8.8
Successi e Fallimenti
Megan si era ripromessa di informare al più presto i suoi genitori della decisione che aveva preso.
Aveva deciso di farlo subito, per togliersi il pensiero; ormai era fatta, e loro non avrebbero potuto fare altro che accettarlo.
Ma, proprio come la pallida cicatrice, residua traccia della Fattura di
Voldemort, che stava sbiadendo rapidamente, cancellata dalle massicce
dosi di Unguento Smemorello, anche la determinazione di Megan stava via
via affievolendosi.
Cominciò, infatti, a chiedersi quanto radicato fosse il
tradimento nel cuore di suo padre; se avesse saputo quali erano le
intenzioni di Megan, forse lui si sarebbe deciso a parlare con Silente,
e Megan non voleva che accadesse. Aveva appena dato una svolta alla sua
vita, si sentiva benissimo, aveva uno scopo preciso e non vedeva l'ora
di dimostrarsi valida e capace agli occhi del mago più potente
del mondo, il quale, peraltro, era anche il suo padre biologico.
Così non disse niente il giorno dopo il ritorno a casa, e nemmeno quello dopo ancora.
La ripresa delle lezioni si avvicinava, e Megan passava gran parte
delle sue giornate a pensare a un modo per riavvicinarsi a Harry. Non
sapeva ancora come convincerlo ad andare al Ministero, ma per farlo
doveva per forza riguadagnarsi un po' della sua fiducia, sempre che ne
avesse mai avuta.
Alla fine, però, quando arrivò il momento di partire,
Megan non aveva ancora deciso come agire; sperò che il ritorno
al castello le offrisse un'occasione.
*
Fu più fortunata di quanto avesse osato sperare.
Era una fredda sera di inizio gennaio; le lezioni erano da poco
terminate e Megan stava pattugliando i corridoi, quando si
imbatté in Harry, che ciondolava in giro con le spalle curve e
l'aria avvilita.
Aveva avuto quell'aspetto anche durante la lezione di Pozioni del
mattino, ma Megan non ci aveva fatto troppo caso: Piton adorava
umiliarlo davanti alla classe.
Lui non l'aveva vista; sembrava assorto nei propri pensieri e, mentre
si avvicinava, aveva l'aspetto di un condannato che si avviava, cupo e
rassegnato, al patibolo.
«Ciao Harry» lo salutò lei, alla fine, disinvolta.
Harry sollevò di scatto la testa, sorpreso. «Oh… Ciao» disse lui, accigliato.
Non era un grande inizio, ma Megan non poteva aspettarsi di meglio.
«Tutto bene?» continuò lei, preoccupata.
Harry annuì; poi, evidentemente, gli sembrò scortese non chiedere se anche lei stava bene, e così lo fece.
«Non c'è male» rispose Megan, e aggiunse
«Senti, io… » esitò, poi proseguì
«Io volevo chiederti scusa per quello che è successo prima
di Natale».
Harry abbandonò la sua espressione cupa e le rivolse uno sguardo sorpreso.
«Sì, volevo dirti che mi dispiace» continuò
Megan «Per quello che ho detto e… Vorrei scusarmi con
tutti in realtà, e con Ron naturalmente. Ero arrabbiata, per
quello che stava succedendo, non lo pensavo davvero… è
solo che ho il brutto vizio di prendermela con chiunque, anche con chi
non c'entra niente» concluse, impacciata.
Harry finalmente le sorrise «Non preoccuparti».
Anche Megan abbozzò un timido sorriso.
«Allora, dove te ne vai a quest'ora?» gli chiese poi, in tono allegro, camminandogli a fianco lungo il corridoio.
«Da Piton» rispose Harry, abbattuto, e aggiunse, davanti
allo sguardo interrogativo di Megan «Devo prendere
ripetizioni».
«Di Pozioni?» rifletté Megan ad alta voce «Ma
Piton non dà mai ripetizioni, e tu non sei peggio di
altri».
Harry la guardò perplesso, chiedendosi se il suo fosse un tiepido complimento o un'offesa.
«Voglio dire» si affrettò lei a spiegare «Non
sei il primo della classe, ma non credo proprio che tu abbia bisogno di
prendere ripetizioni per passare gli esami».
«Piton la pensa diversamente a quanto pare» ribatté Harry, con una smorfia.
Arrivarono a un bivio e si salutarono; Harry andò a sinistra
verso i sotterranei, mentre Megan prese il corridoio di destra da cui
partivano le scale che portavano ai piani superiori.
Questa faccenda delle ripetizioni era sospetta, ma Megan non aveva elementi per capire altro.
Di certo Hermione e Ron sapevano la verità, ma non
gliel'avrebbero mai confidata, e forse non l'avrebbero detto neanche a
William.
Comunque, come inizio, non era stato niente male.
Completò il giro di perlustrazione, quindi rientrò nel dormitorio.
Già dal primo giorno, gli insegnanti li avevano caricati di
compiti, e non si stupì nel trovare i suoi amici chini sul lungo
tavolo della Sala Comune, alle prese con il lungo tema per Piton.
Si unì a loro, e decise che avrebbe rimandato la questione delle ripetizioni di Harry a un altro momento.
*
Erano tornati a Hogwarts da quasi un mese, ma i professori erano stati impietosi con loro.
I compiti che venivano loro affidati erano sempre più gravosi, e
nessuno studente del quinto anno poteva più concedersi un
momento di relax; perfino la squadra di Quidditch faticava a trovare il
tempo per allenarsi.
Sapeva però che l'ES si era riunito un paio di volte, ma non
aveva osato presentarsi; nonostante si fosse scusata anche con Weasley,
un paio di giorni dopo l'incontro fortuito con Harry, non sapeva
proprio come avrebbero reagito gli altri alla sua presenza, e non
voleva mettere Harry nella condizione di dover prendere una decisione
ferma e avventata.
Comunque, non aveva più avuto modo di parlagli; ogni tanto si
incrociavano per i corridoi, ma si scambiavano solo un rapido saluto e
nient'altro.
Megan sapeva che continuava a prendere ripetizioni da Piton,
perché l'aveva visto un paio di volte scendere nei sotterranei
dopo le lezioni.
Ad ogni modo, però, doveva sbloccare la situazione, altrimenti non sarebbe mai riuscita nel suo intento.
L'occasione si presentò in una gelida mattina di inizio febbraio.
Megan entrò nella Sala Grande per fare colazione e notò immediatamente che qualcosa non andava.
Lanciò uno sguardo a Harry, che era seduto al tavolo dei
Grifondoro e guardava con orrore la prima pagina della Gazzetta del
Profeta.
Anche gli studenti delle altre Case confabulavano tra loro preoccupati,
passandosi il giornale di mano in mano; al tavolo degli insegnanti,
l'atmosfera era tesa, quasi cospiratoria.
Pansy, che era salita con lei dai sotterranei, aveva già preso
posto tra i Serpeverde; lì, il clima era più disteso,
anche se in molti discutevano tra loro, sfogliando la Gazzetta.
Da quella distanza Megan non riusciva a leggere il titolo, ma poteva
vedere alcune foto, circa una decina, che occupavano tutta la prima
pagina.
Decise di dirigersi verso il tavolo dei Grifondoro, e prese posto accanto al fratello.
La maggior parte degli studenti era troppo concentrata per notarla, ma
altri, tra cui la Granger, si voltarono a guardarla, stupefatti.
«Meg» disse William, lievemente nervoso «Ehm, che ci fai qui?»
Megan si strinse nelle spalle e gli prese la sua copia della Gazzetta,
che era appoggiata contro una caraffa di Succo di Zucca.
Tornò alla prima pagina e lesse il titolo, scritto in grossi
caratteri neri: “EVASIONE DI MASSA DA AZKABAN” recitava
l'intestazione; sotto c'erano le immagini che aveva intravisto da
lontano; erano le foto dei dieci prigionieri evasi, nove uomini e una
donna, tutti dall'aspetto selvaggio e un po' folle.
«Non è possibile» mormorò, mentre iniziava a leggere l'articolo.
Secondo Caramell, l'artefice di tutto era Black, cugino dell'unica donna evasa, di nome Bellatrix Lestrange.
Guardò la foto, e si accorse che in effetti aveva una certa
somiglianza con il padrino di Harry: entrambi avevano folti capelli
neri e recavano le tracce della stessa grande bellezza, ormai perduta.
«Eccoti servito, Harry» stava dicendo Ron, sgomento
«Ecco perché Tu-Sai-Chi era felice ieri notte».
Megan sollevò di scatto la testa: che cosa aveva detto Weasley?
La Granger, intanto, se ne stava andando e anche Ron e Harry si
apprestarono a imitarla. Poi, però, Harry incontrò il suo
sguardo e decise di restare.
Ron lo salutò e lasciò la sala Grande, seguito poi da William.
«Ehm, ciao» le disse Harry «Hai letto?» chiese poi, indicando il giornale.
Megan capì che quella era la sua occasione.
Annuì e cercò di apparire sconvolta come tutti gli altri
«È terribile» cominciò «Silente l'aveva
previsto, e nessuno gli ha dato ascolto».
Harry annuì con aria grave.
«Direi che questo è la prova che il Ministero o non vuole
o non è in grado di proteggerci. Forse non lo siamo neanche noi,
ma tu stai provando a fare qualcosa».
Sul volto di Harry comparve un sorriso di imbarazzato compiacimento.
«Non è molto quello che facciamo, lo so, ma stanno tutti
migliorando e-»
«Invece è tantissimo!» lo interruppe lei, con entusiasmo «Sono stata un'idiota, davvero».
«Perché non vieni alla prossima riunione?» propose
Harry e continuò, davanti alla sua espressione incerta «Se
chiedi scusa a tutti, non avranno problemi a riaccoglierti, sono solo
un po' orgogliosi».
«Lo sono anch'io» scherzò Megan «Ma verrò, grazie Harry».
Si salutarono, quindi Megan raggiunse i suoi compagni Serpeverde.
La prima fase del suo piano era stata completata con successo.
*
Tuttavia, fu costretta ad aspettare altre due settimane prima di poter
finalmente rimettere piede nella Stanza delle Necessità.
Dopo l'evasione da Azkaban, la Umbridge aveva imposto altri decreti,
sempre più restrittivi, sia per gli studenti che per gli
insegnanti.
Quanto a questi ultimi, due di loro, la Cooman e Hagrid, si trovavano
in una situazione alquanto precaria. Hagrid era in verifica, mentre la
stralunata insegnante di Divinazione era stata licenziata, e solo
l'intervento del Preside aveva impedito alla Umbridge di bandirla da
Hogwarts.
Megan non aveva mai frequentato il corso della Cooman, un personaggio
quantomeno eccentrico, per non dire folle, e perciò non era
rimasta stupita quando la Umbridge l'aveva dichiarata non idonea agli
standard della scuola.
Quella donna le faceva un po' pena, ma dopotutto, pensava, se fosse
stata una vera Veggente, come sosteneva di essere, avrebbe dovuto
prevedere il suo imminente esonero.
Finalmente, un giorno, verso la fine di marzo, sul galeone truccato comparvero ora e data dell'incontro dell'ES.
Megan si recò puntuale all'ultimo piano, e varcò senza problemi l'ingresso della Stanza della Necessità.
Molti dei ragazzi erano già arrivati e, quando la videro entrare, le rivolsero occhiate incredule e, a tratti, ostili.
Megan fece come Harry le aveva consigliato, e si scusò personalmente con ognuno.
Incontrò lo sguardo del fratello, che le sorrideva raggiante.
Megan rispose al sorriso, ma si sentì un po' in colpa nel vedere
la felicità del suo gemello: lui credeva che si fosse ravveduta,
e che le sue azioni fossero mosse da un sincero desiderio di
riappacificazione, ma non era così. Megan li avrebbe traditi
tutti quanti.
Comunque, non ebbe più modo di sentirsi in colpa; poco dopo
iniziò la lezione e, come capì presto, Harry aveva
iniziato a farli esercitare con i Patronus.
Megan non era mai riuscita ad evocarne uno corporeo, ed era eccitata all'idea di provarci.
Si rivelò più difficile del previsto.
Nonostante fosse più brava della maggior parte dei suoi compagni, quell'incantesimo le stava dando non pochi problemi.
Scandiva con chiarezza la formula e agitava la bacchetta eseguendo il
movimento corretto, ma non riusciva ad ottenere alcun effetto. Alcune
volte, una leggera nebbiolina argentata si sprigionava dalla punta
della sua bacchetta, ma si disperdeva in fretta nell'aria, senza
accennare a prendere una forma definita.
«Devi pensare a qualcosa che ti renda davvero felice» le
disse Harry, avvicinandosi. Megan annuì, e si sforzò di
richiamare alla mente il ricordo giusto.
Ma non ce n'erano, capì, abbattuta; tutte le sue emozioni
più belle erano legate a Cedric, ma pensare a lui la faceva
sentire malissimo. Persino i ricordi legati ai suoi genitori erano
oscurati da un velo di malinconia, perché quelli erano i ricordi
di un'altra persona; la sua vita precedente non esisteva più,
ora lei era diversa, in tutto. Certo, le emozioni che aveva provato
nelle ultime settimane erano state molte e intense, ma nessuna poteva
essere definita propriamente felice: era stata arrabbiata, spaventata,
esaltata; si era sentita frustrata, aveva conosciuto il disprezzo
più profondo, e la soddisfazione più selvaggia, ma mai
era stata semplicemente serena o felice.
L'esercitazione andò avanti per un'ora, poi furono costretti a
interrompere l'allenamento e fare ritorno ai rispettivi dormitori.
Megan si avviò, sola e abbattuta, verso i sotterranei.
*
Le settimane passavano lentamente, ma comunque troppo in fretta.
Gli esami si stavano avvicinando e, con l'aumentare dei compiti, cresceva anche l'agitazione degli studenti.
Alcune ragazze si erano già lasciate travolgere da parecchie
ondate di panico, e Madama Chips aveva avuto un gran da fare in
infermeria, dove gli studenti venivano portati per ricevere una bella
dose di Pozione Rilassante.
Per rimarcare poi il fatto che da quegli esami dipendeva il futuro di
ciascuno, i Capi Casa avevano iniziato a convocare gli studenti per gli
incontri di Orientamento Professionale; Megan fu una delle prime ad
essere chiamata nell'ufficio di Piton.
«Accomodati» l'accolse il professore di Pozioni.
Era un tiepido pomeriggio di fine marzo, ma, quando Megan entrò
nel gelido studio sotterraneo, le sembrò di varcare l'ingresso
di una caverna scavata nel ventre di un ghiacciaio.
Piton era chino sulla sua scrivania, e stava finendo di scrivere
qualcosa a margine di una pergamena; quindi spostò la piuma
vicino al bordo in alto e tracciò una grossa D; Megan si
augurò vivamente che quello appena valutato non fosse il suo
compito.
«Allora» cominciò l'insegnante, quando Megan prese
posto davanti a lui. «Come sai al termine di quest'anno dovrai
scegliere le materie che desideri continuare per i successivi due anni
qui a Hogwarts. Questa scelta potrebbe influire molto sul tuo futuro
fuori da queste mura, quindi il mio consiglio è di cominciare
fin da subito a pensare molto attentamente a che cosa desideri fare una
volta diplomata».
Megan annuì, e Piton proseguì «Qui ci sono degli
opuscoli informativi» disse, accennando alle sottili pile di
fogli disposte sul lato destro della scrivania «Hai già
qualche idea in merito?» chiese.
«Veramente no» ammise Megan.
Era sempre stato suo desiderio diventare un una Spezza-Incantesimi,
tuttavia da molti mesi non nutriva più molto interesse per
qualsivoglia carriera. Quello, dopotutto, era stato il sogno di Cedric,
e Megan si era sempre immaginata al suo fianco, a distruggere qualche
maleficio tra le sabbie del deserto africano, o tra le rovine di un
tempio indiano.
Ma ora Cedric non c'era più e lei, a dirla tutta, non riteneva
più necessario compiere una scelta: un'altra
“carriera”, infatti, le si era prospettata davanti.
«Pensavo,» riprese nel frattempo Piton «magari
vorresti orientarti verso una carriera al Ministero?»
suggerì «I tuoi voti sono ottimi, benché abbia
notato un leggero calo in quest'ultimo semestre».
Megan ascoltò in silenzio il Direttore della sua Casa
illustrarle le varie possibili alternative di impiego, e i requisiti
minimi per accedervi.
«Parker, dovrai pure avere qualche ambizione!»
sbottò a un certo punto Piton. Megan, che non aveva prestato
troppa attenzione fino a quel momento, sobbalzò leggermente.
«Sì, immagino di sì» disse lei, dopo un
momento «Credo che mi orienterò verso questo» disse,
afferrando il primo opuscolo.
«Relazioni Babbane?» chiese Piton, tra il perplesso e lo sconcertato.
«Ehm» iniziò Megan, ma il professore la interruppe
subito «Sul serio Parker, che ti prende ultimamente?»
chiese, con una leggera nota irritata nella voce.
«Niente» si affrettò a rispondere lei, quindi
aggiunse «Immagino che non ci sia nulla qui che faccia per
me» e, sentendosi per la prima volta a disagio, concluse
«Posso andare ora?»
Piton la squadrò per un momento, incerto se insistere; quindi annuì impercettibilmente.
Megan lasciò l'ufficio in fretta e fu solo quand'ebbe chiuso la
porta del dormitorio alle sue spalle che riuscì a trarre un
lungo, profondo sospiro.
Che diamine le era preso prima?
Non ebbe tempo di darsi una risposta perché, appena un istante
più tardi, Pansy fece letteralmente irruzione nella camera.
«È stato grandioso» esclamò esaltata e,
davanti al suo sguardo interrogativo aggiunse «Io e Draco ci
siamo baciati!» esultò.
Megan scosse la testa divertita.
«Ah» sospirò Pansy lasciandosi cadere sul letto.
«Ora la pianterai di fare l'oca, mi auguro» le disse Megan.
«Penso che chiederò a Micheal di uscire» dichiarò Pansy.
«Micheal?» chiese Megan, confusa.
«Bé sì, non voglio rendere tutto troppo facile».
«Troppo facile?» esclamò Megan, allibita e, davanti
all'espressione elusiva dell'amica aggiunse, semiseria «Io ti
ammazzo».
Pansy si strinse nelle spalle e cominciò a ridere.
*
Per quanto trovasse irritante l'atteggiamento di Pansy, Megan aveva altri problemi a cui pensare.
Aveva finalmente deciso come intendeva agire, anche se la soluzione che
aveva trovato le avrebbe creato non pochi problemi in futuro.
E poi, a peggiorare la situazione, c'erano gli esami.
Il professor Piton aveva ragione: i suoi voti erano in lento, ma
costante calo e, oltre all'agitazione per i G.U.F.O. in avvicinamento,
aveva anche una battaglia di orgoglio da combattere; era andata ad
altre due riunioni dell'ES, ma non era riuscita a fare miglioramenti
con il suo Patronus. Anzi, a dire il vero stava peggiorando: ora,
faticava molto anche a produrre quei patetici sbuffi grigiastri.
Il prossimo incontro si sarebbe tenuto quella sera, così Megan
decise di consumare la cena in fretta, così da ritagliarsi un
po' di tempo per esercitarsi da sola e indisturbata nel suo dormitorio.
Alle sette e trenta uscì dalla Sala Comune, per fare il solito
giro di ispezione, per poi salire all'ultimo piano e raggiungere gli
altri dell'ES.
Stava percorrendo uno dei corridoio del secondo piano, quando vide Draco che le veniva incontro.
Quando furono a meno di un metro di distanza l'uno dall'altra, Megan si
accorse che l'amico aveva un'espressione stranamente compiaciuta.
«Dove stai andando?» le chiese Draco.
Megan gli rivolse un'occhiata interrogativa e rispose «Faccio il
giro di ispezione, tu invece perché sei qui?»
«Li abbiamo presi» disse, euforico.
Megan non capiva, chi era stato preso?
«Potter, sappiamo dove si nasconde» proseguì Draco
«La Umbridge ha detto di aspettare che ci siano tutti, ma io non
vedo l'ora di mettere le mani su quell'idiota. Questa volta sarà
espulso!» esclamò trionfante.
Megan, con orrore, incominciò a comprendere.
«Ehm, grandioso» disse, cercando di mostrarsi il più convincente possibile.
«Peccato che tu non abbia accettato di fare parte della Squadra
di Inquisizione, la professoressa Umbridge ci ricompenserà bene
dopo stasera».
Megan annuì distrattamente; non andava bene, non andava assolutamente bene.
Harry non poteva essere espulso, ad ogni costo doveva rimanere a scuola.
In quel momento, arrivarono anche Tiger e Goyle; anche loro esibivano un sorriso raggiante sui loro volti massicci e ottusi.
«Ci siamo?» chiese Draco, tremando di eccitazione. Gli
altri due si scambiarono uno sguardo confuso, poi annuirono con
decisione.
«A dopo» la salutò Draco, con una voce
sorprendentemente acuta; Megan rimase per un attimo immobile, quindi
cominciò a correre nella direzione opposta, su per le scale e
attraverso i passaggi segreti.
Non aveva ancora raggiunto il settimo piano, quando vide alcuni ragazzi
dell'ES venirle incontro trafelati; qualcuno cercò di dirle
qualcosa, ma Megan li ignorò e proseguì.
Stava per svoltare l'ultimo angolo, quando udì un gran tonfo,
accompagnato da alcune risate di scherno; si bloccò di colpo,
quindi, nascosta dietro al muro, si sporse cautamente per spiare
il corridoio.
Vide Draco, raggiante, torreggiare su Harry, che giaceva lungo disteso
sul pavimento: probabilmente era appena stato colpito da un incantesimo
rallentante.
E, dal fondo del corridoio, resa ancora più stridula
dall'eccitazione, risuonò la voce della Umbridge
«Eccellente, oh sì eccellente Draco» esultò
«Cinquanta punti a Serpeverde» dichiarò, quindi, con
uno sguardo di sadica soddisfazione si rivolse a Harry «Alzati
Potter, ora andiamo dal Preside».
*
Con la presente, Dolores Umbridge, Preside di Hogwarts e Inquisitore
Supremo la informa che è stata convocata nell'Ufficio del
Preside.
Quando Megan lesse quelle poche parole, comprese che i suoi peggiori timori si erano avverati.
Qualcuno doveva aver trovato la lista dei partecipanti dell'esercito di Silente e l'aveva consegnata alla Umbridge.
Megan venne colta dal panico; non poteva venire espulsa, non avrebbe
mai sopportato un'umiliazione del genere: guardare i suoi amici
terminare gli studi a Hogwarts, mentre lei veniva costretta a ripiegare
in qualche scuola di secondo o terzo ordine, magari addirittura fuori
dalla Gran Bretagna, sarebbe stato semplicemente inaccettabile e
tremendamente imbarazzante.
Ma il suo nome e la sua firma erano tracciati chiaramente e
indiscutibilmente su quella pergamena, e Megan non sapeva proprio che
cosa inventarsi per cavarsela questa volta.
Naturalmente, però, non poteva immaginare che quella che
all'inizio le era sembrata una tragedia, si sarebbe rivelata una grande
occasione.
E così, depressa e rassegnata, Megan si avviò lentamente verso la Presidenza
Stava percorrendo l'ultimo corridoio che conduceva alla Torre delle
Scale di Marmo, diretta allo studio del Preside, quando incrociò
alcuni altri membri dell'ES, che venivano dalla parte opposta. Quelli
le rivolsero degli sguardi ostili, mormorando tra loro.
Alla fine, Macmillan disse qualcosa a voce alta, che suonava molto
simile a “Lo avevo detto che non ci si poteva fidare di una
Serpeverde”.
Megan, che si trovava davanti a lui, a qualche passo di distanza, si bloccò di colpo.
«Che cosa hai detto, Macmillan?» chiese, irritata, voltandosi per fronteggiare il Tassorosso.
«Che non ci si può fidare di una Serpeverde»
ripeté lui, calmo. Alcuni altri ragazzi cercarono di farlo
tacere, ma i più rimasero zitti, come a voler fornire una sorta
di muto consenso.
«Credi che sia stata io a dire alla Umbridge dell'ES?» domandò Megan, aspra.
«È quello che pensano tutti, Parker» rispose
Macmillan, scatenando mormorii di assenso. «Vuoi negarlo?»
la incalzò.
Megan non ebbe il tempo di rispondere; in quel momento, un altro gruppo di studenti li raggiunse. Tutti la guadavano torvo.
Si accodarono al gruppo di Macmillan e Megan, dopo momento di esitazione, si unì a loro.
Quando poi si riunirono tutti nell'Ufficio del Preside, che peraltro
sembrava essere stato teatro di una violenta zuffa, fu subito chiaro
che nessuno di loro sarebbe stato espulso.
Neanche la recente promozione sembrava dunque aver dato alla Umbridge il potere di espellere qualche studente.
«Inaccettabile» ripeté la Umbridge per
l'ennesima volta «Assolutamente inaccettabile» Troneggiava
su di loro, circostanza decisamente unica, dall'alto della pedana
rialzata, circondata dai resti dei tavolini dalle gambe sottili; era
successo decisamente qualcosa lì dentro e, a giudicare
dall'atteggiamento della Umbridge, quel qualcosa non l'aveva affatto
compiaciuta.
«Non posso provare le vostre continue riunioni»
continuò la neo Preside «Ma la lista parla chiaro, avete
infranto il Decreto ministeriale prendendo parte a un'organizzazione
illegale a scopo sovversivo» li accusò; non c'era
più alcuna traccia del suo solito tono affettato, la sua voce
ora era acida e fredda, ma ugualmente insopportabile.
Sul fondo dello studio, accanto alla porta, i membri della Squadra di
Inquisizione gongolavano come non mai, e non si perdevano una parola;
solo Pansy e Draco sembravano turbati, come se la gioia del momento non
potesse dirsi completa per loro; la ragione, era evidente.
«Sarete messi in punizione, fino alla fine dell'anno
scolastico» stava continuando la Umbridge «Qualcuno ha da
dire qualcosa a sua discolpa?» li sfidò poi.
In quel momento, Draco prese la parola «Professoressa» iniziò.
«Sì, Draco» disse la Umbridge, ritrovando improvvisamente il suo tono dolce e indulgente.
«Credo che qui ci sia stato un malinteso» continuò
Draco, rivolgendo un chiaro sguardo nella direzione di Megan.
Lei si voltò a guardare prima la Umbridge, poi l'amico, poi di
nuovo la Umbridge, che invece osservava entrambi in silenziosa attesa.
«Ebbene?» risolse infine la Preside.
Megan pensò in fretta.
Poteva mentire e salvarsi, o stare zitta e condividere la punizione con
gli altri; già, gli altri che, senza nemmeno aver voluto
ascoltare la sua versione, avevano deciso che era stata lei a tradire
l'ES.
«Megan non ha mai avuto intenzione di tradirla, professoressa» continuò Draco.
Megan si sentiva la gola asciutta; non aveva idea di dove il suo amico
volesse andare a parare, né come pensasse di negare l'evidenza.
La Umbridge intanto ascoltava in silenzio, indecisa se voler credere o meno a quelle parole.
Tra i ragazzi serpeggiarono mormorii confusi; Megan lanciò
un'occhiata a suo fratello che se ne stava in piedi accanto a Weasley,
con un espressione incredula e inorridita sul volto.
«Megan ha accettato di far parte dell'Esercito di Silente per
poter avere informazioni» proseguì ancora Draco
«Informazioni da consegnare a lei, naturalmente» aggiunse.
«E perché non hai detto nulla fino ad ora» chiese la
Umbridge, sospettosa «E nemmeno tu, signorina Parker?»
«Come ha detto lei, professoressa» si inserì di
nuovo Draco «Non c'erano mai state riunioni, quindi non aveva
nulla di rilevante da riferirle. Questa sera doveva esserci la prima, e
quindi Megan mi ha subito informato dei dettagli e io sono venuto a
riferirli a lei».
Megan continuava a restare in silenzio, incapace di contraddire l'amico.
La Umbridge le lanciò di nuovo uno sguardo indagatore, quindi
tornò a concentrarsi su Draco, che riprese, sempre più
convinto «Megan si è quindi recata sul luogo, per evitare
di destare sospetti, e per dire a Pansy dove poteva trovare la lista
con i nomi di tutti i membri» aggiunse, al che anche Pansy
annuì prontamente.
Ancora una volta, la Umbridge rimase in silenzio, soppesando le parole che aveva appena udito.
«Ebbene, signorina Parker» disse infine «È così che è andata?»
Megan, che era rimasta ad ascoltare incredula, fu costretta a dire qualcosa.
Draco le aveva appena offerto un modo per salvarsi dalla punizione, e
le sarebbe bastato annuire in silenzio per scamparla; tuttavia, sapeva
che, se l'avesse fatto, questa volta Harry e gli altri non l'avrebbero
mai perdonata e lei non avrebbe più avuto nessuna
possibilità di portare a termine il compito che Voldemort le
aveva affidato.
Pur sapendo che la Umbridge si sarebbe arrabbiata con Draco per averle
mentito così spudoratamente, si fece coraggio e rispose
«No, professoressa».
«Che cosa è successo, allora?» strillò la Umbridge, impaziente.
Evitando accuratamente di guardare i suoi amici, Megan spiegò
«Sono entrata nell'Esercito di Silente per gli stessi motivi
degli altri, volevo imparare a combattere, dal momento che lei si
è rifiutata di farlo… se per mancanza di volontà o
per totale incapacità non saprei dirlo» dichiarò,
scatenando mormorii di approvazione tra i membri dell'ES.
«Come osi?» scattò la professoressa, ma Megan si
affrettò a concludere «Quindi non c'era nessun altro
scopo, ho aderito al gruppo per contrastare la sua totale ignoranza in
materia e se crede che questo meriti una punizione, allora verrò
punita anche io come tutti gli altri».
«Puoi starne certa, signorina Parker» promise la Umbridge.
*
Ovviamente, gli altri Serpeverde l'avevano presa molto bene.
La Umbridge si era limitata a togliere dieci punti a Draco per averle mentito, ma comunque il danno morale era elevatissimo.
Megan non aveva risposto alle domande insistenti dei suoi amici,
così loro avevano iniziato a trattarla con freddezza e distacco,
come se lei fosse una portatrice sana di una qualche oscura e infida
malattia.
Un giorno, forse molto presto, Megan avrebbe rivelato la vera ragione
del suo gesto, e allora i suoi amici avrebbero capito e tutto sarebbe
ritornato come prima.
Quanto ai membri dell'ES, erano rimasti tutti piacevolmente colpiti dal
suo comportamento, William più degli altri, e Megan non si era
mai trovata tanto in sintonia con loro in tutta la sua vita;
condividere la punizione della Umbridge aveva creato una sorta di
legame tra loro, suggellato dalle orrende cicatrici inferte dalle penne
incantate della sadica Preside.
Inoltre, era anche stato scoperto il nome della spia; a quanto pare la
Granger aveva stregato l'elenco dei nomi, con una incantesimo alquanto
crudele per una studentessa irreprensibile come lei, azione, questa,
che le era valsa i sinceri complimenti di Megan.
Poco dopo quella spiacevole avventura, comunque, giunsero le vacanze di
Pasqua; Megan pensò che quella potesse essere una buona
occasione per mettere in atto il suo piano, ma, ancora una volta,
avvenne qualcosa che la costrinse a cambiare i suoi progetti.
Due giorni prima della sospensione delle lezioni, infatti, Megan aveva
ricevuto una lettera dei suoi genitori, che le ordinavano, neanche
troppo velatamente, di tornare a casa.
Da sola, avevano precisato.
Dal momento che, come William, aveva programmato di restare a Hogwarts
per studiare, dovette inventarsi una scusa: disse che aveva scelto di
tornare a casa perché lì avrebbe potuto concentrare
meglio, visto che nel proprio dormitorio non era più la ben
accetta; suo fratello inizialmente si offrì di farle compagnia,
ma si lasciò convincere facilmente a rimanere a scuola insieme
ai suoi amici e, per fortuna, non sospettò nulla.
*
Era tornata a casa da un paio di giorni.
I suoi genitori non le avevano ancora lasciato intendere nulla riguardo la loro richiesta tanto insolita quanto preoccupante.
Nella tarda mattinata del terzo giorno, tuttavia, Megan ebbe le sue risposte.
Stava scendendo le scale, diretta in giardino dopo una lunga, noiosa,
sessione di studio; era una bella giornata primaverile e non vedeva
proprio l'ora di rilassarsi per una mezzoretta all'ombra di uno dei
maestosi alberi che punteggiavano il parco della villa.
Arrivata nel grande atrio d'ingresso si fermò un momento; aveva
davvero voglia di qualcosa di fresco da bere, e magari anche di un bel
libro da leggere, qualcosa di leggero per svagarsi un po'.
Decise che avrebbe chiesto di occuparsene a Ellie, L'Elfa Domestica della sua famiglia.
La chiamò, ma non ottenne alcuna risposta; era dalla sera
precedente che Megan non riusciva a trovarla, e si chiese se per caso
non si fosse ammalata, anche se quella sarebbe stata la prima volta.
Decise di arrangiarsi.
Non aveva voglia di risalire le scale per raggiungere la biblioteca,
così si diresse verso il salotto, dove si trovavano alcuni
scaffali che offrivano comunque una scelta abbastanza vasta.
Aveva mosso appena qualche passo, quando vide suo padre uscire proprio dalla porta del salotto.
Aveva il volto tirato e sfoggiava un'espressione preoccupata; per un istante non parve nemmeno vederla.
«Megan» esordì alla fine «Vieni» disse
semplicemente e, senza darle altre spiegazioni, rientrò nella
stanza.
Megan aveva visto suo padre così teso solamente una volta e la ragione, come constatò poco dopo, era la medesima.
Varcò la soglia del salotto e ad accoglierla trovò Lord
Voldemort, che se ne stava tranquillamente seduto sulla poltrona, con
le lunghe dita bianche intrecciate davanti a sé, mentre la
povera Ellie se ne stava accucciata accanto a lui, pronta ad esaudire
qualunque richiesta.
C'era anche sua madre, seduta sul divano, e sul suo bel volto c'era la stessa espressione tesa del marito.
Megan esitò un istante, colta di sorpresa, quindi riprese ad
avanzare, e fu solo allora che si rese conto che l'esile creatura ai
piedi del Signore Oscuro non era Ellie; l'esserino infatti, era
sì un Elfo Domestico, ma non il suo.
«Megan» la salutò Voldemort, con un scintillio
sinistro nei freddi occhi sanguigni. «Ho saputo che ti sei
ristabilita completamente dopo il nostro ultimo incontro»
aggiunse poi.
Suo padre, quello adottivo, aveva intanto preso posto accanto alla
moglie e scosse la testa impercettibilmente a quelle parole; non
sembrava arrabbiato, ma, piuttosto, deluso.
Per un po' nessuno disse nulla, poi, all'improvviso, l'Elfo sconosciuto
emise una sorta di rantolo gutturale, come se volesse segnalare la sua
presenza.
«Oh, lui è Kreacher» presentò Voldemort, con
noncuranza «Ma tu lo conosci già, non è vero?»
L'Elfo, sentendosi nominare, sollevò la brutta testa rugosa, e
finalmente Megan lo riconobbe: era l'Elfo Domestico di Sirius Black.
«Mi ha riferito alcune informazioni importanti, sai»
continuò Voldemort «Non sapevo che Silente ti avesse
accolta nel suo esclusivo circolo segreto»
Megan, ormai incapace di dire alcunché, si limitò ad abbassare lo sguardo.
Di nuovo, nella stanza cadde il silenzio, rotto alla fine dalla parole del Signore Oscuro.
«Vincent, vai pure, voglio scambiare due parole con mia
figlia» ordinò al suo seguace, che, prontamente
obbedì; sua madre, non essendo stata nominata, esitò un
istante, quindi si rassegnò a seguire il marito ed uscì
dalla stanza.
«Vieni Kreaher» ordinò poi suo padre e il brutto
Elfo si affrettò a eseguire, infilandosi malamente nello
spiraglio della porta che, velocemente, venne chiusa.
Megan non osava emettere un suono.
«Siediti» ordinò il Signore Oscuro, passando
rapidamente alla lingua sibilante dei serpenti; Megan, riluttante,
obbedì e prese il posto di sua madre sul divano, lo sguardo
fisso sul pavimento.
«Mi congratulo con te» esordì Voldemort «Non
credevo riservassi così tante sorprese» continuò;
Megan sollevò di scatto la testa, ormai completamente smarrita.
«Questo ci da un vantaggio inaspettato» proseguì
Voldemort «E l'Elfo mi ha rivelato alcune importanti
informazioni» .
Fece una pausa, quindi si alzò e si diresse verso il camino, dandole le spalle.
«Dimmi» disse alla fine «Come definiresti il rapporto tra Potter e Black?»
Megan, sempre più confusa, rispose «Black è il suo padrino».
«E sono legati?» chiese Voldemort.
«Credo di sì».
«Quanto?» insistette lui.
«Molto, immagino».
«Ho bisogno di saperlo!» ringhiò Voldemort, battendo
il pugno bianco contro la mensola del camino; Megan arretrò
sullo schienale del divano.
«Sono molto legati, credo che Black lo consideri come un figlio,
o un fratello, non saprei davvero come interpretarlo» rispose
lei, tutto d'un fiato.
«E Potter?» la incalzò il Signore Oscuro.
«La stessa cosa».
«Credi che metterebbe a rischio la sua vita per salvarlo?»
«Senza dubbio» rispose Megan, senza esitazione.
«Eccellente» esalò Voldemort, ritornando a sedere sulla poltrona.
«Ma non avrai modo di catturarlo, resta sempre chiuso a…
» obiettò Megan, interrompendosi poi quando si rese conto
che non era in grado di pronunciare il nome del rifugio segreto
dell'Ordine.
«Incanto Fidelius» riconobbe il Signore Oscuro «Non
sarà un problema» tagliò corto. «Quello che
voglio da te» continuò poi «È che ti assicuri
che Potter non abbia la possibilità di contattare nessuno e che
corra al Ministero per salvarlo».
«Credevo che avessi affidato a me il compito di portare Harry al Ministero» protestò Megan, senza pensare.
«Infatti, ma hai fallito» decretò Voldemort.
«Non-» tentò di protestare ancora, ma il Signore
Oscuro la interruppe «Non importa, ora farai come ti ho detto, mi
hai capito?»
Megan annuì in silenzio.
«Rispondimi!» ringhiò Voldemort, le narici a fessura dilatate.
«Sì, ho capito» rispose Megan, tra l'arrabbiato e lo spaventato.
«Bene» approvò il Signore Oscuro, ritrovando il suo
tono freddo e calmo «Ora puoi andare» disse alla fine.
Megan esitò un istante, quindi decise che fosse meglio non
contrariarlo e lasciò la stanza. I suoi genitori attendevano
poco oltre l'ingresso; quando la vide, sua madre non riuscì a
reprimere un gemito di sollievo.
Tuttavia, Megan non aveva voglia di parlare con nessuno; le
passò accanto in silenzio, quindi risalì le scale in
fretta, mentre con la coda dell'occhio vedeva suo padre rientrare nel
salotto, evidentemente per ricevere altre istruzioni dal suo Signore.
* * *
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