ultimo cap tritone
Il tempo era sereno e il cielo era scalfito da sporadiche nuvole
bianche. Naruto stava costruendo una trappola in corda intrecciata per
polipi, malgrado le dita tozze aveva una grande manualità .
“Allora sei buono in qualcosa.”
Sobbalzò appena. Si era ormai abituato allo sguardo di
Sasuke fisso su di lui e al silenzio leggero sceso tra loro.
“Ah! Ma sta zitto!” Gli tirò una
spallata e Sasuke rispose spingendolo con altrettanta forza. Naruto si
sbilanciò e rischiò di perdere la cesta in mare.
Il tritone scese in acqua. Si erano messi seduti sul culmine di un molo
di legno dall’aspetto dimesso, in quel modo Sasuke in caso di
necessità avrebbe potuto nascondersi sott’acqua
rapidamente.
“Lasciami finire in pace!” Sbraitò
Naruto e allungò un piede per colpirlo, ma Sasuke lo
bloccò per la caviglia.
“Mi sto annoiando.” Dichiarò scrutandolo
con quei suoi occhi neri.
“E io che posso farci?”
“Vorrei vedere casa tua.”
Naruto si grattò la nuca in preda all’imbarazzo,
era la prima volta che Sasuke mostrava in modo così palese
curiosità nei suoi confronti.
“Non è…” Tentennò
un attimo. “non è niente di speciale.”
“Non avrò molte altre occasioni di vedere dove
vivete voi umani, ma se non vuoi—”
“Certo che voglio!”
Qualcosa cambiò sul volto di Sasuke, un angolo della bocca
appena spostato. Naruto colse al volo quel particolare.
“Abito pure qui vicino, da casa mia si vede il
mare.” Disse d’istinto con entusiasmo, avrebbe
pensato dopo alle conseguenze.
“Ottimo.” Sasuke galleggiò sulla schiena
e riversò il capo all'indietro, chiudendo gli occhi. Il sole
batteva forte contro il suo viso. “Agiremo col favore delle
tenebre.”
“Un appuntamento notturno.” Mugugnò
Naruto legando le corde di coir.
Con un colpo di reni Sasuke si rigirò nell’acqua.
“Che hai detto?”
“Che va bene! Verrò a prenderti questa sera, verso
la piana dove pascolano i cavalli. Casa mia è giù
di lì.” Gli indicò la zona con un vago
gesto della mano.
Sasuke non lo guardò nemmeno, s’incassò
nelle spalle e sbatté la coda. “Non so che intendi
per appuntamento, idiota, ma la mia è semplice
curiosità.” Disse così serio che Naruto
non poté trattenersi dallo scoppiare a ridere.
La notte era limpida e tirava un leggero maestrale. Naruto per qualche
ragione sentiva che Sasuke questa volta sarebbe stato puntuale.
Avanzò faticosamente con la carriola sulla spiaggia, non era
riuscito a pensare a nulla di meglio per trasportare il tritone sino a
casa.
Vide la coda guizzare fuori dall’acqua e brillare riflettendo
la luce della luna.
Naruto appoggiò sulla sabbia la lanterna a olio e si
accovacciò, le onde che s’infrangevano placide
sulla riva gli sfioravano i piedi.
“Ehi! Sasuke!” Disse a voce bassa.
Il tritone emerse dall’acqua e si fece più vicino.
Teneva per la coda una sogliola di modeste dimensioni. “Non
urlare, idiota.”
“Io…” Naruto strinse i denti.
“Io non stavo urlando! Ci stavo facendo attenzione!”
Sasuke ghignò e Naruto capì di essere cascato in
pieno nelle sue stupide provocazioni.
Il tritone gli porse il pesce. Sanguinava ancora dalle branchie e il
ventre biancastro riluceva a tratti nell’oscurità.
Naruto accettò felice l’offerta. “Wow!
Che bell’esemplare.” Osservò
accuratamente la sogliola e l'agitò un paio di
volte davanti al viso per vedere se reagiva ancora.
“È per sdebitarmi
dell’ospitalità.” Disse e facendo leva
sulle braccia iniziò a trascinarsi fuori
dall’acqua. “Dai, andiamo.”
Naruto fece un mezzo sorriso stupito. Raccolse la lanterna, illuminando
il corpo del tritone. “Così non ce la faremo
mai.”
“Che intendi?” Si girò di scatto e
dovette schermarsi gli occhi con una mano a causa della luce intensa
prodotta dalla lampadina. “Hai detto che casa tua
è vicina al mare... e levami questa luce dalla
faccia!”
Naruto alzò lo sguardo. “Ho detto che si vede il
mare, non mi ascolti allora. Dista mezzo chilometro.”
Vide le spalle di Sasuke fremere e pensò fosse rabbia, ma
forse era semplicemente molto dispiaciuto.
“Finiremo per farci scoprire…“
“Per questo ho portato una carriola!” Disse
battendosi il palmo aperto sul petto.
Sasuke guardò il mezzo di trasporto sconfortato: una stupida
carriola verde mezza arrugginita. Aggrottò la fronte, si
sentiva preso in giro ma si rendeva conto che mancavano alternative
valide.
Naruto lo aiutò a salirci sopra, ovvero lo
scaraventò dentro a fatica. Il tritone ci stava a malapena e
la lunga coda quasi toccava terra.
Naruto afferrò i manici e spinse. Anche se l’aria
era fresca dopo poco tempo iniziò a grondare sudore e la
canottiera gli si appiccò alla schiena madida.
Appena imboccato il sentiero di sassi, Sasuke spense il fuoco della
lanterna che Naruto gli aveva affidato per illuminare il cammino.
“Che diavolo fai? Non si vede più
niente!”
“Era troppo rischioso, avrebbero potuto scoprirci.”
Disse. “Stai calmo ci vedo bene al buio.”
“Ma non sai la strada.” Replicò Naruto,
facendo attenzione a parlare a bassa voce.
“Anche i tuoi occhi si abitueranno presto
all’oscurità.”
Il sentiero attraversava campi brulli, l’erba era rada e
bruciata dal sole, sparsi qua e là c’erano dei
piccoli arbusti tra i cui rami i piccoli uccellini trovavano rifugio.
Un fruscio di sterpaglie e il rintocco di zoccoli sul terreno
segnalarono la presenza di un branco di cavallini dell’Isola.
Alcuni pascolavano spostandosi con passo lento e cadenzato, altri
invece si fermavano a osservarli incuriositi. I loro grandi occhi scuri
brillavano nella notte.
Sasuke li osservò in silenzio, era diventato
più taciturno del solito. “Quanto puoi resistere
fuori dall’acqua?” Disse Naruto sperando di
spostare l’attenzione su di sé.
“I miei polmoni sono più piccoli di quelli di voi
umani, quindi faccio solo un po’ più di fatica a
respirare e non posso fare grossi sforzi sulla terra ferma. Tutto
qui.”
“Volevi farti la strada a piedi! Cioè, a mani,
trascinandoti in giro! Sei un pazzo!”
“Ti ho detto di non urlare!”
“Chi vuoi che ci senta? Non c’è nessuno
qui!”
“Chiudi il becco e spingi.”
“Perché?” Disse Naruto, fingendosi
tranquillo. “Stiamo andando troppo piano?”
“Già.”
Naruto si asciugò il sudore dalla fronte e strinse la presa
sui manici. “Ora ti faccio vedere!”
Si mise a correre, anche se con le infradito ai piedi faceva una fatica
immane. Il terreno era sconnesso e più di una volta
rischiò di finire a terra e ribaltare la carriola. Sasuke
gli inveì contro inutilmente e quando arrivarono alla
discesa Naruto alzò un urlo di felicità.
L’irta salita poco dopo però gli
stroncò il fiato e verso metà dovette arrendersi
e riprendere a camminare.
“Se mi facevi cadere non ne uscivi vivo.”
Sibilò cercando di sgranchirsi la schiena che aveva accusato
diversi colpi a causa della guida folle del ragazzo.
“Non mi sarei pentito di nulla.” Esclamò
Naruto ansando. “Siamo quasi arrivati.”
La casa era piccola, in stile occidentale e dall’intonaco
bianco. Il giardino sul davanti era soggetto all’incuria,
l’erba era alta e gli alberi di limone mai potati innalzavano
al cielo i loro rami sparuti carichi di frutti. Lo steccato basso che
circondava la casa s’interrompeva al livello di un vialetto
in ghiaia che conduceva all’ingresso. Accatastate alla parete
c’erano diverse attrezzature per la pesca, una spessa corda
faceva capolino da sotto un telone di plastica che sembrava celare una
piccola barca.
Naruto tirò giù Sasuke di peso, anche se fu per
un breve istante dovette prenderlo in braccio e sentì
qualcosa di strano, un dolore piacevole forse, all’altezza
dello stomaco. Una volta messo a terra il tritone si sollevò
facendo forza sulle braccia, mentre Naruto gli sorreggeva la coda con
qualche difficoltà dato che era grossa, scivolosa e pesava
moltissimo.
“Benvenuto a casa!”
L’anticamera era divisa dalla stanza centrale con cucina
annessa da un gradino. La sala di appena otto tatami era arredata da un
divano, un tavolino basso e un mobile con sopra un televisore. In un
angolo troneggiava una pianta di pandanus dalle lunghe foglie
impolverate. La stanza era illuminata da un’ampia
portafinestra che incorniciava una bella vista sui prati, i boschi di
pini e infine un pezzetto di mare. Lo squarcio di cielo visibile era
luminoso di stelle.
Stretta tra il divano e il kotatsu c’era una piscinetta per
bambini di plastica arancione trasparente decorata con disegni di pesci
farfalla.
Sasuke sollevò un sopracciglio.
“Pensavo fossi più comodo in qualcosa che ti
ricordasse il tuo ambiente.” Disse Naruto.
Il tritone commentò con qualcosa d’incomprensibile
a denti stretti e nascose il viso dietro i lunghi capelli. Non
l’avrebbe mai confessato a voce alta ma aveva apprezzato il
gesto.
Si accomodò nell’acqua tiepidina della piscina. La
coda rimaneva per metà fuori adagiata sul pavimento, ma
rispetto al viaggio ora stava decisamente più comodo.
“Pensavo di portarti nella vasca da bagno, ma poi ci saremmo
annoiati dovendo passare tutta la serata lì
dentro.” Naruto lo scavalcò per recuperare il
telecomando sul divano. “Toh, guardati qualcosa.”
Disse accendendo la tv su un canale a caso.
Sasuke dovette strizzare gli occhi, la luce del televisore era davvero
fastidiosa nella penombra.
Naruto si mise ai fornelli, intento a cucinare la sogliola gentilmente
offerta dall'amico. Non era molto bravo in cucina, sapeva giusto
grigliare e miscelare qualche condimento. Aveva l’abitudine
di fare le cose di fretta e anche questa volta non pulì
accuratamente il pesce cosicché quando lo mangiarono si
ritrovarono dei granelli di sabbia sotto i denti.
“Com’è? Non male l’invenzione
del fuoco.”
Vide Sasuke accigliarsi. “È buono.”
Acconsentì alla fine.
Naruto gli lasciò metà del suo piatto.
Il pesce cotto aveva un sapore delizioso e molto delicato. Il profumo
sprigionato dal succo di limone e la sapidità della salsa di
soya risvegliarono i suoi sensi. Sasuke era certo che non avrebbe mai
dimenticato quei sapori e odori.
In tv davano la replica della partita di baseball del
mercoledì, gli Indians contro i Minnesota Twins. Nonostante
sapesse già i risultati Naruto non riuscì a
trattenersi dall'esultare per una valida della sua squadra preferita.
Sasuke lo fissò perplesso, non capiva tanto entusiasmo
per... per qualunque cosa fosse quello che stavano guardando.
Naruto intercettò il suo sguardo e gli accennò un
sorriso.
“Si chiama baseball, è un gioco di squadra molto
famoso e divertente. Ci sono nove giocatori per squadra e nove fasi
chiamate inning in cui ogni squadra ha un turno di battuta. Quello
lì con la mazza in mano è il battitore, chiaro? E
deve tentare di segnare.”
Sasuke inclinò il viso e storse la bocca. “Non ho
capito, come diavolo dovrebbero segnare? Non c’è
nemmeno una porta.”
A Naruto s’illuminarono gli occhi, le parti si erano
ribaltate e per una volta era Sasuke quello completamente ignaro, si
sentì particolarmente utile. Spiegò in modo
semplice, ma senza omettere particolari, e ogni tanto si faceva
prendere dall’entusiasmo raccontandogli qualche aneddoto sui
suoi compagni di squadra.
Sasuke rimase stupito da quanta sicurezza dimostrasse Naruto in quel
momento, non sembrava più il solito ragazzo imbranato e un
po’ superficiale. Il baseball sembrava stargli veramente a
cuore.
“Sakura è pazzesca, lei batte più forte
di qualsiasi giocatore io abbia mai incontrato. Purtroppo il prossimo
anno dovremmo dividerci in squadre diverse.”
“Perché mai?”
“Maschi e femmine non giocano insieme a livello agonistico.
Potremmo continuare ad allenarci insieme ma non sarà
più la stessa cosa.”
“Ti dispiace così tanto?”
“Beh, sì.” Naruto si passò
una mano dietro la nuca. Spense il televisore e la sala illuminata solo
dalla luce della luna sembrò sprofondare nelle acque quiete
e misteriose dell’oceano.
“Si vede la via lattea.” Sasuke lo
invitò a guardare attraverso la finestra il drappo violetto
di stelle avvolto da un pallido chiarore.
“Già. Le stelle sembrano così vicine
questa notte.”
“Naruto.”
Il ragazzo si girò guardandolo in viso.
“Vivi qui da solo?”
“Vivevo insieme a mio zio Jiraiya fino a quando, un paio di
mesi fa, non si è ammalato gravemente al cuore ed
è stato ricoverato in ospedale.” Naruto
rigirò le bacchette di legno tra le dita. “Stavamo
così bene insieme. Non ricordo molto dei miei genitori e lui
è la persona che si è sempre presa cura di me da
quando ero piccolo. “
Sasuke sbarrò gli occhi. “Perché non me
ne hai parlato?”
“Io…” Naruto distolse lo sguardo e
tornò a osservare il cielo. “Io mi
vergognavo.”
Sasuke sferrò un pugno nell’acqua, sollevando
schizzi. “Di cosa dovresti vergognarti, dello zio che sta
male? Idio—”
“Non sono più riuscito ad andare a trovarlo,
capisci? Non ne ho più avuto la forza. È di
questo che provo vergogna.” Naruto si guardò i
palmi aperti, la sua voce era calma, inerme, e Sasuke capì
che qualcosa era sfuggito completamente al suo controllo. Aveva
sottovaluto quel ragazzo.
“Tuo zio… sta così male? Sono certo
guarirà presto, me ne hai sempre parlato come un uomo
forte.” Disse deciso.
Naruto si asciugò l’angolo dell’occhio.
“I medici gli hanno dato pochi mesi. L’operazione
che poteva salvarlo non è riuscita e ora è in
coma.”
Sasuke rimase in silenzio, aspettando che fosse l’amico a
rimettere in ordine i pensieri.
“Ogni volta che ne parlo, non va bene, perché
sento il cuore stringersi.” Naruto si prese la canottiera e
ne strizzò la stoffa. “È come se
facesse
freddo all’improvviso, inizio a piangere fissando questa
finestra e non riesco più ad alzarmi per tutta la giornata.
L’idea di restare da solo…” Si
passò una mano sul collo come a svelare un senso di
soffocamento. “questo senso di solitudine alle volte
è insopportabile.”
“So bene di cosa parli.”
“Anche tu senti la mancanza di qualcuno?” Naruto si
sporse verso la piscinetta.
“Di mio fratello, dei miei genitori e non solo. Di tutti,
perché non è rimasto più nessuno della
mia stirpe.”
“Vorresti dire—”
“Che sono l’ultimo tritone rimasto, non
c’è più nessun altro come me.”
Lo stupore, la rabbia e la tristezza si susseguirono sul volto di
Naruto in un goffo guazzabuglio. Sentì di aver sbagliato
tutto perché aveva creduto fin dall’inizio che lui
e Sasuke fossero simili, che potessero comprendersi a vicenda e invece
non era affatto così. I ruoli al contrario di ogni
aspettativa si erano invertiti ed era lui a non poter assolutamente
comprendere Sasuke. Perché la sua solitudine era immensa
come l’universo, incalcolabile come le stelle nel cielo di
Yonaguni. Gli afferrò un braccio, anche se si sentiva un
puntino insignificante non gli avrebbe permesso di portare quel peso da
solo. Gli si buttò addosso, abbracciandolo. Il peso dei loro
corpi schiacciò un lato della piscinetta e l’acqua
si riversò lentamente sul pavimento.
“Che fai? Sei impazzito?” Sasuke oppose una debole
resistenza che terminò non appena sentì le
lacrime tiepide di Naruto bagnargli l’incavo del collo.
“Anche se siamo così diversi non ha
importanza.” Mormorò Naruto stringendolo a
sé.
Sasuke lo lasciò fare e inconsciamente regolò il
ritmo del proprio respiro su quello dell’amico.
“Io non ti lascerò mai solo.”
Circondò a sua volta Naruto con un braccio e con le dita gli
sfiorò i capelli morbidi. Socchiuse gli occhi e
osservò il soffitto soffusamente illuminato.
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