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Capitolo Trentuno: Born for this
“We are the warriors who learned to love the pain
…
We are the broken ones who chose to spark a flame
Watch as our fire rages; our hearts are never tame
'Cause we were, 'cause we were, 'cause we were
'Cause we were born for this, we were born for this”
⁓ “Born for this”, The Score
«Nat
puoi prenderti una pausa ora. Qui ci penso io» Clint le
poggiò delicatamente una mano sulla spalla. La spia annuì
e gli cedette grata il posto, si diresse verso Sharon.
La bionda la guardò intensamente;
«Ne vuoi parlare?»
«Quando mai ho avuto voglia di parlarne?» chiese mentre le sue labbra si stesero in un sorriso amaro.
L’agente
13 fece una smorfia comprensiva, non poteva biasimarla, se si
soffermava a pensare a Jace avvertiva l’ansia opprimerla. Non
voleva dirle che sarebbe andato tutto bene, che se la sarebbero cavata
anche quella volta, non ne era certa lei, figurarsi se era in grado di
convincere qualcun altro, a maggior ragione se quel qualcun altro era
Natasha Romanoff.
«Tu
e Steve avete preso la decisione migliore» disse invece, lo
sguardo della russa si rasserenò lievemente «Jamie
sarà al sicuro».
«Ti
ringrazio. E’ l’unica cosa che mi consola al momento»
i suoi occhi andarono alla ricerca del capitano; lo trovarono intento a
confabulare con Bucky e Tony. Il suo sguardo si assottigliò
pericolosamente.
«Hai paura che possa commettere qualche cavolata?» chiese Sharon sospirando.
«E’
Steve Rogers, lui è il re delle cazzate eroiche» il tono
era tagliente, aveva la netta sensazione che se solo avesse distolto
l’attenzione da lui, lo avrebbe perso in un modo o
nell’altro.
*
«Non riesci a dormire?» domandò Jace in piedi sulla soglia della camera.
Alexandra
levò i suoi occhi d’argento e lo osservò con
espressione grave. Jace aveva sempre odiato quella sua espressione: le
labbra perfettamente dritte, indurite negli angoli, il grigio dei suoi
occhi cupo, la fronte pallida aggrottata e solcata da linee scure. Era
sua opinione che Sasha non avrebbe mai dovuto indossare quel viso
tirato, la voleva spensierata e sorridente. Ma sapeva che i tempi non
glielo permettevano.
«Nemmeno
tu, noto» replicò lei con voce stanca. Si sfregò le
braccia con le mani e il ragazzo si intenerì andandole incontro.
«Vuoi
che chiami tuo padre?» le domandò gentile, sedendosi sul
bordo del letto; gettò un’occhiata al comodino e vide il
bastone metallico troneggiare pronto all’uso. Anche lui, nascosti
dalla leggera maglietta estiva che indossava, teneva pronti i suoi
fidati coltelli da lancio.
«Mmm
no. Lui e Niall stanno facendo la guardia a turno. Non voglio che si
preoccupi per me, preferisco che resti concentrato».
Jace
annuì e per un po’ rimasero in silenzio, solo in apparenza
tranquillo ma in realtà le loro orecchie erano ben tese ad
ascoltare ogni singolo rumore fuori posto.
«Jamie?» domandò la quattordicenne chiudendo definitivamente il libro che stava leggendo per distrarsi.
«Dorme
ora, fortunatamente. E’ proprio crollato, ha pianto un sacco,
Miss Jenkins ha davvero fatto fatica a calmarlo» sospirò
il giovane.
«Dovremo provarci anche noi» disse la ragazza osservandolo con i grandi occhi grigi lucidi.
«Dovremo sì».
Sasha si infilò sotto il leggero lenzuolo estivo, poi osservò l’amico in attesa.
«Resti
qui? Magari in due riusciamo a calmarci prima» propose e Jace
acconsentì stendendosi accanto a lei, rimanendo sopra il
lenzuolo. Si dettero la schiena ed entrambi chiusero gli occhi cercando
di cedere a Morfeo.
«Ace»
singhiozzò all’improvviso Alexandra. La reazione del
ragazzo fu immediata: si voltò completamente verso di lei;
«Sasha...» rispose triste;
«Non
voglio che muoiano!» mormorò fra le lacrime, girandosi a
sua volta, il volto nascosto dalle mani chiare ed eleganti chiuse a
pugno. Nel vederla così anche a lui venne da piangere; lasciando
che sottili e spaventate lacrime gli rigassero il viso,
l’abbracciò delicatamente.
«Anch’io non voglio che muoiano» disse solamente, permettendole di nascondere il volto contro il suo collo.
*
«Stai bene?».
Ekaterina sollevò il capo ed incrociò lo sguardo con Bucky che le stava davanti.
«Sì»
replicò la Winter Soldier stringendosi nelle spalle. La cosa non
corrispondeva per nulla alla verità, ora che si era
riappropriata dolorosamente della propria umanità dentro tremava
come una foglia. Sarebbe riuscita a salvare D? Si sarebbe nuovamente
piegata al controllo mentale? Era davvero abbastanza forte per farcela?
«Tu
sai perché lo stai facendo» mormorò il
supersoldato; Katja strinse le labbra ed annuì mesta.
«E questo aiuta?» non riuscì a trattenersi dal chiedere. James accennò ad un sorriso;
«Molto.
Ascolta non sarà facile, e se riusciamo a cavarcela nemmeno in
futuro lo sarà. Non so se quest’oscurità se ne
andrà mai del tutto» sospirò passandosi
nervosamente una mano fra i capelli, era a disagio nel parlare di
ciò che albergava nella sua anima, non aveva idea se stesse
facendo la cosa giusta, ma malgrado ciò continuò a
parlare «Forse dovremmo lottare per il resto della nostra vita,
ma ti assicuro che avere qualcosa, qualcuno con cui condividere
l’esistenza può fare la differenza».
«E
se il trattamento del dottor Banner dovesse essere inefficace? Se una
volta lì l’ambiente, quello che affronteremo dovesse farci
cedere?» la voce le tremò per l’agitazione che
dilagava a quell’idea.
«Non
succederà.» replicò Bucky con sorprendente -
perfino per se stesso - sicurezza «L’hai provato tu stessa
il trattamente è forte. Però ascolta, le vedi le persone
qui accanto a noi? Qualsiasi cosa dovesse accadere non lo
permetteranno, fidati di noi, di loro… Ma soprattutto fidati di
te stessa, Dominil ha bisogno di te».
Katja riuscì a sorridergli appena e lo ringraziò con lo sguardo.
Bucky
fece un cenno col capo, provato più di quanto volesse ammettere
da quella conversazione; ma aveva fatto bene anche a lui.
«Gente, meno di trenta minuti all’obiettivo» avvertì Clint.
Steve
fece un cenno all’arciere, poi guardò Natasha che lo
fissò grave, le andò vicino poggiandole una mano sul
volto: saggiò con i polpastrelli la sua pelle vellutata e
fresca, lei si abbandonò a quella carezza; i loro occhi si
cercarono e si trovarono come ogni volta suggellando mute promesse e
sentimenti inesprimibili. La russa posò il capo contro la sua
spalla, avvertì le labbra del compagno posarsi lievi e rapide
fra i suoi capelli.
«Per James» sussurrò. Lei annuì;
«Per James» ripeté piano.
Steve
si staccò dalla compagna e guardò il resto della squadra,
inspirò concentrandosi su coloro che come lui stavano respirando
quel momento: il momento prima dell’inizio della battaglia finale.
«Avengers!
E’ il momento, siamo qui per fermare una volta per tutte
l’HYDRA. Lo faremo insieme come un sol uomo, se vi colpiscono,
voi colpiteli più forte… Se vi uccidono,
resuscitate!» dichiarò con forza. Ci furono cenni
d’assenso e qualche sorriso complice; si voltò verso
Banner che sembrava sì ansioso ma anche più deciso che
mai.
«Bruce sei pronto?»
«Facciamolo!».
Il
piano era semplice, quasi ridicolo nella sua banalità: avevano
rinunciato a qualsivoglia di strategia triviale o sotterfugio; optando
per qualcosa di più plateale, diretto e definitivo: un Hulk
lanciato in picchiata dritto sulla base segreta senza tante cerimonie,
per esempio.
Aprire un varco e sradicare l’HYDRA una volte per tutte.
«Clint, lo S.H.I.E.L.D. è in posizione?» domandò Steve, ormai c’erano quasi.
L’arciere
in collegamento con Maria Hill dopo qualche istante fece un cenno
affermativo. Avrebbero attaccato tutti nello stesso momento.
Il
capitano guardò Tony, quasi a ricerca di una definitiva
conferma, e Iron Man gliela diede, facendo scattare la maschera
metallica sul volto.
«Bruce
ci siamo! Sam e Tony scenderanno subito dopo di te e ti forniranno
protezione. Io e Bucky saremo i prossimi e gli altri a seguire.»
tutti quanti annuirono solenni.
Natasha si avvicinò al dottore;
«Ce la fai Bruce?» gli chiese con tatto, Banner le sorrise rassicurante.
«Oh sì! Per lui sarà come fare una passeggiata»
«Allora buona fortuna» replicò la donna facendo un passo indietro.
Lo sportellone cominciò a schiudersi e nello stesso istante Bruce si tramutò nel verde e bestiale Hulk.
Tony gli si avvicinò avvolto totalmente nella iconica armatura;
«Dopo di te bestione, vedi di aprire le danze come si deve».
Hulk
sorrise ferino e si lanciò con prepotenza, Iron Man
osservò la caduta per un po’ poi si voltò verso
Falcon, che gli si era posizionato di fronte, contarono insieme
lasciandosi quasi subito cadere in picchiata.
Dapprima
non si sentì nulla se non un suono paragonabile ad un sibilo
acuto, poi iniziarono i rumori di una battaglia seguiti da un fragoroso
boato: Hulk aveva centrato l’obiettivo.
«Clint! - chiamò il capitano - copertura!».
Occhio
di Falco posizionò il velivolo e iniziò a fare fuoco,
Steve e Bucky si avvicinarono al ponte di lancio mentre Sharon e
Natasha li osservavano attente.
«Ci
vediamo giù» disse la russa con un sorriso sghembo, Steve
le sorrise di rimando, mentre Sharon e Bucky si scambiarono un rapido e
famelico bacio.
«Steve, Bucky! Ora!» ordinò Clint.
I due supersoldati si lanciarono senza esitazione.
Natasha,
Sharon e JJ guardarono, per quanto possibile, la caduta dei compagni;
l’arciere attuò una brusca virata e il jet uscì
dalla linea di tiro. Circumnavigarono l’area finché non
trovarono un punto cieco per calarsi.
«D’accordo.
JJ, tu trova Annabeth, avremo bisogno di lei per scaricare tutti i file
dell’HYDRA. Clint a te le cariche esplosive»
dichiarò Natasha con decisione.
Quando Natasha, Sharon, Clint e JJ penetrarono nella struttura vi regnava il caos.
I
loro nemici non si fecero pregare e ben presto le due donne si
ritrovarono nel furore della lotta per permettere ai compagni di
perseguire i loro obiettivi.
Voci
concitate che sbraitavano ordini, scoppi improvvisi, suoni acuti di
pallottole sparate alla ricerca del proprio bersaglio, ansiti, il
rumore attutito dei corpi avvinghiati nella lotta facevano da colonna
sonora allo spettacolo terrificante degli Avengers che avevano
dichiarato guerra all’HYDRA.
Natasha
e Sharon combattevano come un sol uomo. Il loro affiatamento era
invidiabile, si muovevano come se stessero eseguendo una coreografia
preparata in anni; i loro corpi era tesi, agili ed elastici, le mosse
dell’una completavano quelle dell’altra finendo
l’avversario.
Il
tempo in battaglia si annullava, era un concetto insignificante, non
più misurabile, l’unico segno che denotava il prolungarsi
dello scontro era il fisico.
Nel
fisico avveniva qualcosa di strano: la carne lacerata, i muscoli gonfi
e brucianti, il sangue che correva adrenalinico, le ossa che iniziavano
ad incrinarsi sempre più sotto i colpi avevano l’effetto
di accendere lo spirito. Una ferrea e viva volontà sosteneva la
debolezza del fisico.
Steve
abbatté un altro avversario, gli sembrava di farlo da più
di una vita, si guardò attorno e vide solo sangue e violenza
attorno a sè, Natasha, si accorse, lo fissava con la coda
dell’occhio senza mai perderlo del tutto di vista. Si erano
ritrovati da poco ma il fatto che nonostante la guerra, che incombeva
su tutti loro, lei fosse in grado di trasmettergli amore in mezzo a
morte, brutalità e lotta senza pietà gli diede speranza.
Dovevano
finirla al più presto, e chi gli interessava davvero, coloro che
avevano generato tutto questo ancora non si erano palesati.
«Sin! Dove vi state nascondendo?» urlò esasperato. Ma questa volta le sue urla non rimasero inascoltate.
«Non
serve gridare, Capitano. Sono qui» replicò Sinthea che
aveva atteso quel momento per palesarsi. Non gli avrebbe certo
confessato che quell’attacco a sorpresa l’aveva scossa e
aveva passato i minuti successivi a riprendere possesso non solo di
sè ma anche di tutta la base.
Quell’aria fresca, innocente ed intoccabile era pura e semplice facciata.
«Ti mancavo Capitano?» chiese con tono stucchevole.
Steve la fissò con disapprovazione e sfida;
«E’
ora di chiudere questa cosa. Tuo padre è così vigliacco
che si nasconde anche qui? A casa sua?».
Sinthea
scoppiò a ridere come un’ossessa, come se il supersoldato
avesse raccontato la battuta più divertente mai raccontata.
Ad uno schiocco di dita, un agente le porte una grande valigia scura.
«Oh
beh, vede Capitano, sono mortificata di darle questo grande dispiacere
di poter togliere di mezzo paparino-Lukin. Ma vade - continuò
aprendo la valigia ed estraendo qualcosa che lanciò con
velocità e precisioni a pochi passi da Steve che ebbe un momento
di confusione nell’osservarlo - papà non è
più disponibile per giocare» terminò con sorriso da
squalo.
Steve
deglutì a vuoto, mentre fra il resto degli Avengers
dilagò il disgusto e l’orrore, Falcon quasi rischiò
di vomitare. La testa mozzata di Lukin era ai suoi piedi e ormai in via
di putrefazione. Il supersoldato riportò lo sguardo su Sinthea a
qualche metro di distanza.
«Sono
io il capo adesso» disse con tono letale «Non sei felice?
Dovresti essermi riconoscente, anche la tua cara Natasha dovrebbe!
Voleva utilizzare il vostro adorabile pargolo come suo nuovo corpo, io
invece ho ben altri piani per lui» la sua voce aveva un che di
ferino e pericoloso.
*
Nostro amatissimo James,
se stai leggendo queste parole significa che io e tuo padre non siamo più lì con te.
Ascolta bene, солнешко,
questo non vuol dire che noi abbiamo smesso di proteggerti, siamo
sempre stati e sempre saremo accanto a te, solo che tu non ci puoi
vedere.
Io
e papà ti abbiamo amato fin dal primo istante. Le nostre vite
non sono mai state facili - la vita piccolo mio non lo è mai - e
tu sei stato però il dono più grande e bello che
potessimo ricevere.
Grazie солнешко per averci scelto e averci fatto provare la gioia di essere genitori.
Non
avercela troppo con noi, il nostro solo desiderio era di proteggerti e
l’abbiamo fatto nell’unico modo che conoscevamo: lottando.
Sappiamo per certo che anche tu, come noi, sarai un lottatore; la vita
ti metterà sempre davanti a tante sfide, alcune le vincerai,
altre purtroppo le perderai ma siamo certi che a modo tuo saprai
rialzarti. Affidati a chi per te è diventato una famiglia,
fidati del tuo istinto e trova l’amicizia, quella vera.
Io e papà ti saremo sempre vicino e ti ameremo in eterno.
Sii forte figliolo, sii gentile con il prossimo e aiuta chi fa fatica a rialzarsi da solo.
Ti vogliamo bene.
Con infinito affetto,
Mamma e Papà
_____________________________________________________________________________Asia's Corner
Buonasera
a tutti e grazie ancora una volta per la pazienza, speravo di riuscire
ad aggiornare prima, ma purtroppo ho avuto questi ultimi due mesi molto
intensi, per certi versi dolorosi e pieni di cose da fare e sistemare.
Le cosa da sistemare non sono di certo finite e mi aspettano
altrettanti mesi intensi, ma sappiate che se anche in ritardo IO
CONCLUDERO' QUESTA FF! Anche perché alla fine vera e propria
mancano altri 2 CAPITOLI! A cui, ve l'ho già accennato, si
aggiungerà un capitolo extra.
La storia però si concluderà ufficialmente col capitolo 33 che spero di postare a settembre.
Bene, dopo questa premessa, spero che il capitolo non abbia deluso
l'attesa e ora siamo proprio entrati nel vivo dello scontro e Sin ha
sganciato una bella bomba, se non fa lei le entrate ad effetto chi
può?
Io ringrazio tantissimo tutti voi che con affetto continuate,
nonostante i ritardi, questa storia e spero che mi lascerete un
commento a riguardo. A proposito a chi lascia le RECENSIONI purtroppo
non riesco più a rispondere in tempi brevi, ma sappiate che le
tengo sempre in grandissimo conto! Anzi quando ho dei momenti di
sconforto vado a rileggermi i vostri commenti e mi torna sempre la
carica e mi spronate a continuare! GRAZIE! Io comunque ce la
metterò tutta per mettermi in pari con le risposte promesso!
Detto questo, io vi auguro un buon inizio settimana e spero proprio di
postare il PENULTIMO CAPITOLO (32) entro e non oltre il mese di AGOSTO!
Un grande Abbraccio!
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