Questo ritornello si ripeteva per almeno una decina di volte, sino a che tutti i partecipanti all’evento del Giorno della Civetta non si erano sistemati nella piazza principale del villaggio-capitale; come apertura definitiva dell’evento, sulle note della canzone che aumentava di intensità, i bambini di cinque anni appartenenti al villaggio-capitale eseguivano un piccolo balletto di benvenuto agli astanti.
Anche Pedro e Taishiro avevano preso parte a quella piccola danza; Taishiro si era divertita tantissimo, ma Pedro non era riuscito a svagarsi, perché pensava che quel ballo fosse, oltre che inutile, troppo fuori tempo.
Dopo la musica, la canzone e la danza, si faceva colazione con uno splendido banchetto, le cui pietanze venivano servite in ciotole di legno levigato; queste ciotole avevano la facoltà di volare direttamente nelle mani dei partecipanti e si riempivano dei cibi di cui essi avevano più voglia in quel momento. Dopo questo ricco pasto, si andava nel tempio del villaggio, costruito sul limitare del suo perimetro nord
[3], a ricordare i propri antenati, poi ci si spostava nuovamente nella piazza e ci si sedeva su cuscini color porpora, preparati apposta per l’occasione.
Iniziavano a ricordare sempre i più piccoli (almeno, quelli che sapevano parlare) fino all’ora di pranzo, che, a differenza della colazione, veniva servito ognuno a casa propria, da miriadi di piccole fatine brillanti e colorate. Dopo il pasto si tornava in piazza e ed erano gli adulti a parlare fino al tramonto, dopodiché ricordavano i ragazzi tra i tredici anni e i venticinque, fino all’ora di cena, che avveniva verso le dieci. Taishiro e Pedro parlavano delle loro memorie assieme poiché la maggior parte della loro vita l’avevano appunto trascorsa insieme (e non erano gli unici a farlo). Poi si cenava tutti assieme, nuovamente serviti da ciotole volanti che facevano comparire pietanze magnifiche e succulente al volere dei consumatori.
Infine, dopo la cena, erano gli anziani e gli stregoni a riportare alla luce le loro memorie. Fu proprio in questo momento, a Tabauni, che Ryuso prese da parte Pedro e Taishiro; il grande falò che illuminava i volti delle persone che ascoltavano quelle storie incredibili sino a notte fonda mandava balugini inquietanti, mentre i genitori di Taishiro confabulavano sul fatto che Ryuso avesse allontanato i ragazzi proprio in uno dei momenti più importanti del Giorno della Civetta.
Lo stregone li portò nella sua casa e li fece dormire lì, in una stanza piena di arazzi blu e verdi, in maniera tale che il giorno seguente fossero svegli e si sentissero riposati a dovere.
Quando il sonno lasciò il posto alla veglia, al mattino, Ryuso li fece mangiare in maniera parca e veloce (d’altronde, dopo tutto quello che avevano mangiato il giorno precedente, non avevano estremo bisogno di rimpinzarsi di cibo) e poi disse loro, dopo aver esordito dicendo di avere un rimedio per Gerard:
-Ora vi darò il mio bastone da passeggio... ecco, prendete-.
Ryuso diede loro un bastone intagliato finemente, con un incavo sulla cima.
I due ragazzi si guardarono, indecisi se ridere o meno davanti ad un’affermazione così semplice e vaga.
-Ma cosa dovremmo farci con questo bastone?! Non aiuterà di certo mio padre...- cominciò Pedro, dando voce ai pensieri di entrambi.
-Ha ragione- disse Taishiro, che era rimasta un po’ delusa.
-Invece ha torto- disse lo stregone, sbuffando sonoramente. Non capiva come quelle due teste vuote non vedessero un disegno in quello che stava facendo.
Ryuso, come tutti gli stregoni e le streghe di quella terra, non aveva più dimestichezza con la vita normale degli esseri umani, per cui non comprendeva più come fosse possibile che ciò che a lui sembrava ovvio, non lo fosse in realtà per chi non era avvezzo alla magia.
-Perché su questo bastone metterò l’anello magico con cui Taishiro si è presa la scossa il giorno in cui Gerard si è ammalato- aggiunse dopo un attimo di pausa.
Così dicendo, prese l’anello dal cristallo in cui era incastonato e lo mise senza altri preamboli nell’incavo del bastone, mentre il ragazzo guardava con occhi spalancati la propria amica; perché non gli aveva detto nulla di quello che aveva visto in quella casa? Vero era che quel giorno era sconvolto per ciò che era accaduto a suo padre, ancora chiuso in isolamento dentro casa sua (Pedro in quelle settimane aveva dormito a casa di Taishiro e solamente Matishia e lo stregone si erano recati a casa sua per monitorare Gerard), però avrebbe gradito essere ragguagliato su ciò che la ragazza aveva visto o su cosa si era detta con il mago. Ryuso si schiarì la gola e disse:
-Ora imparate a memoria questa frase:
“un anello per domarli, un anello per trovarli,
un anello per ghermirli e nel buio incatenarli
[4]”.
Questa frase vi servirà per andare da un mondo all’altro...-.
-Ma cosa diamine dovremmo fare?- sbottò Pedro, irritato; non gli stava piacendo per niente la piega che quella storia stava prendendo. Odiava i maghi, li odiava proprio, con tutto quel loro fare misterioso.
-Dovrete viaggiare da un mondo magico all’altro per trovare il frutto che servirà a guarire Gerard; ne ho parlato con Matishia e con gli altri stregoni e medici provenienti dai villaggi vicini a Tabauni; non ci sono cure tra quelle conosciute contro la Grande Malattia, e pare che dei focolai isolati si stiano accendendo anche negli altri cantoni. Alcune notizie esterne riportano di contagi anche nelle Terre di Kotobuni. L’unica speranza è questa cura di cui vi sto parlando: questo frutto è una leggenda, al momento, ma ci sono buone probabilità che si possa trovare in uno dei mondi di cui vi farò avere una lista-.
Pedro provò ancora una volta a fermare tutto quello che stava dicendo, che alle sue orecchie suonava sono come un discorso pieno di idiozie. Taishiro invece, con gli occhi illuminati di una luce nuova, pendeva dalle sue labbra, come se in quel momento non esistesse altro. Ryuso fermò Pedro con un gesto e proseguì.
-Alcuni studi ne riportano menzione come di un frutto miracoloso che compare e scompare a seconda delle necessità; poiché il nostro mondo è regolato da altre leggi magiche ed è un mondo dove, quando le cose avvengono, si riversano su altri mondi, ma non può accadere il contrario, è di grande importanza che voi riusciate nella missione-.
Pedro sbuffò ancora, ma non provò più a fermare lo stregone; forse complice il fatto che Taishiro gli aveva dato una gomitata ben assestata su un fianco.
-Ogni volta che pronuncerete la frase che vi ho insegnato- proseguì il loro interlocutore -Vi troverete in un mondo magico; ma per arrivarci dovrete partire dalla Terra del Mezzo, dove troverete la lista dei mondi magici-.
-Ma come arriveremo alla Terra del Mezzo
[5]? E’ lontanissima da qui, è oltre il mare!- dissero Pedro e Taishiro.
-Vi ci manderò io con la mia magia. Dovete stare attenti a non parlare con nessuno, una volta lì, perché la Terra del Mezzo, come ben sapete è il luogo di interscambio tra i vari mondi. Quindi potrebbe essere pieno di gente onesta, ma potrebbe anche risultare il contrario, perciò fate attenzione! La vigilanza è tutto, in certi casi-.
I ragazzi alzarono gli occhi al cielo. Sembrava che ormai tutto fosse deciso. Pedro si stava chiedendo perché una responsabilità così grossa dovesse ricadere proprio su di lui e sulla sua amica; anche se in realtà, l’idea di salvare il padre lo stava spingendo ad accettare quanto Ryuso stava lasciando sulle loro spalle.
Una volta concluse queste decisioni, i ragazzi cominciarono a raccattare le loro cose e di andarsene di lì; Ryuso li fermò un attimo prima che varcassero la soglia:
-Ricordatevi del nome di Malina. Vi servirà, se le cose non dovessero andare come sperato-.
I due amici sospirarono ancora e uscirono. Fuori era già pomeriggio inoltrato e le rimanenze della festa del Giorno della Civetta erano già sparite da un pezzo; non c’era nulla da fare: la casa di Ryuso era davvero una porta per un universo parallelo.
Ryuso avvertì il villaggio della partenza dei due ragazzi e delle motivazioni del loro viaggio, dunque dell’importanza della missione. Ci furono ovvie polemiche da parte dei genitori di Taishiro, che non capivano perché la loro figlia dovesse gettarsi a capofitto in un’avventura dalla quale poteva non esserci ritorno, pur se fosse stato per salvare il padre di Pedro, Gerard, pur se loro fossero stati amici di famiglia; ovviamente essi erano preoccupati, erano pur sempre genitori, sebbene non si rendessero conto che ormai la loro figlia, essendo più che maggiorenne, era libera di scegliere qualsiasi cosa ritenesse giusta per se stessa.
-Voglio aiutare Pedro, visto che è il mio migliore amico e Gerard è l’unica famiglia che gli è rimasta. Che male c’è?- rispose Taishiro, stizzita.
-E’ da quando ti abbiamo detto che presto avresti avuto delle avventure che non fai che buttarti in cose pericolose. Anche sapendo di avere una possibilità, come pensate di aiutare il padre di Pedro, se passati i dieci anni e arrivati all’età della maturità non avete ancora dimostrato nessun potere magico con cui difendervi? E’ fuori discussione!- disse Coira, la madre di Taishiro, rossa in viso.
Si trovavano sul patio della casa dello stregone e attorno a loro vi erano anche gli abitanti del villaggio, accorsi per apprendere la notizia. Baluard, il padre della ragazza, era indeciso se intervenire o meno: la moglie sembrava una divinità infera, da quanto era arrabbiata.
-Ma Pedro ha bisogno di me-.
-Lasciate stare questa ragazza!- urlò Ryuso, con un tono rabbioso che nessuno gli aveva mai visto usare.
Tutti rimasero così stupiti tanto che Taishiro smise di scalciare, Coira lasciò il braccio della figlia e le cicale smisero di cantare.
-Questa ragazza, ha scritto il destino- riprese Ryuso con più calma –Vivrà un viaggio fantastico assieme al suo amico Pedro e se glielo impedirete, Tabauni verrà messa a ferro e fuoco dalla Grande Magia, come dice la scrittura sacra di pietra, posta al centro del Mondo. Perché la vita di Tabauni, e degli altri villaggi della Terra di Tsagumi, dipende da questo. Inoltre, il rischio di contagio è enorme e, non essendoci cura alla Grande Malattia, questa è l’unica strada che abbiamo-.
Da quel momento non ci furono più problemi né discussioni di sorta.
Quando furono pronti per partire, un paio di settimane dopo, mentre Taishiro rassicurava nuovamente i genitori, che sembravano non volersi staccare da lei, Pedro chiese allo stregone:
-Dove hai preso quella frase che ci serve per andare da un posto all’altro? Perché io l’ho già sentita da qualche parte-.
Era ovviamente una bugia bella e buona, visto che Pedro non leggeva libri di magia, men che mai conosceva altri maghi all’infuori di Ryuso; tuttavia, gli avrebbe fatto piacere sapere da dove proveniva tutto ciò che probabilmente lo stava mandando a morte.
-L’ho ereditata da un mio vecchio conoscente cantastorie, tanto tempo fa. Il mio amico stregone Gandalf il Grigio era sempre con lui; gli rubai il ricordo dell’Anello sui c’erano incise quelle rune, ma non se ne accorse mai. Mi ci vollero tre anni per tradurre le rune e un altro anno per capirne il significato; altri due anni per riprodurlo e infondergli un nuovo potere magico. Alla fine guardai nella lastra di cristallo e vidi il vostro futuro-.
-Il nostro futuro... ?- disse Pedro, facendo finta di non capire, anche se aveva capito benissimo.
-Ma sì, il futuro tuo e di Taishiro-.
Aveva forse inteso ciò che Pedro non voleva nemmeno dire a se stesso?
-Allora- continuò Ryuso –Ho rimodellato la magia dell’Anello perché facesse quello che doveva fare. E così eccovi qua, pronti per partire per la più grande delle vostre avventure- concluse, con un sorriso sghembo.
Era questo il motivo per cui a Pedro non piacevano gli stregoni: mettevano in subbuglio la vita altrui in tutti i modi possibili e immaginabili.
Comunque il giorno della partenza, dopo che Pedro aveva lasciato alla cassetta della posta del padre delle lettere di commiato, nella speranza di rivederlo vivo al suo ritorno, i due amici si misero al centro della piazza, con in mano il bastone di Ryuso, che avevano deciso di chiamare “Ilv”
[6].
Assieme ai genitori di Taishiro, erano venute poche altre persone: era una mattina di inizio autunno e si addensavano le prime nubi di stagione all’orizzonte.
Lo stregone si avvicinò a loro e pronunciò ad alta voce una frase incomprensibile, nella lingua che solo chi possedeva poteri magici poteva comprendere e parlare. Dopo che l’ultimo suono fu pronunciato, un lampo di colore viola, seguito un lampo di colore bianco illuminarono la piazza e poi venne il buio. I ragazzi chiusero gli occhi e si tennero per mano, mentre un sonno incantato scese su di loro.