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Autore: Ghen    09/03/2019    6 recensioni
Dopo anni dal divorzio, finalmente Eliza Danvers ha accanto a sé una persona che la rende felice e inizia a conviverci. Sorprese e disorientate, Alex e Kara tornano a casa per conoscere le persone coinvolte. Tutto si è svolto molto in fretta e si sforzano perché la cosa possa funzionare, ma Kara Danvers non aveva i fatti i conti con Lena Luthor, la sua nuova... sorella.
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Non solo quello che sembra! AU (no poteri/alieni) con il susseguirsi di personaggi rielaborati e crossover, 'Our home' è commedia, romanticismo e investigazione seguendo l'ombra lasciata da un passato complicato e travagliato, che porterà le due protagoniste di fronte a verità omesse e persone pericolose.
'Our home' è di nuovo in pausa. Lo so, la scrittura di questa fan fiction è molto altalenante. Ci tengo molto a questa storia e ultimamente non mi sembra di riuscire a scriverla al meglio, quindi piuttosto che scrivere capitoli compitino, voglio prendermi il tempo per riuscire a metterci di nuovo un'anima. Alla prossima!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ours'
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41. Noi contro loro


Il cielo era sereno, c'era un poco di vento fresco, i lenti passi di chi cercava di avvicinarsi il più possibile ai cordoni di velluto che dividevano loro dalla cassa da morto. Per l'ultimo saluto, disposero la bandiera degli Stati Uniti sopra la bara di Lar Gand e una grande ghirlanda di fiori. Erano almeno altre quattro le ghirlande disposte intorno a dov'era adagiato il suo corpo. Rhea pagò per farlo abbellire in modo che potesse tenere la bara aperta, ma il risultato fu tanto deludente che, a spiegazioni sulla bara chiusa, preferì non rispondere. Era presente il corpo di polizia, i Marines, l'esercito guidato dal generale Lane, che Kara adocchiò subito: al suo fianco doveva esserci la figlia minore, la sorella di Lois che aveva seguito le orme di famiglia. Erano tutti in divisa, in posizione. Erano presenti altri membri del Senato e politici, tanti giornalisti che non si perdevano un momento; anche Cat Grant, che era dall'altra parte. Parlottava con qualcuno vicino a lei e teneva la testa bassa, incrociando le mani in avanti e restando in posizione eretta, in segno di rispetto. C'era Maxwell Lord accompagnato da collaboratori, che le aveva viste ma non poteva avvicinarsi. C'erano volti noti a Lena, che partecipavano a pranzi o cene insieme ai Luthor e, appunto, ai Gand. Il sindaco, ovviamente, scortato da due guardie del corpo. Il Generale Zod; non si stupirono di vederlo. I loro occhi incrociarono anche quelli distanti di un volto conosciuto: Bruce Wayne. C'era parecchia gente con lui, ma era vicino solo a un uomo anziano, poco più basso.
Rhea Gand era sulla bara del marito da almeno venti minuti e singhiozzava.
La gente continuava ad arrivare, il parcheggio era pieno, e la collinetta d'erba del cimitero diventava via via più affollata. Difficilmente, Kara poteva immaginare così tante persone in unico luogo intorno a un silenzio tanto fitto. Si avvicinò a Lena il giusto per chiederle se sapeva qualcosa; lei guardò il cellulare una volta e sbuffò, scuotendo la testa. Dovevano attendere. Kara la scorse adocchiare il fratello Lex al suo fianco, che non accennava a smettere di stare appresso al suo cellulare. Forse gli affari alla Luthor Corp di Metropolis richiedevano assistenza, ma erano entrambe convinte, in fondo, che fossero più gli affari di Lord a interessargli, temendo che potesse agire contro di lui, presto o tardi. Ma non avevamo tempo per questo, d'altronde, si sentirono costrette a partecipare perfino al funerale. Non che non lo avrebbero fatto volentieri in altre circostanze, ma Jamie era stata rapita e, ora, niente era più importante del suo ritrovamento.
Seguirono Eliza e Lillian, quando altre persone davanti a loro si mossero. Kara non poté fare a meno di notare la freddezza del loro rapporto: sembrava che la prima stesse cercando di superare qualcosa e che l'altra fosse in attesa di sapere il responso per comportarsi di conseguenza. Avevano avuto una notte per pensarci, ma forse quel tempo non era sufficiente; d'altronde, nemmeno lei era riuscita a superare quei pensieri negativi per Lena, nonostante tutto.
Alex non c'era. Aveva raccontato a sua madre che non avrebbe partecipato perché Maggie si sentiva poco bene e voleva starle vicino e così, mentre loro vestite di nero aspettavano l'arrivo di un messaggio al cellulare di Lena, lei e Maggie, a casa di quest'ultima, ripulivano e caricavano le armi, scandagliando profilo per profilo su un cellulare quelli degli agenti di polizia di National City in cerca di un possibile obiettivo. Se il profilo misterioso, o una ragazza di nome Indigo come aveva detto loro Lena, avesse deciso di negare all'ultimo un aiuto per ritrovare la bambina, allora sarebbero state pronte con una lista di sospetti da colpire. Una collega l'aveva presa, ma la giovane poliziotta era convinta che ci fosse un gruppo dietro quel gesto, non una singola che aveva perso la testa per vendicare Faora Hui.
Una volta saputo cos'era successo dalla babysitter, Maggie si era messa in macchina e aveva chiamato Alex, trattenendo le lacrime, con una voce chiusa e asciutta. Aveva ignorato lei che le diceva di aspettarla ed era immediatamente corsa di nuovo in centrale. Una volta lì, aveva iniziato a urlare e pestare, accusando chi le passava per la testa di aver rapito la figlia. «Vi conviene dirmi subito dove si trova, o giuro che ve la farò pagare cara».
«A chi credi di venire a minacciare?», aveva risposto uno di loro, avvicinandosi.
Maggie lo aveva colpito in pieno viso e a nulla erano serviti i tentativi di altri poliziotti per dividerli: se non fosse arrivato Zod, sarebbe scoppiata una rissa fra le scrivanie.
«Si può sapere cosa sta succedendo, qui?».
Gli animi si erano placati, ma Maggie lo aveva fatto solo per paura di quell'uomo: e se fosse stato lui a farla rapire? Lo stimava, ma il fatto che facesse parte dell'organizzazione, in quel momento, non lo rendeva degno di fiducia. Le cose erano cambiate, ora che Jamie non era con lei. Intanto, era arrivata Alex. Tutti si erano girati a guardarla, sapevano chi era, e alcuni dei loro sguardi si erano tramutati in odio. Ma lei aveva deciso di passare oltre e raggiungere la sua ragazza; era lei ad aver bisogno realmente delle sue attenzioni. L'aveva abbracciata e Maggie non era riuscita a fare a meno di piangere.
«Ci stava minacciando», aveva detto uno dei poliziotti al capitano.
«È pazza! Si è persa la figlia e ci crede responsabili», aveva urlato un'altra, provocando una reazione in Maggie, che le si era quasi scagliata addosso se Alex non l'avesse fermata.
«Attenta a come parli», aveva ringhiato, puntandole contro un dito. «Stai davvero attenta o…».
«Che cosa?», si erano guardate in cagnesco e Zod si era visto costretto a intervenire di nuovo:
«Smettetela tutte e due! Siamo in una centrale di polizia, non in un asilo. Via, non c'è nulla da vedere. Via», aveva decretato con voce autoritaria, guardando entrambe e gli altri poliziotti intorno alla scena. «Sawyer, cosa credevi di fare?». Dopo aveva preso lei da una parte e, guardando Alex, le aveva chiesto se sua figlia fosse davvero nei guai. Pensava davvero che si sarebbe fidata per parlargliene?
Maggie aveva stretto le labbra. «A-Adesso che ci penso, potrebbero essere passati i miei a prenderla: telefonerò a loro».
Lui aveva assottigliato gli occhi, come non fosse stato esattamente convinto di quella versione. «Non puoi venire qui a urlare ed emettere sentenze, hai capito? Pretendo ordine nell'ambiente di lavoro», l'aveva adocchiata, «Prenditi la giornata libera, domani».
L'aveva sospesa, accidenti, mentre loro erano rimasti tutti in servizio. Non era giusto, ma non avevano neppure provato a denunciare. A che pro? Non sapevano chi ne fosse coinvolto. Maggie e Alex erano uscite, guardando in malo modo i presenti, intanto che Zod insisteva che tutti si rimettessero a lavoro.
Kara riguardò Lena, di nuovo Rhea che veniva abbracciata da chi si avvicinava per portare i propri omaggi, e poi intorno, alle tante persone presenti e più lontano, sperando di non inquadrare Mike. Aveva insistito tanto, al campus, per farlo restare nella loro stanza con Megan. Era il funerale di suo padre, ma non poteva raggiungerli, era pieno di gente di cui gran parte poliziotti.
«Sono scappato, mi vergogno così tanto, non so cos'avessi in testa… dovrei almeno andarlo a salutare per l'ultima volta», aveva detto alle due seduto sul letto di Kara, con viso affranto e stanco. Aveva detto di essere stato da amici e di aver girato perché non sapeva dove andare né cosa fare, fino a quando non aveva ritrovato un po' di coraggio per tornare indietro, conscio che non avrebbe potuto continuare così: aveva finito i soldi con sé e aveva la carta di credito a casa. Andare da Kara era stata la prima cosa a venirgli in mente.
«Ti sospettano di omicidio», gli aveva detto Megan, a denti stretti. «Sei scemo? Appena ti prendono, non vedrai il cielo per un po'».
«Ma non ho fatto niente», si era tirato indietro, aggrottando la fronte. «Ho sentito mia madre sparare a mio padre, va bene? Ho avuto paura, non sapevo cosa fare; quelli non hanno prove per incolparmi».
Kara aveva guardato entrambi e stretto le labbra, riflettendo. «La polizia è corrotta, non puoi andare da loro. D'altro canto, se non vai da loro a testimoniare, è probabile tua madre che la farà franca. Ma se vai, potrebbero accusarti comunque al suo posto, potrebbero trovare un modo», aveva riguardato Megan, che era incerta.
«No, no», Mike aveva scosso la testa e si era alzato in piedi. «Mia madre non mi farebbe accusare di omicidio, che stai dicendo?».
«Hai appena detto di averla sentita sparare a tuo padre».
«Sì, ma…», si era zittito, pensandoci, «B-Beh, mi vuole più bene. Almeno credo», era tornato a sedersi, tenendo lo sguardo basso. «Comunque non voglio affrontarla, vi è chiaro? Mia madre pagherà per ciò che ha fatto, ma non sarò io a testimoniare contro di lei».
Megan aveva scrollato le spalle. «Hai un gemello segreto che vive in soffitta?».
«No, perché un gemello?».
«Lascia perdere».
«Dicevo che non sono l'unico testimone: c'era Joyce, con lei. Ha visto tutto», aveva sorriso con speranza, guardando l'una e l'altra. «Joyce testimonierà».
Kara si riguardò di nuovo intorno. Là in mezzo agli alberi, in lontananza, le era parso di vedere qualcuno o forse aveva le allucinazioni perché non aveva dormito. Mike non sarebbe stato così sciocco da presentarsi davvero al funerale e Megan, in caso, lo avrebbe fermato. Almeno sperava.
Lena sospirò e si portò le braccia a conserte, dopo aver dato uno sguardo veloce al cellulare. Scosse la testa quando Kara si voltò verso di lei. Mh, si era rivoltata subito. Era fredda con lei, indisposta, anche se non sembrava volerlo dare a vedere, standole accanto. Quella mattina aveva preso la prima corsa per National City senza neppure avvertirla e, quando dal campus l'aveva chiamata, era solo per dirle che il suo ex era tornato. Sì, il suo ritorno era molto importante, ma non aveva speso nemmeno una parola per dirle altro. Oh, che sciocca pensare alla sua relazione con Kara mentre la piccola Jamie era ancora là fuori, con chissà chi e dove. Era una bimba adorabile e mai si sarebbe aspettata una cosa del genere. Riguardò il cellulare: quanto ci avrebbe messo, ancora? Avrebbe potuto fidarsi di lei, d'altronde?
Dopo aver saputo per messaggio da Alex che Jamie era stata rapita, spiegando di non dire nulla a Eliza che in quel momento guidava l'auto di ritorno a National City, il suo primo pensiero era stato chiedere aiuto al profilo misterioso, Indigo. Era tornata a farsi sentire proprio nel momento del bisogno.
X: Ti farò sapere presto.
Z: Cosa? Le aveva scritto, aggrottando la fronte. Ti ci vuole del tempo per sapere se puoi o meno aiutarmi a riportare una bambina dalla madre?
Eliza non le aveva chiesto con chi stesse chattando, probabilmente troppo presa da altri pensieri, guardando la strada. Lei l'aveva adocchiata appena e si era rivolta al finestrino, pensando. Aveva atteso quasi tre minuti e doveva pensare, se non avesse potuto contare su di lei, a dove altro avrebbe potuto rivolgere le sue attenzioni.
X: Posso aiutarti. Lo farò più che volentieri! Dammi una pista e ti apro la strada!
Lena aveva tirato un sospiro di sollievo, scrivendole dei colleghi di Maggie e cosa aveva detto la babysitter quando lei era andata a prendere la bambina. Era contenta che avesse accettato di aiutarle; quasi le era mancata durante il suo periodo di silenzio. Ancora non sapeva cosa voleva Indigo da lei, ma non poteva non ammettere che le tornava utile.
«Ancora niente?», le rivolse parola Kara, senza guardarla, fissando Rhea che stringeva delle mani e, più lontano, Max Lord che parlava con qualcuno accanto a lui. Si accorse del suo sguardo e Kara lo abbassò.
Lena stava per aprire bocca che il cellulare vibrò e anche l'altra si girò all'istante. «È lei», disse in un brusio, leggendo. «Ha trovato Jamie, raggiungiamo Alex e Maggie».
Kara annuì e, dicendo velocemente a Eliza che non potevano più trattenersi, la salutarono e cercarono di passare attraverso la calca. Si guardò una sola volta indietro, verso quella donna e la bara del marito, che Lena la richiamò. Come si voltò per seguirla, però, qualcosa attirò la sua attenzione. Verso gli alberi, più avanti, dove c'era meno gente. Oh, non poteva crederci. Fece cenno a Lena di seguirla e corse, raggiungendo in fretta il punto. Alzò la mano destra e lo picchiettò in testa. «Cosa ci fai qui?», si trattenne dal non urlare, riguardando indietro. «Ti avevo chiesto di stare al campus».
«Ahi», Mike si fregò in testa ma il cappuccio della felpa gli scivolò un poco e Kara lo picchiettò ancora, prima di tirarglielo sul naso. «Smettila, dai, smettila. È il funerale di mio padre».
«Qualcuno potrebbe vederti», sibilò a denti stretti. «Avevo chiesto a Megan di fermarti».
«Io sono qui», la testa di Megan sbucò dietro un albero vicino e Lena si passò una mano sulla fronte. «Non sono riuscita a fermarlo e così l'ho seguito».
Lui grugnì. «Mi ha detto di andare, se volevo».
«Beh», la ragazza scrollò le spalle, guardando Kara e avvicinandosi, «Non pensavo l'avrebbe fatto».
Kara scrollò gli occhi al cielo e tirò Mike per una manica, intanto che Megan gli schiaffava un altro buffetto sulla testa. Uscirono dal campo del cimitero cercando di nasconderlo, così corsero dove Lena aveva lasciato l'auto al loro arrivo. «Dobbiamo riportarli al campus», si sedette a lato dell'autista, senza guardare Lena che infilava le chiavi nel quadro.
«Resto con loro, mi servirà solo il portatile». Mise in moto e sistemò lo specchietto retrovisore, adocchiando i due dietro: «Felpa blu e rossa, jeans blu: volevate proprio passare inosservati».

«No, no», la donna in divisa si accigliò. Prese un fazzolettino dalla borsa e si pulì velocemente la manica che la bambina, a fianco, le aveva toccato. Poi si affrettò a pulire le sue piccole dita oleose mentre finiva di mangiare una pizzetta e gonfiava le guance. Così riprese il cellulare che aveva appoggiato sulle cosce, rimettendoselo contro un orecchio. «Sono qui, la bambina aveva sporcato. Le ho dato da mangiare, poverina, aveva fame. Certo», annuì di riflesso, «Stiamo per arrivare». Allungò la mano verso il finestrino del vagone, sollevando la tendina e guardando gli alti grattacieli che diventavano via via più vicini. Scorse Jamie ingoiare il boccone e mettersi la mano sulla bocca per pulirsi, così le passò di nuovo il fazzolettino, dandoglielo per finire da sola. «Sono arrabbiata, è ovvio che sono arrabbiata», si assicurò di non alzare troppo la voce. «Io dovevo passare a prenderla, solo passare a prenderla, e dopo qualcun altro l'avrebbe portata a Metropolis. Questo viaggetto non era nei miei programmi». Ascoltò, annuì di nuovo e si inchinò per raccogliere il fazzoletto appallottolato che Jamie aveva buttato sotto il suo sedile. Si rialzò e sbatté la testa sui piedi della bambina che aveva iniziato a far ciondolare. «Fanc- No, non ce l'ho con te». Guardò storta la bambina e, facendole notare il fazzolettino, lo gettò nel vano portarifiuti. «Sì, sono sempre arrabbiata con te, con tutti. Lascia perdere», sbuffò. «Basta che qualcuno poi sia lì… Ah», restò a bocca aperta, «Ma sarò da sola o…? E allora perché non li incontra qualcun altro, invece di dover andare io?», sbuffò, fermando la bambina che aveva iniziato a dare calci più forti. «Certo, vi fa comodo! Oramai ci sono io con lei. E sai quanto ero scettica a questa idea… Faora non si risveglierà in ogni caso». La piccola le tirò una manica e lei le passò il cappello da poliziotta per farla giocare, ma in un attimo le cadde a terra. «Faora ci aveva garantito un posto, ma non capisco come la signora potrà restare colpita da questo gesto». Si abbassò per recuperarlo e si prese altri calci in testa. La guardò male e, rimettendosi seduta, si rimise il cappello, cercando di ignorarla fintanto che continuava a chiamarla tirandole una manica. «Ho preso la giornata libera per questo? Sì, comincio a pensare che mi abbiate incastrato con questa storia della ragazzina». Chiuse la telefonata più arrabbiata di prima e si voltò verso Jamie, che ancora le tirava la manica. «Cosa c'è, angioletto?», le sorrise con estrema dolcezza.
«Mi shcappa la pipì», la guardò tremante, facendo gli occhi grandi.
La donna si ghiacciò, quando vide che i pantaloni della piccola erano tutti bagnati. «Te la sei fatta addosso…», la guardò impietrita.
«Mi shcappava tanto… Io vado shempre a fare la pipì adesso, ma tu non mi hai portato». Jamie increspò le labbra e strinse gli occhi ma, appena emise il primo singhiozzo, lei la bloccò con terrore.
«No, non piangere, tesoro, va tutto bene. Stai bene, okay? Andiamo in bagno e sistemiamo tutto».
Mugugnando su quanto odiasse essere lì con la bambina e perché non portava un pannolino, dovette toglierle le mutandine e i pantaloni bagnati, accettando un pantalone pulito delle Tartarughe Ninja che una donna lì sul treno aveva con sé in borsa. L'aveva vista andare in bagno con la bimba bagnata e, avendo quattro figli, conosceva il problema molto da vicino.
«Il pantalone lo può tenere», rise lei, aspettando insieme fuori dalla porta del bagno che, solo socchiusa, Jamie finisse i suoi bisogni. «I miei ragazzi neanche si ricordano tutto quello che hanno», le diede una spallata, «Noi madri ci dobbiamo sostenere, no? Quanti figli ha?».
«Emh… solo lei».
«Oh, non sa quanto è fortunata! Dopo il mio primo parto, una botta e sono rimasta subito di nuovo incinta. È un attimo, sa? Lo dicono anche i medici». L'altra la guardava impallidita, ma la signora non si fermava, continuando a raccontare le vicende della sua vita famigliare. «E così, dopo che Michael, il secondo, ha cacciato tutto in macchina, mi son detta mai più fast-food prima dell'ottovolante», ridacchiò, «E mai senza cambi, ci siamo capite, uh?», le diede una nuova spallata, mentre l'altra spalancava gli occhi. «Allora, dove siete dirette?».
«A… Al nuovo parco divertimenti».
«Oh, che coincidenza! Attenta a cosa le fa mangiare».
Ci fu qualche secondo di silenzio, prima che Jamie le interrompesse: «Ho finito la cacca».
La donna rise ancora, dandole due pacche su una spalla. «Beh, la pausa è finita, si torna a fare le mamme». Uscì, mentre la poliziotta restava ferma, di pietra.

X: Ho fatto un bel giretto sui server delle compagnie telefoniche e ho trovato messaggi interessanti scambiati da alcuni poliziotti di National City. Ma non solo degli ultimi due giorni, parlo di settimane cui un gruppetto si scambiava informazioni su Maggie Sawyer e Alex Danvers, colpevoli di aver portato al coma una collega, una certa Faora Hui. Hanno cancellato la chat, cancellano periodicamente i messaggi, ma probabilmente non sanno che le compagnie telefoniche conservano le copie.
Le aveva scritto il profilo misterioso sulla chat con sfondo nero.
X: Sto seguendo il gps dei cellulari dei furbetti che non hanno pensato di spegnerlo, e portano tutti a Metropolis. So che questo pomeriggio una poliziotta in divisa in compagnia di una bambina sono salite sulla metro per raggiungere la città. Non può essere nessun altro, sono loro. Non posso risalire a lei, avrà il gps disattivato, ma le telecamere l'hanno ripresa. Non so ancora cos'hanno in mente, ma si stanno radunando al nuovo parco divertimenti. È lì che li prenderemo!
Indigo era abbastanza sicura di sé. Arrivate al campus, Lena mostrò a Kara, dal laptop, la foto che le aveva allegato la ragazza in chat, estrapolata da una telecamera alla stazione: riprendeva una poliziotta, coperta dal cappello, presa con mano a quella che era indubbiamente Jamie. Se la fece inviare al cellulare e si chiuse di nuovo bene la giacca, pronta per raggiungere la sorella.
Megan chiese se le servisse aiuto e Kara rifiutò, dicendo di stare qui nel caso ci fosse stato bisogno. Il suo sguardo planò su Mike e la ragazza intuì che l'idea di lasciare lui e Lena sotto lo stesso tetto da soli non le piaceva per niente. Si scambiarono un gesto d'intesa ma, prima di uscire, fu Lena a fermarla.
«Kara, non arriverete mai in tempo. Faccio una telefonata; se andate alla Luthor Corp, ci sarà un elicottero».
«Oh… sì, va bene», annuì, ma la guardò appena.
Mike fece un passo per raggiungerla, preoccupato, ma Lena lasciò il portatile su un letto e le andò vicino per prima, facendo sghignazzare Megan. Aprì la bocca e Kara attese, ma in realtà non sapeva esattamente cosa dire. Che stesse attenta? Lo sarebbe stata di certo, non aveva bisogno di sentirselo dire. O forse. Ma non sarebbe passato come un qualcosa di fuori luogo? Poi la vide annuire, da sola, senza che le avesse detto niente.
«Non preoccuparti. E… e magari ci sentiamo anche dopo, dopo… beh, d-dopo che sarò tornata», sorrise, ma solo per poco. La guardò negli occhi solo un momento, veloce, abbassandoli di fretta.
«Se non sapessi come stanno le cose», Mike rise, alzando le spalle, «Sembrerebbe che ci sia una sorta di tensione sessuale, in questo momento». Si aspettò che ridessero, voleva essere una battuta, ma l'unica ad emettere un verso fu Megan, che di certo per un attimo le era venuto da ridere.
Spalancò gli occhi e arrossì, sentendosi osservata. «Da lui non me lo aspettavo», si giustificò.
Mike aggrottò la fronte e poi guardò le due che, imbarazzate, si scambiavano sguardi rapidi stando attente a non sfiorarsi per errore.
«A-Allora io vado», Kara tirò la porta e Lena tornò mezzo passo indietro, annuendo.
«Ti sarò vicina… Vi sarò vicina, volevo dire».
Kara sorrise per un istante, solo un istante, prima di chiudere la porta. Lena raggiunse il laptop e, mantenendo un costante piccolo sorriso sulle labbra rosse, sollevò lo schermo. Sentì solo in un secondo momento lo sguardo insistente di Mike su di sé. Appena si voltò, lui prese un bel respiro, guardando altrove.
«Vado a radermi. Speriamo che Kara stia attenta, accidenti, non spetterebbero a lei queste cose».
X: Sono quasi al parco divertimenti, le ho seguite tramite le telecamere. I gps rilevati sono già lì, distanti tra loro, vorranno coprire più territorio possibile. Sono stati veloci. Sto continuando a leggere i messaggi della chat cancellata e pare che vogliano consegnare la bambina a qualcuno. Ti farò avere presto novità.
Lena ansimò, guardando l'ora sullo schermo e prendendo il cellulare per far avere subito quell'elicottero.
Z: Loro stanno andando a Metropolis, devo poterle aiutare, magari entrando al parco divertimenti.
X: Ti farò avere un pass speciale. Ah, Lena Luthor, riguardo l'altro favore: volevo occuparmi delle telecamere della prigione come mi hai chiesto, ma sorprendentemente non vi hanno ripreso, non c'era niente da oscurare.
Lena fissò la chat, accigliandosi.
X: Il video non è stato manipolato, non vi ha ripreso di proposito. Meno lavoro per me, si intende, ma è un fatto insolito, non trovi?
Adesso che ci pensava, la zia di Kara pareva piuttosto in forma per essere una prigioniera e, quando era arrivata lei, l'altra donna che aveva visite se n'era improvvisamente andata. Forse Astra non aveva detto alla nipote proprio tutto.

Mano nella mano con la poliziotta, Jamie continuava con la mano libera a pizzicarsi in mezzo alle gambe, saltellando. Lei le aveva detto di smetterla di farlo, ma non riusciva a farne a meno poiché non era solita stare senza le mutandine, anche se quei pantaloni con Michelangelo dei TMNT che sorrideva su una natica le piacevano molto.
«Siamo quasi arrivate, angioletto», esclamò la donna alle porte del parco divertimenti, dopo che la bambina aveva immediatamente sorriso: quel posto era parso fin da subito bellissimo, con pupazzi robot ad accoglierli sulla strada, palloncini colorati tenuti dalle mani dei visitatori, le giostre in lontananza, le risate contagiose, i profumi dei dolci sugli stand e le urla divertite dei bambini. Il parco aveva aperto da pochi giorni ed era pieno di gente. Lei pagò il ticket solo per un'adulta, Jamie era ancora troppo piccola ed entrava gratis, così la trascinò con sé, prima di accorgersi che era lei a trascinarla.
«Angioletto, smettila di metterti la manina in mezzo alle gambe, ti guardano gli altri bimbi, non lo sai?».
Jamie alzò il naso avanti e indietro senza smettere di sorridere, eccitata di dove si trovasse. «Non ci rieshco, e shcusa, shento l'aria shul culetto», si giustificò, per poi tirarla e andare a vedere la pista dei go kart.
Mentre la piccola si teneva incollata contro una staccionata, lei si guardò attorno e riprese in mano il cellulare. «Non riesco a vedervi. Dove diavolo siete?», domandò con palese fastidio in una telefonata. «Non mi dire di stare calma, non sai cosa sto passando oggi. Ah sì, non pensi sia faticoso? Quando la bambina ha fatto i bisognini, avrei dovuto chiamare te. Eccola che riparte», alzò gli occhi al cielo, quando la vide correre sotto il suo naso. Le acchiappò una mano al volo, prima che si scontrasse con una gigantesca mascotte che girava per il parco ad abbracciare e fare foto con i visitatori. «Quindi non sono ancora arrivati? Questa storia non mi piace, mi sta venendo voglia di riportarla indietro… Sì, lo so cosa ci siamo detti, però… E non voglio finire in carcere per questo», alla fine sbuffò. «D'accordo. Ci risentiamo più tardi. Voi statemi intorno, mai dovessi perderla di vista».
Jamie alzò gli occhietti al cielo e vide delle piccole mongolfiere sollevarsi verso le nuvole, tenute con una corda a terra. Erano così belle e colorate, così libere. «Guarda», gliele indicò e la poliziotta alzò gli occhi, già pronta a dirle che lassù non l'avrebbe portata. «Io sho fare… Lo shai cosha sho fare? Lo shai? Gonfiare la teshta come… come… la monfolghiera», sorrise e chiuse gli occhietti, pronta per replicare il suo numero meglio riuscito.

L'elicottero le lasciò su una pista a qualche strada dal parco. Appena scese, Alex chiamò un taxi e Kara accese una videochiamata con Lena, mentre Maggie si assicurava di avere la pistola carica sulla fondina. Sperava di non doverla usare in un parco divertimenti, ma non avrebbe lasciato che le portassero via sua figlia.
«Ho il segnale gps di alcuni dei loro telefoni», disse loro Lena, vedendole mettersi sedute sul sedile posteriore di un taxi. «Vi passo le coordinate. Non sappiamo con precisione dove sia Jamie, ma Indigo l'ha vista arrivare dalle telecamere dei negozi sulla strada e mi ha fatto entrare nel sistema del parco: ho accesso alle videocamere, così avrò modo di cercarla».
Maggie e Alex si strinsero per mano, davvero in ansia per quello che stava succedendo. Jamie era vicina, adesso, erano a un passo dal riabbracciarla, ma al parco, quei poliziotti avevano deciso di consegnarla a qualcuno e dovevano fare presto. Dovevano fare molto presto. Ogni minuto che passava, era un minuto in più in cui avrebbero potuto perderla. Era incredibile che stesse succedendo una cosa del genere solo perché avevano deciso di vendicarsi per Faora Hui nel modo più bieco e cattivo che conoscessero. Chissà com'era spaventata la loro bambina. Alex poteva dire che era almeno un po' anche la sua bambina?
«Siamo vicine», Alex annuì, scorgendo gli enormi ottovolanti diventare più vicini e poi l'alto muro che recintava il parco divertimenti.
Maggie deglutì. «Se le è successo qualcosa… io non so cosa farei. Non so cosa… o come… Ho paura, Alex. Ho davvero paura», prese un bel respiro, sentendo il cuore farsi agitato.
«Ho paura anch'io, ma vedrai che sta bene. È una bimba in gamba, sa il fatto suo», le sorrise. «Ha preso da sua madre».
Maggie non riuscì a fare a meno di delineare un fine sorriso, breve, ma sincero. «Ha preso da te». Le rivolse un'occhiata curiosa e così annuì. «Tu la influenzi molto, ti imita… La babysitter mi ha raccontato di averla vista, al parco, dire di avere un'identità segreta».
«Ma dai, è fissata coi supereroi».
Maggie inclinò la testa da un lato, poggiandogliela contro una spalla e baciandogliela. «Di giorno vende vestiti e di notte lavora come agente il cui capo si chiama John».
Alex spalancò gli occhi, arrossendo. «Oookay… è un quadro preoccupantemente preciso», annuì. «Devo smetterla di parlare di lavoro di fronte a lei».
«Già». Si scambiarono un veloce bacio che si accorsero di essere arrivate.
Decisero di dividersi, prendendo una fetta di segnali gps a testa. Kara sistemò il suo cellulare all'interno di una tasca del giubbotto e, con la videochiamata ancora attiva, poteva parlare a far vedere a Lena e gli altri dove si trovava. Con un'auricolare nell'orecchia destra, invece, tutte e tre potevano restare in contatto tra loro; un piccolo omaggio del D.A.O..
«Lo so che non c'entra niente e tutto il resto», esclamò Megan, guardando a sinistra dello schermo del portatile di Lena, seduta al suo fianco, «Ma quel parco è davvero bellissimo». Si sentivano la musica e le risate, oltre a vedersi, anche se lo schermo saltellava per via della camminata di Kara, le giostre lontane. Non ne aveva mai visto uno così grande.
Lena controllava sulla destra dello schermo le varie telecamere del parco, mentre, in basso, la chat aperta con il profilo misterioso le dava altri dettagli di quelle che si erano scambiate quei poliziotti.
Al contrario, alla sua destra, Mike non guardava lo schermo del laptop: sguardo basso, ogni tanto scorgeva Lena, senza dire niente. Era un sospetto, però… la loro reazione alla sua battuta…
«Ne ho trovato uno», mormorò Alex, toccando l'auricolare. Guardò le indicazioni sul cellulare e di nuovo il poliziotto: in divisa, sembrava che stesse semplicemente lavorando al controllo del parco, concentrato. Estrasse la pistola e gli si avvicinò addosso tanto rapidamente che non avrebbe avuto il tempo di reagire, poggiandogli la canna sullo stomaco. «Andiamo a farci una passeggiata», mormorò. Lui ringhiò ma non ebbe scelta che fare come diceva.
«Anche io ne ho uno», toccò l'auricolare Maggie, raggiungendo l'uomo in divisa. Era in uno spazio separato dalla folla, dietro una casetta di scena, e gli arrivò di spalle, puntandogli la pistola sulla nuca. «Voltati lentamente».
«Sawyer?», sibilò, «Io lo sapevo che ci avresti trovato; i-io non volevo farlo, l'ho detto agli altri».
«Ho detto di voltarti lentamente», ordinò e lui eseguì. Tentò di prendere la pistola, ma gli andò male: Maggie lo vide e, rapida, gli incassò un bel calcio contro uno stinco, costringendolo a piegarsi. Per fortuna, tra la musica e le urla e le risate così alte, lui poteva gridare quanto voleva.
Maggie gli mise le manette, intanto che Kara continuava a girare all'interno del parco. Lei non aveva armi ma era sicura che non le sarebbero servite. Era così carica, adesso. Così carica che avrebbe potuto sfogare la sua rabbia su qualcuno. Non era da sé, lo sapeva, ma era davvero preoccupata per Jamie. Si domandava se… No, no, accidenti, doveva smetterla di pensare a quelle pillole. Poteva farcela da sola, sapeva gestire tutto senza aver bisogno di quella porcheria firmata da Maxwell Lord. «Hai visto dov'è Jamie?», domandò, girandosi. Intravide la pista dei go kart e si fermò, guardandone una fare un breve tratto di strada. Era certa che avrebbe sentito l'entusiasmo di Mike, invece il ragazzo non disse neanche una parola.
«No», soffiò Lena, con dispiacere. «Il parco è davvero grande ed è pieno di persone, non sarà facile», rispose, leggendo velocemente la chat con Indigo che le faceva sapere che stava raccogliendo tutto il materiale utile dalle compagnie telefoniche per fare un regalino finale. «Se Jamie è su un'attrazione, le cose si complicano ancora fintanto che sarà lì», aggiunse e Mike emise un piccolo sbuffo seccato.
«Ehi, ne ho uno o mi sbaglio?». Kara ricontrollò i segnali gps e sorrise soddisfatta, avvicinandosi a un poliziotto. «Mi perdoni, signore, posso avere un'informazione?». Lo strinse a un braccio e lo allontanò dal centro prima che potesse fermarla, intanto che continuava a ripeterle a bassa voce che lui non lavorava lì. «Mi sono persa e ci sono brutti ceffi in giro, ho proprio bisogno dell'aiuto di un poliziotto onesto».
«Signorina, per favore», se la scrollò di dosso con fastidio alle porte di una casetta di pan di zenzero e Kara lo fissò, mettendo le braccia sui fianchi.
«Aspetti un momento». Veloce, lo colpì sul naso con il polso destro e, approfittando del suo piegarsi all'indietro per reggerselo, lo spinse dentro con lei. «È lei uno di quei brutti ceffi». Si guardò intorno e dopo chiuse la porta.
Si accorsero presto che nessuno di loro avrebbe tradito i compagni. Dopotutto era stato proprio il legame che li univa a Faora, una di loro, a farli finire lì. Alex lo lasciò ammanettato a un palo della luce dietro la casa degli spettri quando capì che avrebbe solo perso tempo a stare con lui, non prima di averlo imbavagliato. Al contrario, con il suo Maggie insistette di più. Stava perdendo la testa, lo sentiva. Jamie era vicina, eppure mai era stata così lontana. La sua bambina, quasi tutto il suo mondo. Prese un bel respiro e si mantenne la fronte, riguardando lui con odio e puntandogli addosso la pistola. Era inginocchiato a terra, le mani dietro la schiena, in manette.
«Cosa pensi che accadrà, adesso? Il capitano vi ha promesso di fare carriera, se aveste preso mia figlia? Se non vi arresteranno, mi rivolgerò all'FBI, puoi starne certo», prese di nuovo fiato a più riprese, aiutando il battito del cuore accelerato. Lui era lì quella mattina, in centrale, a fare finta di niente mentre qualcuno rapiva Jamie. A trattarla da pazza. Lui che aveva parlato male di lei alle sue spalle per giorni e ora, per niente pago di ciò che aveva fatto, rideva. Poi scosse la testa.
«Il capitano?», ripeté due volte, ridendo ancora. «Non pensi sia un buon capitano? Allora ti abbiamo giudicata male fin dall'inizio, Sawyer».
«Di che cosa stai parlando?», gli andò addosso di fretta. «Dov'è la mia bambina?», urlò infine, poggiandogli la canna della pistola sulla mandibola. Lui ebbe un sussulto e smise di ridere, forse per un attimo ebbe paura che gli sparasse davvero, ma non parlò, anzi strinse con più forza le labbra e lei lo colpì alla base del collo, tramortendolo. Non ne poteva più di vedere la sua faccia. «Alex… Kara», premette l'auricolare, «Un buco nell'acqua. Dobbiamo capire chi di loro ha Jamie, non parleranno».
«Beh, sì, cominciavo a notarlo anch'io», sbuffò Kara, lasciando andare l'auricolare e voltandosi verso il suo simpatico prigioniero: lo aveva costretto a sedersi su una sedia colorata come dei bastoncini di zucchero bianchi e rossi, legato con le mani dietro la schiena con la cinta dei suoi pantaloni, la faccia tumefatta, rossa e dipinta di sangue secco che gli era uscito dal naso.
«Sei manesca».
«Zitto tu, lasciami pensare», gli ribatté, prendendo il cellulare. Gli aveva gettato la fondina con la pistola a un lato del muro; era stato facile sfilargliela dopo averlo spinto mentre si reggeva ancora il naso. «Che cosa faccio con lui? Qualche idea?».
Alzò lo schermo del telefono e mostrò a loro il poliziotto.
«Avrei voluto esserci», confessò Megan. «Le idee mi vengono meglio, dal vivo».
«Ti arresterò per aggressione a pubblico ufficiale», gridò lui, attirando di nuovo la sua attenzione.
«Ah, sì?», Kara gli si avvicinò. «Prima o dopo che avrai spiegato di fronte alla legge perché indossavi la divisa fuori dalla tua giurisdizione, non in servizio, mentre insieme al tuo gruppetto hai rapito una bambina?».
Il poliziotto sputò e lei si tirò indietro appena in tempo. «Non so di cosa parli».
Gli frugò in tasca e prese il portafogli, mostrandolo allo schermo, intanto che lui si lamentava. «Tua moglie lo sa che rapisci bambini… George?».
«Non è mia moglie, vaffanculo! Ora capisco perché la signora Gand ti vuole morta».
Kara a quel punto si zittì e Mike si freddò, accanto a Lena. Dovette alzarsi dal letto e passarsi le mani sui capelli, per calmarsi.
«Lavori per lei? Non per Zod… Ma per la signora Gand».
Lui serrò le labbra e Kara si tirò in su gli occhiali, esaminandolo. Fu in quel momento che una bambina si affacciò alla finestra della casetta di pan di zenzero e sbirciò all'interno:
«Ma qui si può entrare?». Spalancò gli occhi un paio di volte per assicurarsi di vedere bene.
Kara fulminò il poliziotto con lo sguardo, bisbigliando: «Parla con lei e ti faccio fare la fine della strega di Hansel e Gretel». Gli indicò il forno a lato e lui deglutì, ma vide anche la fondina, poggiata lì sotto, mentre lei si avvicinava alla finestrella.
«Che cosa fa quel signore?».
«Quel signore è un orco, è stato molto cattivo», le spiegò, «Stai attenta là fuori, perché è pieno di orchi come lui».
Lei glielo indicò. «L'orco sta saltellando con la sedia».
«Scusa un momento. Ehi», gridò, correndo verso di lui e dando un calcio alla fondina, spingendola più indietro. Gli strinse il naso rosso e lui emise un verso dolorante, lacrimandogli gli occhi. «Vuoi proprio che te lo rompa».
«Rompiglielo. Stupido orco», gridò anche la bambina.
«No, tu… emh», scosse la testa, «Non devi imitare. E non accettare caramelle da nessuno».
Lena sorrise, assistendo alla scena dal suo taschino. «Kara, è meglio se lo lasci perdere. Non ci dirà dov'è Jamie e Indigo mi fa sapere di aver trovato gli stralci di dove parlano di lei nella chat: la faranno uscire dal paese».
A quelle parole, gli strinse il naso più forte e George gridò dal dolore, intanto che la bambina alla finestra esultava. «Chi ha Jamie, George? Non abbiamo tempo da perdere».
«Kara, se non lo lasci non può parlare», le fece notare Megan.
«Putta-».
«Adesso puoi anche romperglielo», strillò, cambiando idea, parlandogli sopra.
Lena perlustrava ancora le telecamere, ma spese un attimo per guardare Mike, che non era tornato vicino, ma era andato ad appoggiarsi al tavolo del cucinino, guardando a terra.
«Sarei dovuto essere lì con lei», si passò ancora le mani fra i capelli. «Lavorano per mia madre, sarei dovuto essere lì», continuava a ripetersi.
«Avresti peggiorato la situazione», lo interruppe Megan. «Ti stai nascondendo da loro, ricordi? Saresti stato una palla al piede, per Kara».
«Una palla al piede?», lui gridò tanto forte che lo sentì la stessa Kara, che continuò a frugare nel portafogli. «Pensi che io possa essere solo una palla al piede, per lei?».
Megan sospirò e si astenne dal rispondere, ma Lena non lo fece. «Sta cercando di dirti che saresti stato d'intralcio in questo momento, non che lo saresti nella sua vita».
Lui la fissò. Sembrava che la discussione stesse terminando, ma era solo l'inizio. «Sei tu, vero?». Lena alzò un sopracciglio, cercando di capire, vedendolo trattenere una crescente agitazione. «Il famoso ragazzo di Kara, sei tu. Sei sempre stata tu», spalancò la bocca e si portò di nuovo le mani sui capelli lunghi, con fare stressato. «Eri tu la moretta con cui si era baciata alla partita… stiamo parlando di mesi e mesi fa, come ho fatto a essere così scemo?!».
Megan si sedette di nuovo accanto a Lena, abbassando la voce. «Noi proprio non ce lo chiediamo…».
Lena abbassò gli occhi, riguardando le telecamere, passando da una all'altra. «Non è il modo né il momento adatto per parlarne».
«Ma tu sei… una ragazza! Com'è successo?».
Megan spalancò gli occhi, bisbigliando ancora: «Io il disegno non glielo faccio».
Kara era ancora vicina al poliziotto legato, in quel momento e, guardando attraverso lo schermo il volto di Lena che si sforzava per restare concentrato, sentì una fitta dentro.
«Oh, odio queste stronzate d'amore», decretò il poliziotto e Kara aggrottò la fronte.
«Chiudi il becco, tu».
«Già, chiudi il becco, brutto orco», esclamò la bambina.

La poliziotta era in preda a profonda agitazione. La bimba stava finendo i suoi giri sul pony della giostrina e lei, appoggiata alla ringhiera con fare esausto, attendeva con i genitori degli altri passeggeri intanto che teneva d'occhio il cellulare. Non l'avevano ancora chiamata e ciò poteva solo significare che non erano ancora arrivati, per lei. Prima l'avrebbe consegnata, prima sarebbe tornata a National City; non ne poteva più di quella situazione. Quando il giretto finì, la aspettò all'uscita, vedendola arrivare con un grosso sorriso stampato in faccia e delle graziose fossette sulle guance. Era carina, lo ammetteva. Si stava davvero pentendo di aver accettato di farlo. Le prese una manina e si misero a camminare.
«È bellisshimo queshto poshto! Lo devo dire alle mie amiche che non ci credono a queshto poshto, non lo shanno che c'è queshto poshto».
«Non sei un po' stanca?».
«Un po' sholo, ma proprio poco, eh… Dov'è la mia mamma?».
Lei alzò gli occhi al cielo, perché sperava che non le avrebbe mai posto quella domanda. E naturalmente sospirò, prima di risponderle. «Ti avevo detto che sarebbe stata qui, ma non può venire».
«Perché no?».
«Perché è occupata, angioletto. Vedi, la tua mamma non è proprio una brava mamma».
«Shì che lo è, shì che è brava, certo che è brava», la difese subito e la donna la portò verso un tavolino con l'ombrellone aperto, sedendo lì, per riposare. Riguardò l'ora e non c'era ancora nessuna chiamata o messaggio. Che avessero cambiato idea senza avvertirla? Impossibile.
«No, Jamie. Vedi, le mamme vere stanno con i loro bambini ma lei ti lascia sempre con altri». La piccola la guardava con attenzione, ascoltando. «Ha lasciato che ti prendessi e non se n'è nemmeno accorta, angioletto». Jamie aprì la bocca per parlare e aggrottò la fronte dallo sforzo, ma lei la anticipò: «Le mamme si prendono cura dei bambini».
«La mia mamma lo fa shempre! Anche io lo farò quando sharò vecchia come te! Avrò molti… molti bambini, shì, tanti bambini», annuì. «Avrò tanti bambini con Alex, perché è bella Alex».
«Oh, angioletto, a te manca proprio avere un papà». La vide scuotere la testa perplessa e proseguì: «Beh, anche solo di una mamma come si deve, di quelle che ti rimboccano le coperte e ti danno il bacio della buonanotte. Una mamma vera», insisté e finalmente la vide spalancare gli occhi, come avesse colto qualcosa. «Hai capito?».
«Shì, certo che ho capito, io capishco tutto, le mie amiche invece non capishcono tutto», scese dalla sedia quando vide passare il carretto dello zucchero filato, continuando a fissarlo, assorta. «Allora io ne ho due di mamme. Me lo compri quello? Allora, me lo compri?».
Lo indicò e corse tanto veloce che dovette fare presto per starle dietro. «Beh, ne avrai presto una sola, e nuova».

Alex ne aveva già presi tre e ammanettati. Aveva finito le paia di manette, ma non sarebbe stato quello a avvilirla. Doveva sbrigarsi. Jamie era ancora là da qualche parte e si portò le mani sui capelli, prendendo fiato. Era anche la sua bambina, quella di cui si era tanto innamorata e la voleva indietro.
«Non la troverete», le fece sapere l'ultima acciuffata, mantenendo basso lo sguardo.
«Scusami?». La vide sorridere e si avvicinò, stringendo le manette che la tenevano bloccata alla sbarra di metallo della passerella di una giostra, a lato del fabbricato. «Lo trovi divertente? Ha tre anni». Era alla centrale quella mattina e attaccava briga con Maggie. Che faccia tosta.
«Hai sparato a una di noi».
«E allora vi prendete la figlia della mia compagna? Occhio per occhio? Faora avrebbe ucciso mia sorella».
Lei si morse un labbro, guardandola con sfida. «Avresti dovuto lasciare che la uccidesse… Hai solo tardato qualcosa di inevitabile».
«Sai qualcosa?».
«No», scosse la testa, «Ma avrei voluto. Forse se lei ci inizierà, come Faora ci aveva promesso… Abbasserai la cresta, Danvers, vedrai».
«Lei?», strabuzzò gli occhi. Rhea Gand doveva iniziare questi agenti? A cosa? L'organizzazione? «Chi di voi ha Jamie? Parla», batté un pugno sul muro, accanto alla sua orecchia sinistra, ma lei si limitò a stringere gli occhi.
«Non farete in tempo», disse allora. «La vostra Jamie troverà presto una nuova famiglia».
Alex pestò un altro pugno e corse via, ignorando i due bambini che si erano avvicinati incuriositi attirati dai rumori.

«Ma quindi siete state a letto o qualcosa di simile?», Mike si era fatto insistente.
«Non il modo né il momento», ribadì Lena, arrossendo.
«Kara mi ha lasciato per te? Per una donna?».
«Mike, per favore, basta adesso», disse anche Kara attraverso il cellulare che mostrava di nuovo le immagini del parco.
«Voglio capire se mi hai davvero lasciato per una donna».
«No», si mise in mezzo Megan, alzando la voce. «Non ti ha lasciato per nessuno, ma perché siete incompatibili e non lo vuoi capire».
Lui si accigliò, quasi ferito. «Tante parole per non rispondere alla mia domanda: quando si sono conosciute, Kara stava con me. Quindi mi ha lasciato per lei».
«Basta, davvero», urlò Kara, guardata male da alcuni visitatori del parco. Prese il cellulare e fissò verso l'obiettivo: «Quando ci siamo messe insieme, noi ci eravamo già lasciati. E adesso non sto più nemmeno con Lena, quindi smettila una volta per tutte o sarò costretta a chiudere la videochiamata». Riportò il cellulare sulla tasca e a camminare mentre Lena, che recuperava fiato e cercava di restare il più impassibile che poteva, si concentrava sulle telecamere. Non stavano più insieme. Sapeva che non stavano più insieme ma come lo disse, in quel modo, senza preoccuparsi delle parole usate, le fece male. Come se non ci fosse più speranza, per loro. Ma doveva ingoiare il boccone amaro e passare oltre, ripetendo che non era il modo né il momento adatto. Forse non si sarebbero sentite dopo, quando sarebbe tornata, dopotutto. «Trovata», sibilò a un certo punto, attirando le loro attenzioni. «Trovata», disse più forte, trattenendo un sorriso. Doveva pensare solo a Jamie, adesso. Stavano uscendo da un bagno e la piccola si punzecchiava in mezzo alle gambe. «Ti invio la posizione, avverti Alex e Maggie».

La poliziotta la riprese per mano. «Per fortuna non avevamo ancora preso lo zucchero filato, angioletto», sospirò, portandosi l'altra mano sul petto. «Se non fossimo arrivate in tempo, saresti dovuta uscire mezza nuda, da quel bagno. Ti dico una cosa: tu sei il motivo per cui non avrò mai dei figli», annuì, guardando la bimba intanto che si avvicinavano dallo zucchero filato. «Mai», sottolineò, «Sarà un fantastico anticoncezionale: appena un uomo me lo proporrà, mi si seccherà».
«Che cosha si shecca? Un fiorellino?».
«Una specie di fiorellino molto speciale, angioletto».
Mike era da un lato della stanza a pensare e Megan e Lena tenevano d'occhio le due attraverso la telecamera. «Le compra lo zucchero filato», le fece notare la prima, «C'è una guardia, più in là». Intravidero un poliziotto del parco: la divisa era diversa, più chiara, non poteva essere un agente di National City.
Lena tenne d'occhio l'uomo e aprì diverse pagine di dati. «Forse riesco a risalire a lui». Zoomò la telecamera e gli vide il tesserino sul petto, continuando a digitare. «Sono all'intero del sistema, non devo neppure chiedere aiuto a Indigo… Ci sono quasi. Fatto», sorrise soddisfatta e lo videro dalle telecamere leggere sul cercapersone e poi guardarsi intorno, così Megan le chiese cosa avesse fatto di preciso. «Una segnalazione: donna che si finge poliziotta cerca di rapire una minore». Lo video avvicinarsi alla donna e lei scrollare le spalle.
«Oh, le sta controllando il distintivo», esultò Megan. «Noterà che è una poliziotta di National City e si farà due domande».
«L'idea era quella… ma Jamie si sta allontanando». La videro correre verso una giostra, con il bastoncino dello zucchero filato stretto tra le piccole dita. «Kara, si sta allontanando».
«Ci sono». Era vicina. Vide la bambina, l'agente del parco che scortava la poliziotta da un'altra parte e poi lui: un ragazzo in divisa si avvicinava rapidamente verso Jamie. «Ehi, dove credi di andare?!», lo acchiappò per un polso e lo rovesciò a terra, rialzando lo sguardo. «Accidenti», si guardò intorno e toccò l'auricolare, «Ragazze, l'ho persa». C'era troppa gente, era sparita in un attimo.
«Sono vicina», rispose Maggie. Correva dietro due attrazioni, il cuore in panne, c'era quasi. Era pieno di bambini, ma avrebbe riconosciuto la sua in un secondo, le bastava uno scorcio, una ciocca dei suoi capelli, il modo di camminare. C'era quasi. E invece riconobbe lei. Usciva da un piccolo edificio, quello che usavano le guardie del parco. Doveva essere la poliziotta che era stata fatta scortare poco fa. Quella che aveva Jamie. Aveva preso lei sua figlia…
«Ferma». C'era così tanta gente che nessuno badò a lei che le puntò contro la pistola. La vide voltarsi con quello sguardo quasi dispiaciuto che le mosse qualcosa dentro e fece una smorfia, disgustata. «Tu hai rapito la mia bambina… Sei una di loro?!». Non che sperasse in una risposta, in realtà.
Grace sospirò, socchiudendo gli occhi solo un attimo e annuendo. «Te l'avevo detto, Maggie… Noi contro loro. Tu hai scelto da che parte stare e così anch'io. Volevo solo farne parte, non avrei torto un capello a quella bambina».
«Stai zitta», a quel puntò gridò e la gente cominciò ad accorgersi di loro: due donne distanti un metro, solo una vestita da poliziotta, ma era l'altra ad avere in mano la pistola. Scattarono le prime urla e tutti a correre via, a ritirare i bambini dai giochi, a nascondersi dietro i pilastri, alle attrazioni, ai carretti del cibo. «Erano pochi i colleghi di cui mi fidavo, pensavo-».
«Che fossimo amiche?», concluse l'altra, con voce dolce, mordendosi un labbro. «Non volevo farlo, ma-».
«Ma che cosa? Hai pensato che fosse giusto prendere mia figlia e farla uscire dal paese perché Faora è in coma? Ti rendi conto che non ha senso?».
«Tu non capisci, Maggie! Faora era importante per noi, ci avrebbe fatto entrare», si zittì e delineò un altro sorrisetto, «Tu non sei tagliata, non avrei potuto parlartene. Non era niente di personale».
«Lo è diventato», rispose seccamente. Si avvicinò con fretta e sperò di darle un colpo, ma Grace si inchinò in tempo e la spinse a terra. Maggie le fece lo sgambetto ma perse la pistola, troppo vicina all'altra: le bastò allungare una mano per recuperarla. Si alzarono in piedi intanto che la musica del parco aveva lasciato il posto per una sirena e una raccomandazione da parte dello staff che suggeriva ai visitatori di mettersi al sicuro. Presto sarebbero arrivate le guardie del parco. Grace le puntò contro la pistola, tenendo la sua dietro la schiena. «Mi sparerai, adesso?».
«No», mugugnò, aggrottando la fronte, «Devo solo trattenerti, mi spiace, Maggie… ma se ti lascio andare, loro non mi faranno entrare».
Eccolo. Stava arrivando una guardia e avrebbe perso altro tempo. No, accidenti, quello che vedeva era molto peggio: alto e muscoloso, sguardo arrogante, Kweskill era uno dei colleghi che più si era divertito a importunarla da giorni. Grace sembrava felice di vederlo:
«Finalmente si fa vivo qualcuno, ho dovuto stordire la guardia all'interno, mi avete lasciata sola», si lamentò. «Dai, aiutami, Charlie», gli passò la pistola di Maggie e lei lo guardò con odio, immobile.
Maggie sapeva che doveva pensare a cosa fare alla svelta: poteva scappare, doveva correre da Jamie, ma erano entrambi armati e Kweskill era agile, per essere grosso. Forse Kara era ancora nei paraggi, o Alex. Anche se una parte di lei sperava che nel frattempo avessero già trovato Jamie. Le bastava allungare la mano verso l'auricolare, senza essere notata.
«Portiamo Maggie lontano, poi vediamo di… di lasciarla, vediamo», esclamò lei, agitandosi; si notava che stava improvvisando. «Questa sirena mi sta frantumando i timpani e ho mal di testa, ma tra poco arriveranno le guardie». Stava per chiedergli cosa stava aspettando che lui, veloce, girò la pistola che gli aveva passato e, con il dorso, la colpì alla base del collo, stordendola all'istante e facendole perdere conoscenza.
La prese e la adagiò sui ciottoli, sorridendo a Maggie, che rimase esterrefatta. Poi mise il dito indice sulle labbra e le fece segno di tacere, passandole la pistola. «Questo non gioverà al suo mal di testa».
Charlie Kweskill l'aveva appena aiutata?

C'era gente che urlava. Che si nascondeva. Le guardie del parco erano bloccate dalla calca che chiedeva di essere protetta; era scoppiato il panico che si era diffuso un po' ovunque in zona. C'erano troppi bambini che correvano e genitori che strillavano i loro nomi per ritrovarli. Anche Alex era una di loro. Gridava il nome di Jamie ma non la vedeva. Kara le rispose che la stava cercando. C'era troppa confusione, troppe voci; era certa che nemmeno Lena alle videocamere sarebbe più riuscita a individuarla, in quel modo. Allora si fermò e prese un bel respiro: Jamie era da sola, adesso, nessuno avrebbe scelto per lei dove andare. Sperando che qualcuno del gruppo non fosse riuscito a trovarla prima di loro. Dove sarebbe andata da sola una bimba di tre anni in un parco divertimenti come quello? Cosa le piaceva? Corse verso il tabellone della mappa e all'improvviso ebbe un'intuizione.
La gente scappava da una parte all'altra, ma a Jamie non interessava: era lì, ferma con le manine poggiate su una ringhiera, guardando sognante le luci colorate dell'arcobaleno dell'immensa fontana. La sua bocca spalancata dalla continua sorpresa. Allora Alex la chiamò e le corse incontro, così la bambina si voltò subito e sorrise, indicando l'acqua.
«Hai vishto?», la piccola l'abbracciò quando la prese in braccio.
Alex la strinse forte, prendendo un bel respiro. Il peso allo stomaco le si stava attenuando, si sentiva più leggera, felice. Era lì con lei, adesso. Era salva. Si toccò l'auricolare e faticò per riuscire a parlare, respirando a pieni polmoni e continuando a sorridere. «Maggie, è con me. L'ho presa. Jamie è al sicuro».
«Mi è caduto lo zucchero filato», la sentì lamentare, «Mamma, me lo compri un altro?». La guardò e Alex spalancò gli occhi già lucidi.
«Come mi hai chiamato?».
«Allora, me lo compri?».
Avevano cercato di non mettere fretta al loro rapporto abitando in due appartamenti diversi, anche se stavano quasi tutte le sere assieme da una o dall'altra, perché pensavano sarebbe stata la cosa giusta da fare essendoci una bambina di mezzo. Alex non voleva che Jamie chiamasse Kara zia, né che pensasse a Eliza come sua nonna, ma solo come a una nonna. Era un modo per tutelarsi se Maggie, prima o poi, avesse deciso che lei e la propria famiglia non dovevano più avere a che fare con la figlia. Stavano insieme, si trovavano bene insieme, erano innamorate, ma per quanto lo sarebbero state? Era certa che Maggie fosse la donna della sua vita, e che Jamie lo era ancora di più, ma la vita stessa era imprevedibile e la ragazza le aveva parlato spesso delle sue passate relazioni e di come, in fondo, temesse che non sarebbe durata. Non volevano accelerare le cose per non turbare la bimba se si fossero separate. Eppure, appena Alex la sentì chiamarla mamma, tutte le incertezze volarono via. E, a quel punto, niente fece più paura.
Maggie lasciò Charlie Kweskill da una parte della piazza e corse da Alex e Jamie, stringendole, baciando sua figlia, baciando lei. Alex gliela lasciò prendere in braccio e la strinse forte da mancarle il fiato. Si erano ritrovate, erano insieme, era finita.
Lena disse a Kara che avrebbe mandato l'elicottero a prenderle e la seconda spense la videochiamata, lasciandola con un sorriso.
«Che tenerezza, vero?».
Kara si voltò e il ragazzo le sorrise, stringendo le braccia a conserte e facendole l'occhiolino. Alto e massiccio, indossava la divisa. Era uno di loro? Non aspettò le sue spiegazioni: gli sferrò subito un destro.


***


Indigo mantenne la parola data e lasciò un regalo entro serata: all'improvviso, tutte le varie chat dove quel gruppo di poliziotti cospirava contro Maggie Sawyer e Alex Danvers organizzando il rapimento della bambina furono online. Non mancava neanche un passaggio, completi di nomi e cognomi. Quando le ragazze tornarono a National City, il caso era già scoppiato e gli Affari Interni irruppero in centrale quella stessa sera per accertamenti. Anche se le chat erano state pubblicate da diversi profili anonimi e irrintracciabili su più piattaforme, e quindi inutilizzabili al fine di un processo, le compagnie telefoniche confermarono ogni dato e ognuno di loro, da Metropolis, fu arrestato. Compresi due uomini che avrebbero avuto il compito di portare all'estero la bambina. Zod non sembrava entusiasta dello spettacolo che ne era scaturito, soprattutto dal momento che, ora, l'intera centrale sarebbe stata sotto indagine e dovevano ancora risolvere l'omicidio del senatore. Ne uscì fuori che conosceva i fatti e che per questo, un suo uomo fidato, si era infiltrato tra loro per risolvere la faccenda. Non per niente, Charlie Kweskill non fece nemmeno un'ora di galera, uscendo pulito. Anche se con un occhio nero.
Maggie, Alex e Kara erano dovute andare in centrale per depositare le loro testimonianze, mentre veniva avvertito il capo della seconda, e videro Charlie Kweskill rientrare dandosi le arie di chi sapeva troppo stampato in faccia. Ne convennero che non tutti i colleghi di Maggie erano uguali. Se quel gruppetto voleva entrare nelle grazie di Rhea Gand, era chiaro, a quel punto, che la donna e Zod non dovevano proprio trovarsi dalla stessa parte. Astra aveva detto a Kara che la donna voleva conquistare il potere, ma che il nuovo presidente dell'organizzazione si era insediato prima di lei e aveva nascosto al mondo la loro presenza, rovinandole i piani. Lena era ancora convinta che il nuovo presidente fosse proprio Dru Zod. Se era davvero così, allora forse stavano respirando l'inizio di un nuovo noi contro loro: due fazioni della stessa organizzazione che seguivano ognuno una corrente diversa e il sorriso di Charlie Kweskill era, in proposito, piuttosto eloquente.
Avrebbero dovuto cominciare a schierarsi?














































***

E voi, per chi vi schierereste? Rhea, Zod o… nessuno dei due?

Tutto sta a vedere come ci finiranno nel mezzo, bene o male, le protagoniste di questa fan fiction.
E così Jamie è stata ritrovata, e grazie anche all'aiuto di Indigo, riapparsa proprio nel momento del bisogno. La bimba ha capito di avere due madri e Alex è stata la prima ad appurarlo e credo che non possa esserne più felice. Maggie ha scoperto con orrore di Grace: era una delle poliziotte di cui si fidava, ma in realtà non poteva fidarsi affatto. A correre in suo aiuto questo Charlie Kweskill, che lavora indubbiamente per Zod anche fuori dalla centrale di polizia.
Intanto, oltre al funerale di Lar Gand, c'è Mike che scopre che Lena e Kara stavano insieme. (Grazie, risatina soffocata di Megan! XD) Come la prenderà il ragazzo, secondo voi?
a) Accetterà che le due abbiano avuto una relazione in serenitahahahah
b) Ha ben altro per la testa, quindi lascerà perderahahahah
c) Se ne farà una ragionahahahah
d) Si comporterà da persona maturahahahah
Ciò che più preoccupa è come sta vivendo Kara la cosa: non ha esattamente perdonato Lena e forse pensa di non doverlo fare, mentre non si toglie dalla testa l'idea delle pillole prodotte da Maxwell Lord. Dal canto suo, Lena capisce Kara, ma è indubbio che questa situazione, anche come lei abbia affrettato a chiudere il discorso sulla loro relazione, la fa stare male. Le ha sentito mettere un punto alla cosa, l'ha ferita. Non che probabilmente, ormai, pensasse che sarebbe andata diversamente.
Su, su, non disperate come Lena, non è mai tutto perduto!
Cosa ne pensate di questo capitolo?

Qualche nota ~
- Charlie Kweskill non è stato inventato. Nei fumetti corrisponde al nome di Quex-Ul, un kryptoniano esiliato nella Zona Fantasma. Charlie Kweskill è il suo alias anche nei fumetti (uno di due, per la precisione, ma mi piaceva di più Charlie). Ha un cognome complesso, ci ho messo capitoli per impararlo a dire XD E spero di dirlo in modo corretto; a scrivere… per fortuna esiste la correzione automatica XD
- George e Grace li abbiamo già “visti”: il primo era il poliziotto che, in pattuglia con Maggie, brontolava su Mike, Rhea e Faora, e che poi le ha puntato la pistola contro “per scherzo” (cap 39); la seconda è la collega che prendeva il caffè bollente con Maggie una mattina, parlando appunto d ciò che aveva fatto Faora, dei loro colleghi ostili e degli Affari Interni che sarebbero passati a parlare con Zod (cap 38).
- Piccola curiosità legata al capitolo: questo è l'ultimo capitolo del secondo file della fan fiction e si intitola Noi contro loro, mentre il primo capitolo del file è quello che si intitola Noi e loro. Neanche a farlo apposta!

E ora… Cosa faranno Rhea e Zod? Vi fidate di Indigo (o del profilo misterioso dietro di lei)? Kara scapperà ancora da ciò che è successo tra lei e Lena? Lena cercherà di mantenere la promessa fatta a Kara due capitoli fa, sul fermare Rhea? Cosa accadrà? Lo scopriremo presto ~
Ci si rilegge lunedì 18 con il capitolo 42 che porterà con sé qualche succosa svolta: Un passo avanti!




   
 
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