Il
cielo era sereno, c'era un poco di vento fresco, i lenti passi di chi
cercava di avvicinarsi il più possibile ai cordoni di
velluto che
dividevano loro dalla cassa da morto. Per l'ultimo saluto, disposero
la bandiera degli Stati Uniti sopra la bara di Lar Gand e una grande
ghirlanda di fiori. Erano almeno altre quattro le ghirlande disposte
intorno a dov'era adagiato il suo corpo. Rhea pagò per farlo
abbellire in modo che potesse tenere la bara aperta, ma il risultato
fu tanto deludente che, a spiegazioni sulla bara chiusa,
preferì non
rispondere. Era presente il corpo di polizia, i Marines, l'esercito
guidato dal generale Lane, che Kara adocchiò subito: al suo
fianco
doveva esserci la figlia minore, la sorella di Lois che aveva seguito
le orme di famiglia. Erano tutti in divisa, in posizione. Erano
presenti altri membri del Senato e politici, tanti giornalisti che
non si perdevano un momento; anche Cat Grant, che era dall'altra
parte. Parlottava con qualcuno vicino a lei e teneva la testa bassa,
incrociando le mani in avanti e restando in posizione eretta, in
segno di rispetto. C'era Maxwell Lord accompagnato da collaboratori,
che le aveva viste ma non poteva avvicinarsi. C'erano volti noti a
Lena, che partecipavano a pranzi o cene insieme ai Luthor e, appunto,
ai Gand. Il sindaco, ovviamente, scortato da due guardie del corpo.
Il Generale Zod; non si stupirono di vederlo. I loro occhi
incrociarono anche quelli distanti di un volto conosciuto: Bruce
Wayne. C'era parecchia gente con lui, ma era vicino solo a un uomo
anziano, poco più basso.
Rhea
Gand era sulla bara del marito da almeno venti minuti e singhiozzava.
La
gente continuava ad arrivare, il parcheggio era pieno, e la
collinetta d'erba del cimitero diventava via via più
affollata.
Difficilmente, Kara poteva immaginare così tante persone in
unico
luogo intorno a un silenzio tanto fitto. Si avvicinò a Lena
il
giusto per chiederle se sapeva qualcosa; lei guardò il
cellulare una
volta e sbuffò, scuotendo la testa. Dovevano attendere. Kara
la
scorse adocchiare il fratello Lex al suo fianco, che non accennava a
smettere di stare appresso al suo cellulare. Forse gli affari alla
Luthor Corp di Metropolis richiedevano assistenza, ma erano entrambe
convinte, in fondo, che fossero più gli affari di Lord a
interessargli, temendo che potesse agire contro di lui, presto o
tardi. Ma non avevamo tempo per questo, d'altronde, si sentirono
costrette a partecipare perfino al funerale. Non che non lo avrebbero
fatto volentieri in altre circostanze, ma Jamie era stata rapita e,
ora, niente era più importante del suo ritrovamento.
Seguirono
Eliza e Lillian, quando altre persone davanti a loro si mossero. Kara
non poté fare a meno di notare la freddezza del loro
rapporto:
sembrava che la prima stesse cercando di superare qualcosa e che
l'altra fosse in attesa di sapere il responso per comportarsi di
conseguenza. Avevano avuto una notte per pensarci, ma forse quel
tempo non era sufficiente; d'altronde, nemmeno lei era riuscita a
superare quei pensieri negativi per Lena, nonostante tutto.
Alex
non c'era. Aveva raccontato a sua madre che non avrebbe partecipato
perché Maggie si sentiva poco bene e voleva starle vicino e
così,
mentre loro vestite di nero aspettavano l'arrivo di un messaggio al
cellulare di Lena, lei e Maggie, a casa di quest'ultima, ripulivano e
caricavano le armi, scandagliando profilo per profilo su un cellulare
quelli degli agenti di polizia di National City in cerca di un
possibile obiettivo. Se il profilo misterioso, o una ragazza di nome
Indigo come aveva detto loro Lena, avesse deciso di negare all'ultimo
un aiuto per ritrovare la bambina, allora sarebbero state pronte con
una lista di sospetti da colpire. Una collega l'aveva presa, ma la
giovane poliziotta era convinta che ci fosse un gruppo dietro quel
gesto, non una singola che aveva perso la testa per vendicare Faora
Hui.
Una
volta saputo cos'era successo dalla babysitter, Maggie si era messa
in macchina e aveva chiamato Alex, trattenendo le lacrime, con una
voce chiusa e asciutta. Aveva ignorato lei che le diceva di
aspettarla ed era immediatamente corsa di nuovo in centrale. Una
volta lì, aveva iniziato a urlare e pestare, accusando chi
le
passava per la testa di aver rapito la figlia. «Vi conviene
dirmi
subito dove si trova, o giuro che ve la farò pagare
cara».
«A
chi credi di venire a minacciare?», aveva risposto uno di
loro,
avvicinandosi.
Maggie
lo aveva colpito in pieno viso e a nulla erano serviti i tentativi di
altri poliziotti per dividerli: se non fosse arrivato Zod, sarebbe
scoppiata una rissa fra le scrivanie.
«Si
può sapere cosa sta succedendo, qui?».
Gli
animi si erano placati, ma Maggie lo aveva fatto solo per paura di
quell'uomo: e se fosse stato lui a farla rapire? Lo stimava, ma il
fatto che facesse parte dell'organizzazione, in quel momento, non lo
rendeva degno di fiducia. Le cose erano cambiate, ora che Jamie non
era con lei. Intanto, era arrivata Alex. Tutti si erano girati a
guardarla, sapevano chi era, e alcuni dei loro sguardi si erano
tramutati in odio. Ma lei aveva deciso di passare oltre e raggiungere
la sua ragazza; era lei ad aver bisogno realmente delle sue
attenzioni. L'aveva abbracciata e Maggie non era riuscita a fare a
meno di piangere.
«Ci
stava minacciando», aveva detto uno dei poliziotti al
capitano.
«È
pazza! Si è persa la figlia e ci crede
responsabili», aveva urlato
un'altra, provocando una reazione in Maggie, che le si era quasi
scagliata addosso se Alex non l'avesse fermata.
«Attenta
a come parli», aveva ringhiato, puntandole contro un dito.
«Stai
davvero attenta o…».
«Che
cosa?», si erano guardate in cagnesco e Zod si era visto
costretto a
intervenire di nuovo:
«Smettetela
tutte e due! Siamo in una centrale di polizia, non in un asilo. Via,
non c'è nulla da vedere. Via», aveva decretato con
voce
autoritaria, guardando entrambe e gli altri poliziotti intorno alla
scena. «Sawyer, cosa credevi di fare?». Dopo aveva
preso lei da una
parte e, guardando Alex, le aveva chiesto se sua figlia fosse davvero
nei guai. Pensava davvero che si sarebbe fidata per parlargliene?
Maggie
aveva stretto le labbra. «A-Adesso che ci penso, potrebbero
essere
passati i miei a prenderla: telefonerò a loro».
Lui
aveva assottigliato gli occhi, come non fosse stato esattamente
convinto di quella versione. «Non puoi venire qui a urlare ed
emettere sentenze, hai capito? Pretendo ordine nell'ambiente di
lavoro», l'aveva adocchiata, «Prenditi la giornata
libera, domani».
L'aveva
sospesa, accidenti, mentre loro erano rimasti tutti in servizio. Non
era giusto, ma non avevano neppure provato a denunciare. A che pro?
Non sapevano chi ne fosse coinvolto. Maggie e Alex erano uscite,
guardando in malo modo i presenti, intanto che Zod insisteva che
tutti si rimettessero a lavoro.
Kara
riguardò Lena, di nuovo Rhea che veniva abbracciata da chi
si
avvicinava per portare i propri omaggi, e poi intorno, alle tante
persone presenti e più lontano, sperando di non inquadrare
Mike.
Aveva insistito tanto, al campus, per farlo restare nella loro stanza
con Megan. Era il funerale di suo padre, ma non poteva raggiungerli,
era pieno di gente di cui gran parte poliziotti.
«Sono
scappato, mi vergogno così tanto, non so cos'avessi in
testa…
dovrei almeno andarlo a salutare per l'ultima volta», aveva
detto
alle due seduto sul letto di Kara, con viso affranto e stanco. Aveva
detto di essere stato da amici e di aver girato perché non
sapeva
dove andare né cosa fare, fino a quando non aveva ritrovato
un po'
di coraggio per tornare indietro, conscio che non avrebbe potuto
continuare così: aveva finito i soldi con sé e
aveva la carta di
credito a casa. Andare da Kara era stata la prima cosa a venirgli in
mente.
«Ti
sospettano di omicidio», gli aveva detto Megan, a denti
stretti.
«Sei scemo? Appena ti prendono, non vedrai il cielo per un
po'».
«Ma
non ho fatto niente», si era tirato indietro, aggrottando la
fronte.
«Ho sentito mia madre sparare a mio padre, va bene? Ho avuto
paura,
non sapevo cosa fare; quelli non hanno prove per incolparmi».
Kara
aveva guardato entrambi e stretto le labbra, riflettendo. «La
polizia è corrotta, non puoi andare da loro. D'altro canto,
se non
vai da loro a testimoniare, è probabile tua madre che la
farà
franca. Ma se vai, potrebbero accusarti comunque al suo posto,
potrebbero trovare un modo», aveva riguardato Megan, che era
incerta.
«No,
no», Mike aveva scosso la testa e si era alzato in piedi.
«Mia
madre non mi farebbe accusare di omicidio, che stai
dicendo?».
«Hai
appena detto di averla sentita sparare a tuo padre».
«Sì,
ma…», si era zittito, pensandoci,
«B-Beh, mi vuole più bene.
Almeno
credo»,
era tornato a sedersi, tenendo lo sguardo basso. «Comunque
non
voglio affrontarla, vi è chiaro? Mia madre
pagherà per ciò che ha
fatto, ma non sarò io a testimoniare contro di
lei».
Megan
aveva scrollato le spalle. «Hai un gemello segreto che vive
in
soffitta?».
«No,
perché un gemello?».
«Lascia
perdere».
«Dicevo
che non sono l'unico testimone: c'era Joyce, con lei. Ha visto
tutto», aveva sorriso con speranza, guardando l'una e
l'altra.
«Joyce testimonierà».
Kara
si riguardò di nuovo intorno. Là in mezzo agli
alberi, in
lontananza, le era parso di vedere qualcuno o forse aveva le
allucinazioni perché non aveva dormito. Mike non sarebbe
stato così
sciocco da presentarsi davvero al funerale e Megan, in caso, lo
avrebbe fermato. Almeno sperava.
Lena
sospirò e si portò le braccia a conserte, dopo
aver dato uno
sguardo veloce al cellulare. Scosse la testa quando Kara si
voltò
verso di lei. Mh, si era rivoltata subito. Era fredda con lei,
indisposta, anche se non sembrava volerlo dare a vedere, standole
accanto. Quella mattina aveva preso la prima corsa per National City
senza neppure avvertirla e, quando dal campus l'aveva chiamata, era
solo per dirle che il suo ex era tornato. Sì, il suo ritorno
era
molto importante, ma non aveva speso nemmeno una parola per dirle
altro. Oh, che sciocca pensare alla sua relazione con Kara mentre la
piccola Jamie era ancora là fuori, con chissà chi
e dove. Era una
bimba adorabile e mai si sarebbe aspettata una cosa del genere.
Riguardò il cellulare: quanto ci avrebbe messo, ancora?
Avrebbe
potuto fidarsi di lei, d'altronde?
Dopo
aver saputo per messaggio da Alex che Jamie era stata rapita,
spiegando di non dire nulla a Eliza che in quel momento guidava
l'auto di ritorno a National City, il suo primo pensiero era stato
chiedere aiuto al profilo misterioso, Indigo. Era tornata a farsi
sentire proprio nel momento del bisogno.
X:
Ti farò sapere presto.
Z:
Cosa?
Le aveva scritto, aggrottando la fronte. Ti
ci vuole del tempo per sapere se puoi o meno aiutarmi a riportare una
bambina dalla madre?
Eliza
non le aveva chiesto con chi stesse chattando, probabilmente troppo
presa da altri pensieri, guardando la strada. Lei l'aveva adocchiata
appena e si era rivolta al finestrino, pensando. Aveva atteso quasi
tre minuti e doveva pensare, se non avesse potuto contare su di lei,
a dove altro avrebbe potuto rivolgere le sue attenzioni.
X:
Posso aiutarti. Lo farò più che volentieri! Dammi
una pista e ti
apro la strada!
Lena
aveva tirato un sospiro di sollievo, scrivendole dei colleghi di
Maggie e cosa aveva detto la babysitter quando lei era andata a
prendere la bambina. Era contenta che avesse accettato di aiutarle;
quasi le era mancata durante il suo periodo di silenzio. Ancora non
sapeva cosa voleva Indigo da lei, ma non poteva non ammettere che le
tornava utile.
«Ancora
niente?», le rivolse parola Kara, senza guardarla, fissando
Rhea che
stringeva delle mani e, più lontano, Max Lord che parlava
con
qualcuno accanto a lui. Si accorse del suo sguardo e Kara lo
abbassò.
Lena
stava per aprire bocca che il cellulare vibrò e anche
l'altra si
girò all'istante. «È lei»,
disse in un brusio, leggendo. «Ha
trovato Jamie, raggiungiamo Alex e Maggie».
Kara
annuì e, dicendo velocemente a Eliza che non potevano
più
trattenersi, la salutarono e cercarono di passare attraverso la
calca. Si guardò una sola volta indietro, verso quella donna
e la
bara del marito, che Lena la richiamò. Come si
voltò per seguirla,
però, qualcosa attirò la sua attenzione. Verso
gli alberi, più
avanti, dove c'era meno gente. Oh, non poteva crederci. Fece cenno a
Lena di seguirla e corse, raggiungendo in fretta il punto.
Alzò la
mano destra e lo picchiettò in testa. «Cosa ci fai
qui?», si
trattenne dal non urlare, riguardando indietro. «Ti avevo
chiesto di
stare al campus».
«Ahi»,
Mike si fregò in testa ma il cappuccio della felpa gli
scivolò un
poco e Kara lo picchiettò ancora, prima di tirarglielo sul
naso.
«Smettila, dai, smettila. È il funerale di mio
padre».
«Qualcuno
potrebbe vederti», sibilò a denti stretti.
«Avevo chiesto a Megan
di fermarti».
«Io
sono qui», la testa di Megan sbucò dietro un
albero vicino e Lena
si passò una mano sulla fronte. «Non sono riuscita
a fermarlo e
così l'ho seguito».
Lui
grugnì. «Mi ha detto di andare, se
volevo».
«Beh»,
la ragazza scrollò le spalle, guardando Kara e
avvicinandosi, «Non
pensavo l'avrebbe fatto».
Kara
scrollò gli occhi al cielo e tirò Mike per una
manica, intanto che
Megan gli schiaffava un altro buffetto sulla testa. Uscirono dal
campo del cimitero cercando di nasconderlo, così corsero
dove Lena
aveva lasciato l'auto al loro arrivo. «Dobbiamo riportarli al
campus», si sedette a lato dell'autista, senza guardare Lena
che
infilava le chiavi nel quadro.
«Resto
con loro, mi servirà solo il portatile». Mise in
moto e sistemò lo
specchietto retrovisore, adocchiando i due dietro: «Felpa blu
e
rossa, jeans blu: volevate proprio passare inosservati».
«No,
no», la donna in divisa si accigliò. Prese un
fazzolettino dalla
borsa e si pulì velocemente la manica che la bambina, a
fianco, le
aveva toccato. Poi si affrettò a pulire le sue piccole dita
oleose
mentre finiva di mangiare una pizzetta e gonfiava le guance.
Così
riprese il cellulare che aveva appoggiato sulle cosce, rimettendoselo
contro un orecchio. «Sono qui, la bambina aveva sporcato. Le
ho dato
da mangiare, poverina, aveva fame. Certo», annuì
di riflesso,
«Stiamo per arrivare». Allungò la mano
verso il finestrino del
vagone, sollevando la tendina e guardando gli alti grattacieli che
diventavano via via più vicini. Scorse Jamie ingoiare il
boccone e
mettersi la mano sulla bocca per pulirsi, così le
passò di nuovo il
fazzolettino, dandoglielo per finire da sola. «Sono
arrabbiata, è
ovvio che sono arrabbiata», si assicurò di non
alzare troppo la
voce. «Io dovevo passare a prenderla, solo passare a
prenderla, e
dopo qualcun altro l'avrebbe portata a Metropolis. Questo viaggetto
non era nei miei programmi». Ascoltò,
annuì di nuovo e si inchinò
per raccogliere il fazzoletto appallottolato che Jamie aveva buttato
sotto il suo sedile. Si rialzò e sbatté la testa
sui piedi della
bambina che aveva iniziato a far ciondolare. «Fanc-
No, non ce l'ho con te». Guardò storta la bambina
e, facendole
notare il fazzolettino, lo gettò nel vano portarifiuti.
«Sì, sono
sempre arrabbiata con te, con tutti. Lascia perdere»,
sbuffò.
«Basta che qualcuno poi sia lì… Ah»,
restò a bocca aperta, «Ma sarò da sola
o…? E allora perché non
li incontra qualcun altro, invece di dover andare io?»,
sbuffò,
fermando la bambina che aveva iniziato a dare calci più
forti.
«Certo, vi fa comodo! Oramai ci sono io con lei. E sai quanto
ero
scettica a questa idea… Faora non si risveglierà
in ogni caso».
La piccola le tirò una manica e lei le passò il
cappello da
poliziotta per farla giocare, ma in un attimo le cadde a terra.
«Faora ci aveva garantito un posto, ma non capisco come la
signora
potrà restare colpita da questo gesto». Si
abbassò per recuperarlo
e si prese altri calci in testa. La guardò male e,
rimettendosi
seduta, si rimise il cappello, cercando di ignorarla fintanto che
continuava a chiamarla tirandole una manica. «Ho preso la
giornata
libera per questo? Sì, comincio a pensare che mi abbiate
incastrato
con questa storia della ragazzina». Chiuse la telefonata
più
arrabbiata di prima e si voltò verso Jamie, che ancora le
tirava la
manica. «Cosa c'è, angioletto?», le
sorrise con estrema dolcezza.
«Mi
shcappa la pipì», la guardò tremante,
facendo gli occhi grandi.
La
donna si ghiacciò, quando vide che i pantaloni della piccola
erano
tutti bagnati. «Te la sei fatta
addosso…», la guardò impietrita.
«Mi
shcappava tanto… Io vado shempre a fare la pipì
adesso, ma tu non
mi hai portato». Jamie increspò le labbra e
strinse gli occhi ma,
appena emise il primo singhiozzo, lei la bloccò con terrore.
«No,
non piangere, tesoro, va tutto bene. Stai bene, okay? Andiamo in
bagno e sistemiamo tutto».
Mugugnando
su quanto odiasse essere lì con la bambina e
perché non portava un
pannolino, dovette toglierle le mutandine e i pantaloni bagnati,
accettando un pantalone pulito delle Tartarughe Ninja che una donna
lì sul treno aveva con sé in borsa. L'aveva vista
andare in bagno
con la bimba bagnata e, avendo quattro figli, conosceva il problema
molto da vicino.
«Il
pantalone lo può tenere», rise lei, aspettando
insieme fuori dalla
porta del bagno che, solo socchiusa, Jamie finisse i suoi bisogni.
«I
miei ragazzi neanche si ricordano tutto quello che hanno», le
diede
una spallata, «Noi madri ci dobbiamo sostenere, no? Quanti
figli
ha?».
«Emh…
solo lei».
«Oh,
non sa quanto è fortunata! Dopo il mio primo parto, una
botta e sono
rimasta subito di nuovo incinta. È un attimo, sa? Lo dicono
anche i
medici». L'altra la guardava impallidita, ma la signora non
si
fermava, continuando a raccontare le vicende della sua vita
famigliare. «E così, dopo che Michael, il secondo,
ha cacciato
tutto in macchina, mi son detta mai più fast-food prima
dell'ottovolante», ridacchiò, «E mai
senza cambi, ci siamo capite,
uh?», le diede una nuova spallata, mentre l'altra spalancava
gli
occhi. «Allora, dove siete dirette?».
«A…
Al nuovo parco divertimenti».
«Oh,
che coincidenza! Attenta a cosa le fa mangiare».
Ci
fu qualche secondo di silenzio, prima che Jamie le interrompesse:
«Ho
finito la cacca».
La
donna rise ancora, dandole due pacche su una spalla. «Beh, la
pausa
è finita, si torna a fare le mamme».
Uscì, mentre la poliziotta
restava ferma, di pietra.
X:
Ho fatto un bel giretto sui server delle compagnie telefoniche e ho
trovato messaggi interessanti scambiati da alcuni poliziotti di
National City. Ma non solo degli ultimi due giorni, parlo di
settimane cui un gruppetto si scambiava informazioni su Maggie Sawyer
e Alex Danvers, colpevoli di aver portato al coma una collega, una
certa Faora Hui. Hanno cancellato la chat, cancellano periodicamente
i messaggi, ma probabilmente non sanno che le compagnie telefoniche
conservano le copie.
Le
aveva scritto il profilo misterioso sulla chat con sfondo nero.
X:
Sto seguendo il gps dei cellulari dei furbetti che non hanno pensato
di spegnerlo, e portano tutti a Metropolis. So che questo pomeriggio
una poliziotta in divisa in compagnia di una bambina sono salite
sulla metro per raggiungere la città. Non può
essere nessun altro,
sono loro. Non posso risalire a lei, avrà il gps
disattivato, ma le
telecamere l'hanno ripresa. Non so ancora cos'hanno in mente, ma si
stanno radunando al nuovo parco divertimenti. È
lì che li
prenderemo!
Indigo
era abbastanza sicura di sé. Arrivate al campus, Lena
mostrò a
Kara, dal laptop, la foto che le aveva allegato la ragazza in chat,
estrapolata da una telecamera alla stazione: riprendeva una
poliziotta, coperta dal cappello, presa con mano a quella che era
indubbiamente Jamie. Se la fece inviare al cellulare e si chiuse di
nuovo bene la giacca, pronta per raggiungere la sorella.
Megan
chiese se le servisse aiuto e Kara rifiutò, dicendo di stare
qui nel
caso ci fosse stato bisogno. Il suo sguardo planò su Mike e
la
ragazza intuì che l'idea di lasciare lui e Lena sotto lo
stesso
tetto da soli non le piaceva per niente. Si scambiarono un gesto
d'intesa ma, prima di uscire, fu Lena a fermarla.
«Kara,
non arriverete mai in tempo. Faccio una telefonata; se andate alla
Luthor Corp, ci sarà un elicottero».
«Oh…
sì, va bene», annuì, ma la
guardò appena.
Mike
fece un passo per raggiungerla, preoccupato, ma Lena lasciò
il
portatile su un letto e le andò vicino per prima, facendo
sghignazzare Megan. Aprì la bocca e Kara attese, ma in
realtà non
sapeva esattamente cosa dire. Che stesse attenta? Lo sarebbe stata di
certo, non aveva bisogno di sentirselo dire. O forse. Ma non sarebbe
passato come un qualcosa di fuori luogo? Poi la vide annuire, da
sola, senza che le avesse detto niente.
«Non
preoccuparti. E… e magari ci sentiamo anche dopo,
dopo… beh,
d-dopo che sarò tornata», sorrise, ma solo per
poco. La guardò
negli occhi solo un momento, veloce, abbassandoli di fretta.
«Se
non sapessi come stanno le cose», Mike rise, alzando le
spalle,
«Sembrerebbe che ci sia una sorta di tensione sessuale, in
questo
momento». Si aspettò che ridessero, voleva essere
una battuta, ma
l'unica ad emettere un verso fu Megan, che di certo per un attimo le
era venuto da ridere.
Spalancò
gli occhi e arrossì, sentendosi osservata. «Da lui
non me lo
aspettavo», si giustificò.
Mike
aggrottò la fronte e poi guardò le due che,
imbarazzate, si
scambiavano sguardi rapidi stando attente a non sfiorarsi per errore.
«A-Allora
io vado», Kara tirò la porta e Lena
tornò mezzo passo indietro,
annuendo.
«Ti
sarò vicina… Vi
sarò vicina, volevo dire».
Kara
sorrise per un istante, solo un istante, prima di chiudere la porta.
Lena raggiunse il laptop e, mantenendo un costante piccolo sorriso
sulle labbra rosse, sollevò lo schermo. Sentì
solo in un secondo
momento lo sguardo insistente di Mike su di sé. Appena si
voltò,
lui prese un bel respiro, guardando altrove.
«Vado
a radermi. Speriamo che Kara stia attenta, accidenti, non
spetterebbero a lei queste cose».
X:
Sono quasi al parco divertimenti, le ho seguite tramite le
telecamere. I gps rilevati sono già lì, distanti
tra loro, vorranno
coprire più territorio possibile. Sono stati veloci. Sto
continuando
a leggere i messaggi della chat cancellata e pare che vogliano
consegnare la bambina a qualcuno. Ti farò avere presto
novità.
Lena
ansimò, guardando l'ora sullo schermo e prendendo il
cellulare per
far avere subito quell'elicottero.
Z:
Loro stanno andando a Metropolis, devo poterle aiutare, magari
entrando al parco divertimenti.
X:
Ti farò avere un pass speciale. Ah, Lena Luthor, riguardo
l'altro
favore: volevo occuparmi delle telecamere della prigione come mi hai
chiesto, ma sorprendentemente non vi hanno ripreso, non c'era niente
da oscurare.
Lena
fissò la chat, accigliandosi.
X:
Il video non è stato manipolato, non vi ha ripreso di
proposito.
Meno lavoro per me, si intende, ma è un fatto insolito, non
trovi?
Adesso
che ci pensava, la zia di Kara pareva piuttosto in forma per essere
una prigioniera e, quando era arrivata lei, l'altra donna che aveva
visite se n'era improvvisamente andata. Forse Astra non aveva detto
alla nipote proprio tutto.
Mano
nella mano con la poliziotta, Jamie continuava con la mano libera a
pizzicarsi in mezzo alle gambe, saltellando. Lei le aveva detto di
smetterla di farlo, ma non riusciva a farne a meno poiché
non era
solita stare senza le mutandine, anche se quei pantaloni con
Michelangelo dei TMNT
che sorrideva su una natica le piacevano molto.
«Siamo
quasi arrivate, angioletto», esclamò la donna alle
porte del parco
divertimenti, dopo che la bambina aveva immediatamente sorriso: quel
posto era parso fin da subito bellissimo, con pupazzi robot ad
accoglierli sulla strada, palloncini colorati tenuti dalle mani dei
visitatori, le giostre in lontananza, le risate contagiose, i profumi
dei dolci sugli stand e le urla divertite dei bambini. Il parco aveva
aperto da pochi giorni ed era pieno di gente. Lei pagò il
ticket
solo per un'adulta, Jamie era ancora troppo piccola ed entrava
gratis, così la trascinò con sé, prima
di accorgersi che era lei a
trascinarla.
«Angioletto,
smettila di metterti la manina in mezzo alle gambe, ti guardano gli
altri bimbi, non lo sai?».
Jamie
alzò il naso avanti e indietro senza smettere di sorridere,
eccitata
di dove si trovasse. «Non ci rieshco, e shcusa, shento l'aria
shul
culetto», si giustificò, per poi tirarla e andare
a vedere la pista
dei go kart.
Mentre
la piccola si teneva incollata contro una staccionata, lei si
guardò
attorno e riprese in mano il cellulare. «Non riesco a
vedervi. Dove
diavolo siete?», domandò con palese fastidio in
una telefonata.
«Non mi dire di stare calma, non sai cosa sto passando oggi.
Ah sì,
non pensi sia faticoso? Quando la bambina ha fatto i bisognini, avrei
dovuto chiamare te. Eccola che riparte», alzò gli
occhi al cielo,
quando la vide correre sotto il suo naso. Le acchiappò una
mano al
volo, prima che si scontrasse con una gigantesca mascotte che girava
per il parco ad abbracciare e fare foto con i visitatori.
«Quindi
non sono ancora arrivati? Questa storia non mi piace, mi sta venendo
voglia di riportarla indietro… Sì, lo so cosa ci
siamo detti,
però… E non voglio finire in carcere per
questo», alla fine
sbuffò. «D'accordo. Ci risentiamo più
tardi. Voi statemi intorno,
mai dovessi perderla di vista».
Jamie
alzò gli occhietti al cielo e vide delle piccole mongolfiere
sollevarsi verso le nuvole, tenute con una corda a terra. Erano
così
belle e colorate, così libere. «Guarda»,
gliele indicò e la
poliziotta alzò gli occhi, già pronta a dirle che
lassù non
l'avrebbe portata. «Io sho fare… Lo shai cosha sho
fare? Lo shai?
Gonfiare la teshta come… come… la monfolghiera»,
sorrise e chiuse gli occhietti, pronta per replicare il suo numero
meglio riuscito.
L'elicottero
le lasciò su una pista a qualche strada dal parco. Appena
scese,
Alex chiamò un taxi e Kara accese una videochiamata con
Lena, mentre
Maggie si assicurava di avere la pistola carica sulla fondina.
Sperava di non doverla usare in un parco divertimenti, ma non avrebbe
lasciato che le portassero via sua figlia.
«Ho
il segnale gps di alcuni dei loro telefoni», disse loro Lena,
vedendole mettersi sedute sul sedile posteriore di un taxi.
«Vi
passo le coordinate. Non sappiamo con precisione dove sia Jamie, ma
Indigo l'ha vista arrivare dalle telecamere dei negozi sulla strada e
mi ha fatto entrare nel sistema del parco: ho accesso alle
videocamere, così avrò modo di
cercarla».
Maggie
e Alex si strinsero per mano, davvero in ansia per quello che stava
succedendo. Jamie era vicina, adesso, erano a un passo dal
riabbracciarla, ma al parco, quei poliziotti avevano deciso di
consegnarla a qualcuno e dovevano fare presto. Dovevano fare molto
presto. Ogni minuto che passava, era un minuto in più in cui
avrebbero potuto perderla. Era incredibile che stesse succedendo una
cosa del genere solo perché avevano deciso di vendicarsi per
Faora
Hui nel modo più bieco e cattivo che conoscessero.
Chissà com'era
spaventata la loro bambina. Alex poteva dire che era almeno un po'
anche la sua
bambina?
«Siamo
vicine», Alex annuì, scorgendo gli enormi
ottovolanti diventare più
vicini e poi l'alto muro che recintava il parco divertimenti.
Maggie
deglutì. «Se le è successo
qualcosa… io non so cosa farei. Non
so cosa… o come… Ho paura, Alex. Ho davvero
paura», prese un bel
respiro, sentendo il cuore farsi agitato.
«Ho
paura anch'io, ma vedrai che sta bene. È una bimba in gamba,
sa il
fatto suo», le sorrise. «Ha preso da sua
madre».
Maggie
non riuscì a fare a meno di delineare un fine sorriso,
breve, ma
sincero. «Ha preso da te». Le rivolse un'occhiata
curiosa e così
annuì. «Tu la influenzi molto, ti
imita… La babysitter mi ha
raccontato di averla vista, al parco, dire di avere
un'identità
segreta».
«Ma
dai, è fissata coi supereroi».
Maggie
inclinò la testa da un lato, poggiandogliela contro una
spalla e
baciandogliela. «Di giorno vende vestiti e di notte lavora
come
agente il cui capo si chiama John».
Alex
spalancò gli occhi, arrossendo. «Oookay…
è un quadro preoccupantemente preciso»,
annuì. «Devo smetterla di
parlare di lavoro di fronte a lei».
«Già».
Si scambiarono un veloce bacio che si accorsero di essere arrivate.
Decisero
di dividersi, prendendo una fetta di segnali gps a testa. Kara
sistemò il suo cellulare all'interno di una tasca del
giubbotto e,
con la videochiamata ancora attiva, poteva parlare a far vedere a
Lena e gli altri dove si trovava. Con un'auricolare nell'orecchia
destra, invece, tutte e tre potevano restare in contatto tra loro; un
piccolo omaggio del D.A.O..
«Lo
so che non c'entra niente e tutto il resto»,
esclamò Megan,
guardando a sinistra dello schermo del portatile di Lena, seduta al
suo fianco, «Ma quel parco è davvero
bellissimo». Si sentivano la
musica e le risate, oltre a vedersi, anche se lo schermo saltellava
per via della camminata di Kara, le giostre lontane. Non ne aveva mai
visto uno così grande.
Lena
controllava sulla destra dello schermo le varie telecamere del parco,
mentre, in basso, la chat aperta con il profilo misterioso le dava
altri dettagli di quelle che si erano scambiate quei poliziotti.
Al
contrario, alla sua destra, Mike non guardava lo schermo del laptop:
sguardo basso, ogni tanto scorgeva Lena, senza dire niente. Era un
sospetto, però… la loro reazione alla sua
battuta…
«Ne
ho trovato uno», mormorò Alex, toccando
l'auricolare. Guardò le
indicazioni sul cellulare e di nuovo il poliziotto: in divisa,
sembrava che stesse semplicemente lavorando al controllo del parco,
concentrato. Estrasse la pistola e gli si avvicinò addosso
tanto
rapidamente che non avrebbe avuto il tempo di reagire, poggiandogli
la canna sullo stomaco. «Andiamo a farci una
passeggiata», mormorò.
Lui ringhiò ma non ebbe scelta che fare come diceva.
«Anche
io ne ho uno», toccò l'auricolare Maggie,
raggiungendo l'uomo in
divisa. Era in uno spazio separato dalla folla, dietro una casetta di
scena, e gli arrivò di spalle, puntandogli la pistola sulla
nuca.
«Voltati lentamente».
«Sawyer?»,
sibilò, «Io lo sapevo che ci avresti trovato; i-io
non volevo
farlo, l'ho detto agli altri».
«Ho
detto di voltarti lentamente», ordinò e lui
eseguì. Tentò di
prendere la pistola, ma gli andò male: Maggie lo vide e,
rapida, gli
incassò un bel calcio contro uno stinco, costringendolo a
piegarsi.
Per fortuna, tra la musica e le urla e le risate così alte,
lui
poteva gridare quanto voleva.
Maggie
gli mise le manette, intanto che Kara continuava a girare all'interno
del parco. Lei non aveva armi ma era sicura che non le sarebbero
servite. Era così carica, adesso. Così carica che
avrebbe potuto
sfogare la sua rabbia su qualcuno. Non era da sé, lo sapeva,
ma era
davvero preoccupata per Jamie. Si domandava se… No, no,
accidenti,
doveva smetterla di pensare a quelle pillole. Poteva farcela da sola,
sapeva gestire tutto senza aver bisogno di quella porcheria firmata
da Maxwell Lord. «Hai visto dov'è
Jamie?», domandò, girandosi.
Intravide la pista dei go kart e si fermò, guardandone una
fare un
breve tratto di strada. Era certa che avrebbe sentito l'entusiasmo di
Mike, invece il ragazzo non disse neanche una parola.
«No»,
soffiò Lena, con dispiacere. «Il parco
è davvero grande ed è
pieno di persone, non sarà facile», rispose,
leggendo velocemente
la chat con Indigo che le faceva sapere che stava raccogliendo tutto
il materiale utile dalle compagnie telefoniche per fare un regalino
finale. «Se Jamie è su un'attrazione, le cose si
complicano ancora fintanto che sarà
lì», aggiunse e Mike emise un piccolo sbuffo
seccato.
«Ehi,
ne ho uno o mi sbaglio?». Kara ricontrollò i
segnali gps e sorrise
soddisfatta, avvicinandosi a un poliziotto. «Mi perdoni,
signore,
posso avere un'informazione?». Lo strinse a un braccio e lo
allontanò dal centro prima che potesse fermarla, intanto che
continuava a ripeterle a bassa voce che lui non lavorava lì.
«Mi
sono persa e ci sono brutti ceffi in giro, ho proprio bisogno
dell'aiuto di un poliziotto onesto».
«Signorina,
per favore», se la scrollò di dosso con fastidio
alle porte di una
casetta di pan di zenzero e Kara lo fissò, mettendo le
braccia sui
fianchi.
«Aspetti
un momento». Veloce, lo colpì sul naso con il
polso destro e,
approfittando del suo piegarsi all'indietro per reggerselo, lo spinse
dentro con lei. «È lei uno di quei brutti
ceffi». Si guardò
intorno e dopo chiuse la porta.
Si
accorsero presto che nessuno di loro avrebbe tradito i compagni.
Dopotutto era stato proprio il legame che li univa a Faora, una di
loro, a farli finire lì. Alex lo lasciò
ammanettato a un palo della
luce dietro la casa degli spettri quando capì che avrebbe
solo perso
tempo a stare con lui, non prima di averlo imbavagliato. Al
contrario, con il suo Maggie insistette di più. Stava
perdendo la
testa, lo sentiva. Jamie era vicina, eppure mai era stata
così
lontana. La sua bambina, quasi tutto il suo mondo. Prese un bel
respiro e si mantenne la fronte, riguardando lui con odio e
puntandogli addosso la pistola. Era inginocchiato a terra, le mani
dietro la schiena, in manette.
«Cosa
pensi che accadrà, adesso? Il capitano vi ha promesso di
fare
carriera, se aveste preso mia figlia? Se non vi arresteranno, mi
rivolgerò all'FBI, puoi starne certo», prese di
nuovo fiato a più
riprese, aiutando il battito del cuore accelerato. Lui era
lì quella
mattina, in centrale, a fare finta di niente mentre qualcuno rapiva
Jamie. A trattarla da pazza. Lui che aveva parlato male di lei alle
sue spalle per giorni e ora, per niente pago di ciò che
aveva fatto,
rideva. Poi scosse la testa.
«Il
capitano?», ripeté due volte, ridendo ancora.
«Non pensi sia un
buon capitano? Allora ti abbiamo giudicata male fin dall'inizio,
Sawyer».
«Di
che cosa stai parlando?», gli andò addosso di
fretta. «Dov'è la
mia bambina?», urlò infine, poggiandogli la canna
della pistola
sulla mandibola. Lui ebbe un sussulto e smise di ridere, forse per un
attimo ebbe paura che gli sparasse davvero, ma non parlò,
anzi
strinse con più forza le labbra e lei lo colpì
alla base del collo,
tramortendolo. Non ne poteva più di vedere la sua faccia.
«Alex…
Kara», premette l'auricolare, «Un buco nell'acqua.
Dobbiamo capire
chi di loro ha Jamie, non parleranno».
«Beh,
sì, cominciavo a notarlo anch'io»,
sbuffò Kara, lasciando andare
l'auricolare e voltandosi verso il suo simpatico prigioniero: lo
aveva costretto a sedersi su una sedia colorata come dei bastoncini
di zucchero bianchi e rossi, legato con le mani dietro la schiena con
la cinta dei suoi pantaloni, la faccia tumefatta, rossa e dipinta di
sangue secco che gli era uscito dal naso.
«Sei
manesca».
«Zitto
tu, lasciami pensare», gli ribatté, prendendo il
cellulare. Gli
aveva gettato la fondina con la pistola a un lato del muro; era stato
facile sfilargliela dopo averlo spinto mentre si reggeva ancora il
naso. «Che cosa faccio con lui? Qualche idea?».
Alzò
lo schermo del telefono e mostrò a loro il poliziotto.
«Avrei
voluto esserci», confessò Megan. «Le
idee mi vengono meglio, dal
vivo».
«Ti
arresterò per aggressione a pubblico ufficiale»,
gridò lui,
attirando di nuovo la sua attenzione.
«Ah,
sì?», Kara gli si avvicinò.
«Prima o dopo che avrai spiegato di
fronte alla legge perché indossavi la divisa fuori dalla tua
giurisdizione, non in servizio, mentre insieme al tuo gruppetto hai
rapito una bambina?».
Il
poliziotto sputò e lei si tirò indietro appena in
tempo. «Non so
di cosa parli».
Gli
frugò in tasca e prese il portafogli, mostrandolo allo
schermo,
intanto che lui si lamentava. «Tua moglie lo sa che rapisci
bambini…
George?».
«Non
è mia moglie, vaffanculo! Ora capisco perché la
signora Gand ti
vuole morta».
Kara
a quel punto si zittì e Mike si freddò, accanto a
Lena. Dovette
alzarsi dal letto e passarsi le mani sui capelli, per calmarsi.
«Lavori
per lei? Non per Zod… Ma per la signora Gand».
Lui
serrò le labbra e Kara si tirò in su gli
occhiali, esaminandolo. Fu
in quel momento che una bambina si affacciò alla finestra
della
casetta di pan di zenzero e sbirciò all'interno:
«Ma
qui si può entrare?». Spalancò gli
occhi un paio di volte per
assicurarsi di vedere bene.
Kara
fulminò il poliziotto con lo sguardo, bisbigliando:
«Parla con lei
e ti faccio fare la fine della strega di Hansel e Gretel».
Gli
indicò il forno a lato e lui deglutì, ma vide
anche la fondina,
poggiata lì sotto, mentre lei si avvicinava alla
finestrella.
«Che
cosa fa quel signore?».
«Quel
signore è un orco, è stato molto
cattivo», le spiegò, «Stai
attenta là fuori, perché è pieno di
orchi come lui».
Lei
glielo indicò. «L'orco sta saltellando con la
sedia».
«Scusa
un momento. Ehi»,
gridò, correndo verso di lui e dando un calcio alla fondina,
spingendola più indietro. Gli strinse il naso rosso e lui
emise un
verso dolorante, lacrimandogli gli occhi. «Vuoi proprio che
te lo
rompa».
«Rompiglielo.
Stupido orco», gridò anche la bambina.
«No,
tu… emh»,
scosse la testa, «Non devi imitare. E non accettare caramelle
da
nessuno».
Lena
sorrise, assistendo alla scena dal suo taschino. «Kara,
è meglio se
lo lasci perdere. Non ci dirà dov'è Jamie e
Indigo mi fa sapere di
aver trovato gli stralci di dove parlano di lei nella chat: la
faranno uscire dal paese».
A
quelle parole, gli strinse il naso più forte e George
gridò dal
dolore, intanto che la bambina alla finestra esultava. «Chi
ha
Jamie, George? Non abbiamo tempo da perdere».
«Kara,
se non lo lasci non può parlare», le fece notare
Megan.
«Putta-».
«Adesso
puoi anche romperglielo», strillò, cambiando idea,
parlandogli
sopra.
Lena
perlustrava ancora le telecamere, ma spese un attimo per guardare
Mike, che non era tornato vicino, ma era andato ad appoggiarsi al
tavolo del cucinino, guardando a terra.
«Sarei
dovuto essere lì con lei», si passò
ancora le mani fra i capelli.
«Lavorano per mia madre, sarei dovuto essere
lì», continuava a
ripetersi.
«Avresti
peggiorato la situazione», lo interruppe Megan. «Ti
stai
nascondendo da loro, ricordi? Saresti stato una palla al piede, per
Kara».
«Una
palla al piede?», lui gridò tanto forte che lo
sentì la stessa
Kara, che continuò a frugare nel portafogli.
«Pensi che io possa
essere solo una palla al piede, per lei?».
Megan
sospirò e si astenne dal rispondere, ma Lena non lo fece.
«Sta
cercando di dirti che saresti stato d'intralcio in questo momento,
non che lo saresti nella sua vita».
Lui
la fissò. Sembrava che la discussione stesse terminando, ma
era solo
l'inizio. «Sei tu, vero?». Lena alzò un
sopracciglio, cercando di
capire, vedendolo trattenere una crescente agitazione. «Il famoso
ragazzo
di Kara, sei tu. Sei sempre stata tu», spalancò la
bocca e si portò
di nuovo le mani sui capelli lunghi, con fare stressato. «Eri
tu la
moretta con cui si era baciata alla partita… stiamo parlando
di
mesi e mesi fa, come ho fatto a essere così
scemo?!».
Megan
si sedette di nuovo accanto a Lena, abbassando la voce. «Noi
proprio
non ce lo chiediamo…».
Lena
abbassò gli occhi, riguardando le telecamere, passando da
una
all'altra. «Non è il modo né il momento
adatto per parlarne».
«Ma
tu sei… una ragazza! Com'è successo?».
Megan
spalancò gli occhi, bisbigliando ancora: «Io il
disegno non glielo
faccio».
Kara
era ancora vicina al poliziotto legato, in quel momento e, guardando
attraverso lo schermo il volto di Lena che si sforzava per restare
concentrato, sentì una fitta dentro.
«Oh,
odio queste stronzate d'amore», decretò il
poliziotto e Kara
aggrottò la fronte.
«Chiudi
il becco, tu».
«Già,
chiudi il becco, brutto orco», esclamò la bambina.
La
poliziotta era in preda a profonda agitazione. La bimba stava finendo
i suoi giri sul pony della giostrina e lei, appoggiata alla ringhiera
con fare esausto, attendeva con i genitori degli altri passeggeri
intanto che teneva d'occhio il cellulare. Non l'avevano ancora
chiamata e ciò poteva solo significare che non erano ancora
arrivati, per lei. Prima l'avrebbe consegnata, prima sarebbe tornata
a National City; non ne poteva più di quella situazione.
Quando il
giretto finì, la aspettò all'uscita, vedendola
arrivare con un
grosso sorriso stampato in faccia e delle graziose fossette sulle
guance. Era carina, lo ammetteva. Si stava davvero pentendo di aver
accettato di farlo. Le prese una manina e si misero a camminare.
«È
bellisshimo queshto poshto! Lo devo dire alle mie amiche che non ci
credono a queshto poshto, non lo shanno che c'è queshto
poshto».
«Non
sei un po' stanca?».
«Un
po' sholo, ma proprio poco, eh… Dov'è la mia
mamma?».
Lei
alzò gli occhi al cielo, perché sperava che non
le avrebbe mai
posto quella domanda. E naturalmente sospirò, prima di
risponderle.
«Ti avevo detto che sarebbe stata qui, ma non può
venire».
«Perché
no?».
«Perché
è occupata, angioletto. Vedi, la tua mamma non è
proprio una brava
mamma».
«Shì
che lo è, shì che è brava, certo che
è brava», la difese subito
e la donna la portò verso un tavolino con l'ombrellone
aperto,
sedendo lì, per riposare. Riguardò l'ora e non
c'era ancora nessuna
chiamata o messaggio. Che avessero cambiato idea senza avvertirla?
Impossibile.
«No,
Jamie. Vedi, le mamme vere stanno con i loro bambini ma lei ti lascia
sempre con altri». La piccola la guardava con attenzione,
ascoltando. «Ha lasciato che ti prendessi e non se
n'è nemmeno
accorta, angioletto». Jamie aprì la bocca per
parlare e aggrottò
la fronte dallo sforzo, ma lei la anticipò: «Le
mamme si prendono
cura dei bambini».
«La
mia mamma lo fa shempre! Anche io lo farò quando
sharò vecchia come
te! Avrò molti… molti bambini, shì,
tanti bambini», annuì.
«Avrò tanti bambini con Alex, perché
è bella Alex».
«Oh,
angioletto, a te manca proprio avere un papà». La
vide scuotere la
testa perplessa e proseguì: «Beh, anche solo di
una mamma come si
deve, di quelle che ti rimboccano le coperte e ti danno il bacio
della buonanotte. Una mamma vera», insisté e
finalmente la vide
spalancare gli occhi, come avesse colto qualcosa. «Hai
capito?».
«Shì,
certo che ho capito, io capishco tutto, le mie amiche invece non
capishcono tutto», scese dalla sedia quando vide passare il
carretto
dello zucchero filato, continuando a fissarlo, assorta.
«Allora io
ne ho due di mamme. Me lo compri quello? Allora, me lo
compri?».
Lo
indicò e corse tanto veloce che dovette fare presto per
starle
dietro. «Beh, ne avrai presto una sola, e nuova».
Alex
ne aveva già presi tre e ammanettati. Aveva finito le paia
di
manette, ma non sarebbe stato quello a avvilirla. Doveva sbrigarsi.
Jamie era ancora là da qualche parte e si portò
le mani sui
capelli, prendendo fiato. Era anche la sua bambina, quella di cui si
era tanto innamorata e la voleva indietro.
«Non
la troverete», le fece sapere l'ultima acciuffata, mantenendo
basso
lo sguardo.
«Scusami?».
La vide sorridere e si avvicinò, stringendo le manette che
la
tenevano bloccata alla sbarra di metallo della passerella di una
giostra, a lato del fabbricato. «Lo trovi divertente? Ha tre
anni».
Era alla centrale quella mattina e attaccava briga con Maggie. Che
faccia tosta.
«Hai
sparato a una di noi».
«E
allora vi prendete la figlia della mia compagna? Occhio per occhio?
Faora avrebbe ucciso mia sorella».
Lei
si morse un labbro, guardandola con sfida. «Avresti dovuto
lasciare
che la uccidesse… Hai solo tardato qualcosa di
inevitabile».
«Sai
qualcosa?».
«No»,
scosse la testa, «Ma avrei voluto. Forse se lei ci
inizierà, come
Faora ci aveva promesso… Abbasserai la cresta, Danvers,
vedrai».
«Lei?»,
strabuzzò gli occhi. Rhea Gand doveva iniziare questi
agenti? A
cosa? L'organizzazione? «Chi di voi ha Jamie?
Parla», batté un
pugno sul muro, accanto alla sua orecchia sinistra, ma lei si
limitò
a stringere gli occhi.
«Non
farete in tempo», disse allora. «La vostra Jamie
troverà presto
una nuova famiglia».
Alex
pestò un altro pugno e corse via, ignorando i due bambini
che si
erano avvicinati incuriositi attirati dai rumori.
«Ma
quindi siete state a letto o qualcosa di simile?», Mike si
era fatto
insistente.
«Non
il modo né il momento», ribadì Lena,
arrossendo.
«Kara
mi ha lasciato per te? Per una donna?».
«Mike,
per favore, basta adesso», disse anche Kara attraverso il
cellulare
che mostrava di nuovo le immagini del parco.
«Voglio
capire se mi hai davvero lasciato per una donna».
«No»,
si mise in mezzo Megan, alzando la voce. «Non ti ha lasciato
per
nessuno, ma perché siete incompatibili e non lo vuoi
capire».
Lui
si accigliò, quasi ferito. «Tante parole per non
rispondere alla
mia domanda: quando si sono conosciute, Kara stava con me. Quindi mi
ha lasciato per lei».
«Basta,
davvero», urlò Kara, guardata male da alcuni
visitatori del parco.
Prese il cellulare e fissò verso l'obiettivo:
«Quando ci siamo
messe insieme, noi ci eravamo già lasciati. E adesso non sto
più
nemmeno con Lena, quindi smettila una volta per tutte o sarò
costretta a chiudere la videochiamata». Riportò il
cellulare sulla
tasca e a camminare mentre Lena, che recuperava fiato e cercava di
restare il più impassibile che poteva, si concentrava sulle
telecamere. Non stavano più insieme. Sapeva che non stavano
più
insieme ma come lo disse, in quel modo, senza preoccuparsi delle
parole usate, le fece male. Come se non ci fosse più
speranza, per
loro. Ma doveva ingoiare il boccone amaro e passare oltre, ripetendo
che non era il modo né il momento adatto. Forse non si
sarebbero
sentite dopo,
quando sarebbe tornata, dopotutto. «Trovata»,
sibilò a un certo
punto, attirando le loro attenzioni. «Trovata»,
disse più forte,
trattenendo un sorriso. Doveva pensare solo a Jamie, adesso. Stavano
uscendo da un bagno e la piccola si punzecchiava in mezzo alle gambe.
«Ti invio la posizione, avverti Alex e Maggie».
La
poliziotta la riprese per mano. «Per fortuna non avevamo
ancora
preso lo zucchero filato, angioletto», sospirò,
portandosi l'altra
mano sul petto. «Se non fossimo arrivate in tempo, saresti
dovuta
uscire mezza nuda, da quel bagno. Ti dico una cosa: tu sei il motivo
per cui non avrò mai dei figli», annuì,
guardando la bimba intanto
che si avvicinavano dallo zucchero filato. «Mai»,
sottolineò, «Sarà un fantastico
anticoncezionale: appena un uomo
me lo proporrà, mi si seccherà».
«Che
cosha si shecca? Un fiorellino?».
«Una
specie di fiorellino molto speciale, angioletto».
Mike
era da un lato della stanza a pensare e Megan e Lena tenevano
d'occhio le due attraverso la telecamera. «Le compra lo
zucchero
filato», le fece notare la prima, «C'è
una guardia, più in là».
Intravidero un poliziotto del parco: la divisa era diversa,
più
chiara, non poteva essere un agente di National City.
Lena
tenne d'occhio l'uomo e aprì diverse pagine di dati.
«Forse riesco
a risalire a lui». Zoomò la telecamera e gli vide
il tesserino sul
petto, continuando a digitare. «Sono all'intero del sistema,
non
devo neppure chiedere aiuto a Indigo… Ci sono quasi. Fatto»,
sorrise soddisfatta e lo videro dalle telecamere leggere sul
cercapersone e poi guardarsi intorno, così Megan le chiese
cosa
avesse fatto di preciso. «Una segnalazione: donna che si
finge
poliziotta cerca di rapire una minore». Lo video avvicinarsi
alla
donna e lei scrollare le spalle.
«Oh,
le sta controllando il distintivo», esultò Megan.
«Noterà che è
una poliziotta di National City e si farà due
domande».
«L'idea
era quella… ma Jamie si sta allontanando». La
videro correre verso
una giostra, con il bastoncino dello zucchero filato stretto tra le
piccole dita. «Kara, si sta allontanando».
«Ci
sono». Era vicina. Vide la bambina, l'agente del parco che
scortava
la poliziotta da un'altra parte e poi lui: un ragazzo in divisa si
avvicinava rapidamente verso Jamie. «Ehi, dove credi di
andare?!»,
lo acchiappò per un polso e lo rovesciò a terra,
rialzando lo
sguardo. «Accidenti», si guardò intorno
e toccò l'auricolare,
«Ragazze, l'ho persa». C'era troppa gente, era
sparita in un
attimo.
«Sono
vicina», rispose Maggie. Correva dietro due attrazioni, il
cuore in
panne, c'era quasi. Era pieno di bambini, ma avrebbe riconosciuto la
sua in un secondo, le bastava uno scorcio, una ciocca dei suoi
capelli, il modo di camminare. C'era quasi. E invece riconobbe lei.
Usciva da un piccolo edificio, quello che usavano le guardie del
parco. Doveva essere la poliziotta che era stata fatta scortare poco
fa. Quella che aveva Jamie. Aveva preso lei
sua figlia…
«Ferma».
C'era così tanta gente che nessuno badò a lei che
le puntò contro
la pistola. La vide voltarsi con quello sguardo quasi dispiaciuto che
le mosse qualcosa dentro e fece una smorfia, disgustata. «Tu
hai
rapito la mia bambina… Sei una di loro?!». Non che
sperasse in una
risposta, in realtà.
Grace
sospirò, socchiudendo gli occhi solo un attimo e annuendo.
«Te
l'avevo detto, Maggie… Noi
contro loro.
Tu hai scelto da che parte stare e così anch'io. Volevo solo
farne
parte, non avrei torto un capello a quella bambina».
«Stai
zitta», a quel puntò gridò e la gente
cominciò ad accorgersi di
loro: due donne distanti un metro, solo una vestita da poliziotta, ma
era l'altra ad avere in mano la pistola. Scattarono le prime urla e
tutti a correre via, a ritirare i bambini dai giochi, a nascondersi
dietro i pilastri, alle attrazioni, ai carretti del cibo.
«Erano
pochi i colleghi di cui mi fidavo, pensavo-».
«Che
fossimo amiche?», concluse l'altra, con voce dolce,
mordendosi un
labbro. «Non volevo farlo, ma-».
«Ma
che cosa? Hai pensato che fosse giusto prendere mia figlia e farla
uscire dal paese perché Faora è in coma? Ti rendi
conto che non ha
senso?».
«Tu
non capisci, Maggie! Faora era importante per noi, ci avrebbe fatto
entrare», si zittì e delineò un altro
sorrisetto, «Tu non sei
tagliata, non avrei potuto parlartene. Non era niente di
personale».
«Lo
è diventato», rispose seccamente. Si
avvicinò con fretta e sperò
di darle un colpo, ma Grace si inchinò in tempo e la spinse
a terra.
Maggie le fece lo sgambetto ma perse la pistola, troppo vicina
all'altra: le bastò allungare una mano per recuperarla. Si
alzarono
in piedi intanto che la musica del parco aveva lasciato il posto per
una sirena e una raccomandazione da parte dello staff che suggeriva
ai visitatori di mettersi al sicuro. Presto sarebbero arrivate le
guardie del parco. Grace le puntò contro la pistola, tenendo
la sua
dietro la schiena. «Mi sparerai, adesso?».
«No»,
mugugnò, aggrottando la fronte, «Devo solo
trattenerti, mi spiace,
Maggie… ma se ti lascio andare, loro non mi faranno
entrare».
Eccolo.
Stava arrivando una guardia e avrebbe perso altro tempo. No,
accidenti, quello che vedeva era molto peggio: alto e muscoloso,
sguardo arrogante, Kweskill era uno dei colleghi che più si
era
divertito a importunarla da giorni. Grace sembrava felice di vederlo:
«Finalmente
si fa vivo qualcuno, ho dovuto stordire la guardia all'interno, mi
avete lasciata sola», si lamentò. «Dai,
aiutami, Charlie», gli
passò la pistola di Maggie e lei lo guardò con
odio, immobile.
Maggie
sapeva che doveva pensare a cosa fare alla svelta: poteva scappare,
doveva correre da Jamie, ma erano entrambi armati e Kweskill era
agile, per essere grosso. Forse Kara era ancora nei paraggi, o Alex.
Anche se una parte di lei sperava che nel frattempo avessero
già
trovato Jamie. Le bastava allungare la mano verso l'auricolare, senza
essere notata.
«Portiamo
Maggie lontano, poi vediamo di… di lasciarla,
vediamo», esclamò
lei, agitandosi; si notava che stava improvvisando. «Questa
sirena
mi sta frantumando i timpani e ho mal di testa, ma tra poco
arriveranno le guardie». Stava per chiedergli cosa stava
aspettando
che lui, veloce, girò la pistola che gli aveva passato e,
con il
dorso, la colpì alla base del collo, stordendola all'istante
e
facendole perdere conoscenza.
La
prese e la adagiò sui ciottoli, sorridendo a Maggie, che
rimase
esterrefatta. Poi mise il dito indice sulle labbra e le fece segno di
tacere, passandole la pistola. «Questo non gioverà
al suo mal di
testa».
Charlie
Kweskill l'aveva appena aiutata?
C'era
gente che urlava. Che si nascondeva. Le guardie del parco erano
bloccate dalla calca che chiedeva di essere protetta; era scoppiato
il panico che si era diffuso un po' ovunque in zona. C'erano troppi
bambini che correvano e genitori che strillavano i loro nomi per
ritrovarli. Anche Alex era una di loro. Gridava il nome di Jamie ma
non la vedeva. Kara le rispose che la stava cercando. C'era troppa
confusione, troppe voci; era certa che nemmeno Lena alle videocamere
sarebbe più riuscita a individuarla, in quel modo. Allora si
fermò
e prese un bel respiro: Jamie era da sola, adesso, nessuno avrebbe
scelto per lei dove andare. Sperando che qualcuno del gruppo non
fosse riuscito a trovarla prima di loro. Dove sarebbe andata da sola
una bimba di tre anni in un parco divertimenti come quello? Cosa le
piaceva? Corse verso il tabellone della mappa e all'improvviso ebbe
un'intuizione.
La
gente scappava da una parte all'altra, ma a Jamie non interessava:
era lì, ferma con le manine poggiate su una ringhiera,
guardando
sognante le luci colorate dell'arcobaleno dell'immensa fontana. La
sua bocca spalancata dalla continua sorpresa. Allora Alex la
chiamò
e le corse incontro, così la bambina si voltò
subito e sorrise,
indicando l'acqua.
«Hai
vishto?», la piccola l'abbracciò quando la prese
in braccio.
Alex
la strinse forte, prendendo un bel respiro. Il peso allo stomaco le
si stava attenuando, si sentiva più leggera, felice. Era
lì con
lei, adesso. Era salva. Si toccò l'auricolare e
faticò per riuscire
a parlare, respirando a pieni polmoni e continuando a sorridere.
«Maggie, è con me. L'ho presa. Jamie è
al sicuro».
«Mi
è caduto lo zucchero filato», la sentì
lamentare, «Mamma, me lo
compri un altro?». La guardò e Alex
spalancò gli occhi già
lucidi.
«Come
mi hai chiamato?».
«Allora,
me lo compri?».
Avevano
cercato di non mettere fretta al loro rapporto abitando in due
appartamenti diversi, anche se stavano quasi tutte le sere assieme da
una o dall'altra, perché pensavano sarebbe stata la cosa
giusta da
fare essendoci una bambina di mezzo. Alex non voleva che Jamie
chiamasse Kara zia,
né che pensasse a Eliza come sua nonna, ma solo come a una
nonna.
Era un modo per tutelarsi se Maggie, prima o poi, avesse deciso che
lei e la propria famiglia non dovevano più avere a che fare
con la
figlia. Stavano insieme, si trovavano bene insieme, erano innamorate,
ma per quanto lo sarebbero state? Era certa che Maggie fosse la donna
della sua vita, e che Jamie lo era ancora di più, ma la vita
stessa
era imprevedibile e la ragazza le aveva parlato spesso delle sue
passate relazioni e di come, in fondo, temesse che non sarebbe
durata. Non volevano accelerare le cose per non turbare la bimba se
si fossero separate. Eppure, appena Alex la sentì chiamarla mamma,
tutte le incertezze volarono via. E, a quel punto, niente fece
più
paura.
Maggie
lasciò Charlie Kweskill da una parte della piazza e corse da
Alex e
Jamie, stringendole, baciando sua figlia, baciando lei. Alex gliela
lasciò prendere in braccio e la strinse forte da mancarle il
fiato.
Si erano ritrovate, erano insieme, era finita.
Lena
disse a Kara che avrebbe mandato l'elicottero a prenderle e la
seconda spense la videochiamata, lasciandola con un sorriso.
«Che
tenerezza, vero?».
Kara
si voltò e il ragazzo le sorrise, stringendo le braccia a
conserte e
facendole l'occhiolino. Alto e massiccio, indossava la divisa. Era
uno di loro? Non aspettò le sue spiegazioni: gli
sferrò subito un
destro.
Indigo
mantenne la parola data e lasciò un regalo entro serata:
all'improvviso, tutte le varie chat dove quel gruppo di poliziotti
cospirava contro Maggie Sawyer e Alex Danvers organizzando il
rapimento della bambina furono online. Non mancava neanche un
passaggio, completi di nomi e cognomi. Quando le ragazze tornarono a
National City, il caso era già scoppiato e gli Affari
Interni
irruppero in centrale quella stessa sera per accertamenti. Anche se
le chat erano state pubblicate da diversi profili anonimi e
irrintracciabili su più piattaforme, e quindi inutilizzabili
al fine
di un processo, le compagnie telefoniche confermarono ogni dato e
ognuno di loro, da Metropolis, fu arrestato. Compresi due uomini che
avrebbero avuto il compito di portare all'estero la bambina. Zod non
sembrava entusiasta dello spettacolo che ne era scaturito,
soprattutto dal momento che, ora, l'intera centrale sarebbe stata
sotto indagine e dovevano ancora risolvere l'omicidio del senatore.
Ne uscì fuori che conosceva i fatti e che per questo, un suo
uomo
fidato, si era infiltrato tra loro per risolvere la faccenda. Non per
niente, Charlie Kweskill non fece nemmeno un'ora di galera, uscendo
pulito. Anche se con un occhio nero.
Maggie,
Alex e Kara erano dovute andare in centrale per depositare le loro
testimonianze, mentre veniva avvertito il capo della seconda, e
videro Charlie Kweskill rientrare dandosi le arie di chi sapeva
troppo stampato in faccia. Ne convennero che non tutti i colleghi di
Maggie erano uguali. Se quel gruppetto voleva entrare nelle grazie di
Rhea Gand, era chiaro, a quel punto, che la donna e Zod non dovevano
proprio trovarsi dalla stessa parte. Astra aveva detto a Kara che la
donna voleva conquistare il potere, ma che il nuovo presidente
dell'organizzazione si era insediato prima di lei e aveva nascosto al
mondo la loro presenza, rovinandole i piani. Lena era ancora convinta
che il nuovo presidente fosse proprio Dru Zod. Se era davvero
così,
allora forse stavano respirando l'inizio di un nuovo noi
contro loro:
due fazioni della stessa organizzazione che seguivano ognuno una
corrente diversa e il sorriso di Charlie Kweskill era, in proposito,
piuttosto eloquente.
Avrebbero
dovuto cominciare a schierarsi?
E
voi, per chi vi schierereste? Rhea, Zod o… nessuno dei due?
Tutto
sta a vedere come ci finiranno nel mezzo, bene o male, le
protagoniste di questa fan fiction.
E
così Jamie è stata ritrovata, e grazie anche
all'aiuto di Indigo,
riapparsa proprio nel momento del bisogno. La bimba ha capito di
avere due madri e Alex è stata la prima ad appurarlo e credo
che non
possa esserne più felice. Maggie ha scoperto con orrore di
Grace: era una delle poliziotte di cui si fidava, ma in realtà non
poteva
fidarsi affatto. A correre in suo aiuto questo Charlie Kweskill, che
lavora indubbiamente per Zod anche fuori dalla centrale di polizia.
Intanto,
oltre al funerale di Lar Gand, c'è Mike che scopre che Lena
e Kara
stavano insieme. (Grazie, risatina soffocata di Megan! XD) Come la
prenderà il ragazzo, secondo voi?
a)
Accetterà che le due abbiano avuto una relazione in
serenitahahahah
b)
Ha ben altro per la testa, quindi lascerà perderahahahah
c)
Se ne farà una ragionahahahah
d)
Si comporterà da persona maturahahahah
Ciò
che più preoccupa è come sta vivendo Kara la
cosa: non ha
esattamente perdonato Lena e forse pensa di non doverlo fare, mentre
non si toglie dalla testa l'idea delle pillole prodotte da Maxwell
Lord. Dal canto suo, Lena capisce Kara, ma è indubbio che
questa
situazione, anche come lei abbia affrettato a chiudere il discorso
sulla loro relazione, la fa stare male. Le ha sentito mettere un
punto alla cosa, l'ha ferita. Non che probabilmente, ormai, pensasse
che sarebbe andata diversamente.
Su,
su, non disperate come Lena, non è mai tutto perduto!
Cosa
ne pensate di questo capitolo?
Qualche
nota ~
-
Charlie Kweskill non è stato inventato. Nei fumetti
corrisponde al
nome di Quex-Ul,
un kryptoniano esiliato nella Zona Fantasma. Charlie
Kweskill è
il suo alias anche nei fumetti (uno
di due, per la precisione, ma mi piaceva di più Charlie).
Ha un cognome complesso, ci ho messo capitoli per impararlo a dire XD
E spero di dirlo in modo corretto; a scrivere… per fortuna
esiste
la correzione
automatica XD
-
George e Grace li abbiamo già “visti”:
il primo era il
poliziotto che, in pattuglia con Maggie, brontolava su Mike, Rhea e
Faora, e che poi le ha puntato la pistola contro “per
scherzo”
(cap 39); la seconda è la collega che prendeva il
caffè bollente
con Maggie una mattina, parlando appunto d ciò che aveva
fatto
Faora, dei loro colleghi ostili e degli Affari Interni che sarebbero
passati a parlare con Zod (cap 38).
-
Piccola curiosità legata al capitolo: questo è
l'ultimo capitolo del secondo file della fan fiction e si intitola
Noi contro loro, mentre il primo capitolo del file
è quello
che si intitola Noi e loro. Neanche a farlo
apposta!
E
ora… Cosa faranno Rhea e Zod? Vi fidate di Indigo (o del
profilo
misterioso dietro di lei)? Kara scapperà ancora da
ciò che è
successo tra lei e Lena? Lena cercherà di mantenere la
promessa
fatta a Kara due capitoli fa, sul fermare Rhea? Cosa
accadrà? Lo
scopriremo presto ~
Ci
si rilegge lunedì 18 con il capitolo 42 che
porterà con sé
qualche succosa svolta: Un
passo avanti!
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