la separava dal padrone di casa. « Où est mon
frère? » strillò con voce
strozzata. « Dov’è mio fratello?
Dov’è Jerry? »
« Suvvia, cara, calmati, ti assicuro che faremo il possibile
per
ritrovarlo » tentò di rassicurarla Lady Daphne.
Michèle si voltò disperata verso la preside di
Beauxbatons, per poi trasalire non appena vide il pugnale che la donna
stringeva tra le dita.
« No… no, no, no, no, no… »
Incespicò in direzione della rossa, strappandole
l’arma
dalle mani. Donna non oppose resistenza, mentre la diciottenne
osservava con fare ossessivo ogni dettaglio della raffinatissima lama.
« No, no, no… »
La sua voce si ridusse a un sibilo, mentre, tra lacrime e singulti,
cadeva in ginocchio, stringendo il pugnale del fratello al petto. Lady
Freya si inginocchiò accanto a lei, sollevandole il mento
delicatamente: « Non vogliamo illuderti, Michèle,
ma il
corpo di tuo fratello non è stato trovato. Questo ci fa
sperare
che sia ancora vivo ».
« Vogliomo
organizore delle squodre
di riscerca
» spiegò Donna, restando in piedi ma rilassando la
solita espressione rigida.
« Metteremo a soqquodro
l’intera Bretogna
per ritrovore
Jerôme ».
« Il vostro dipendente non è un necromante,
Ministro?
» domandò Lord Maxwell, indicando Lev con un cenno
della
testa. Prima che Rabastan Derwent avesse il tempo di rispondere
affermativamente, Michéle si alzò in piedi di
scatto,
gettandosi su Lev e afferrandogli con forza i lembi della camicia:
« Monsieur, sapote
qualcosa? Vi prego, ditemi se gli spiriti vi honno parlato del
mio Jerry! »
« Io… » mormorò il ragazzo,
scambiando
un’occhiata allarmata con Meredyth. « Mi dispiace,
non mi
è stato riferito nulla a riguardo… »
« Ma se Vi arrivossero
notisie… di qualunque tipo… Vi
prego, Vi prego, venite a dirmele! »
« Mademoiselle, non stategli così addosso
» la
rimbrottò Lady Elaine, facendole cenno di scostarsi dal suo
dipendente.
Non appena fu libero da quella presa disperata e spasmodica, Lev
cercò di assumere un’espressione rassicurante:
«
Prometto che Vi riferirò qualsiasi novità,
Mademoiselle.
»
Nonostante si sentisse in colpa, non ebbe cuore di rivelarle che per
circa un’ora sarebbe stato completamente isolato da qualsiasi
voce proveniente dal mondo ultraterreno.
La studentessa tirò su col naso e, dopo aver mormorato un
breve
saluto ai presenti, uscì dalla stanza con passi rapidi e
silenziosi. Fu piuttosto sorpresa quando, chiudendosi la porta alle
spalle, notò un movimento sospetto dietro due colonne.
Un po’ esitante, si sporse appena in avanti, domandando con
fare
cauto: « Sc’è
qualcuno? »
Uno starnuto, seguito da un’imprecazione, le
provocò un
sussulto, mentre una ragazza bassa dalla folta chioma color rame usciva
allo scoperto, stringendo tra le braccia un tasso dalla pelliccia
grigia e nera. Indossava una lunga veste verde che sottolineava le sue
curve accentuate.
« Cazzo, Will, ci hai fatti scoprire! »
tuonò
minacciosa, rivolgendosi a un ragazzo dai capelli castani e ribelli.
« Sei un disastro come spia! »
« Non è colpa mia se mi è entrato un
pelo di Iago
nel naso! » protestò lui, mentre altre tre persone
sbucavano da dietro colonne diverse. « E per tua
informazione, io
e Missy siamo campioni di spionaggio. Ci siamo esercitati per anni
facendo scherzi a quello scemo di Christopherus! »
« È vero » sorrise un’altra
giovane dai
capelli rossi, che Michèle riconobbe come Susanne Frey, la
maestra di pozioni. « Come una volta, quando… oh,
ciao,
Michy! Cosa ti hanno detto lì dentro? Sai, noi volevamo
provare
a entrare con qualche inganno, solo che poi abbiamo visto che tu sei
entrata normalmente e senza preavviso, così ci stavamo
domandando se… »
La biondina strinse le labbra tra loro, battendo le palpebre per
asciugare gli occhi lucidi. Il ragazzo alto e riccio che si era
nascosto con Missy le si avvicinò, osservando con interesse
il
pugnale che stringeva tra le esili dita.
« Ottima fattura! » commentò.
« E’ Vostro, Mademoiselle? »
La diciottenne scosse la testa, reprimendo a stento le lacrime:
«
No… è di mio fratello Jerry… lui si
trovova nella
carrossa che è stota attaccota… e quosto
è tutto
sciò che sono riusciti a recuperore… non
sc’è trascia di lui… »
L’ultima componente del gruppetto di spie, una ragazzina
bionda e
formosa, le posò i palmi delle morbide mani sulle guance
bagnate: « Potrebbe essere ancora vivo. Mio padre dice sempre
“mai dire morto finché il corpo non si
trova”.
Sicuramente si staranno organizzando per cercarlo. »
Michèle annuì debolmente, e, in contemporanea, il
ventenne dalla zazzera riccia indicò un punto imprecisato
alle
spalle del gruppo: « Ehi, ma quelli non sono i figli del
Conte
Lawrence? »
Gli spioni e la francese osservarono sospettosi il giovane Odd che,
attorniato da cinque ragazze di età compresa tra i
ventitré e i sedici anni, usciva furtivamente dal salone
principale, avviandosi in direzione del lungo corridoio che seguiva la
stanza delle riunioni. Quasi in simultanea, il gruppetto si
spostò dietro tre colonne, tendendo le orecchie per udire i
discorsi dei fratelli Blanchefleur.
« Cerchiamo di sbrigarci » mormorò una
di loro, che
Michèle identificò come Phoebe. «
Corrompere Lail
perché se ne stesse buona e non facesse la spia è
stata
un’impresa. E onestamente non mi sorprenderei se tra qualche
minuto cambiasse idea e ci tradisse. »
« Se accadrà, faremo in modo di essere
già lontani
» fece eco una seconda voce, più grave e matura.
Appostata accanto alla francese, Missy sussurrò: «
Questa
è Pearl, la maggiore ».
« Finiremo nei guai, questo è certo. »
osservò Pimpernel, ricevendo risposta da una seconda voce
che
Michèle non aveva mai udito.
« Grazie per il tuo solito ottimismo, Nell.
D’accordo,
forse infrangeremo qualche regola, ma non me la sento di stare con le
mani in mano, sapendo di poter fare qualcosa di utile ».
« Rosemary » bisbigliò Missy.
« La terzogenita ».
Un rumore sospetto, seguito da un “merda!”
indicò che Odd era appena inciampato su un tappeto.
Un’altra persona parlò e, per esclusione,
Chèle
capì che si trattava della secondogenita Blanchefleur,
Lucretia,
gemella di Rosemary.
« Sono sicura che funzionerà. Sempre che Odd non
rovini tutto come al solito o Lail non faccia la vipera. »
« Avremmo dovuto portare Sean e lasciare a casa lei.
»
brontolò Phoebe, mentre, con i fratelli, si addentrava nelle
tenebre del lungo corridoio. Lo scemare dei passi dei Blanchefleur fu
seguito da un inquietante silenzio.
Michèle dischiuse le labbra per domandare qualcosa, ma si
interruppe non appena la ragazza che teneva il tasso in braccio non
domandò stupita: « Iago, cos’hai in
bocca? Fammi
vedere… ehi! A chi hai rubato questo rubino? »
Atto quinto:
salvataggio, conforto, dubbi
La situazione stava diventando parecchio noiosa.
Gli invitati erano troppo preoccupati per poter riprendere a godersi la
festa, mentre l’orchestra suonava ormai per inerzia, con poca
convinzione.
« Raye? »
Se solo ci fosse stato un modo per movimentare un po’ le
cose…
« Raye! »
La quindicenne rossa batté le palpebre un paio di volte,
abbassando lo sguardo sulla piccola Eleanor Gryffindor, che in quel
momento era aggrappata al suo polso sottile, scuotendolo con
insistenza.
« Che c’è? »
« Perché papà ci mette tanto a parlare
con gli altri grandi? »
Hellen Marchbanks accarezzò i capelli della figlia minore,
mentre con la mano libera stringeva affettuosamente quella del piccolo
Heric: « Stanno discutendo di una questione molto importante,
ci
vorrà del tempo… »
« Voglio sapere cosa dicono! »
La moglie di Lord Leon sorrise con fare benevolo: « Quando
sarai
più grande potrai partecipare anche tu alle riunioni.
»
« Godric e Charles sono grandi »
obbiettò Heric. « Perché loro sono
rimasti qui? »
Charles, che aveva appena raggiunto la numerosa famigliola,
abbozzò un sorrisetto: « Per partecipare bisogna
avere
almeno venticinque anni, oppure far parte del Concilio. »
« Tu non hai venticinque anni, Charles? » chiese
Joany
Gryffindor. « Voglio dire, li compi tra poco più
di un
mese… »
« Charles non può » replicò
Eleanor con fare
saccente. « È un figlio bastardo, me
l’ha detto Lady
Daphne. È una cosa brutta. Non può come non
possono i
babbani e quelli senza poteri. »
Lanciò un’occhiatina velenosa ad Amande, che la
fulminò con lo sguardo, alzando una mano per colpirla:
«
Sei una piccola vipera! »
« Ehi, ehi, stiamo calmi, okay? » intervenne Raye,
tirando
la bambina dietro di sé con non troppa delicatezza, mentre
Charles bloccava la traiettoria dello schiaffo afferrando la mano della
secondogenita Gryffindor.
« Ame… non ne vale la pena… »
La diciannovenne si morse il labbro, battendo le palpebre per asciugare
gli occhi lucidi, e, non appena il fratellastro lasciò la
presa,
si allontanò rapidamente, ignorando il richiamo della madre.
Lady Gryffindor sospirò: « Penso sarà
meglio
portare i bambini nelle loro stanze, l’atmosfera inizia a
farsi
pesante… poi parlerò con Amande…
» si
guardò attorno per qualche istante. «
Dov’è
Godric? »
« Ehm… » esitò Raye.
« L’ultima
volta che l’ho visto batteva ritirata dopo aver fatto fiasco
con
la figlia di Lord Ravenclaw, fiasco che non ha assolutamente nulla a
che vedere con me e… »
« Vado a cercarlo » s’intromise Charles.
« Non
mi fido a lasciarlo solo, specialmente in situazioni come questa. Se
tutto va bene, starà pensando a un modo per uscire e
affrontare
qualche gigante… »
« Temo sia così » sospirò la
padrona di casa.
« Raye, se vuoi puoi accompagnare Charles, mi occupo io dei
bambini. »
« Come desiderate, mia signora » rispose la
ragazzina,
rivolgendo un’espressione furba al migliore amico non appena
la
donna si fu allontanata coi tre figli minori al seguito, rivolgendo un
rimprovero alla più piccola.
« Allora, Charlie, hai qualche idea su dove possa trovarsi
quel babbeo di Scemodric? »
« Per cominciare, pensiamo all’ultimo posto in cui
dovrebbe stare… »
« Direi che è un’ottima pista
».
I due ragazzi si voltarono sorpresi, mentre Ethan Blake li fissava con
un ghigno. Il sedicenne dai capelli scuri aveva approfittato del fatto
che Lord Ravenclaw fosse impegnato con la riunione per curiosare un
po’ in giro.
« Sai dove si trova quello zuccone? »
sospirò il
Metamorphomagus. « Se lo sai ti prego di parlare subito,
Ethan
».
« Non so dove si trovi esattamente, ma l’ho visto
uscire dal portone Sud poco fa… »
« Il portone Sud? »
« Oh, cacchio! » esclamò Raye, poggiando
il volto
contro il palmo aperto della mano. « Ho capito
cos’ha in
mente! »
« Che vuoi… oh. OH. » Charles
imitò il gesto
dell’amica, sbuffando: « È davvero un
idiota
».
« E te ne sei accorto solo adesso, Charlie? »
« Cosa intendete? » domandò Ethan, un
po’
confuso. Il venticinquenne aprì la bocca per rispondere,
quando
notò Amande seduta in un angolino in disparte: «
Ehm… voi andate intanto, vi raggiungo tra poco. Fermate pure
Godric con qualsiasi mezzo. »
« Qualsiasi mezzo? » ripeté Raye,
illuminandosi.
« Qualsiasi mezzo. Eccetto i draghi. »
La quindicenne sbuffò, ma afferrò la mano di
Ethan e lo
trascinò in direzione del portone Sud.
Non appena scomparvero dalla sua vista, Charlie avanzò verso
la
maganò con passo deciso, ma si fermò quando
qualcuno lo
anticipò di poco, raggiungendola e posandole una mano sulla
spalla.
« Mia signora, cosa ti affligge? »
Capelli scuri, occhi azzurri, accompagnato da una giovane donna alta
dalla lunga chioma corvina e da una ragazza più giovane con
i
capelli candidi come la neve. Egli era senza dubbio Cormac Ravenclaw, e
con lui c’erano la sorella maggiore Rowena e la cugina
Bianca.
Amande tirò su col naso, cercando di asciugare le lacrime
alla
bell’e meglio: « Non è nulla, davvero.
Una
sciocchezza. »
« Le sciocchezze non provocano lacrime e dolore »
osservò Lady Rowena con fare comprensivo. « E non
dovrebbe
esserci vergogna nell’esprimere emozioni negative: siamo
esseri
umani, dopotutto ».
« Un semplice screzio famigliare »
replicò allora la
secondogenita di Lord Leon. « Anche i parenti sanno essere
davvero crudeli… o stupidi… »
« Su questo mi trovate d’accordo »
annuì
Bianca Greengrass, volgendo poi uno sguardo sprezzante al
venticinquenne che fissava un po’ in disparte. «
Cerchi
qualcosa? »
Charles aggrottò la fronte, un po’ sorpreso da
tanta
scortesia, ma Amande, non appena si accorse di lui, si alzò
in
piedi, mormorando il suo nome e gettandosi tra le sue braccia.
Ricambiando delicatamente la stretta, il Metamorphomagus si
schiarì la voce, salutando i tre che lo fissavano in
silenzio.
« Lady Rowena… Lord Cormac…
Lady… »
« Bianca Greengrass » lo anticipò la
ragazzina dai capelli albini, alzando gli occhi al soffitto.
« E futura Lady Slytherin » sogghignò
Cormac,
allungandole una gomitata, alla quale Bianca rispose con
un’occhiataccia.
Rowena abbozzò un sorriso, ignorando i due che avevano
iniziato
a battibeccare: « Salve, Charles Marchbanks. Ne è
passato
di tempo… »
« Marchbanks? » ripeté Bianca,
interrompendo il
litigio con Cormac e volgendo uno sguardo inquisitore al ragazzo
più grande. « Quel
Charles Marchbanks? »
Seguì un istante di silenzio imbarazzato, durante il quale i
due
venticinquenni si scambiarono una breve occhiata, senza riuscire a
mantenere il contatto visivo. Poi, il giovane mago diede un colpetto
sulla spalla di Amande, ancora stretta a lui.
« Vuoi che andiamo
da nonna Agnes, così ti prepara qualcosa da bere?
»
mormorò alludendo all’anziana tata che
l’aveva
cresciuto.
La diciannovenne annuì, sciogliendo l’abbraccio e
sospirando: « Vi chiedo scusa, miei signori, ho bisogno di
assentarmi per qualche momento. »
« Ma certo » rispose Cormac, illuminandosi non
appena
incrociò lo sguardo con lei. « Noi non
scappiamo…
cioè… se avrai ancora voglia di tornare qui e
parlare con
noi e… »
« Ridicolo » sibilò Bianca, serrando il
volto in una
smorfia di disgusto non appena vide il proprio promesso sposo avanzare
nella sua direzione. Fece per allontanarsi con una scusa, ma lui fu
più svelto, raggiungendo il trio prima ancora che Charles e
Amande avessero rivolto i loro saluti a Rowena.
« Ah, eccoVi, Lady Bianca. È una mia impressione o
siete una persona molto sfuggente? »
“Tu in
compenso sei maledettamente appiccicoso” pensò
la ragazzina con rabbia, mettendo quanto più veleno
possibile
nel sorriso falso che rivolse al primogenito Slytherin.
« Bianca è una persona riservata. »
intervenne Lady
Ravenclaw, per poi riportare la propria attenzione sui figli di Hellen
Gryffindor. « Riguardati, mia signora.
Arrivederci…
Charles ».
« Arrivederci… Lady Rowena ».
Christopherus osservò la scena con fare perplesso, ma non si
perse comunque d’animo: « I miei famigliari si
domandano
quando abbiate intenzione di far nuovamente visita alla nostra bella
dimora, Milady. Certo, ultimamente ha un po’ bisogno di
riprendersi, così come il nostro status di nobili, ma
conserva
ancora un aspetto magnifico. Già soltanto il cancello
d’argento merita di essere ammirato. Vi ricordate il nostro
cancello d’argento? »
« Naturalmente » replicò Bianca a denti
stretti,
maledicendo mentalmente quel logorroico spilungone e i due cugini che
sorridevano sotto i baffi.
« Trovo che l’argento sia molto più
sofisticato
dell’oro » rincarò la dose Cormac,
trattenendo a
stento le risate non appena la minore gli allungò un calcio
sulla caviglia.
« Esattamente! » s’illuminò il
ventiquattrenne. « Adoro incontrare qualcuno che la pensi
come
me! »
« Sono stato una volta al Maniero delle Serpi ed ero rimasto
letteralmente affascinato. Argento di qua, argento di
là…
ricordo anche un magnifico specchio con la cornice in
argento…
»
« Ah, sì, quello specchio era di mia madre
» rispose
Chris Slytherin, assumendo un’espressone più
pacata.
« E, a proposito di questo, mi dispiace molto per quanto
è
accaduto ai Vostri genitori, mia signora. Una terribile disgrazia,
davvero ».
« Oh… sì » mormorò
Bianca, fingendosi
addolorata ma dignitosa. « Una disgrazia tremenda…
»
C’era un qualcosa di strano nel suo tono, qualcosa che fece
scattare un campanello d’allarme nella testa di Rowena. Per
un
attimo le era addirittura parso di scorgere una scintilla di
soddisfazione negli occhi della cugina diciannovenne.
Ma prima che potesse elaborare una qualsiasi teoria,
l’entrata in
salone di Lord Gryffindor catalizzò la sua attenzione, oltre
a
quella di tutti gli invitati.
Atto sesto: gli eroi
sabotati
Lev fu il primo a uscire dalla porta
dell’ufficio di Lord Leon, aggrottando un po’ la
fronte
quando una specie di fuggi-fuggi generale si scatenò davanti
ai
suoi occhi. Quattro o cinque giovani, che avevano chiaramente origliato
la conversazione privata, si allontanarono di corsa verso la sala dei
ricevimenti. Tra questi gli parve di scorgere la figlia minore di Lord
Artax.
« Oi,
che suscede?
» domandò Donna Beautemps-Noble, puntando le mani
sui fianchi. « Sci
sono ragasini impiscioni?
Mademoiselle, ti vedo, viens
ici, s’il vous plaît ».
Michéle de Granprè, unica rimasta tra il
gruppetto di
spie, uscì allo scoperto, lisciandosi nervosamente le pieghe
dell’abito. Lev notò un fremito nelle sue labbra
rosate e
carnose.
« Pardonnez-moi,
Madame… non volevo spiore…
sono preoccupata per il mio Jerry… »
La preside di Beauxbatons rilassò l’espressione
severa di
poco prima, scostandosi dalla soglia per far passare coloro che avevano
partecipato con lei alla riunione.
« Abbiomo
organisato delle squodre
di salvatajo,
Michéle,
stiomo ondando a riprendere tuo fratello ».
« Non ti preoccupare, vedrai che riporteremo qui il ragazzo
sano
e salvo » promise Lord Artax, uscendo dalla stanza con la
moglie
attaccata al suo possente braccio. « Andrà tutto
bene
».
« Comunque ogni secondo è prezioso »
intervenne Lord
Maxwell. « Perciò non perdiamo tempo ».
Mentre gli adulti si avviavano svelti verso il salone da ballo, Lev
scambiò una rapida occhiata con Meredyth, alla quale non
servirono parole per capire cosa volesse comunicarle il cugino.
« Vai, io avverto Charles ».
Il giovane medium annuì, compiendo una deviazione e
scivolando
silenzioso in direzione di una grande scalinata. Elaine
affiancò
la propria sottoposta, inarcando un sopracciglio: « Dove sta
andando? »
« Oh… deve sistemare una cosa, ma farà
in fretta… »
« Beh, gli conviene, non possiamo partire senza di lui
».
Mer si limitò ad annuire, cercando subito Charles con lo
sguardo
non appena varcò la soglia della grande sala dove soltanto
poche
ore prima regnava un’atmosfera festaiola. Sussultò
quando
qualcuno le afferrò la mano da dietro, chiamandola con un
sussurro. Si voltò, abbozzando un sorriso non appena si
ritrovò faccia a faccia con il Metamorphomagus di casa
Gryffindor.
« Ehi, Mer… »
« Charles »
La venticinquenne si guardò attorno, cercando di non dare
nell’occhio: « A quanto pare ci sono delle spie tra
noi… qualcuno ha spinto i giganti ad attaccare la carrozza
del
ministro… »
« Ma perché? »
« Ancora non lo sappiamo… c’è
però la
possibilità che lo studente di Beauxbatons sia vivo, quindi
abbiamo organizzato delle squadre di salvataggio…
»
« Immagino tu sia inclusa in una di queste
squadre… »
Meredyth sospirò, cercando di mostrarsi tranquilla:
« Non
preoccuparti per me, me la caverò. Andrò con Lady
Elaine.
»
« Dov’è Lev? »
« Doveva fare una cosa… »
Entrambi si voltarono di scatto quando udirono delle voci famigliari
alle proprie spalle, seguiti da un gemito rabbioso.
« Tienilo stretto, Ethan, non farlo scappare! »
« Tienilo stretto anche tu, continua a divincolarsi come una
belva ferita! »
« Che esagerazione, gli abbiamo solo dato un colpo in testa!
»
« Ragazzi, che state facendo? »
Raye alzò lo sguardo sul migliore amico, illuminandosi con
un
sorriso. Lei e Ethan stavano trascinando faticosamente un pesante
drappo avvolto attorno a un qualcosa di decisamente vivo e arrabbiato.
« Abbiamo colto il micetto con le mani nel sacco »
sogghignò il sedicenne di casa Ravenclaw. « Si
stava
già mettendo l’armatura ».
« Oh, per l’amor del cielo, Godric! »
esclamò
il ragazzo più grande, inginocchiandosi per liberare il
fratellastro dalla trappola delle due pesti. « Perlomeno sai
cosa
significhi la parola “buonsenso”? »
Godric Gryffindor si divincolò ancor più
furiosamente,
emettendo un grugnito non appena fu privo del drappo che lo avvolgeva.
Balzò in piedi, puntando un dito contro i ragazzini:
«
Voi… voi, stupidi mocciosi impiccioni! »
« Che razza di ingrato! » esclamò Raye,
mentre Ethan
scuoteva la testa con aria di disapprovazione. « Noi ti
salviamo
la vita impedendoti di fare cazzate e tu ci ripaghi insultandoci. Non
si fa ».
« Io non stavo facendo una cazzata! Io stavo…
» la
sua boria scemò un po’ quando incrociò
lo sguardo
di Charles. « Beh, okay, forse stavo per fare una cazzata, ma
voi
non avreste dovuto intromettervi, né tantomeno rapirmi!
»
« E permetterti di andare da solo ad affrontare un branco di
giganti? Suvvia, Dric…»
« Anche tu pensi sia stupido voler affrontare delle creature
pericolose per difendere i più deboli, Mer? » lo
interruppe il primogenito di Lord Leon, rivolto verso la bella strega
dai capelli castani.
Meredyth aprì la bocca per rispondere, ma venne interrotta
dalla
voce del padrone di casa, che richiamò
l’attenzione su di
sé.
« Bene, miei cari ospiti, ecco la decisione che abbiamo preso
durante l’assemblea straordinaria: abbiamo organizzato delle
squadre di salvataggio per recuperare il giovane de
Grandpré,
nella speranza di trovarlo vivo e vegeto… » Poco
distante
da lui, Michéle si lasciò sfuggire un gemito,
mentre
Donna serrava le mani sulle sue spalle con fare protettivo. «
I
nostri valorosi combattenti dell’Ordine dei Grifoni daranno
il
loro contributo nelle indagini » continuò il
signore di
Villa dei Leoni. « Ci aiuteranno a capire cosa è
appena
successo, collaborando con il Concilio, e ci aiuteranno con le
ricerche. Inoltre, una parte di loro resterà qui, per
proteggere
i nostri illustri ospiti. Dunque, ora comunicherò i membri
delle
squadre di salvataggio… »
Prima che potesse aggiungere altro, una voce giovane e maschile lo
interruppe, seguita presto da altre, di vario genere.
« Intendo far parte delle ricerche, padre » disse
Godric Gryffindor, avanzando imperioso tra la folla.
« Voglio dare il mio contributo e
dimostrare il mio valore. »
« Anch’io vorrei poter
dare una mano. Ho una grande
affinità con le creature magiche… penso che
potrei
tornarvi utile… »
« Io posseggo sufficienti conoscenze per affrontare la
situazione. Voglio partecipare. »
« Vorrei anch’io unirmi a voi. Sto per entrare
nell’Ordine, dopotutto, e sono abile nel creare
diversivi…
se potessi darvi prova delle mie abilità…
»
Si era formato uno spiazzo circolare in mezzo alla sala, al centro del
quale Lord Leon osservava sorpreso i quattro ragazzi che si erano
appena fatti avanti quasi all’unisono: due maschi, due
femmine.
Godric diede una rapida occhiata alla propria destra dove, in ordine,
stanziavano Helga Hufflepuff, Rowena Ravenclaw e Salazar Slytherin. Ci
fu uno scambio di sguardi un po’ perplesso, otto pupille
circondate da iridi di diversi colori, che, seppur per un breve
istante, stabilirono una forte e inaspettata connessione tra i loro
proprietari.
Il capofamiglia dei Gryffindor si schiarì la voce con fare
un
po’ imbarazzato: « Apprezzo il vostro entusiasmo,
figlio
mio e miei giovani ospiti, tuttavia… »
« Se la Scimmia parteciperà alla spedizione,
allora
parteciperò anch’io! » sì
intromise Will
Slytherin, seguito a ruota dal fratello maggiore, dalla cugina e dal
giovane servo, che sapeva di non poter lasciare soli i padroncini
irresponsabili.
« Potrei essere utile anch’io, con le mie
invenzioni!
» commentò Ignis Derrk, posando una mano sulla
spalla di
Helga.
« Beh, che diamine, contate pure me, Charlie e Ethan!
»
fece eco Raye con entusiasmo, mentre Charles la tirava da parte,
chiedendole se fosse pazza, anzi, se fossero impazziti tutti.
« Cielo, adesso tutti vogliono giocare a fare gli eroi!
»
commentò acida Bianca, scuotendo la testa e allontanandosi
dal
siparietto che giudicava a dir poco patetico. « Io passo, ho
di
meglio da fare ».
Non le sarebbe affatto dispiaciuto se qualcuno, tipo il suo promesso
sposo, fosse finito spiaccicato per bene sotto il sedere di un gigante.
Prima che la situazione degenerasse ulteriormente, Leon prese parola,
avanzando di qualche passo: « Mi spiace, ragazzi, le squadre
sono
già state stabilite. Tra voi, soltanto Lady Rowena
potrà
partecipare alle ricerche, in quanto considerata idonea per questioni
di età e abilità. »
« Verrai anche tu, Cormac » annunciò
Lord Maxwell. « Ma farai squadra con tua madre. »
« Cosa? » tentò di protestare il
ragazzo. «
Padre, con tutto rispetto, penso di potermela cavare anche
senza… »
« Di che ti lamenti, almeno non vogliono lasciarti qui ad
ammuffire! » sbottò Godric, irritato. Rowena
avanzò
verso di lui, fulminandolo con lo sguardo: « Non osate
parlare a
mio fratello in questo modo! »
Un po’ intimidito da quegli occhi freddi e severi, il giovane
grifone distolse lo sguardo, lanciando un’occhiata implorante
al
genitore: « Padre… »
Lord Leon abbozzò un sorriso di commiserazione: «
Figlio
mio, il tuo compito è restare qui a proteggere la nostra
famiglia al mio posto. Tua madre, le tue sorelle e i tuoi fratelli
hanno bisogno di te… »
Il ragazzo biondo strinse i pugni, mordendosi il labbro e dilatando le
narici: « Questo non è giusto. »
sibilò,
prima di allontanarsi dalla sala con fare sdegnoso. Charles
sospirò, provando a seguirlo, mentre Raye e Ethan si
scambiavano
un’occhiata furba, palesemente intenzionati a macchinare
qualcosa.
Dopo aver osservato la spiacevole scena tra padre e figlio, Helga
Hufflepuff prese parola con fare un po’ titubante:
« Non
avrete bisogno di nessuno di noi? Proprio nessuno? »
« Tesoro, non puoi chiederci di farti partecipare a una
missione
tanto rischiosa » rispose Artax con un sorriso benevolo.
« E per quanto riguarda voi » s’intromise
Lord
Slytherin, squadrando i propri parenti uno a uno. « Missy, tu
sei
sotto la mia responsabilità, visto che tuo padre non
è
qui, pertanto non posso darti il permesso di seguirmi. Voi tre: no, no
e assolutamente no. E per quanto ti concerne, Huck, non posso rischiare
di perdere la mia unica fonte di sostegno morale, pertanto resterai
qui, al sicuro. »
« Padre… » cercò di
protestare Sal, venendo
zittito con un cenno della mano. Missy sbuffò contrariata,
mentre Christopherus, dopo aver dato un’alzata di spalle, si
allontanò dallo spiazzo vuoto, reintegrandosi alla folla.
« Beh, pazienza, vorrà dire che mi
godrò ancora
queste deliziose bevande. »
Ci fu un mormorio carico di tensione quando Will Slytherin
aprì
la bocca per replicare qualcosa, un ghigno furbo stampato sul volto, ma
Lilah lo tirò da parte prima che potesse fare danni.
« Oltre al vino ti sei bevuto anche il cervello? »
lo
rimbrottò, senza lasciare la presa sul suo braccio.
« Che
cosa penseresti di fare, tu, che sei sempre rimasto a farti servire
nella tua lussuosa casetta, contro dei giganti assassini? »
« A dir la verità, non avevo davvero intenzione di
andare,
volevo solo far irritare mio padre » ridacchiò il
diciannovenne, voltandosi non appena udì la voce del
fratello
dietro di sè.
« Will… »
L’espressione di Salazar faceva trasparire una certa ansia.
Accanto a lui, Huck si guardava attorno con fare nervoso. «
Sappiamo cosa si sono detti durante la riunione… »
« Ah, noi abbiamo afferrato qualcosa, eravamo fuori dalla
porta.
E Iago ha trovato anche un rubino. » replicò il
più
giovane, indicando il tasso dal pelo folto che si strusciava sulla
gonna della padroncina.
« Beh, noi non abbiamo solo afferrato, qualcosa, sappiamo
esattamente cosa è accaduto lì dentro.
» Huck
indicò il fantasma di Alex Neokleos, che volteggiava sopra
di
loro con un sorrisino complice. « Alex ci ha riportato
tutto… »
« C’è una spia, Will. Una spia che
probabilmente si
trova nella villa. E qualcuno ha aizzato i giganti perché
combinassero quel macello. Io credo… che dovremmo provare a
indagare per conto nostro, se gli adulti non vogliono il nostro
aiuto… »
Fitzwilliam Slytherin accettò la proposta di buon grado,
mentre
Lilah scuoteva la testa, visibilmente infastidita: « Vi
metterete
nei casini per una faccenda che non vi riguarda nemmeno ».
« No dai… saremo nei casini solo per qualche
oretta, poi torneremo a fare i bravi, che ne dici? »
La rossa alzò un sopracciglio, preparandosi a rispondere, ma
Will le alzò delicatamente il mento con le dita, le
posò
un rapido bacio sulle labbra e poi si allontanò con il
fratello,
il giovane servitore e il fantasma.
« Sapevo che avresti capito! »
« Ma che… » La ragazza
sospirò, rigirando tra
le dita il rubino trovato da Iago. Finse di non rendersi conto che
Bianca Greengrass la stava fissando in disparte con aria sospettosa.
« Come stavo dicendo » riprese Lord Leon, quando il
brusio
in sala si fu un po’ quietato. « Ecco le coppie che
guideranno le nostre sette squadre di soccorso: io e Lord Artax
condurremo la prima; Lord Maxwell collaborerà con Lord
Alistair;
Lady Daphne sarà accompagnata dal proprio figlio, Cormac;
Lady
Freya e Madame Beautemps-Noble guideranno la quarta squadra…
»
« Sempre che io e gli altri riusciremo a capire quello che
dice… » mormorò tra sé la
bella moglie di
Artax.
« La quinta squadra sarà condotta dal Conte e
dalla
Contessa Blanchefleur; Lady Elaine farà coppia con Meredyth
O’Gallagher e, per finire, Lady Rowena condurrà
l’ultima squadra insieme a Levhai O’Gallagher.
Bene,
è tutto, miei signori e mie signore. »
« Dove accidenti è finito Levhai? »
ringhiò
Lady Elaine, rigirando nervosamente il proprio spegnino tra le mani,
mentre si allontanava dal salone insieme agli altri soccorritori.
« Se non si presenta qui entro due secondi io…
»
« Eccolo, sta arrivando » rispose Meredyth,
indicano il
cugino con un cenno della testa. « Pensate sia stata una
buona
idea lasciare che il ministro tornasse già al Concilio?
»
« Se conosco bene quel branco di idioti, di sicuro saranno
già in preda alla confusione. Ci vuole la sua presenza per
tenerli a bada. »
Si scostò appena, lasciando che Lady Freya la sorpassasse
per
raggiungere il marito.
La bella lady di Rocca del Tasso posò una mano sulla
gigantesca
spalla di Lord Artax, gettando un’occhiata assassina al
padrone
di casa che camminava in testa al gruppo. « Cerca di non
farti
prendere troppo dal senso dell’onore e
dell’amicizia. Se ti
fai ammazzare per salvarlo, ti riporto in vita e ti uccido con le mie
stesse mani. »
« Amore, ti prego, te lo chiedo per favore »
sussurrò il possente e leale compagno. « Ci
occuperemo
della questione tra Leon e Daphne al momento più opportuno.
Sono
amico di Ellen quanto lo sono di Leon, lo sai che per me è
una
situazione difficile… »
« Almeno potresti evitare di mascherare le mie frecciatine
con la
tosse, come faceva Leon per mascherare altri rumori molesti quella
sera, a casa Blanchefleur, quando mangiò troppi
fagioli…
»
Entrambi si lasciarono sfuggire una silenziosa risata, diventando rossi
in volto e non accorgendosi che la loro figlia minore era sgattaiolata
fuori dalla sala con Ignis e Missy Slytherin.
Poco più avanti, Levhai O’Gallagher si stava
allontanando
con fare discreto da Haelan Heatcliff, che marciava poco convinto
insieme alle altre Cappe Rosse. Lev sapeva che Lord Hammond avrebbe
evitato di riferire ai soldati che la spia (o le spie) si trovava sotto
quello stesso tetto, dopotutto, il compito di un soldato era limitarsi
a eseguire gli ordini, senza ricevere spiegazioni. Ancora riusciva a
percepire tra le dita il calore della mano di Hael, che aveva stretto
poco prima che il ventisettenne venisse richiamato dal padre per
prendere il suo posto tra gli altri cavalieri.
« Ah, sei qui! Si può sapere che stavi facendo?
» esclamò Lady Elaine con fare severo.
Il capitano Graham Prewett rivolse un sorriso interessato alla bella
ventottenne quando passò accanto al trio, ma venne a
malapena
considerato.
« Io… perdonatemi, era una faccenda
urgente…
» si giustificò il necromante dai capelli color
sabbia.
« Fila subito da Lady Rowena, non ha l’aria di
essere una
persona disposta a tollerare i ritardatari. Questo incontro
è
importante per noi, non dobbiamo far fare al Concilio brutte figure!
»
« No, certo, lo capisco. Vado subito, Lady Elaine.
»
Il ventiseienne si scostò dal gruppo, camminando
controcorrente
in direzione della propria compagna di squadra. Per un attimo
incrociò i magnetici occhi color ghiaccio della madre di
lei,
distogliendo immediatamente lo sguardo.
Aveva quasi raggiunto la venticinquenne che avanzava imperiosa, quando,
passando accanto a una colonna, sentì qualcuno toccargli una
mano.
Seminascosta nella penombra, Hanna Hufflepuff ritrasse immediatamente
il braccio, fissando il giovane con fare allarmato. Non si era tolta i
guanti e i suoi occhi grandi e un po’ tondeggianti erano
l’unica flebile fonte di luce che proveniva dalla sua figura
slanciata.
Con voce bassa e un po’ roca, sibilò
un’unica
parola, un messaggio criptico da cui solo loro due sarebbero riusciti a
ricavare un intero contesto: « Doppio. »
Irrigidendo la mandibola, Lev si limitò ad annuire:
« Doppio. »
Atto settimo: incubo
col sognatore
«
Aidez-moi…
»
La voce sembrava uscire da sola dalle sue labbra secche e screpolate.
Un flebile sussurro strozzato.
« Est-ce que
quelqu’un me sent? »
Udì dei passi pesanti. I suoi occhi faticavano ancora ad
abituarsi all’oscurità dell’enorme cella
in cui era
stato rinchiuso. Quando agitava debolmente polsi e caviglie, subito gli
rispondeva un cigolio di catene metalliche nel buio.
« Aiuto… »
Jerôme sospirò sconsolato, poggiando la schiena
contro la
fredda parete di pietra. La ferita alla testa, unita alla sete e alla
fame, l’aveva indebolito parecchio, una grossa macchia di
sangue
rappreso e appiccicaticcio insudiciava i suoi bei ricci biondi.
Era successo tutto in fretta: lui e il ministro attendevano che la
carrozza magica venisse riparata dai due folletti inventori che
Michèle si era portata dietro, poi l’assordante
barrito di
un corno da guerra aveva risuonato da qualche parte, nel cuore della
fitta foresta, e subito dopo, i giganti erano sbucati dal nulla,
attaccandoli.
I folletti erano fuggiti all’istante, giusto un secondo prima
che
un’enorme mano callosa afferrasse per la vita il giovane
francese, mentre la diligenza magica, con il ministro ancora
all’interno, veniva scagliata in un precipizio.
Jerry aveva tentato di difendersi piantando il proprio pugnale nella
carne grigiastra che lo stringeva in una solida morsa, ma la lama aveva
scalfito appena quello spesso strato di epidermide e il contraccolpo
l’aveva portato a lasciare la presa
sull’impugnatura. E,
mentre cercava di riafferrare in tempo la propria arma, la noncuranza
del bestione che lo stava trasportando lo portò a battere la
testa contro il ramo di un gigantesco pino, perdendo i sensi.
Si era risvegliato al buio in quella lurida cella, solo e angosciato.
Le guardie inglesi dovevano aver già trovato il suo pugnale
e
subito gli si strinse lo stomaco al pensiero della disperazione che
avrebbe colto Michèle. Desiderò come non mai, in
quel
momento, possedere una qualsiasi abilità mentale per
inviarle un
messaggio a distanza, anche solo per rassicurarla, per dirle:
“Sono vivo. Prigioniero, ma vivo.”
Un assordante frastuono di cardini arrugginiti lo fece trasalire,
mentre un flebile spiraglio di luce si allargava sempre di
più
sul pavimento lurido della stanza. La porta della cella si stava
aprendo!
Jerry scivolò in avanti, mettendosi carponi e provando a
strisciare verso la sua unica via di fuga, pur sapendo che non sarebbe
servito a nulla. In quel momento non riusciva a ragionare con
lucidità e controllava a malapena il proprio corpo. Si
aspettò di scorgere enormi sagome minacciose far capolino
sulla
gigantesca soglia, fatta su misura per esseri di dimensioni colossali,
invece fu sorpreso dal leggero scalpiccio di piedi umani, che
precedettero di poco la comparsa di due individui avvolti in lunghe
cappe scure. Entrambi indossavano il cappuccio e i loro volti erano
celati da maschere color argento cupo. Uno (o una, Jerry non riusciva a
capire se fossero uomini o donne) si inginocchio all’istante
accanto a lui, poggiandogli sulle labbra la pipetta di una borraccia.
Il diciassettenne bevve avidamente senza esitazione.
Certo, per quanto ne sapeva quell’acqua poteva essere
avvelenata,
ma la sete bruciante che lo tormentava da almeno due ore ebbe la
meglio. Inoltre il fatto che i suoi aguzzini l’avessero
imprigionato invece che ucciderlo, lo portava a credere di esser loro
utile per qualche misterioso scopo.
« Guarda come l’hanno ridotto! »
esclamò
quello che Jerry aveva identificato come l’Aguzzino Buono.
« Non hai detto a quei bestioni di dargli da mangiare e da
bere?
»
« Sta respirando » commentò freddo
l’Aguzzino
Cattivo, che se ne stava in piedi e immobile come una statua.
«
E’ giovane e pare anche abbastanza forte. Di certo qualche
ora di
digiuno non basta per ucciderlo. »
« Avevi promesso che l’avrebbero trattato con
riguardo!
» ribatté l’altro con rabbia.
« Già un
innocente è stato ucciso per nulla! »
« La morte del ministro francese non è stata
inutile,
fidati. Comunque, del ragazzo mi importa poco, non mi servisse il suo
sangue l’avrei già fatto fuori. Se a te sta tanto
a cuore,
potrai prendertene cura. »
« Puoi contarci. Non sopporterò altra violenza
inutile. »
« Quando accettasti di collaborare con me, ti avevo spiegato
che
il nostro nobile scopo avrebbe avuto un costo e ci avrebbe portato a
fare cose anche sgradevoli. Ti stai già facendo intenerire,
Dreamer? »
Aguzzino Buono stavolta non rispose: tirò fuori la bacchetta
e
portò Jerry a poggiare la testa sulle sue ginocchia:
«
Stai fermo, ci vorrà un attimo ».
Il diciassettenne obbedì, mentre il dolore causato dalla
ferita
si spegneva lentamente, in concomitanza con la rapida guarigione
provocata dall’incantesimo. Provò a cogliere un
qualsiasi
dettaglio sull’identità dei propri carcerieri, ma
ogni
tentativo fu vano: persino le voci, che filtravano attraverso le
maschere magiche, avevano un suono assolutamente neutro e asessuato.
Forse il tatto era l’unico modo per identificare almeno il
sesso
di quelle due persone, anche se l’idea non lo compiaceva
affatto.
Dreamer, o Aguzzino Buono, raggiungeva senza problemi il metro e
ottanta e aveva un fisico piuttosto forte, quindi Jerry era abbastanza
sicuro si trattasse di un uomo. Cercando di farlo passare per lo spasmo
di un prigioniero sofferente, si aggrappò con una mano alla
sua
gamba, tastando una muscolatura ferrea e ben modellata. Sì,
era
assai probabile che Dreamer fosse un uomo.
Aguzzino Cattivo gli si avvicinò, si inginocchiò
accanto
a lui e lo squadrò in silenzio per qualche secondo,
mantenendo
però una debita distanza. Forse, a differenza del collega,
aveva
intuito le sue intenzioni.
La sua altezza si aggirava approssimativamente attorno al metro e
settanta, ma questo naturalmente non bastava per attribuirgli un
genere.
Il biondino trasalì quando il colpevole del suo rapimento
gli
afferrò il mento con la mano guantata. La sua voce si
ridusse a
un sibilo minaccioso.
« Dreamer insiste per liberarti, quando avremo finito con te.
Io
preferirei ucciderti. Nulla di personale, solo questioni di sicurezza.
Ti consiglio perciò di fare il bravo ed evitare giochetti o
furberie, ti aiuterebbe a far prevalere il suo parere. Forse.
»
disse, indicando il collega con un cenno della testa.
Jerry aprì la bocca per rispondere qualcosa, ma, alla fine,
il
flusso intenso di emozioni ebbe la meglio su di lui, provocandogli un
crollo. La testa gli girava, le immagini all’interno della
cella
semibuia si facevano sempre più indistinte. Perse i sensi,
crollando a peso morto sulle ginocchia del Sognatore (così
aveva
deciso di identificare l’Aguzzino Buono). Un’ultima
inquietante immagine si impresse nella sua mente confusa: ghiaccio.
Glaciali iridi azzurre.
L’oblio lo avvolse.
Atto ottavo: al
solitario manca una pietra
«
Cerca di controllarti, la prossima volta. Il tuo cuore gentile ti
tradirà se non fai attenzione. »
Dreamer si levò la maschera, senza però abbassare
il
cappuccio. Sedette su una scomoda seggiola di legno, poggiando i pugni
chiusi sul tavolo.
« I patti erano chiari, Loner. Non c’è
bisogno di
ridurre il ragazzo in fin di vita, né di fare del male ad
altri
innocenti. »
« Non so se l’hai notato, ma prima stava cercando
chiaramente di identificarti attraverso il tatto. »
« E allora? Non sa chi sono, al massimo può capire
se sono
maschio o femmina. Non ha alcun modo per risalire a noi, anche se Leon
e gli altri dovessero trovarlo. A meno che magari non gli facciano
tastare le gambe di tutti gli invitati alla festa…
»
« Fossi in te eviterei il sarcasmo. Non dobbiamo tralasciare
nemmeno il più insignificante dettaglio. »
C’era un grande specchio appeso alla parete
dell’enorme
stanza. Il Solitario scoprì i propri lineamenti,
osservandosi a
lungo nella superficie riflettente. A un certo punto, però,
il
suo volto assunse un’espressione allarmata e inorridita.
«
Maledizione! »
« Cosa c’è? »
Gli occhi color ghiaccio dell’aguzzino malvagio si puntarono
in
quelli del Sognatore, che ricambiò l’occhiata con
uno
sguardo interrogativo.
« Questa non ci voleva, Dreamer. Ho perso uno dei miei
rubini! »
Antro delle Gurubell:
Bene, sono successe un
po’ di cose qui,
abbiamo finalmente conosciuto Jerry che non era apparso nel capitolo
precedente e c’è stata la primissima interazione
tra i
quattro fondatori, che si sono fatti avanti nello stesso momento per
offrire il proprio aiuto nelle ricerche e nelle indagini.
Abbiamo incontrato anche
Iago, il tasso di Lilah, che a quanto pare ha
trovato senza volerlo un importante indizio (o forse ha fatto tutto di
proposito?) Speriamo
che il capitolo vi sia piaciuto, è stato un lungo e duro
lavoro. Chissà
se le squadre di salvataggio riusciranno a salvare Jerry?
E chissà chi sono i due aguzzini, Loner e Dreamer, il
Solitario
e il Sognatore? Solo due, tra tanti enigmi e tante domande, che
troveranno una risposta durante il corso della storia.
Ancora tanti auguri Muffin e, in ritardo, auguri anche a Marty,
creatrice di Raye!
Al prossimo capitolo!
Gurubell
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