Don't
ask
me why
Quello
doveva essere almeno il millesimo sospiro a metà strada fra
l'esasperazione e la rassegnazione fatto nell'arco di appena qualche
ora.
Ranma
calciò un sassolino giusto per sfogarsi contro qualcosa che
non
avrebbe potuto provare dolore. Perché alla fine, se avesse
riversato
la sua frustrazione su qualcuno - Kuno o Ryoga, magari -
chissà cosa
gli avrebbe combinato. L'unica cosa positiva in quel quadretto
tutt'altro che idilliaco era che non sentiva più la febbre
addosso,
e le bende del dottor Tofu esternamente non erano macchiate di
sangue. A giudicare dal prurito che Ranma percepiva appena sotto le
garze, le ferite si stavano già cicatrizzando, e sicuramente
a
quell'ora anche Akane doveva stare meglio.
Stare
a riposo avrebbe migliorato la situazione, e comunque anche se
c'erano state occasioni di farlo era lui stesso ad impedirsi di
riprendere le forze in un posto al coperto. Forse da sua madre
avrebbe potuto fare un po' di convalescenza in piena regola,
nonostante ora non ne avesse granché bisogno.
Però c'erano numerose
possibilità che lei comprendesse il suo malessere, e che
volesse
saperne di più per cercare di risolvere i suoi problemi.
Ranma
apprezzava questa sua premura, non avendone avute granché
per
moltissimo tempo, però la componente di rischio che avesse
cominciato a tempestarlo di domande era spaventosamente alta, ed
altrettanto pressante sarebbe stata la sua intenzione di spingerlo
nuovamente fra le braccia - o sarebbe stato meglio dire fra i
pugni - di Akane.
Ciò
che Ranma voleva però era andarsene con il suo ji e basta,
così
decise che non sarebbe rimasto un giorno di più da sua
madre, né
avrebbe atteso che lo facesse reincontrare con Akane soltanto per
poter fare un nuovo tentativo.
Solo
che la tenace determinazione di seguire quel disegno si riduceva a
persistere appena qualche secondo, e la situazione gli parve ancora
più difficile quando i suoi occhi inaspettatamente si
trovarono di
fronte il giardinetto della casa di sua madre, curato e pulito come
al solito.
Il
suo istinto gli suggerì di andarsene di corsa, di non farsi
vedere e
farsi dare per disperso. Sarebbe stato decisamente tutto più
semplice, senza implicazioni rancorose o imbarazzanti, e soprattutto
senza dover fare ancora una volta la figura dell'illuso che cerca
spiegazioni che non volevano essere svelate.
Al
diavolo tutti.
Si
voltò, sentendo che quel misero gesto lo avesse
inaspettatamente
spronato a continuare a camminare per allontanarsi da lì.
Forza,
andiamocene!
“Ranma,
che sorpresa!”
Bene,
beccato.
Ranma
si sentì gelare per tutto il corpo, e mai come in quel
momento si
era sentito braccato come un povero animale in piena stagione di
caccia, nemmeno nel bel mezzo del suo incontro marziale più
violento.
Doveva
essere il destino crudele, o qualche altra stronzata in cui Akane
credeva, perché di spiegazioni non è che ne
avesse moltissime, eh.
“Da
quanto tempo è che non ti si vede da queste
parti?!”
“Ehm...”
Ehm.
E'
tutto quello che sai dire?
Prenderlo
alla sprovvista poteva andare, ma fare il verso di un topo in
trappola incapace perfino di parlare era troppo; e sua madre doveva
aver colto quel senso di smarrimento che oramai lo accompagnava da
ore, perché si rabbuiò mentre lo osservava a
corto di parole.
Soffiò
un sospiro di comprensione, mentre articolava tre semplici parole che
però non lasciavano molto spazio a dubbi di sorta.
“Mi
dispiace, figliolo.”
La
donna si affrettò a coprire quei due metri che lo separavano
da lui,
e gli circondò le spalle in un abbraccio. Quando lei
accopagnò la
sua testa al petto, e Ranma finalmente la assecondò senza
opporre
resistenza, sentì che per la prima volta dopo aver lasciato
casa
Tendo poteva finalmente sentirsi nel posto giusto.
Ricambiando
la stretta e lasciandosi andare alle lacrime represse troppo a lungo
però avrebbe significato fornire una definizione a
quell'atteggiamento arrendevole alla madre, e come diavolo avrebbe
fatto a raccontarle tutto quanto? Senza contare che...
“I
Tendo mi hanno chiamato per sapere se eri da me, ma ho dovuto
rispondere negativamente.”
Eh?
Frena, frena, frena.
“Ma
cosa è successo, caro? Hai litigato con Akane più
del solito?”
Ranma
sciolse immediatamente l'abbraccio, forse con troppa rudezza,
perché
per un secondo credette di farle male.
“Lo
sai già?”
“Dimmi
che è soltanto uno dei tuoi colpi di testa”
biascicò Nodoka fra
le lacrime, e prima che il ragazzo protestasse - la colpa doveva
essere sempre la sua? Anche quando voleva fare qualcosa di
così
importante? - lo trascinò in casa e lo fece accomodare al
tavolo,
mentre il ragazzo si liberava del peso dello zaino lasciandolo
accanto a lui.
Dal
canto suo, come poteva Ranma trovare la forza di reazione che gli
serviva per gestire quella conversazione?
Tutto
troppo assurdo, e tutto troppo ingiusto - era questo ciò che
gli
vorticava nella mente in quel momento - e di certo detestava questo
rimpallo di notizie fra le due famiglie, specialmente ora che tutto
era finito.
Non
avevano dovuto mettersi sempre in mezzo durante il fidanzamento, e
non avrebbero dovuto farlo ora che era rotto. Ritirò tutti i
propositi che si era fatto promettendosi di raccontare ogni cosa a
sua madre, perché doveva fare soltanto due cose: riprendersi
il ji e
sparire, letteralmente. E sinceramente non aveva voglia di andare
avanti con le spiegazioni, nemmeno con sua madre.
“Niente
del genere” rispose arrabbiato - ed era strano come non
avesse
specificato che il colpo di testa c'era stato, ma era stato fatto da
Akane - “E' stato un fidanzamento imposto, e nessuno dei due
lo ha
mai voluto realmente”, e sarebbe stata una risposta
esauriente,
trita e ritrita in quegli anni che ormai Ranma aveva perso il conto
di quante volte l'aveva pronunciata; ma sempre validissima, reale,
anche se stava diventando orribilmente banale, quasi distorta, fino a
diventare qualcosa di remoto e attualmente falso.
Ma
Nodoka non si lasciò vincere dalla sua ostinazione: si
sedette di
fronte a lui, con un fazzoletto di cotone vecchio stampo fra le mani
e con una involontaria ma malsana voglia negli occhi di approfondire
la situazione con il preciso scopo di venirne a capo e riavvicinarli.
Ormai
la donna reputava Akane e le sue sorelle praticamente come le figlie
che non aveva mai avuto, e aveva letto fra le righe - come non
poteva! - il forte legame che ormai il figlio aveva instaurato suo
malgrado con Akane.
Senza
contare che il giorno del mancato matrimonio, sua madre era fra le
persone più sinceramente felici, al contrario di tutta
quella
marmaglia contenta soltanto per i loro personali obiettivi e di
quell'altra che voleva soltanto rovinare le loro vite - come se non
fossero state già disastrate di loro.
“Senti,
mamma” proferì poi, sentendosi immediatamente
incerto su cosa
dirle per convincerla senza tanti fronzoli “a me va bene
così.
Sono soltanto venuto a chiederti di riprendere il mio ji lasciato dai
Tendo.”
“Non
è saggio reprimere così tanto le emozioni,
caro.”
Come
se non avesse minimamente fatto caso alle sue parole - o come se non
le avesse ascoltate affatto - Nodoka continuò quella tipica
tortura
fatta di piagnistei a ruota libera che spesso le madri infliggono ai
propri figli per ricondurli sul sentiero tracciato da loro stesse. Il
ragazzo con il codino avrebbe voluto scuoterla, riportarla alla
realtà anche se questa sarebbe stata uno scossone troppo
grande per
lei da sopportare, però tutto ciò che
poté fare fu cacciare un
sospiro imbarazzato e tentare di cacciare inutilmente indietro un
tono di voce infastidito.
“Non
sto reprimendo un accidente! Ti ho già detto che mi va bene
così.”
Il
suo tono leggermente sereno e volutamente indifferente alla cosa
peggiorò la situaziome. La donna scoppiò
letteralmente in lacrime,
e Ranma dovette fare uno sforzo esasperato per non crollare del tutto
e per mettersi a piangere insieme a lei. Proprio adesso che stava
cominciando - certo, come no - a darsi una calmata riguardo a
quell'assurda situazione, ecco che ci si metteva pure sua madre,
terribilmente affranta da un dolore che sostanzialmente non la
riguardava direttamente e che a momenti avrebbe reso quel tentativo
di recuperare il ji un autentico buco nell'acqua.
“Ascolta,
mamma. Vorrei soltanto che mi aiutassi a recuperare il mio ji, dal
momento che l'ho lasciato dai Tendo.”
Semplice,
naturale. Probabilmente la tensione gli aveva fatto credere che non
avrebbe spiaccicato una parola sensata, ma alla fine era arrivato al
dunque senza troppi gineprai. Tirò un sospiro di sollievo,
ma si
trattenne dal renderlo troppo plateale.
Nodoka
smise improvvisamente di piangere, e con gli occhi che sembravano due
pozzanghere lo guardò fisso, con quella nota speranzosa che
inquietò
non poco il ragazzo con il codino.
“E
no, non dovrai fare niente, assolutamente niente che riguardi Akane e
me. Anzi, comincia pure a trattare i nostri due nomi
separatamente.”
La
donna si prese qualche istante in più per riflettere sulle
parole
del figlio, e Ranma poté giurare di vederla sul punto di
mordere il
fazzoletto in preda alla frustrazione per essere stata battuta sul
tempo.
“Proprio
non...”
“No!”
Doveva
averci messo più determinazione di quanto si aspettasse,
perché sua
madre sembrò calmarsi. Tirò su col naso,
recuperando un po' della
normale serenità che solitamente riusciva a trasmettere agli
altri,
e con movimenti leggeri si alzò per aprire il frigorifero.
“Ti
preparo qualcosa prima di andare dai Tendo, allora. Conoscendoti,
sarai affamato.”
Ranma
si ricordò di aver toccato così poco cibo durante
quelle ore
concitate che avrebbe mangiato come un lupo pure il tavolo, e come se
rispondesse per le rime ai suoi pensieri lo stomaco
gorgogliò con un
rumore sordo, da far invidia all'eco di una caverna.
Sua
madre sorrise divertita, e cominciò ad armeggiare fra
pentole e
stoviglie varie finché la calma ritornò a fare da
sfondo a casa
Saotome.
Non
credeva fosse stato così facile. Certo, sua madre aveva
fatto un
paio di storie. Però aveva finito abbastanza in fretta di
torturarlo. Sarebbe stato alquanto strano, se non fosse stato che
Nodoka si accontentasse di vedere il figlio dal momento che non
avevano modo di vedersi tutti i giorni. Alla fine, era lui quello
importante per lei, no?!
Con
un passato così burrascoso, e vissuti lontani per anni, per
lei
doveva essere una festa averlo in casa, esattamente come lo era stata
per lui quando finalmente si era svelato, con i suoi pregi, difetti,
e soprattutto con la sua maledizione.
Si
sistemò le braccia sul tavolo per poter poggiarci la testa,
e in un
attimo sperò con ogni fibra del suo essere che sua madre ci
mettesse
più del previsto per preparargli il pranzo. Una volta
finito,
sarebbe andata a riprendergli il ji, e nel momento in cui Ranma lo
avrebbe toccato nuovamente la sua storia con i Tendo sarebbe
inevitabilmente finita. A parte la rabbia sapeva perfettamente che
avrebbe faticato a distaccarsi da quella gabbia di matti, ma ora che
distrattamente aveva lasciato la sua tenuta da loro voleva soltanto
che nessuno andasse a recuperarla.
Era
un pensiero idiota, non lo negava di certo, ma Ranma si
intestardì a
credere che quello era l'unico punto di contatto con Akane ancora a
sua disposizione, ed eliminarlo gli sembrava un errore dei
più
gravi, quello che avrebbe decretato tutto il resto della sua vita.
“Ti
sto preparando l'oden” cinguettò all'improvviso
sua madre. “Vuoi
anche qualcos'altro?”
“N...
no, grazie” borbottò lui, riscuotendosi. Essere
sovrappensiero
avrebbe fatto impensierire la madre, ma non aveva potuto evitarlo. Si
rese conto che la madre si era fermata per qualche istante prima di
trafficare nuovamente davanti alla cucina, quindi si alzò e
le si
affiancò con uno dei sorrisi più falsi che
avrebbe potuto mai
sfoggiare.
“Ti
aiuto.”
“Grazie,
caro.”
Si
sentì un verme, e probabilmente quella mossa avrebbe
incrinato
l'equilibrio già precario dell'imposizione a non parlarne
che Ranma
aveva posto nei confronti della donna, però decise di non
pensarci e
di dedicarsi a quel piccolo momento di apparente serenità.
Il
campanello suonò all'improvviso, e Nodoka lasciò
ogni cosa in
sospeso per andare a vedere chi fosse stato a suonare alla sua porta.
“Signora
Saotome?!”
Questa
voce non mi è nuova...
“Oh,
tu sei Ryoga, l'amico di Ranma!”
Che?
Ryoga?!
“Sì,
sono proprio io! E' stata una fortuna sfacciata capitare a casa
sua!”
Fortuna
un cazzo! E' stato un fottuto caso, idiota.
“Fortunato
due volte, Ryoga! Ranma è venuto a trovarmi proprio
adesso!”
Per
favore, non dirgli niente!
Ricordò
di avere lo zaino al fianco, e immediatamente lo afferrò
lanciandolo
con tutta la forza che aveva in corpo verso l'interno della casa,
all'angolo del corridoio. Il tonfo che ne seguì fu
pressoché
ignorabile, ma il senso di nervosismo di Ranma fu tale da indurlo ad
emettere una vocina involontariamente stridula che accoglieva Ryoga
in modo troppo caloroso per i suoi gusti.
“Ciao,
Ryoga!”
“Ehilà,
Ranma!”
Proprio
sulla scia di un momento decisamente imbarazzante, in cui nessuno dei
due aveva qualcosa da dire, si fece largo in Ranma l'idea che forse
avrebbe fatto meglio a filarsela. Non per scarsa fiducia in se stesso
o in sua madre, ma perché chiacchierando si sarebbe arrivati
ad
argomenti che il ragazzo con il codino non voleva affrontare, tanto
meno con quel prosciutto allupato.
Fra
i tanti espedienti che Ranma avrebbe potuto utilizzare per uscire da
quella casa, quello dell'impegno improvviso era il più
ridicolo,
soprattutto dal momento che avrebbe deluso l'aspettativa di sua madre
di mangiare da lei.
“Proprio
in questo momento sto preparando il pranzo” disse la donna al
giovane Hibiki. “Ti unisci a noi?”
“Perché
no?!” replicò lui, ancora con quel dannato
sorrisetto innocente
stampato su quella brutta faccia. “D'altronde, come posso
rifiutare
l'invito di una così bella signora?”
“Oh,
sei proprio un birbante!”
“Dico
solo la pura e semplice verità!”
“Troppo
buono!”
Ora
mi viene da vomitare.
C'erano
davvero tante cose che Ranma aveva tollerato ed aveva ancora la
disgrazia di tollerare nella sua breve esistenza, ma questa era una
di quelle talmente idiote e melense che la notte successiva
sicuramente gli avrebbe fatto venire incubi peggiori
di quanto
potesse fare un film horror d'autore.
Ma
perché diavolo Ryoga doveva tubare con chiunque? La sua vena
da
cascamorto doveva uscire anche con sua madre?! Ma il cervello come
gli funzionava esattamente? Gli si accendeva solamente il neurone del
maiale? Oppure aveva solo quello? Davvero riusciva a praticare le
arti marziali anche in quelle condizioni?
“Dacci
un taglio, va bene?”
Gli
pervase in senso di gelosia allo stato puro, tanto che si aspettava
una replica sarcastica da parte del suino ma che inaspettatamente non
arrivò. Piuttosto, Ryoga rimase piacevolmente imbambolato a
godersi
ogni minimo dettaglio di quelle attenzioni che Nodoka gli stava
riservando.
Anche
se Ranma non era nuovo ad assistere a scene del genere, si
ritrovò
ancora una volta a capire la situazione priva di affetto a cui Ryoga
era quasi condannato, e che lo portava istintivamente ad assorbire
ogni gentilezza per finire inevitabilmente per scambiarla in
chissà
cosa.
Era
successo con Akane, sarebbe arrivata a compimento con Akari se
soltanto si fosse deciso un giorno o l'altro. Non vedeva
perché non
con sua madre, effettivamente.
Ryoga
rideva, letteralmente in estasi, come se fosse stato drogato ed ora
si godeva gli effetti come un completo idiota.
“E
dai, Ranma. Tua madre non merita altro che carinerie e
gentilezze!”
Nodoka
sorrise l'ennesima volta, prima di scusarsi e voltarsi per dedicarsi
alla cucina. Ranma però tirò via l'amico dalla
stanza con la scusa
di farlo accomodare in camera da pranzo, facendo una maniacale
attenzione affinché non vedesse lo zaino buttato
lì per terra.
“Allora,
femminuccia” esordì Ryoga, con un atteggiamento
completamente
diverso da quello assunto in presenza di Nodoka “che ci fai
qui?”
“Io?
Ah, scusa se sono a casa di mia madre!”
“Sei
ferito.”
Ryoga
fece la sua semplice constatazione mentre appoggiava il suo zaino da
viaggio, e Ranma si guardò le braccia dopo tante ore passate
ad
ignorarle completamente. Era escluso che Ryoga sapesse dello scontro
per mantenere la gestione del dojo Tendo, e probabilmente raccontando
l'episodio niente avrebbe condotto il discorso verso quello che era
successo fra Akane e lui.
“Abbiamo
avuto sfidanti al dojo.”
“Ah”
bofonchiò il giovane Hibiki. “Akane sta
bene?”
“Certo,
sta benissimo” soffiò lui, forse con troppo
rammarico perché un
tipo indagatore come Ryoga potesse passarci sopra senza fare le sue
supposizioni mentali. Così Ranma cercò di
togliersi immediatamente
dall'impiccio chiedendo di lui, con del malcelato sarcasmo.
“Tu,
piuttosto. Perso di nuovo, eh?!”
“Non
prendermi in giro!” urlò l'altro, agitando un
pugno in aria. “E'
stato il destino infausto a condurmi da un buzzurro come te!”
Ancora
con 'sto destino. E' qualcosa che si mangia?
“E'
pronto, ragazzi!”
“Arrivo,
signora Saotome!”
Ryoga
si alzò come una molla, pronto a correre a gambe levate in
cucina,
ma Ranma lo afferrò per la collottola della maglia. Se si
fosse
perso nei pericolosi meandri del corridoio - appena due metri e mezzo
tutto dritto - chissà quando avrebbe mangiato.
“Ti
accompagno. Non vorrei tardare, ho una fame da lupi.”
Inaspettatamente
Ryoga si lasciò condurre docilmente verso la camera da
pranzo, dove
Nodoka aveva apparecchiato la tavola per tre, aggiungendo all'oden
anche delle verdure in salamoia e qualche dolce.
“Cominciate
pure, non fate complimenti!”
Nel
momento in cui sua madre diede l'avvio Ranma credette di avventarsi
come un animale sul cibo ma rimase pressoché impassibile di
fronte a
quelle leccornie, sebbene il suo stomaco non reclamasse altro. Ryoga
invece accettò con un inchino degno di un signore, per poi
darci
dentro come un bufalo.
Un
atteggiamento che Nodoka ovviamente dovette interpretare come sintomo
di gradimento, perché il suo sorriso deliziato si allargava
sempre
di più alla vista di quello spettacolo tutt'altro che bello.
La
donna prese poi a mangiare con calma, incitando il figlio a fare
altrettanto, e infine Ranma si vide in qualche modo costretto a
mandare giù qualcosa, sperando che il nervosismo non gli
facesse dei
brutti tiri e gli facesse venire mal di stomaco.
Mangiò
lentamente, anche se l'istinto gli suggerisse chiaramente il
contrario. Fu con sorpresa che scoprì di aver mangiato ogni
cosa, e
che sua madre sparecchiando lo informasse del fatto che da
lì a
breve si sarebbe avviata a casa Tendo.
“Vado
a prendere il ji, puoi occuparti dei piatti?” gli
sussurrò
all'orecchio, ma Ryoga comunque non poté fare a meno di
sentire.
Purtroppo.
“Il
ji? Perché, lo hai lasciato da qualche parte?”
Ranma
spalancò gli occhi, mentre Nodoka accennò al
figlio un sorrisetto
di scuse.
E
va beh.
“In
lavanderia!” rispose il ragazzo con il codino, sperando che
in
qualche strano modo quel maiale lo credesse. Non è che
poteva dire a
Ryoga che il ji era dai Tendo e che lui non poteva e non ci voleva
tornare. Ma era troppo bello per essere vero.
“In
lavanderia?” chiese Ryoga, evidentemente scettico su quanto
aveva
sentito. “Da quando ti interessa inamidare la tenuta da
combattimento? Dove devi presentarti, a Hollywood?”
“Idiota
che non sei altro. Aveva bisogno di essere ricucito.”
“Di
solito non era Kasumi a farlo?”
Adesso
basta!
Più
andava avanti a raccontare qualche storiella per depistare
ciò che
era successo fra lui ed Akane, più veniva messo nel sacco.
Dire
bugie proprio non rientrava fra le sue capacità. Quella
cretina di
Akane avrebbe dovuto ricordarselo ogni volta che non gli credeva.
“Se
decido di fare qualcosa di diverso dal solito saranno affari
miei!”
Lo
disse con un atteggiamento nervoso, praticamente sull'orlo
dell'esasperazione; e essersi fatto sfuggire quella cadenza fin
troppo irritata non fece altro che alimentare i sospetti del
prosciutto.
“Datti
una calmata, è solo che... non è da te.”
Dirgli
dell'accaduto era fuori discussione. Ryoga ne avrebbe approfittato
per farsi avanti con Akane e confessarle il suo amore, e sinceramente
la cosa lo faceva imbestialire di più di quanto non facesse
la
presenza di Ryoga stesso in quel preciso momento.
Fortunatamente
sua madre si era guardata dal dire che sarebbe andata dalla famiglia
Tendo. Ma non sarebbe passato molto tempo prima che Ryoga si
accorgesse che qualcosa non quadrasse.
“E'
evidente che c'è qualcosa che non va, sei troppo
nervoso.”
“Io
vado, allora. Ryoga, è stato un piacere averti qui con noi.
Pensi tu
a lui, Ranma?”
Il
ragazzo con il codino si voltò verso la voce della madre, e
la vide
scambiare con lui un cenno di intesa, che lui raccolse con uno
sguardo deciso, ma forse fin troppo malinconico. Nodoka
cercò di far
finta di niente, probabilmente per non dare modo a Ryoga di
domandarsi il più del necessario; ma la stupidità
di Hibiki non
superava la sua spiccata sensibilità, e si rese conto di
tutto in un
battibaleno.
“La
accompagno, signora.”
La
riprova di questo arrivò con una voglia frettolosa di
seguire la
donna nelle sue commissioni per il figlio con una cadenza di voce
troppo seria, troppo lontana dall'atteggiamento civettuolo di poco
tempo prima.
“Oh,
no” si affrettò lei, pronta a spingerlo verso
l'interno
dell'abitazione. “Farò più in fretta da
sola. E poi, avrai modo
di riposare un po'. A più tardi.”
Ma
il ragazzo non rispose, perché aveva lanciato
accidentalmente un
occhio sul corridoio e stava fissando ostinatamente lo zaino da
viaggio che Ranma aveva lanciato via affinché non lo
vedesse.
A
Ranma si gelò il sangue, letteralmente, e d'un tratto -
quasi come
se non se ne fosse accorto prima - comprese che di cazzate, adesso
non ne poteva più rifilarle.
Cacciò
un sospiro, di quelli che non aveva fatto altro che cacciare dalla
sera in cui era scappato di casa, dando modo di esternare seppure non
del tutto consapevolmente la sua arrendevolezza. Per di più,
sua
madre se l'era svignata per non avere Ryoga alle calcagna e aveva
finito con il lasciarlo in una situazione ben peggiore.
La
sfiga. Deve essere la sfiga.
“Credevo
di essere tuo amico, prima che tuo avversario.”
Ciò
che lo colse di sorpresa fu quel tono lapidario che aveva sentito
dalle labbra di Ryoga soltanto poche volte nella sua vita, e per un
momento Ranma si illuse di avere la sua comprensione e di potergli
raccontare per filo e per segno ogni cosa, magari contando sulla sua
discrezione.
“Ryoga...”
“Hai
idea... di quanto abbia sofferto per te? E tu cosa fai, eh? Lasci
Akane come se niente fosse!”
“Eh?!”
“Hai
idea di quanta forza di volontà io ci abbia messo per farmi
da
parte? Io mi sto sacrificando per farvi felici, e tu rovini ogni
cosa!”
“No,
aspetta un momento!”
Quel
tentativo di giustificarsi doveva essere stato interpretato da Ryoga
diversamente, perché quel suino lo afferrò per il
bavero della
camicia alitandogli in faccia tutto il suo disprezzo.
E
perché? Perché lui si
è galantemente messo da parte!
Ma
vai a...
“Non
ti è permesso fare il dongiovanni come ti pare e piace, fai
schifo!”
“E'
stata lei, va bene?!”
Ranma
non credeva di averlo detto sul serio. Forse lo aveva immaginato - di
sicuro lo aveva immaginato - ma l'espressione sconcertata di Ryoga
gli diceva chiaramente che si era finalmente aperto, e proprio con
una delle persone con cui non avrebbe dovuto farlo.
“Hai
capito bene.”
Hibiki
allentò la presa fino a lsciarla del tutto dando modo
all'altro di
scostare via le sue braccia. Ora più che mai sentiva di
detestarlo.
Perché diamine doveva vedere in lui un amico, anche se era
sempre lì
in agguato con quella sua assurda pretesa di piacere ad Akane?
“Per
qualche strano motivo, non sono più fidanzato con
Akane” sbottò
di colpo, sentendosi praticamente in mutande nel rivelare una cosa
del genere e di dirlo ad alta voce.
Per
di più a Ryoga. Gli serviva una camicia di forza, e alla
svelta.
“E
sia chiaro, non sono stato io a volerlo.”
Ryoga
sembrò riscuotersi, gettan do lo sguardo a terra. Forse
stava
elaborando la cosa, perché a dirla tutta, Ranma sapeva che
non era
il solo a vedere la rottura con Akane come qualcosa di insolito, di
impossibile quasi.
“Ti
ha lasciato lei?”
“Più
o meno.”
“Parla
chiaro, babbeo!”
Come
se parlare chiaro fosse semplice!
Come
poteva dirgli che era sul punto di baciarla e che lei aveva rifiutato
la sua mossa? Decise di rimanere sul vago, perché ad ogni
modo cosa
potevano risolvere due parole messe in croce giusto per dare uno
straccio di spiegazione ad uno che nemmeno c'entrava?
“Ha
deciso così, ed io non posso farci niente.”
“E'
successo qualcosa?”
Cosa
non è successo, semmai.
Ranma
non rispose, continuando a fissare l'amico come se volesse dire
qualcosa ma questi glielo impedisse con la sua sola presenza. Questo
silenzio però, alimentò le strambe - ma non
troppo - fantasie del
prosciutto, perchè con una voce tremendamente sconcertata
iniziò a
tirare fuori qualche parola balbettata.
“Hai...”
“Veramente
io...”
“Oh”
esclamò, cantandosela e suonandosela tutta da solo
“hai traviato
la mia bellissima e purissima Akane con le tue luride mani, eh? Sei
un porco, Ranma!”
Nel
dirlo fece per riafferrarlo per i vestiti, ma prontamente il ragazzo
con il codino lo spinse via. Non sopportava di essere preso per il
tipo di persona che sostanzialmente lui non era, tanto meno voleva
rispondere alla scarsa lucidità di Ryoga di quel momento.
“Non
ho fatto un cazzo, imbecille!”
“Non
fare il santarellino, non sarebbe la prima volta!”
“Parla
per te, che ti intrufoli puntualmente nel suo letto e ti strusci
contro il suo seno senza ritegno!”
Ryoga
sfoderò un sorriso trionfante, mentre Ranma avrebbe voluto
non
esporre per l'ennesima volta la sua gelosia cieca. Era chiaro che
quella reazione non avrebbe suscitato altro che un senso di
superiorità in quel maiale, e ora come ora sentirsi
impotente oltre
che umiliato era l'ultima cosa che Ranma voleva.
“Invidioso?”
“Per
niente!”
Il
suo tono fu troppo arrabbiato perché Ryoga potesse
credergli, ma lo
stava deliberatamente mettendo alla prova, e lui era così
esausto
che sarebbe andato a dormire per almeno dieci anni se solo avesse
potuto.
“Insomma,
per farla breve ti ha fatto capire chiaramente che può fare
a meno
di te.”
Bastardo.
Rigirare
il coltello nella piaga gli avrebbe fatto ancora più male, e
quello
non solo lo stava facendo, ma senza il minimo tatto. Non si aspettava
la pacca sulla spalla, né una reazione simile a quella che
aveva
avuto in Cina, ma così lo stava ferendo ulteriormente. Anzi,
lo
stava dilaniando.
“Una
ragazza bella e intelligente come lei non ha certo bisogno di un
decerebrato come te! Avresti dovuto capirlo da subito che non sei
alla sua altezza!”
Va
bene, giochiamo la carta dell'indifferenza.
“No,
infatti. Troppo bassa.”
“Eh?!
Ma che stai dicendo?”
“Bassa,
piatta, lunatica, bisbetica... Devo continuare?”
Lesse
una forte perplessità negli occhi di Ryoga, che piano piano
fece
spazio alla collera. Come Ryoga sapeva come ferire lui, Ranma a sua
volta sapeva come girare la situazione, perché degli insulti
all'indirizzo di Akane per Ryoga suonavano quasi come una bestemmia.
“Assolutamente
no!” rispose l'altro, con la faccia improvvisamente diventata
paonazza. “Non ti permetterò più di
prenderla in giro, nemmeno da
lontano! Anzi, farò di meglio. Andrò da lei
immediatamente!”
Raccolse
il suo zaino, cominciando a cercare la strada per arrivare
all'ingresso. Lo trovò, sorrise raggiante, ma seguendolo
Ranma si
accorse che si era fermato appena fuori e che stava valutando quale
direzione prendere. Muoveva la testa prima a destra e poi a sinistra,
probabilmente sforzandosi di ricordare da che parte fosse il dojo
Tendo.
“Che
bussola!” lo schernì, ma la risposta indispettita
di Ryoga non si
fece attendere.
“Sta'
zitto! Me lo ricordo benissimo!” esclamò, ma
indicò il lato
opposto, per poi correre a perdifiato senza nemmeno degnarsi di
salutarlo.
Arriverà
al dojo fra due mesi, se gli va bene...
NDA
Arrivata.
Forse con qualche errore, ma sono arrivata *^*
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