NDA:
Pubblicare
oggi non era in programma, ma dal momento che questo capitolo
è
stato pensato tremendamente corto alla fine mi sono decisa ad
aggiustarlo e a tirarlo fuori. Il terzo sarà sicuramente
l'ultimo,
ma come sempre non è certo quando lo finirò.
Amata
immortale
Dannati
stupidi!
Ryuu si
intrufolò nelle sue stanze, togliendosi la pesante armatura
di dosso
e gettando a terra il kimono. Si tastò la sottoveste
fradicia di
sudore, e comprendendo che non c'erano molte alternative decise di
farsi un bagno. Se la sfilò di dosso per potersi infilare in
uno
yukata nero dalle decorazioni geometriche di un azzurro intenso,
mentre con altri movimenti nervosi si scioglieva i lunghi capelli
bianchi dal nastro bianco e rosso che riportava i colori del clan di
suo padre.
Aveva
dovuto lasciare Hikari proprio sul più bello, e
perché?
Perché
Inuyasha era venuto a cercarlo, lo aveva gettato fuori dal giaciglio
della ragazza e obbligato a rivestirsi in tutta fretta sotto lo
sguardo attonito della sua amante. Aveva perfino commentato
sarcasticamente dicendo che l'odore dei suoi umori e del suo sudore
gli aveva facilitato la ricerca. Lo aveva perfino ringraziato per
questo.
Che
idiota!
Gli aveva
fatto fare la figura del bamboccio, del cucciolo che doveva essere
ripescato laddove si era rintanato per sfuggire ad un padre
intransigente, e proprio di fronte alla ragazza con cui aveva deciso
di condividere la sua vita, anche se umana.
Dopo la
relazione con Aoi, un ragazzo del villaggio di Musashi poi dovutosi
sposare, Hikari era l'unica che riuscisse a dargli un po' di
consolazione, che lo faceva sentire importante e non il peso di
ciò
che era. Al contrario di suo padre.
Era bella
Hikari, esattamente come la luce del sole, anche se non quanto Aoi.
Ryuu
aveva chiesto la sua mano all'insaputa di Sesshomaru, ma anche se il
padre di lei aveva categoricamente rifiutato avevano continuato a
vedersi e a fare l'amore nei giorni in cui la sua fertilità
era
ridotta al minimo.
Purtroppo
anche
suo padre Sesshomaru non avrebbe mai
accettato una sua
relazione con un umano. Lo si poteva capire perfettamente dal modo in
cui lo chiamava quando era più arrabbiato e incupito del
solito.
Mezzodemone
di qua, mezzodemone di là: tutta la sua
mente sembrava
ruotare solo e soltanto a mantenere pura la sua linea di sangue, il
più lontana possibile dalla dimensione umana.
Eppure,
non si era fatto scrupoli nell'accoppiarsi con una umana donandole la
sua fedeltà per sempre. Suo zio Inuyasha diceva che Rin per
Sesshomaru rappresentava una sorta di eccezione, anche se aggiungeva
che il demone non era più così avverso agli umani
come in
precedenza.
Restava
comunque il fatto che con lui non era di certo morbido come lo era
con sua sorella.
Con Aki
si comportava in un modo completamente diverso, in un modo che anche
lui aveva conosciuto. Sesshomaru non era mai stato un dispensatore di
dolci attenzioni come lo era stata sua madre, anzi. Ma da quando lei
era morta, le cose avevano preso una piega decisamente obliqua.
Per
quanto Ryuu avesse un carattere da non sottovalutare, non riusciva
mai ad avere la meglio su di lui, tanto meno riusciva a far valere le
proprie scelte.
Ryuu
aveva deciso di vivere con gli umani, di stare con loro, non di
vivere per combattere come faceva lui: sempre con la sua Bakusaiga in
mano, sempre con quella sua dannata voglia di morire
che si
portava dietro e che appestava costantemente l'aria di casa.
Ryuu
voleva reagire, voleva abbeverarsi della vita il più
possibile.
Ad Aki
aveva raccontato di voler essere superiore al padre, ed
effettivamente era così: aveva viaggiato a lungo per poter
acquisire
poteri superiori a quelli dell'imbattibile Gran Generale Cane.
Ma con il
passare del tempo e passandolo con sempre più umani aveva
compreso
che del potere, non sapeva che farsene.
"Stupido,
stupido e ancora stupido!"
Aki
piombò nella sua stanza senza permesso, e senza curarsi del
fatto
che arrabbiato com'era poteva perfettamente sgusciare via da casa.
"Vattene,
Aki. Non ho chiesto il tuo aiuto, tanto meno i tuoi improperi."
"Eri
da un umano, non è vero?" chiese lei con
una punta di
timore, e il giovane sentì il respiro bloccarsi in una
brusca
frenata e l'olfatto sensibile chiudersi in se stesso permettendogli
di percepire solo alcuni degli odori che lo circondavano. I suoi
capelli da bianchi cominciarono a tingersi del colore bruno della
notte, mentre le sue orecchie a punta diventarono rotonde
così come
le sue zanne ed i suoi artigli.
Già,
me l'ero dimenticato.
Era il
giorno in cui perdeva i suoi poteri demoniaci, in quanto mezzodemone.
Tutto ciò
che fece Ryuu in risposta fu fischiare per il tempismo perfetto,
dando finalmente un senso alla ricerca rabbiosa dello zio.
Sicuramente doveva starci più attento.
"L'ho
capito, sai? Non volevo, ma alla fine l'ho capito,
anche
dall'odore che ti porti addosso."
Aki
arrossì, contrariamente di quel che si aspettava Ryuu. Era
da
escludere che lei comprendesse certe dinamiche che accadono fra due
amanti. Non poteva di certo concepirle non avendone avuta mai
l'esperienza. Ma non era scema e probabilmente anche lei aveva
sperimentato un barlume di desiderio, per quanto acerbo fosse, nei
confronti di qualcuno.
"Brava,
principessa. Un intuito eccellente!" la
schernì Ryuu,
voltandosi.
"Adesso
non offendermi come al solito."
"Sei
quella intelligente, dopotutto."
Lasciò
cadere lì la frase, semplicemente perché era un
dato di fatto,
senza un significato da scoprire e senza il fine di proseguire oltre
quella che ormai stava diventando una vera e propria tiritera che si
tiravano avanti da decenni.
Il fatto
che Aki fosse di gran lunga acuta rispetto a lui, era una
constatazione diventata proverbiale e non priva di fondamento
all'interno della loro famiglia. Ryuu avrebbe voluto aggiungere che
forse era per quello che il padre preferiva lei, era per quello che
le parlava più volentieri e che non era arrabbiato quando
lei gli
passava accanto.
In quella
costante sensazione di solitudine, Ryuu era conseguentemente alla
ricerca di un conforto esterno gli desse almeno un briciolo di quello
sconfinato amore che Sesshomaru aveva nei confronti della figlia
minore. Ne era consapevole, oltre che succube.
"Sì,
sono stato con un essere umano" sbottò infine, sentendo
rinnovarsi quell'altezzosa considerazione di sé. "E se
nostro
padre non vuole che io frequenti un umano non saprei proprio come
accontentarlo, perché non ho la benché minima
intenzione di
smettere."
"Non
vuole che tu soffra come lui, una volta che il tuo compagno umano
sarà morto."
Ryuu
sentì il cuore incrinarsi, e grazie a quel misero lasso di
tempo si
rese conto che suo padre doveva sentirsi in quel modo da tanto tempo,
e che convivesse con quel cuore a metà che gli impediva di
respirare
ogni giorno della sua longevità.
Annaspò
inaspettatamente in cerca d'aria, non riuscendo a trovare l'ancora di
salvezza a portata di mano. Ma poi si rese conto che sì,
c'era, ed
era la cosa più preziosa che il loro padre avesse con
sé.
Tenseiga
era oramai un cimelio di famiglia, dal momento che Sesshomaru non la
utilizzava da anni. Lo aveva fatto con qualcuno a cui teneva
particolarmente e in alcune occasioni con esseri umani o demoni che
avevano incrinato la sua corazza di ghiaccio. Ma dopo di loro non
c'era stato più nessuno che avesse avuto l'occasione di
poterne
usufruire.
"C'è
Tenseiga, Aki, o l'hai scordato?"
Quel
pensiero entrò nella sua testa come un raggio di luce
accecante, che
sembrava cancellare la paura e la morte con un solo colpo. Non
avendola mai vista all'opera non significava essere scettico al
riguardo.
Era bello
credere ad una cosa del genere, era ancora più meraviglioso
compierla.
"Tenseiga
può resuscitare una volta sola” gli
ricordò la sorella.
"Aoi
e Hikari non sono mai morti prima" la liquidò lui, con la
paura
di ripiombare in quell'angoscia che finalmente si faceva remota.
Si voltò,
spinto da una prepotente rivalsa verso quel potente nemico che aveva
portato via sua madre, ma tutto ciò che vide fu Aki scuotere
il capo
e gettare lo sguardo pieno di lacrime a terra.
"Ma
succederà ancora, e a quel punto..."
"Smettila
di piangere, o nostro padre me la farà pagare"
sospirò
interrompendola, quasi vergognandosi di essersi dimostrato
così
premuroso, e in verità più in pena per la sorella
che per una
eventuale punizione.
Probabilmente
uno dei pochi punti in cui lui e suo padre erano tacitamente
d'accordo era che Aki non dovesse lasciarsi andare alle lacrime, e
per quanto non avesse mai e poi mai trovato l'approvazione di suo
padre, Ryuu non aveva la minima intenzione di rompere quel pensiero
condiviso con lui.
“Non
devi preoccuparti” bofonchiò ancora, avviandosi a
fare il bagno.
“So quel che faccio. Forse nostro padre no, a suo
tempo.”
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