bedtime
Bedtime
stories
Crowley ormai faticava a rimanere
serio. Quell'ottima bottiglia di vino che torreggiava quasi vuota sul
tavolo del retrobottega della libreria di sicuro influiva sul suo
umore, ma a renderlo particolarmente ilare erano le idee che avevano
cominciato a frullargli per la testa. Continuava a ridacchiare di
tanto in tanto, soprattutto quando era certo che Aziraphale lo stesse
osservando.
«Ancora?!» esclamò alla fine
l'angelo indignato, con un tono così fermo che il demone capì
subito di essere rimasto l'unico ubriaco della libreria.
«Pardon». Si concesse un ultimo
gorgoglio divertito prima di fare uno sforzo e recuperare a sua volta
la lucidità.
«È un'idea sciocca, Crowley» disse
Aziraphale con l'aria di chi ha già ripetuto quella frase troppe
volte per i suoi gusti.
«Su questo non ho dubbi». Il demone
fu contento di vedere l'angelo regalargli un'occhiata compiaciuta per
il buonsenso dimostrato. «Però ammetterai che è simpatica». La
felicità sul viso dell'altro sparì per lasciare il posto
all'esasperazione.
«Sai essere terribilmente infantile.
Te l'ho mai detto?»
Crowley ghignò. «Una o due volte»
«Per secolo» sottolineò Aziraphale,
le labbra serrate in una linea sottile e giudicante.
«Fammi provare!» tentò il demone,
sporgendosi in avanti con enfasi supplichevole. «Sa già di Babbo
Natale e non mi pare che tu abbia fatto tante storie a riguardo».
Questo fu sufficiente per far rilassare l'angelo.
«Non hai bisogno del mio permesso:
nonostante tu stia dimostrando meno anni del giovane Warlock, non ho
intenzione di impedirti di fare alcunché». Si prese un attimo per
mettere inseme le idee e poi concluse: «Non mi sembra una proposta
malvagia. Solo stupida»
Crowley sorrise apertamente. «Ti
sorprenderò, angelo. Vedrai!»
Il biondo gli lanciò uno sguardo
supponente prima di dichiarare: «Voglio proprio sperare che sia
così: dopo tutto il tuo entusiasmo di questa sera non mi aspetto
altro, vecchio mio»
«Colgo forse dell'ironia?» disse
Crowley, colpito: era raro che Aziraphale cogliesse il suo sarcasmo,
ma quando era l'angelo a farne il demone si riteneva orgogliosamente
il responsabile di quelle novità, il suo mentore prediletto.
«Oh no, non mi permetterei mai». Il
tono candido non trovò corrispondenza nel guizzo malizioso negli
occhi del Principato.
«Sei veramente un infame»
Crowley era molto consapevole della
follia delle sue macchinazioni natalizie. Non aveva idea di quanto il
suo piano malefico potesse influire in positivo o in negativo sul bene
superiore della salvezza della Terra dall'Armageddon, ma il fatto che
Aziraphale non fosse poi così tanto turbato lo rassicurava oltre
ogni dire. In fondo, come aveva detto l'angelo, era un'idea stupida,
non cattiva, e onestamente non avrebbe saputo descriverla meglio. Sì,
perché il demone si era reso subito conto dell'idiozia dietro
all'idea di rendere Warlock il più pagano possibile, ma non aveva
potuto fare a meno di continuare ad architettare la sua grandiosa
storia di Natale.
In cuor suo, Crowley credeva fermamente
di aver fatto un ottimo lavoro nel convincere Aziraphale ad
appoggiarlo, o quantomeno a non creare interferenze inutili. Gli
aveva fatto notare che, proprio in virtù delle influenze esterne, di
lì a poco Warlock avrebbe dimenticato la versione alternativa del
Natale di Tata Ashtoreth e che, con la famiglia in cui viveva e il
Paese in cui si trovava, era difficile che un bambino di
appena cinque anni fosse davvero in grado di optare liberamente per il paganesimo o
l'ateismo.
«Stai dunque ammettendo da solo che è
inutile, caro?» aveva risposto sapientemente Aziraphale, provando a
prenderlo in contropiede, ma Crowley era riuscito a zittirlo con
maestria: «Assolutamente, dunque è innocuo. Una storia della
buonanotte tra le tante, angelo»
Il demone non l'aveva detto
casualmente: nella biblioteca di casa Dowling aveva trovato
innumerevoli libri per bambini con all'interno vicende della Bibbia
spacciate per fiabe e racconti di fantasia, compresi eventi che, in
tutta onestà, Crowley non avrebbe mai raccontato ad un bambino
piccolo. A dargli il definitivo spunto per agire e per giocare con la
notte della nascita di Cristo era stata l'ennesima rivisitazione del
Diluvio Universale: se un editore qualunque aveva avuto il coraggio e
soprattutto il permesso di far passare un atto di spietata crudeltà
per una delle più grandi manifestazioni dell'amore di Dio per Noè
e la sua famiglia, niente impediva a Crowley di viaggiare un po' con la
fantasia e di rendere Gesù un folletto dei boschi nato per intercessione di
una strega da una fata e da un troll di montagna e su cui gravava una
disperata maledizione di morte. Cristo non se la sarebbe
presa, ne era sicurissimo.
Aveva letto ormai così tante fiabe al
bambino che strutturare la sua storia perché nella sua articolazione
risultasse familiare a Warlock non gli aveva richiesto che pochi
minuti di tentativi, spesi più che altro a sembrare convincente e a
non cadere in contraddizione con i particolari più avvincenti. La
mattina del 1 Dicembre Crowley si sentiva pronto: avrebbe raccontato il
Natale a modo suo e sarebbe stato compito dei successivi educatori
far cambiare idea al bambino.
Era stata la sera, però, a far capire
alla tata di aver sottovalutato un particolare notevolmente
importante in tutta la faccenda: Crowley non aveva fatto i conti con
l'Anticristo e con quell'impiastro del giardiniere.
«Tata, Fratello Francis mi ha
raccontato una storia» disse il bambino mentre Crowley gli
rimboccava le coperte.
«E di che si tratta, tesoro?» chiese
lei, sinceramente curiosa. «Un altro racconto su quanto siano
splendide le lumache?»
Warlock scosse la testa, un po'
schifato. «No, no. Una storia su un bambino piccolo venuto dal
Cielo»
Crowley, seduta in poltrona, voltò
piano la testa per incontrare il faccino pacifico del ragazzo.
«Che tipo di bambino?» domandò
glacialmente neutrale.
«Uno speciale»
La tata si disse che avrebbe ammazzato
Aziraphale.
«E che fa questo bambino speciale,
piccolo mio?» indagò ancora.
«Una rivoluzione»
Warlock si era impegnato ad assumere
un'aria importante nel pronunciare quella parola, ma Crowley
onestamente dubitava che ne conoscesse il significato. Stava
ripetendo le parole dell'angelo, ne era certa. Un motivo in più,
considerò, per ucciderlo.
«Warlock, caro, lo sai che preferisco
non doverti tirar fuori le informazioni con tutte queste domande»
disse, severa ma con voce comunque armoniosa. «Vorresti essere più
specifico?»
Il bambino si affrettò a tinteggiare
meglio il racconto e a rivelare i più innocenti particolari della
vita di Cristo che Aziraphale gli aveva fornito. La storia sembrava
uscita da uno di quei libri che avevano ispirato lei, un tripudio di
buoni sentimenti e amore. Aveva persino nominato il coinvolgimento di
Crawly nella vicenda, cosa che la lasciò non poco sorpresa, ma che non
fu comunque sufficiente a distoglierla dal particolare fondamentale della
questione: non l'aveva lasciata in pace nemmeno in quella
circostanza! Che diamine, Aziraphale aveva promesso! Come
aveva potuto rovinarle così il divertimento? Come avrebbe potuto, lei,
rifilargli la sua versione, incredibilmente avventurosa, adesso che
questo fantomatico bambino speciale aveva rubato il cuoricino e
l'attenzione dell'Anticristo?
«È solo una storia, tesoro» tentò,
sperando di riuscire a recuperare almeno un po' di terreno. «Una
fiaba, una di quelle che ti piacciono tanto»
Warlock la guardò testardo. «Francis
ha detto che è una storia vera»
Crowley boccheggiò, in difficoltà,
mentre ipotizzava di torturare l'angelo prima di ucciderlo. «Francis
non sa quello che dice» disse alla fine, sorridendo tremula.
«È un bugiardo?»
Purtroppo no, pensò amaramente la
tata. Né poteva davvero permettere che Warlock ritenesse Aziraphale
un bugiardo qualunque: oltre al torto nei confronti dell'amico,
Crowley sapeva che porre l'Anticristo nella condizione di dubitare
costantemente delle parole del giardiniere avrebbe votato al
fallimento quel loro tentativo di salvare la Terra dalla distruzione.
Se voleva recuperare la sua occasione, avrebbe dovuto farlo in maniera
diversa.
«No, caro» assicurò, accarezzandogli
la testa con una mano. «È solo che a volte ha le sue credenze. Non
è detto che abbia sempre ragione»
Warlock parve considerare un momento la
questione prima di annuire soddisfatto. «E tu, invece? Hai sempre
ragione?»
La tentazione di cedere al richiamo
dell'ego le si palesò senza tanti complimenti, ma Crowley fu
sufficientemente sincera con sé stessa da ricacciarla indietro.
«No, piccolino. A volte ho ragione,
altre no, come tutti». Gli toccò la punta del naso con un dito,
facendolo ridere. «Il tuo compito è quello di trovare la verità
nel mezzo»
«Tra te e Fratello Francis?»
L'espressione intelligente e curiosa
negli occhi di Warlock le fece spuntare un sorriso involontario tra
le labbra. Ragionò in fretta: avrebbe potuto dirgli di sì e
risolvere così un enorme problema riguardante l'educazione di
Warlock. Se, infatti, fosse riuscita a far emergere solo loro due
come gli unici dispensatori di buonsenso in tutta la villa, né lei
né Aziraphale avrebbero dovuto preoccuparsi di qualsivoglia
indottrinamento esterno. Ma quello sarebbe stato giusto nei confronti
di Warlock, di quel ragazzino che aveva una coscienza e, almeno in
parte, quella libertà di pensiero propria dell'umanità e che
Crowley aveva sempre rispettato, nel bene e nel male? La risposta era
così ovvia che la tata si sentì stupida anche solo per aver
formulato la domanda.
«No» disse alla fine. «Tra tutto
quello che ti viene detto. Ascoltalo, comprendilo, fa' la tua scelta.
Sempre, Warlock. Chiaro?»
Il bambino lo avrebbe capito, primo o
poi, probabilmente non a cinque anni, ma Crowley non dubitava che il
messaggio un giorno sarebbe arrivato forte e chiaro. Lei e Aziraphale
dovevano solo fare in modo che sopravvivesse ai suoi undici anni,
tutto qui.
«E questo è vero, tata Ashtoreth? Hai
ragione su questo?»
Crowley rise. «Su questo sì, mio
diavoletto»
Lasciò che Warlock ridacchiasse a sua
volta, prima di ricevere l'illuminazione più propizia della serata.
«A questo proposito,» cominciò, di
nuovo fiduciosa, «saresti curioso di sapere cosa so io sul Natale?»
«Ci sono altre storie?» esclamò
Warlock tutto preso dall'idea, gli occhi a palla come quelli di una
rana.
«Oh sì. Quello che so io è molto
diverso da quello che sa Francis»
«Racconta, racconta!»
Crowley sorrise, si schiarì la gola e
cominciò alla vecchia maniera. «C'era una volta una strega cattiva,
tanto cattiva, che viveva al di là delle nuvole e che giudicava
tutti quelli che vivevano sotto di lei...»
Quella sera Crowley non fece in tempo
ad aprire bocca al pub che Aziraphale lo precedette, le mani alzate
in segno di resa e un calice di vino già posizionato al solito
posto del demone.
«Posso
spiegare: è stato Warlock a
chiedermi l'origine del Natale, non ho cominciato io. Non ho saputo
cosa dire se non la verità. Quasi, in realtà,
perché sappiamo bene che non è il periodo giusto
dell'anno e tutto quanto, ma, insomma, lo sai»
«Ho pianificato la tua morte» disse
Crowley atono, come se non avesse sentito le parole dell'angelo.
Aziraphale corrugò la fronte. «Ah.
Come avverrà, di grazia?»
Il demone prese un respiro dal naso.
«L'ho dimenticato». Era vero: "I want to break free" di
Beethoven lo aveva completamente distratto dal proposito di
strigliare per bene l'amico sul poco rispetto dimostrato con la sua
azione sconsiderata.
«Capisco» fece Aziraphale,
comprensivo, elargendo un gran sorriso. «Allora prego, unisciti a
me». Gli fece cenno di sedersi. Crowley ebbe solo il tempo di un
sorso di vino prima che l'angelo tornasse alla carica con le scuse.
«È curioso, lo sappiamo» disse.
«Sarebbe arrivato questo momento, prima o poi. Non bastano più le
canzoncine di Natale per farlo stare zitto»
«Mm» emise Crowley, annuendo
stancamente.
«Mi dispiace, credimi. Non volevo che
andasse così»
Il demone scosse il capo. «Lascia
stare» disse. «Hai raccontato una versione a misura di bambino. I
miei complimenti»
Aziraphale parve irritato. «Adesso non
c'è bisogno di insultare»
«No, dico davvero» continuò il
demone, sincero. «Ho riflettuto: non hai tante storie dalla tua.
Insomma, quanti santi puoi usare senza essere inquietante? Gente
morta ammazzata per la maggior parte... Non proprio il massimo per un
ragazzino, no? Questa qui è una delle poche a cui puoi fare quasi
pieno affidamento. Hai fatto bene». Aziraphale lo fissò con ancora
più circospezione di prima. «Che c'è? Sto dicendo una cosa seria!»
Fu allora che l'angelo sorrise. «Mi
aspettavo una reazione diversa. Non sembri arrabbiato»
«Lo ero. Ma ho capito che avresti
potuto fare di peggio». Di fronte allo sguardo confuso dell'altro,
Crowley si costrinse a continuare. «Hai eliminato sia i particolari
più pietosi che quelli più fantastici. Gli hai detto che Cristo
faceva le magie, non i miracoli... Pure Harry Potter fa le magie».
Aziraphale continuava a non cogliere il punto. «Se gli avessi
parlato dei miracoli, l'avrei definitivamente perso, capisci?»
L'angelo scosse il capo. «Non credo
che conosca la differenza»
Crowley sospirò, spazientito. «Non
gli hai detto nemmeno che era il Figlio di Dio»
L'altro, stavolta, annuì. «Sarebbe
stato eccessivo: è pur sempre l'Anticristo» ammise. «E comunque
non è il punto centrale della questione»
Il demone si concesse un sorriso. «Il
punto è la rivoluzione, no?». Quando Aziraphale lo guardò
interrogativo, capì di doversi spiegare meglio. «Così ha detto
Warlock»
L'angelo fece un cenno affermativo con
la testa, cauto. «È quello che è stato: non vorrai mica negare che abbia rivoluzionato il mondo, o almeno questa parte di mondo?»
Crowley poté avvertire lo scandalo
nella voce dell'amico e si affrettò a concordare. «Dico solo che è
un termine... importante» disse, scegliendo con cura le parole: non
voleva litigare, non voleva giocare con la mente di Aziraphale:
voleva solo capire. «Lassù non piace, da quello che ricordo»
Per un attimo a Crowley parve che le
iridi blu dell'angelo fossero sul punto di lanciare dardi infuocati.
«Io non sono stupido, Crowley. Vorrei
che ogni tanto lo riconoscessi»
Il demone si ritrasse come se quelle
parole l'avessero spintonato contro lo schienale della sedia.
Aziraphale doveva essere davvero offeso per aver ritenuto necessario
ribadire un'ovvietà come quella. Crowley se ne rammaricò molto e
cercò di esibire un sorriso conciliatore.
«No, non lo sei» disse. «Scusa»
«Grazie» ribatté lapidario
Aziraphale, ma visibilmente più addolcito nei modi: fu infatti il
primo a sollevare il bicchiere per suggerire un brindisi
pacificatore.
«A Cristo» esclamò Crowley.
«Sul serio?» fece Aziraphale, più posato, ma con gli angoli della bocca che sfuggivano evidentemente al
suo controllo.
«Ne sarebbe onorato» garantì il
demone.
L'angelo rilasciò un sospiro. «E sia.
A Cristo»
Quando i loro bicchieri si incontrarono
a mezz'aria, Crowley e Aziraphale risero di gusto.
Da quel giorno
Warlock era tornato alla
carica con le storie di Natale di Fratello Francis e Tata Ashtoreth
solo un paio di volte, in cui aveva chiesto qualche particolare in
più ad entrambi. Poi, improvvisamente, aveva dimenticato le due
versioni dell'origine di quella festività ed era stato rapito da
un mondo completamente diverso: la fabbrica dei giocattoli di
Babbo Natale in cui lavoravano gli elfi operosi. Quello era diventato
il suo gioco preferito:
spronato dalla tata, Warlock aveva piagnucolato tanto con la madre
per farsi comprare un costume da elfo, tutto verde e con i bottoni a
forma di biscotto, e quando l'aveva ottenuto era stato difficile
toglierglielo di dosso per metterlo a lavare. Passava le sue giornate
saltellando per tutta la
villa, inciampando nelle decorazioni e negli alberi addobbati,
cantando a squarciagola canzoni di dubbia bellezza ed esprimendosi in
un linguaggio che più che agli elfi di Babbo Natale poteva
appartenere ai Puffi.
Poi era venuto il turno dei film
tematici. Tata Ashtoreth era stata costretta a vedere cinque volte in
tre giorni “Home alone” e si era ripromessa che, se
Warlock avesse proposto un sesto rewatch dello stesso lungometraggio,
avrebbe deliberatamente riscritto la pellicola per risolvere la
vicenda in cinque minuti al massimo. Non si era rivelato necessario,
però, perché Warlock aveva improvvisamente deciso di essere un fan
convinto di “Elf”, film che aveva suscitato diverse
domande in Crowley. Una di queste aveva persino meritato l'attenzione
di Aziraphale.
«Mangeresti mai un piatto di pasta con
caramelle e sciroppo d'acero?» gli aveva chiesto una sera durante
una cena in un ristorante italiano. L'angelo l'aveva guardato così
male che Crowley aveva dovuto spiegare nel dettaglio le genesi di
quel pensiero per rassicurarlo sul fatto che nessun locale nei
paraggi servisse un tale scempio ai propri clienti.
Ma il grande piacere di Warlock
rimanevano i cartoni animati Disney.
«Non ho mai odiato il Natale come in
questi giorni» era stata la confessione disperata di Crowley dopo un
concerto al Royal Albert Hall.
«Tu non odi il Natale. E comunque hai
detto la stessa cosa l'anno scorso, caro»
«Ci credo: l'anno scorso ho visto
dieci volte “The lion king”. Quest'anno Warlock è fissato
con “Frozen”»
«Ringrazia che sia ancora troppo
piccolo per “The sound of music”, almeno»
Crowley aveva annuito gravemente prima
di salire in macchina: quella sarebbe stata semplicemente una
tragedia.
«Promettimi una cosa: se comincio a
cantare “Lei it go”, tu mi farai rinsavire»
«Non l'ho mai ascoltata: come potrei
aiutarti?»
Il demone aveva sorriso. «Fidati,
angelo: te ne accorgeresti»
Warlock volle rivedere “Frozen”
anche la mattina della vigilia di Natale. Ormai Crowley era talmente assuefatta al
film che non solo riusciva ad anticipare brillantemente le battute di
tutti i personaggi, ma cominciava anche a chiedersi se non fosse il
caso di vantarsene all'Inferno.
«Sei contento?» chiese al bambino una
volta terminata la visione. Warlock non poteva essere più felice di
così, davvero: batté le mani e si dondolò sul divano con tutto
l'entusiasmo che tata Ashtoreth gli aveva visto addosso quando voleva
pregarla di rivedere ancora una volta il film appena terminato.
Piuttosto si sarebbe discorporata, ma per sua fortuna non servirono
metodi così drastici.
«Tata, voglio farti vedere una cosa»
annunciò il bambino, infatti, tirandola per una mano e imboccando le
scale per la sua camera. Una volta giunto a destinazione, Warlock si
tuffò sul letto per recuperare qualcosa dal cassetto del comodino.
Un foglio, notò subito la tata.
«Ho fatto un disegno!» esclamò
orgoglioso, tendendolo verso Crowley accomodata alla sua solita
poltrona. Prima che la tata potesse prendere l'opera d'arte, il
bambino le si arrampicò sulle gambe con troppa foga e il cappellino
da elfo gli scivolò sugli occhi. Quando Crowley glielo sistemò
meglio in testa, Warlock la ringraziò educatamente. Troppo
educatamente.
«Come mai sei così gentile, piccino?»
«Se no Babbo Natale non mi porta i
regali, me l'ha detto Fratello Francis»
Crowley non si preoccupò di trattenere
il ghigno. «Io credo che ti abbia detto un'altra cosa, invece».
Warlock arrossì. «Ti ha detto di fare azioni
disinteressate e di ringraziare perché farlo è cosa buona e giusta.
Sbaglio?»
Warlock si ficcò un dito in bocca con
l'aria sempre più colpevole.
«Va benissimo anche così, demonietto
mio» lo rassicurò la tata, maliziosa, cosa che fece ridere il
ragazzino, di nuovo tranquillo. «Forza, fammi vedere il disegno»
Quando Warlock le passò il foglio con
grandissimo orgoglio, Crowley dovette fare uno sforzo di
concentrazione per capire quello che aveva davanti.
«Ma questa è...» cominciò, incapace
di finire la frase. No, non poteva crederci.
«La navi-... la natita-...» provò
Warlock, la parola complicata che non ne voleva sapere di uscire
dalle sue labbra. «La natività»
Crowley gli strinse appena il braccio
per congratularsi dello sforzo fatto e tornò a guardare la scena.
«Non è propriamente come te l'ha raccontata Francis, giusto? E nemmeno come te l'ho raccontata io»
Warlock scosse la testa. «Ti faccio vedere. Questo sono
io» disse, indicando il neonato stilizzato al centro della capanna,
già circondato da una zazzera di capelli folti e completo di costume
da elfo. «Questa è la mia mamma e questo è il mio papà» continuò
picchiettando il foglio in corrispondenza dei genitori: la madre in
tailleur e il padre con un completo gessato. Era la figura
più stilizzata di tutto il disegno, ma Crowley non fece domande né
commentò in alcun modo: la famiglia di Warlock non era unita, lo
sapeva già, ed era normale che anche il bambino ne risentisse nelle
sue rappresentazioni.
«Questi due, invece?» chiese,
indicando due figure umane in disparte nella capanna che osservavano
la scena. C'era qualcosa in quelle due persone che aveva un'aria di
famiglia, ma la donna non ne era particolarmente sicura.
«Ma come?» disse Warlock sconvolto.
«Siete tu e Fratello Francis»
La tata rimase sconcertata per un lungo
momento prima di poter analizzare davvero quelle due entità. Adesso
che lo sapeva, riconosceva il suo cappello, le labbra dipinte di
viola e il fiocco rosso. Riconosceva Aziraphale con le sue linee
morbide, l'abito stravagante da giardiniere e la sua palette chiara.
Erano loro, non c'erano dubbi.
«Come mai?»
Warlock si strinse nelle spalle con
ovvietà. «Siete amici miei»
La tata staccò gli occhi dalla
rappresentazione di sé e di Aziraphale e si focalizzò sul bambino.
Warlock non si era accorto di aver detto una cosa importante, ne era
certa: il ragazzino continuava a guardare il disegno con lo stesso
orgoglio con cui glielo aveva porto, sembrava del tutto immutato.
Aveva esternato una cosa per lui estremamente semplice e vera, non
meritevole di troppi accorgimenti. Warlock li considerava degli
amici, dei compagni di giochi forse un po' strambi, ma voleva loro
bene.
Crowley si
sentì invadere da un'ondata di tenerezza che le impedì di
notare come quel disegno fosse di nuovo il perfetto connubio di quello
che lei e l'angelo avevano raccontato al bambino. Una cosa
sembrò improvvisamente più importante di tutto quello:
quel ragazzo di cinque anni che aveva deciso di rendere tata Ashtoreth
e Fratello Francis parte della sua personalissima famiglia.
«Vieni qui» disse Crowley,
circondandolo per bene con le braccia e lasciando che quelle di
Warlock le si arrotolassero esili intorno al collo.
Quando il bambino si staccò da lei la
guardò con estrema serietà. «Rivediamo “Frozen”, tata
Ashtoreth?»
Crowley sorrise. «Tutto quello che
vuoi, piccolino»
Quella sera il demone si godette
l'espressione di divertito stupore sul volto dell'angelo che ammirava
il genio artistico dell'Anticristo. Gli raccontò tutto, anche la
motivazione che aveva spinto Warlock ad inserire loro due nel
disegno. Crowley pensò che la tenerezza che gli lesse negli occhi
subito dopo la rivelazione fosse sufficientemente rappresentativa di
tutta quella che aveva provato quando il bambino aveva scelto di
essere estremamente sincero con la tata.
«È storicamente inaccurato, ma
Warlock è davvero un caro ragazzo» disse Aziraphale. Il demone sbuffò con malagrazia, ma
non fece niente per negare quell'affermazione.
L'angelo fece per
restituirgli il disegno, ma Crowley lo fermò con una mano. «Tienilo
tu» disse con semplicità. «Puoi metterlo qui, da qualche parte.
Puoi appenderlo»
Aziraphale gli rivolse un'occhiata
particolare. «Come un ricordo della sua infanzia, dici?»
Il demone si strinse nelle spalle.
«Chiamalo come preferisci». Il sorriso che ricevette in risposta lo
costrinse a distogliere lo sguardo: a volte con Aziraphale non
bastava nemmeno la protezione delle sue lenti scure.
«Mi sembra un'ottima idea, caro»
Quando finirono di sorseggiare i loro
drink era ormai tardi.
«Sarà meglio che vada» annunciò
Crowley, stiracchiandosi sulla sedia.
Aziraphale annuì e si alzò a sua
volta per accompagnare il demone all'uscita.
«Certo che potrebbero darcele le ferie
ogni tanto» commentò il rosso con casualità mentre si infilava il
cappotto. «No?»
L'angelo scosse il capo, divertito. «Lo
dici come se avessimo molto altro da fare»
«Mmm» disse Crowley, abbassando la
maniglia e rimanendo con un piede dentro e uno fuori dalla libreria.
«Anche solo per il rispetto delle formalità. A te piacciono tanto le formalità»
Aziraphale alzò gli occhi al cielo in
un moto esasperato, ma l'espressione che seguì a Crowley non parve
coerente. Insomma, stava solo scherzando, non c'era bisogno di
spaventarsi così.
Ma bastò un secondo perché il demone capisse.
«Vischio»
Di scatto, Crowley guardò in alto a sua volta:
quello stralcio di piantina verde era davvero lì, sulle loro teste.
Il demone sentì freddo alla base del collo e fu piuttosto sicuro che
non fosse per colpa del vento dicembrino.
«Molto umano da parte tua» disse,
sperando di suonare sarcastico.
«Temo tu abbia ragione, mio caro»
sospirò Aziraphale. «Ho pensato potesse essere carino per i
clienti. Agli umani piace»
«Giusto»
Rimasero sulla soglia della porta a
guardarsi, immobili, senza che nessuno dei due accennasse ad
arretrare o a uscire. Fu la pendola del negozio a battere la
mezzanotte e a ricordare al demone dello scorrere del tempo.
«Dovrei proprio andare» ribadì
Crowley, grato che il vecchio orologio di Aziraphale avesse deciso di
interrompere l'imbarazzato silenzio al posto suo.
«Ma certo». L'angelo parve
estremamente comprensivo, ma quando Crowley accennò davvero a uscire
definitivamente dalla libreria lo richiamò con un banale: «Aspetta»
Il demone non si mosse nemmeno quando
Aziraphale gli tese la destra. Crowley fissò l'arto come se si fosse
trattato di un'appendice strana che non aveva mai visto in vita sua.
«Buon Natale» spiegò Aziraphale.
Crowley accennò un sorriso prima di
accogliere l'invito di stringergli la mano. «Anche a te, angelo»
Aziraphale sorrise. «Allora, a domani»
Il demone
annuì. Lasciò cadere lo
sguardo sulle loro mani ancora intrecciate e si rese conto che
avrebbe voluto prolungare quell'unione e magari anche onorare la
tradizione umana. Percepiva la mano di Aziraphale morbida contro la
sua pelle, calda, confortevole. Si azzardò ad accarezzarne
lievemente il dorso con il pollice, chiedendosi in un lampo
perché l'avesse fatto. Era bello avere l'angelo vicino, accanto
a sé. Era rassicurante.
Pensò
irrazionalmente che avrebbe potuto trascorrere il resto
dell'eternità in quella posizione, con la mano di Aziraphale
nella sua, ed essere felice. Si domandò distrattamente se fosse
lo stesso per l'angelo, ma non osò chiedere ad alta voce, non
osò rischiare di scontrarsi con la realtà: avrebbe
conservato quel momento nella memoria nella sua immutabile perfezione.
«A domani» confermò, la voce bassa
per contenere l'emozione. Lanciò un ultimo sguardo di
sottecchi al vischio e poi ad Aziraphale prima di scivolare via
lentamente dalla presa. L'angelo sorrise, ma con meno calore di
prima.
Crowley infilò le mani in tasca,
desideroso di conservare l'avvolgente calore della stretta di mano il
più a lungo possibile. Si sentiva così leggero e felice che prese a
fischiettare un motivetto qualunque, soprappensiero, dirigendosi
verso la Bentley, ma si interruppe quando per la seconda volta in una
sera Aziraphale gli intimò di aspettare.
«Quella, per caso, era “Let it
go”? Perché onestamente non mi sembrava nessuna variazione
delle canzoni che mi fai ascoltare di solito in macchina»
Crowley rifletté un momento, sicuro
che la sua faccia fosse ormai una maschera di orrore. «Oh no» disse
con tono lamentoso. «Per l'amor di Qualcuno, no!»
Aziraphale ebbe la decenza di gonfiare
le guance pur di non ridere. «Non essere così melodrammatico» lo
rimbrottò bonariamente, divertito. «Domani l'avrai già
dimenticata»
«È un miracolo?»
«No, troppo frivolo» si giustificò
l'angelo con uno sguardo che Crowley avrebbe visto bene all'Inferno.
«Non vorrei essere rimproverato per questo, mi dispiace, caro»
Il demone rimase a bocca aperta per un
lungo momento prima di scoppiare a ridere, sconfitto. «Che bastardo»
lo insultò prima di riprendere a camminare verso l'automobile,
nascondendo il sorriso dietro al bavero alzato del cappotto.
Non si stupì per niente quando si
accorse di non aver smesso di ridacchiare nemmeno una volta raggiunto
il suo appartamento a Mayfair.
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