(I) Bloom -
The fountains and the waters are begging just to know ya.
È una splendida giornata estiva a Detroit: Il cielo
è limpido, il clima è abbastanza caldo, ma
mitigato dal leggero venticello che soffia e che fa muovere i rami dei
cipressi con un ritmo calmo e quasi ipnotico...
Cosa potrebbe mai andare male in una giornata come questa?
Forse il fatto che Victor, per la prima volta nella sua vita, desideri
essere un medico veterinario e non uno studente di medicina.
E anche una macchina del tempo che ponga rimedio alla sua pigrizia e al
suo stupido cervello che dimentica continuamente tutto ciò
che dovrebbe fare.
Ieri, dopo l’ennesimo pomeriggio passato a lamentarsi e a
disperarsi, con grande gioia del coinquilino Chris, a causa di un altro
giorno in cui la ricerca del suo amore orientale che l’ha
sedotto e abbandonato è miseramente fallita, ha deciso di
uscire e comprare qualsiasi schifezza calorica in grado di tirarlo su,
come se fosse una donna in sindrome premestruale.
Nessuno snack però riusciva a catturare la sua attenzione e
già stava pensando di rassegnarsi e ingozzarsi di patatine,
fino a quando un convenience store che vendeva anche prodotti
alimentari giapponesi non gli si era presentato davanti agli occhi.
Se non è
destino questo! Posso
mangiare schifezze e per di più giapponesi, giapponesi come
lui!
In particaolare,
la sua attenzione era stata catturata da delle palline bianche ripiene
di carne di maiale, che dall’etichetta sembrava si
chiamassero nikuman
e che avevano convinto Victor ll’acquisto;
forse per il colore bianco come la pelle candida del suo sirenetto
giaponese, forse per il fatto che fossero snack giapponesi come lui,
forse perché sono ripieni di carne di maiale e Victor stava
fantasticando oltremodo, pensando di affibbiare, una volta fidanzati,
al suo giapponese nomignoli come “maialino”.
Beh, a letto lo
è.
Accortosi del pensiero sconcio che lo aveva fatto avvampare
improvvisamente, aveva pagato i suoi nikuman, sperando che il cassiere
non si fosse accorto del rossore sul suo viso, era tornato a casa e
aveva deciso di spararseli durante la visione di un film.
Per poi dimenticare intelligentemente di metterli a posto e lasciarli
lì in bella vista, prede del più ingordo degli
esseri viventi: Makkachin.
E stamattina non ha potuto fare niente se non assistere allo spettacolo
del suo adorato cane che si è ingoiato un intero nikuman che
gli si è incastrato in gola.
E Victor è terrorizzato all’idea di perdere il suo
adorato Makkachin e non può che portarlo nella clinica
universitaria lì vicino.
Una volta in clinica il destino gli gioca uno scherzo beffardo: Victor
è lì che si dispera mentre portano il suo adorato
cane in pre chirurgia e vede il dottore chiamare uno dei suoi studenti
e quello studente a cui il dottore sta parlando, non è altri
che il suo principe azzurro, che si volta verso di lui, costringendo
entrambi a guardarsi negli occhi di nuovo.
E lo vede rosso in viso, mentre il ragazzo dalla pelle ambrata accanto
a lui è scoppiato a ridere, farfugliare parole sconnesse al
dottore, che risponde qualcosa che al ragazzo non ha fatto piacere e
così si dirige sospirando verso Victor, al quale il cuore
sta per scoppiare a causa di Makkachin e a causa di quegli occhi
meravigliosi che si stanno avvicinando sempre di più verso i
suoi.
“Ciao
Victor...”
Oddio conosce il mio
nome!
“Devo farti
alcune domande su Makkachin. Capisco che per te sia un momento
delicato, ma abbiamo bisogno di sapere delle informazioni su di lui, in
particolare su cosa è successo, quando, quanti anni ha e il
suo peso”
“Makkachin... Oddio... Si salverà,
vero?”
“Victor... Faranno il possibile, ma c’è
bisogno di sapere queste informazioni che ti ho chiesto. Stai
tranquillo, fidati di me.”
E non sa Victor come quella voce lo abbia reso più
tranquillo, ma riesce ad aprire bocca e proferire poche parole, ma
necessarie: “Makkachin
è un cane di razza barbone, è maschio, ha 15 anni
e pesa 27 chili. Stamattina l’ho trovato che respirava a
fatica e aveva un corpo estraneo incastrato in gola...”
Victor si sta vergognando a morte e l’ultima domanda al mondo
che vorrebbe che gli fosse fatta è una e una soltanto.
“Che genere di
corpo estraneo? Per caso ne hai idea?”
“Oh Signore...
Cioè... Ecco, un nikuman...”
Il giapponese davanti a lui spalanca un po’ la bocca e alza
le sopracciglia, come fosse stupito da quell’affermazione,
per poi ricomporsi e ringraziare Victor, tranquillizzandolo e
dicendogli che deve riferire quelle informazioni al dottore.
E Victor lo afferra per il polso e con sua grande sorpresa il ragazzo
non si sottrae al contatto e gli sussurra piano:
“Per favore,
fate il possibile... Makkachin è un compagno di vita
indispensabile, inseparabile... Mi è stato vicino in momenti
difficili e se se ne andasse... So che ha 15 anni ed è
anziano... Ma...”
Yuuri è ipnotizzato.
Dalla voce e dagli occhi di Victor, dalla tristezza che trasmette.
E per quanto Yuuri invidi Victor, per quanto lo consideri uno dei
classici fighetti della Detroit bene, in questo momento vorrebbe
abbracciarlo, addirittura... Accarezzarlo.
E forse anche di più.
E di più davvero, qualcosa di più profondo di
quella notte.
“Victor,
fidati di me, Makkachin starà meglio...”
Ed inaspettatamente, come guidato da non qualcosa che non sa bene come
chiamare aggiunge qualcosa in più, qualcosa che fa
deliziosamente arrossire il russo difronte a lui.
Lo sguardo di Yuuri prende una piega dolce, che normalmente non concede
a chiunque, i suoi occhi commossi si fissano in quelli di Victor. “Tornerò
da te non appena saprò qualcosa di Makkachin. Aspettami su
questa panchina. A più tardi.”
Non se lo aspettava mica Victor, non si aspettava che lo guardasse in
quel modo, dopo essere sparito quella notte.
Si aspettava freddezza, di certo non comprensione, vicinanza, calore.
Di certo non la promessa che sarebbe stato di nuovo lui a dargli
notizie di Makkachin, che sarebbe tornato lui e lui soltanto, non dopo
lo sbuffo che aveva rivolto al veterinario dopo l’ordine di
andare dal povero russo.
Yuuri d’altro canto, percorre il corridoio pieno di dubbi:
non vuole avvicinarsi a Victor, che gli ricorda così tanto
il suo passato doloroso, con cui passeggia mano nella mano ancora oggi
e che non riesce, per quanto voglia, a lasciarlo andare, ormai compagno
silenzioso di una vita.
Dall’altra parte c’è la voglia di
guardare al futuro, di andare oltre, non di dimenticare il passato e
quindi di dimenticarsi, semplicemente di poter imparare da esso e di
non fare in modo che esso lo limiti in ogni aspetto della vita.
C’è qualcosa di bellissimo nel russo che lo attrae
inesorabilmente, c’è qualcosa che dopo i fatti di
quella notte, dopo il rinnegare le proprie emozioni nonostante i
pensieri volti sempre a lui, lo spinge verso Victor.
Quello che sento...
Posso fare un passo in più?
Posso farlo senza
cadere? Me lo merito?
E poi lui... Cosa pensa?
E non lo conosco... Se fosse come tutti gli altri?
Se fosse... Come lui?
L’indecisione, la paura, per sé stesso e per il
cane di Victor, sono sensazioni che lo accompagnano anche durante il
delicato intervento di estrazione del nikuman dalla gola di Makkachin.
Ma l’intervento è andato a buon fine e su questo
Yuuri può tirare un sospiro di sollievo e si sorprende al
pensiero di voler correre da Victor a dargli la buona notizia.
Ed è per questo che si ribella educatamente quando il
veterinario chiede a Phichit di informare il russo, chiedendo di andare
lui al suo posto.
E Yuuri corre lungo quel corridoio, che adesso sembra infinito, che gli
lascia troppo tempo per pensare, per capire il perché di
tutte quelle sensazioni.
Dimentica però che a certe sensazioni non si possono dare
nomi, etichette, spiegazioni razionali.
“Victor!
Victor!”
Il russo lo vede correre verso di lui, affannato, ma felice.
Basta questo per farlo alzare velocemente dalla panchina, con gli occhi
lucidi per il pianto.
E Yuuri si slancia e in un secondo è addosso a Victor,
mentre lo abbraccia forte.
“Makkachin sta
bene! È andato tutto bene!”
Victor si trova spiazzato, è felice. Felice davvero
perché il suo adorato cagnolone è salvo, pronto a
trascorrere altri giorni insieme a lui...
E la sua cotta lo sta abbracciando, le sue braccia intorno alle sue
spalle che lo stringono come a pregargli di non sottrarsi a quel
contatto. Yuuri ne è consapevole di quella sensazione, le
parole di Phichit che rimbombano nella sua testa.
Dovresti darti una
possibilità, Yuuri... La meriti. La meriti davvero.
Scioglie l’abbraccio, mentre Victor lo guarda dispiaciuto,
Yuuri respira lentamente, il sangue che arriva alle orecchie e che gli
fa pulsare le tempie in maniera frenetica.
“...”
“Vi-Victor...
So bene c-che dopo quella notte non ci sono stati più
contatti fra noi...”
Gli occhi di Victor mutano, mostrando stupore, speranza.
“Ma io...
Io... Non sono riuscito a toglierti dalla mia testa. E non so, magari
questo sarà un salto nel vuoto, magari mi pentirò
fra un secondo esatto, magari verrò rifiutato nel peggiore
dei modi... Mi piacerebbe... Poter uscire con te.
O-ogni tanto.
C-cioè se
v-vuoi.
Non - non devi.
In-insomma...”
Victor lo trova estremamente dolce, buffo, un fumetto. Vorrebbe anche
piangere per la troppa felicità che gli riempie il petto.
“Calmati. Sai,
non posso darti una risposta...
...Senza prima sapere il
tuo nome.”
“Oh! Cazzo.
Yuuri...”
“Bene,
Yuuriii...”
E Yuuri pensa che quell’accento e quella r pronunciata in
quella maniera musicale, siano una delle cose più belle che
abbia mai ascoltato nel pronunciare il suo insulso nome.
“Sei sempre
stato nei miei pensieri anche tu. Anche nei miei gesti se è
per questo... Nel cibo che mangio, come avrai potuto ben notare. Non
hai bisogno di un sì o di un no, credo che dopo queste mie
parole la risposta sia abbastanza evidente.”
Yuuri arrossisce fin troppo a sentire quelle parole che hanno il sapore
di qualcosa di importante, le mani a coprire il viso che gli fa provare
vergogna, le gambe che tremano, ma gli occhi rimangono fissi in quelli
di Victor.
“Che ne dici,
моя постоянная мысль, di domani?”
E Victor vede il cellulare di Yuuri nella tasca della divisa e ben
pensa di prenderlo e segnare il suo numero.
Pensa di essere stato troppo spavaldo, ma a volte la
felicità eccessiva, specialmente se non si è
abituati a provarla e a contenerla porta a gesti un po’
strani.
“Oh ho segnato
il mio numero in caso... Ci fossero problemi con l’orario
dell’appuntamento o... Ci volessimo sentire.”
E Yuuri vorrebbe morire dopo l’occhiolino che gli rivolge
Victor, apre la bocca per rispondere...
“Signor
Nikiforov!”
... Benedetta sfortuna. Il veterinario ha riportato Makkachin a Victor,
lo prende in disparte e gli spiega brevemente cosa hanno fatto e cosa
deve fare, lasciando Yuuri in uno stato di felice confusione. Pochi
minuti e Victor è di nuovo da lui:
“Scusami...
Quindi? Per domani?”
“S-sì
va bene..”
“Potremmo
vederci domani pomeriggio verso le 16 alla Rocca qui vicino, che ne
dici?”
“Oh,
sì perfetto.”
“Perfetto, ci
vediamo domani allora.”
Victor lo saluta, con un bacio sulla guancia che fa perdere a Yuuri la
sensazione del tempo e che fa crollare definitivamente tutti quei
pregiudizi che aveva sul russo.
“... A...
Domani...”
E Victor torna a pensare che questa giornata è partita col
piede storto è vero, ma che si è risolta nel
migliore dei modi possibili, mentre Yuuri lo guarda andarsene e
vorrebbe rimuginare su tante cose, vorrebbe chiedersi se ha fatto bene
a lasciarsi andare o se fosse stato meglio continuare a difendersi...
Ma Yuuri vede sbucare dal lato della macchinetta del caffè
il suo amico Phichit.
“AH! LO
SAPEVO. VICTUURI. SONO ISPIRATO. Ho coniato il nome di coppia.
Raccontami. Ora. Scherzi a parte... Sono felice Yuuri. Sono felice che
tu ti sia ascoltato.”
“Beh... Non
c’è molto da dire...”,
dice, mentre scrive ed invia un messaggio.
Il destinatario?
-A
Vitya-
“Ciao! :)
Indovina chi sono?”
Angolo
dell' "autrice"
Dopo
mille anni circa torno con il quarto capitolo...
Non sono molto
soddisfatta in realtà di questo capitolo, o in generale di
tutta la mia long, però ancora una volta vorrei ringraziare
chi recensisce, chi ha aggiunto la storia fra le preferite e le seguite
e chi legge.
E in questo capitolo
finalmente Yuuri "abbandona" pregiudizi, paure, dubbi e cerca di darsi
e dare una possibilità a quello che sente realmente, come si
è visto anche nei capitoli scorsi.
Victor ovviamente ne
è più che felice! xD
Questo
è un capitolo un po' fluff, chissà se anche i
prossimi lo saranno? :/
Note:
моя
постоянная мысль -> Mio costante pensiero in russo (Secondo
google traduttore).
Bloom è una parola che vuol dire "fiorire". La frase
tradotta è: " Fiorisco - Le fontane e le acque supplicano
affinchè io ti conosca".
E' una canzone di Troye Sivan, dal titolo "Bloom", ed è un
chiaro riferimento sia a Yuuri sia a Victor, in particolare a
Yuuri, che si libera dalle paure e pregiudizi per dare ascolto a
ciò che di bello sente dentro.
https://www.youtube.com/watch?v=41PTANtZFW0
Questa cosa la voglio
dire, il messaggio
"Ciao! :)
Indovina chi sono?” mi è stato veramente scritto.
Dal mio compagno, è stato il suo primo messaggio. Niente,
era una piccola dedica.
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