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Autore: BerriesTart_LilacSweet    28/06/2018    2 recensioni
{Victuuri | College/University!AU}
Apnea: arresto volontario o patologico dei movimenti respiratori.
Si ritrova a pensare ossessivamente a quella definizione e a quella sensazione in cui non sai cosa succederà: devi respirare per vivere, ma qualcosa lo impedisce e ti trovi lì, nel terrore puro in attesa che tutto torni al suo posto.
E lui lo sa bene cosa vuol dire trovarsi nel buio e nella sofferenza totale in attesa di un qualcosa che ti salvi, che ti riporti ad avere voglia di sentire, di ridere davvero, di essere pienamente libero e felice.
Perché la sua di vita è stata una discesa in un baratro all’epoca troppo grande e profondo perché potesse risalirne senza provare dolore.
O semplicemente perché potesse risalire e respirare a pieni polmoni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Christophe Giacometti, Phichit Chulanont, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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(I) Bloom - The fountains and the waters are begging just to know ya.

È una splendida giornata estiva a Detroit: Il cielo è limpido, il clima è abbastanza caldo, ma mitigato dal leggero venticello che soffia e che fa muovere i rami dei cipressi con un ritmo calmo e quasi ipnotico...
Cosa potrebbe mai andare male in una giornata come questa?
Forse il fatto che Victor, per la prima volta nella sua vita, desideri essere un medico veterinario e non uno studente di medicina.
E anche una macchina del tempo che ponga rimedio alla sua pigrizia e al suo stupido cervello che dimentica continuamente tutto ciò che dovrebbe fare.
Ieri, dopo l’ennesimo pomeriggio passato a lamentarsi e a disperarsi, con grande gioia del coinquilino Chris, a causa di un altro giorno in cui la ricerca del suo amore orientale che l’ha sedotto e abbandonato è miseramente fallita, ha deciso di uscire e comprare qualsiasi schifezza calorica in grado di tirarlo su, come se fosse una donna in sindrome premestruale.
Nessuno snack però riusciva a catturare la sua attenzione e già stava pensando di rassegnarsi e ingozzarsi di patatine, fino a quando un convenience store che vendeva anche prodotti alimentari giapponesi non gli si era presentato davanti agli occhi.
Se non è destino questo! Posso mangiare schifezze e per di più giapponesi, giapponesi come lui!
In partica
olare, la sua attenzione era stata catturata da delle palline bianche ripiene di carne di maiale, che dall’etichetta sembrava si chiamassero nikuman e che avevano convinto Victor ll’acquisto; forse per il colore bianco come la pelle candida del suo sirenetto giaponese, forse per il fatto che fossero snack giapponesi come lui, forse perché sono ripieni di carne di maiale e Victor stava fantasticando oltremodo, pensando di affibbiare, una volta fidanzati, al suo giapponese nomignoli come “maialino”.
Beh, a letto lo è.
Accortosi del pensiero sconcio che lo aveva fatto avvampare improvvisamente, aveva pagato i suoi nikuman, sperando che il cassiere non si fosse accorto del rossore sul suo viso, era tornato a casa e aveva deciso di spararseli durante la visione di un film.
Per poi dimenticare intelligentemente di metterli a posto e lasciarli lì in bella vista, prede del più ingordo degli esseri viventi: Makkachin.
E stamattina non ha potuto fare niente se non assistere allo spettacolo del suo adorato cane che si è ingoiato un intero nikuman che gli si è incastrato in gola.
E Victor è terrorizzato all’idea di perdere il suo adorato Makkachin e non può che portarlo nella clinica universitaria lì vicino.
Una volta in clinica il destino gli gioca uno scherzo beffardo: Victor è lì che si dispera mentre portano il suo adorato cane in pre chirurgia e vede il dottore chiamare uno dei suoi studenti e quello studente a cui il dottore sta parlando, non è altri che il suo principe azzurro, che si volta verso di lui, costringendo entrambi a guardarsi negli occhi di nuovo.
E lo vede rosso in viso, mentre il ragazzo dalla pelle ambrata accanto a lui è scoppiato a ridere, farfugliare parole sconnesse al dottore, che risponde qualcosa che al ragazzo non ha fatto piacere e così si dirige sospirando verso Victor, al quale il cuore sta per scoppiare a causa di Makkachin e a causa di quegli occhi meravigliosi che si stanno avvicinando sempre di più verso i suoi.
“Ciao Victor...” 
Oddio conosce il mio nome!
“Devo farti alcune domande su Makkachin. Capisco che per te sia un momento delicato, ma abbiamo bisogno di sapere delle informazioni su di lui, in particolare su cosa è successo, quando, quanti anni ha e il suo peso”
“Makkachin... Oddio... Si salverà, vero?”
“Victor... Faranno il possibile, ma c’è bisogno di sapere queste informazioni che ti ho chiesto. Stai tranquillo, fidati di me.”

E non sa Victor come quella voce lo abbia reso più tranquillo, ma riesce ad aprire bocca e proferire poche parole, ma necessarie: “Makkachin è un cane di razza barbone, è maschio, ha 15 anni e pesa 27 chili. Stamattina l’ho trovato che respirava a fatica e aveva un corpo estraneo incastrato in gola...”
Victor si sta vergognando a morte e l’ultima domanda al mondo che vorrebbe che gli fosse fatta è una e una soltanto.
“Che genere di corpo estraneo? Per caso ne hai idea?”
“Oh Signore... Cioè... Ecco, un nikuman...”
Il giapponese davanti a lui spalanca un po’ la bocca e alza le sopracciglia, come fosse stupito da quell’affermazione, per poi ricomporsi e ringraziare Victor, tranquillizzandolo e dicendogli che deve riferire quelle informazioni al dottore.
E Victor lo afferra per il polso e con sua grande sorpresa il ragazzo non si sottrae al contatto e gli sussurra piano:
“Per favore, fate il possibile... Makkachin è un compagno di vita indispensabile, inseparabile... Mi è stato vicino in momenti difficili e se se ne andasse... So che ha 15 anni ed è anziano... Ma...”
Yuuri è ipnotizzato.
Dalla voce e dagli occhi di Victor, dalla tristezza che trasmette.
E per quanto Yuuri invidi Victor, per quanto lo consideri uno dei classici fighetti della Detroit bene, in questo momento vorrebbe abbracciarlo, addirittura... Accarezzarlo.
E forse anche di più.
E di più davvero, qualcosa di più profondo di quella notte.
“Victor, fidati di me, Makkachin starà meglio...”
Ed inaspettatamente, come guidato da non qualcosa che non sa bene come chiamare aggiunge qualcosa in più, qualcosa che fa deliziosamente arrossire il russo difronte a lui.
Lo sguardo di Yuuri prende una piega dolce, che normalmente non concede a chiunque, i suoi occhi commossi si fissano in quelli di Victor. “Tornerò da te non appena saprò qualcosa di Makkachin. Aspettami su questa panchina. A più tardi.”
Non se lo aspettava mica Victor, non si aspettava che lo guardasse in quel modo, dopo essere sparito quella notte.
Si aspettava freddezza, di certo non comprensione, vicinanza, calore.
Di certo non la promessa che sarebbe stato di nuovo lui a dargli notizie di Makkachin, che sarebbe tornato lui e lui soltanto, non dopo lo sbuffo che aveva rivolto al veterinario dopo l’ordine di andare dal povero russo.
Yuuri d’altro canto, percorre il corridoio pieno di dubbi: non vuole avvicinarsi a Victor, che gli ricorda così tanto il suo passato doloroso, con cui passeggia mano nella mano ancora oggi e che non riesce, per quanto voglia, a lasciarlo andare, ormai compagno silenzioso di una vita.
Dall’altra parte c’è la voglia di guardare al futuro, di andare oltre, non di dimenticare il passato e quindi di dimenticarsi, semplicemente di poter imparare da esso e di non fare in modo che esso lo limiti in ogni aspetto della vita.
C’è qualcosa di bellissimo nel russo che lo attrae inesorabilmente, c’è qualcosa che dopo i fatti di quella notte, dopo il rinnegare le proprie emozioni nonostante i pensieri volti sempre a lui, lo spinge verso Victor.
Quello che sento... Posso fare un passo in più?
Posso farlo senza cadere? Me lo merito?
E poi lui... Cosa pensa? E non lo conosco... Se fosse come tutti gli altri?
Se fosse... Come lui?
L’indecisione, la paura, per sé stesso e per il cane di Victor, sono sensazioni che lo accompagnano anche durante il delicato intervento di estrazione del nikuman dalla gola di Makkachin.
Ma l’intervento è andato a buon fine e su questo Yuuri può tirare un sospiro di sollievo e si sorprende al pensiero di voler correre da Victor a dargli la buona notizia.
Ed è per questo che si ribella educatamente quando il veterinario chiede a Phichit di informare il russo, chiedendo di andare lui al suo posto.
E Yuuri corre lungo quel corridoio, che adesso sembra infinito, che gli lascia troppo tempo per pensare, per capire il perché di tutte quelle sensazioni.
Dimentica però che a certe sensazioni non si possono dare nomi, etichette, spiegazioni razionali.
“Victor! Victor!”
Il russo lo vede correre verso di lui, affannato, ma felice.
Basta questo per farlo alzare velocemente dalla panchina, con gli occhi lucidi per il pianto.
E Yuuri si slancia e in un secondo è addosso a Victor, mentre lo abbraccia forte.
“Makkachin sta bene! È andato tutto bene!”
Victor si trova spiazzato, è felice. Felice davvero perché il suo adorato cagnolone è salvo, pronto a trascorrere altri giorni insieme a lui...
E la sua cotta lo sta abbracciando, le sue braccia intorno alle sue spalle che lo stringono come a pregargli di non sottrarsi a quel contatto. Yuuri ne è consapevole di quella sensazione, le parole di Phichit che rimbombano nella sua testa.
Dovresti darti una possibilità, Yuuri... La meriti. La meriti davvero.
Scioglie l’abbraccio, mentre Victor lo guarda dispiaciuto, Yuuri respira lentamente, il sangue che arriva alle orecchie e che gli fa pulsare le tempie in maniera frenetica.
“...”
“Vi-Victor... So bene c-che dopo quella notte non ci sono stati più contatti fra noi...”
Gli occhi di Victor mutano, mostrando stupore, speranza.
“Ma io... Io... Non sono riuscito a toglierti dalla mia testa. E non so, magari questo sarà un salto nel vuoto, magari mi pentirò fra un secondo esatto, magari verrò rifiutato nel peggiore dei modi... Mi piacerebbe... Poter uscire con te.
O-ogni tanto.
C-cioè se v-vuoi.
Non - non devi.
In-insomma...”
Victor lo trova estremamente dolce, buffo, un fumetto. Vorrebbe anche piangere per la troppa felicità che gli riempie il petto.
“Calmati. Sai, non posso darti una risposta...
...Senza prima sapere il tuo nome.”
“Oh! Cazzo. Yuuri...”
“Bene, Yuuriii...”
E Yuuri pensa che quell’accento e quella r pronunciata in quella maniera musicale, siano una delle cose più belle che abbia mai ascoltato nel pronunciare il suo insulso nome.
“Sei sempre stato nei miei pensieri anche tu. Anche nei miei gesti se è per questo... Nel cibo che mangio, come avrai potuto ben notare. Non hai bisogno di un sì o di un no, credo che dopo queste mie parole la risposta sia abbastanza evidente.”
Yuuri arrossisce fin troppo a sentire quelle parole che hanno il sapore di qualcosa di importante, le mani a coprire il viso che gli fa provare vergogna, le gambe che tremano, ma gli occhi rimangono fissi in quelli di Victor.
“Che ne dici, моя постоянная мысль, di domani?”
E Victor vede il cellulare di Yuuri nella tasca della divisa e ben pensa di prenderlo e segnare il suo numero.
Pensa di essere stato troppo spavaldo, ma a volte la felicità eccessiva, specialmente se non si è abituati a provarla e a contenerla porta a gesti un po’ strani.
“Oh ho segnato il mio numero in caso... Ci fossero problemi con l’orario dell’appuntamento o... Ci volessimo sentire.”
E Yuuri vorrebbe morire dopo l’occhiolino che gli rivolge Victor, apre la bocca per rispondere...
“Signor Nikiforov!”
... Benedetta sfortuna. Il veterinario ha riportato Makkachin a Victor, lo prende in disparte e gli spiega brevemente cosa hanno fatto e cosa deve fare, lasciando Yuuri in uno stato di felice confusione. Pochi minuti e Victor è di nuovo da lui:
“Scusami... Quindi? Per domani?”
“S-sì va bene..”
“Potremmo vederci domani pomeriggio verso le 16 alla Rocca qui vicino, che ne dici?”
“Oh, sì perfetto.”
“Perfetto, ci vediamo domani allora.”
Victor lo saluta, con un bacio sulla guancia che fa perdere a Yuuri la sensazione del tempo e che fa crollare definitivamente tutti quei pregiudizi che aveva sul russo.
“... A... Domani...”
E Victor torna a pensare che questa giornata è partita col piede storto è vero, ma che si è risolta nel migliore dei modi possibili, mentre Yuuri lo guarda andarsene e vorrebbe rimuginare su tante cose, vorrebbe chiedersi se ha fatto bene a lasciarsi andare o se fosse stato meglio continuare a difendersi...
Ma Yuuri vede sbucare dal lato della macchinetta del caffè il suo amico Phichit.
“AH! LO SAPEVO. VICTUURI. SONO ISPIRATO. Ho coniato il nome di coppia. Raccontami. Ora. Scherzi a parte... Sono felice Yuuri. Sono felice che tu ti sia ascoltato.
“Beh... Non c’è molto da dire...”, dice, mentre scrive ed invia un messaggio.
Il destinatario?

-A Vitya-
“Ciao! :) Indovina chi sono?”






Angolo dell' "autrice"

Dopo mille anni circa torno con il quarto capitolo...
Non sono molto soddisfatta in realtà di questo capitolo, o in generale di tutta la mia long, però ancora una volta vorrei ringraziare chi recensisce, chi ha aggiunto la storia fra le preferite e le seguite e chi legge.
E in questo capitolo finalmente Yuuri "abbandona" pregiudizi, paure, dubbi e cerca di darsi e dare una possibilità a quello che sente realmente, come si è visto anche nei capitoli scorsi.
Victor ovviamente ne è più che felice! xD
Questo è un capitolo un po' fluff, chissà se anche i prossimi lo saranno? :/

Note:
моя постоянная мысль -> Mio costante pensiero in russo (Secondo google traduttore).

Bloom è una parola che vuol dire "fiorire". La frase tradotta è: " Fiorisco - Le fontane e le acque supplicano affinchè io ti conosca".
E' una canzone di Troye Sivan, dal titolo "Bloom", ed è un chiaro riferimento sia a Yuuri  sia a Victor, in particolare a Yuuri, che si libera dalle paure e pregiudizi per dare ascolto a ciò che di bello sente dentro.

https://www.youtube.com/watch?v=41PTANtZFW0


Questa cosa la voglio dire, il messaggio
"
Ciao! :) Indovina chi sono?” mi è stato veramente scritto. Dal mio compagno, è stato il suo primo messaggio. Niente, era una piccola dedica
   
 
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