Un
amore nato dal caso
Un
pezzo di cielo
Il
parco era immenso. Piante ad alto fusto allungavano la loro ombra
fino a lambire il cortile di un edificio basso dalle persiane
azzurre. Aiuole lussureggianti di fiori inodori circondavano il
pianale in cemento arricchito da comode sedute e bassi tavolini in
ferro. Viottoli in terra battuta si districavano nella verzura
inoltrandosi fino nel cuore del parco, dov’era ubicata una
magnifica fontana in marmo rosa.
«Ciao,
Pietro.» Daniele baciò sulla guancia rugosa il suo
vecchio amico.
Al ragazzo si stringeva il cuore nel vedere che si stava spegnendo
piano piano.
Dopo
l’ennesimo attacco epilettico, avvenuto mentre lui si trovava
in
trasferta, avevano concordato il suo trasferimento in quel luogo di
pace. Per i primi tempi era stato difficile, abituati
com’erano
alla reciproca presenza. Ma poi Daniele aveva trovato Giovanni e
Pietro aveva ritrovato una cara amica d’infanzia.
«Dov’è
il tuo ragazzo?» gli chiese con voce flebile.
«Sta
parlando con la direttrice, vogliamo che torni a vivere con
noi.»
L’uomo
sbuffò e sorrise fiero di quel giovane così
altruista.
«Non
ti devi preoccupare,» lo redarguì. «Sono
felice per voi, per quel
piccolo pezzo di cielo che vi state conquistando. Comunque, sarei
solo di troppo.»
Daniele
scosse la testa davanti alla cocciutaggine del vecchio.
«Non
sei un peso,» l’assicurò. «Per
me sei un padre, un amico, un
nonno. Mi spiace solo non essere stato in grado di venire a prenderti
prima.»
Pietro
chiuse gli occhi commosso e una lacrima sfuggì al suo
controllo. Con
affetto circondò il collo del giovane con le braccia
appesantite
dalla vecchiaia. Daniele appoggiò la guancia sul petto
dell’uomo e
gli sfuggì un singhiozzo quando Pietro gli baciò
i capelli.
«Sto
morendo e non è giusto iniziare una vita portando in casa la
sofferenza.»
«Quindi,
sarebbe più semplice lasciarci alle spalle le persone che
amiamo?
Pietro, Daniele ed io stiamo costruendo il nostro futuro, ma che
persone diventeremmo se ragionassimo egoisticamente? Che insegnamento
daremmo agli altri?» Giovanni li aveva raggiunti e li
guardava
sereno, una mano appoggiata sulla spalla del compagno.
Pietro
allungò il braccio perché si unisse a loro. Visti
da fuori erano
proprio buffi, tutti stretti uno all’altro. «Sono
fiero di voi,
ragazzi.»
«Andiamo
a casa,» disse Giovanni aiutando Pietro ad alzarsi.
L’amore
è un campo aperto, un oceano di opportunità, e
per viverlo appieno
basta decidere dove andare, e farlo assieme. Accettando gli alti e i
bassi che la sorte vorrà donare.
Come
i
camaleonti si
dipingono
addosso sfumature non loro, usando
la pelle come una tela su cui imprimere le proprie
emozioni,
così,
Daniele e
Giovanni hanno
imparato a
non
restare
concentrati su
se
stessi, a
urlare al
mondo il loro
amore, la reciproca appartenenza.
Che
vestirsi con altri colori
non è essere
diversi ma
significa
essere
unici. Che provare a condividere diluisce il dolore. Che vivere
assieme
è tutto ciò che
chiedono per il loro futuro.
Amare
non significa guardarsi negli occhi, ma guardare insieme verso la
stessa meta. ( Antoine de Saint-Exupery )
Note
dell’autrice: un
viaggio non termina mai con l’arrivo, ma prosegue con
l’esplorazione del luogo. Così la vita non deve
avere dei punti
fermi ma orizzonti da visitare, mete da raggiungere.
Daniele
e Giovanni hanno intrecciato i loro percorsi e ora si accingono a
viaggiare assieme, uniti nel loro amore.
Buona
lettura e i commenti sono graditi.
Questa
storia partecipa al contest ‘Il contest del
Simbolismo’ indetto
da Arianna.1992 sul forum con il prompt futuro/camaleonte.
Ulteriori
note: questa è l’ultima flash
iscritta al contest e un po’
mi dispiace abbandonare Giovanni e Daniele al loro destino. Per cui,
giudice permettendo, in futuro vorrei tornare a scrivere di loro
usando alcuni degli altri prompt del bando stesso. Quindi, che
l’ispirazione sia con me.
Disclaimer:
l’immagine non è mia ma appartiene agli aventi
diritto.