La
Mietitura (D5 – D8)
Buongiorno
a tutti!
Prima
di lasciarvi alla nuova Mietitura,
chiederei a coloro che ancora non hanno inviato le schede di farlo
entro
domani; mi riferisco in particolare ai creatori dei seguenti Tributi:
-
la ragazza del 9;
-
il ragazzo del 10;
-
il ragazzo del 12.
Nel
caso in cui queste schede non
mi giungano rimetterò a disposizione i Tributi per coloro
che ne volessero
creare un altro (o per eventuali nuovi arrivati che volessero provare a
partecipare).
Distretto
5
Beatrix
Moore|
18 anni| Eterosessuale
La
ragazza dell’Uno alzò la spada insanguinata,
gettando la
testa all’indietro e liberando un grido che era un mix di
esultazione e
sollievo. Anche lei era coperta di sangue, quello fuoriuscito dalla
ferita alla
gola che aveva inferto al ragazzo del Nove, e appariva terribile come
una
qualche divinità della morte.
-
Sei ancora lì davanti? Manca pochissimo all’inizio
della
Mietitura, finirai con l’arrivare in ritardo. –
Beatrix
finì quasi con il sobbalzare quando la voce di suo
fratello la raggiunse. Spense il video registratore, alzandosi dal
pavimento
sul quale si era raggomitolata, e si rassettò
l’abito.
-
Avevo un dubbio e dovevo chiarirlo. –
Adam
scosse il capo, incredulo, mentre la gemella gli si
affiancava e si avviava verso l’uscita di casa insieme a lui.
-
Credo che tu sia la prima ragazza che guarda ogni singola
edizione degli ultimi vent’anni prima della Mietitura.
–
-
Devo essere preparata e avere un’idea precisa di ogni
singola strategia che si è rivelata vincente
all’interno dell’Arena potrà
tornarmi utile -, replicò ravviandosi le onde rosse, -
Almeno saprò cosa fare e
cosa non fare. –
I
figli dei vincitori del Cinque erano pochi, perciò le
probabilità
non erano decisamente in loro favore; Beatrix non era tanto sciocca da
pensare
che il fato l’avrebbe graziata, così aveva passato
ogni singolo giorno
dall’annuncio del Presidente Snow a perfezionare il suo
allenamento con arco e
frecce e a studiare una possibile strategia. Aveva notato che la
maggior parte
dei suoi ex compagni di Distretto aveva optato per il nascondersi e lo
sfruttare la propria agilità e le competenze teoriche
accumulate.
Forse
era per questo che, quando si era arrivati a uno scontro,
avevano quasi sempre finito con il soccombere.
Lei
aveva deciso d’imparare ad usare in modo abbastanza buono
almeno un’arma e l’arco si era rivelato la scelta
migliore. Non era pesante
come una spada o un’altra grossa arma da taglio, inoltre era
più facile
aggiustare la mira con lui che con qualsiasi altra arma da lancio. A
ciò aveva
affiancato un’attenta analisi delle principali erbe e piante
commestibili e di
quelle che erano velenose.
Aveva
una pessima sensazione per quell’edizione, perciò
tanto
valeva essere preparata al meglio delle sue possibilità;
l’unica cosa che
sperava era che non venisse estratto Adam. Lui sì che,
immerso nei libri
com’era, avrebbe avuto serie difficoltà ad
adattarsi a un ambiente come
l’Arena.
Uscirono
di casa, camminando l’una al fianco dell’altro, e
si
separarono solo quando arrivarono in prossimità del
banchetto di registrazione.
-
Andrà tutto bene – le disse Adam.
Lui
sì che era sempre positivo, quasi stolto nella sua
continua ricerca della visione migliore della vita. Però non
se la sentiva
d’infrangere le sue aspettative in quel modo.
-
Sì. –
Lo
abbracciò, poi ognuno si unì al proprio gruppo.
Harry Michaelson| 15 anni| Eterosessuale
Harry
si sistemò accanto a Joe, mentre il filmato proiettava
le immagini della distruzione che era seguita dopo la rivolta dei
Distretti, un
secolo prima. Guardare certe immagini gli faceva sempre effetto,
specialmente
ora che si trovava a essere un possibile tributo.
-
Sei preoccupato? –
Annuì
appena all’indirizzo di Joe.
Non
erano molti gli ex vincitori del loro Distretto e ancor
meno quelli che avevano figli. Perciò le
probabilità di essere estratto
aumentavano esponenzialmente. E se non fosse stato lui allora avrebbe
potuto
essere suo fratello.
Oppure
Joe.
Insomma,
comunque si mettessero le cose c’era una
possibilità
molto alta che la situazione andasse a suo discapito.
Vide
la Capitolina estrarre il biglietto con il nome del
Tributo femminile. C’era almeno qualcosa di positivo in
quell’edizione: non
avrebbe dovuto fremere, pregando che la sua ragazza non venisse
estratta.
Jannet non era figlia di un ex vincitore, perciò almeno
quell’anno sarebbe
stata al sicuro.
-
Il Tributo femminile è Beatrix Moore! –
Si
fece avanti una ragazza di diciotto anni, dai lunghi
capelli rossi e l’andatura di chi per certi versi si
aspettava di essere
estratta.
Era
un po’ rigida mentre camminava verso il palco e si
sistemava accanto alla Capitolina e il volto era pallido, ma a parte
quello
manteneva il controllo.
Sentì
l’urlo frustrato del fratello della ragazza. Non aveva
molta confidenza con i Moore, ma Adam era il migliore amico di suo
fratello
Daniel e sapeva che i due gemelli erano incredibilmente legati e che
Beatrix
era una ragazza leale e protettiva, che di certo non meritava
l’Arena.
-
Passiamo ora al Tributo maschile… Harry Michaelson!
–
S’irrigidì,
rendendosi conto di quello che significavano
quelle parole. Sarebbe entrato nell’Arena, avrebbe lasciato
il Distretto con la
consapevolezza che forse non sarebbe mai tornato e che non avrebbe mai
più
visto la sua famiglia.
Si
voltò verso il palchetto degli ex vincitori, incontrando lo
sguardo provato dei suoi genitori, e poi si voltò dietro di
lui.
Suo
fratello Daniel, a un paio di file di distanza, incrociò
il suo sguardo.
Gli
rivolse un’occhiata triste, preoccupata, che era certo
riflettesse chiaramente le sue emozioni.
Abbracciò
Joe e si sforzò d’ignorare i singhiozzi che
provenivano da Jannet mentre passava davanti a lei e saliva sul palco.
Sentì
il cuore martellargli all’impazzata nel petto mentre si
sistemava accanto a Beatrix. La vide allungare una mano verso di lui,
cercando
la sua e stringendola come se volesse infondergli vicinanza e coraggio.
Fu
un gesto che apprezzò, così la strinse a sua
volta.
*
Distretto
6
Madeleine
Bronson|
17 anni| Eterosessuale
Madeleine
sobbalzò leggermente quando il camioncino
dei Pacificatori prese una buca. Era stata arrestata una settimana
prima che il
Presidente Snow proclamasse le modalità della nuova edizione
della memoria, per
spaccio di morfamina, e le era stata offerta una scelta a dir poco
irripetibile. Almeno così le era stato detto,
pensò arricciando il naso
contrariata, e tutto perché era figlia di una ex vincitrice.
E nemmeno una che
si fosse distinta per chissà quale merito, visto che era
rimasta nascosta per
quasi tutto il tempo e aveva vinto avvelenando le provviste degli
ultimi
tributi rimasti. Sua madre, Jeanine, era morta sei anni prima, uccisa
da
un’overdose di morfamina. Da allora Madeleine aveva imparato
a badare a se
stessa. Era finita con il gravitare attorno alle persone più
sbagliate alle
quali una ragazza adolescente potesse avvicinarsi e ciò
l’aveva fatta
precipitare nella spirale dello spaccio di sostanze stupefacenti. Era
andata
avanti per anni, ma alla fine i Pacificatori del Distretto avevano
arrestato tutta
la rete di spaccio.
La
scelta che le avevano offerto era una: offrirsi
come volontaria per l’edizione della memoria, vincere e
vedere commutata la sua
pena, oppure essere processata e condannata. In un caso o
nell’altro avrebbe
incontrato la morte, ma almeno nell’Arena aveva qualche
possibilità di riuscire
a sopravvivere, contrariamente a un eventuale processo farsa.
Aveva
accettato e così adesso si trovava in viaggio
verso la piazza del Campidoglio.
Quando
il furgone si fermò venne fatta scendere e
condotta dritta verso la fila delle ragazze di diciassette anni.
Il
Pacificatore le tolse le manette e si chinò a
sussurrarle all’orecchio: - Prova a giocarci qualche scherzo
e ti sparo un
colpo in testa, chiaro? –
-
Cristallino. –
Lo
degnò appena di un’occhiata, prima di tornare a
osservare il video di Snow.
Le
immagini passavano davanti ai suoi occhi, vuote e
prive di significato, e quando il video si fermò si
ritrovò a scoprirsi
sorprendentemente pervasa dall’adrenalina. Supponeva che
fosse quello che
provavano i condannati a morte mentre prendevano coscienza
dell’ineluttabilità
del loro fato.
-
Il tributo femminile è… Millicent Strong!
–
La
ragazzina che si fece avanti aveva dodici anni,
gli occhioni azzurri erano sgranati ed era chiaramente prossima
all’iperventilazione.
Si
fece avanti, alzando una mano, consapevole degli
sguardi dei Pacificatori su di lei.
-
Mi offro volontaria! –
Elias
Runer|
17 anni| Eterosessuale
Elias
non conosceva personalmente la ragazza che si era
offerta, ma aveva sentito diverse storie circolare su di lei
all’interno del
Distretto. Si diceva che fosse una spacciatrice di morfamina, che
avesse scelto
la strada del crimine più per divertimento che per reale
necessità, e che fosse
stata arrestata poco prima. Il fatto che avesse scelto
l’Arena invece che il
processo, e che nel farlo avesse salvato la vita a una ragazzina
innocente,
scatenò una reazione mai vista prima durante una Mietitura
del Sei. Gli
applausi erano unanimi e la piccola sorteggiata si fece avanti al suo
passaggio, trattenendola per una manica e abbracciandola riconoscente.
Si
ritrovò anche lui ad applaudire, poiché malgrado
non avesse
mai avuto nulla a che fare con lei ne sapeva abbastanza da apprezzare
quel suo
lato ribelle e sfrontato. Poi la voce della Capitolina interruppe
l’acclamazione generale, dando modo alla ragazza di
presentarsi.
-
Madeleine Bronson – disse soltanto, guardando dritto verso
la telecamera con aria indolente.
-
Molto bene! Adesso vediamo chi accompagnerà la nostra bella
Madeleine nell’Arena… - rovistò alla
ricerca del biglietto incriminato,
apparentemente incurante dei respiri trattenuti e
dell’immensa tensione che si
respirava tra le fila dei ragazzi del Distretto.
Elias
ne seguì ogni movimento, fissando quei foglietti nella
speranza che non venisse estratto quello contenente il suo nome.
-
Elias Runer! –
Nessuno
questa volta alzò la mano per offrirsi.
Dopotutto
non c’erano volontari al Sei da più di un decennio
e
di sicuro Madeleine aveva rotto quella storica tradizione
più per proprio
interesse che per altruismo.
Sondò
appena la folla, trovando conferma alle sue parole.
Toccava
a lui, non c’erano altre alternative.
Così
prese un respiro profondo e si fece avanti
Suo
padre gli aveva spiegato come funzionavano le cose durante
i Giochi e come ragionavano gli abitanti di Capitol. Ogni sua mossa o
reazione
sarebbe stata attentamente studiata ed etichettata in un senso o
nell’altro. Camminò
a testa alta, deciso a dare la migliore prima impressione possibile.
Salì
sul palco, sistemandosi accanto a Madeleine, stando
attento a non far trapelare alcuna emozione.
-
I vostri Tributi, Distretto Sei! –
*
Distretto
7
Krissa
Blackwood|
17 anni| Bisessuale
Krissa
allontanò il lenzuolo di scatto, svegliando il ragazzo
che dormiva raggomitolato al suo fianco. Lanciò
un’occhiata all’orologio
nell’angolo e imprecò sonoramente.
-
Che c’è? – bofonchiò Jordan,
soffocando uno sbadiglio.
-
Manca mezz’ora alla mia condanna a morte, ecco cosa
c’è –
replicò seccamente, afferrando il primo abito che le
capitò sotto mano e
dirigendosi verso il bagno.
Si
vestì in fretta e furia, rendendosi presentabile come
meglio poteva, e quando uscì dal bagno trovò
Jordan ancora lì ad attenderla. Si
erano frequentati saltuariamente nel corso dell’ultimo mese,
ma non c’era
assolutamente nulla di serio tra di loro e si era premurata di
farglielo
presente fin dall’inizio. Eppure sembrava che lui avesse
seriamente finito con
l’affezionarsi a lei, tanto da rischiare di farsi beccare
lì da suo padre. E
nessuno sano di mente avrebbe mai rischiato di scatenare
l’ira di Edward
Blackwood.
-
Non so bene cosa dire – ammise Jordan, trascinando
nervosamente un piede contro il pavimento.
-
Non c’è nulla da dire. Sono l’unica
ragazza del Distretto
Sette che sia figlia di un ex vincitore. Sapevo che sarei entrata in
quella
maledetta Arena nel momento stesso in cui Snow ha fatto
l’annuncio. –
Probabilmente
il commento le uscì più acido di quanto avrebbe
voluto, perché il ragazzo si rabbuiò.
Così corse ai ripari, dopotutto non era
certo colpa sua se si ritrovava in quel casino.
-
Scusa. –
-
Krissa Blackwood che chiede scusa? Questo sì che
è un evento
che non avrei mai creduto di vedere in vita mia. –
Accennò
un lieve sorriso ironico: - Considerato che potrei
essere morta di qui a una settimana, direi che era tempo che ci fosse
una prima
volta. –
-
Krissa… -
Non
c’era bisogno che le dicesse nulla, sapeva che sperava di
vederla tornare al Distretto. Però in quel momento non
voleva sentirselo dire,
non voleva cullarsi nell’illusione che tutto potesse andare
bene. Era
pragmatica per natura, non avrebbe smesso di esserlo solo
perché andava
incontro alla morte.
-
Esci dalla finestra che dà sul retro, mio padre non
riuscirà
a vederti se passi per il sentiero nel bosco. –
Poi
gli voltò le spalle e uscì dalla sua camera,
raggiungendo
il padre che l’attendeva in salone.
Edward
la trattenne prima che varcassero la soglia di casa e
l’attirò a sé.
Non
era un tipo da abbracci ed esternazioni affettuose, ma le
voleva bene e Krissa lo sapeva; quella volta però sembrava
che fosse pronto a
lasciarle intravedere ogni suo pensiero più fragile ed
emotivo.
-
Ti voglio bene, scricciolo. –
Lo
strinse a sua volta.
-
Te ne voglio anche io, papà. –
Ezra
Lawson|
17 anni| Eterosessuale
Ezra
s’incamminò verso il sentiero che conduceva alla
piazza
del Campidoglio, camminando accanto a suo fratello Cormack e
all’amico William.
Nessuno di loro parlava, ben sapendo che non c’erano parole
adatte in un
momento come quello che precedeva la Mietitura. Non serviva dire che
tutto
sarebbe andato bene né che il prescelto sarebbe tornato a
casa, perché erano
abbastanza svegli e realisti da sapere perfettamente che molti dei
figli degli
ex vincitori non avevano mai preso in mano un’arma.
Specialmente lui e Cormack,
che in quanto figli del sindaco non avevano mai avuto alcun bisogno di
imparare
a difendersi o a procacciarsi del cibo né avevano mai
lavorato nelle
falegnamerie del Sette. Se fossero stati scelti avrebbero dovuto
imparare tutto
nell’arco di una settimana, praticamente una missione quasi
impossibile.
Raggiunsero
i banchetti e si registrarono sempre in religioso
silenzio, poi si unirono al resto dei ragazzi.
Sul
palco, sistemata accanto alla Capitolina, c’era
già il
loro Tributo femminile. Con il trucco scuro, gli abiti attillati, i
tatuaggi in
bella vista e lo sguardo duro c’era da riconoscere che Krissa
Blackwood faceva
davvero paura in quel momento. Sembrava quasi una Favorita e forse
avrebbe
davvero potuto cavarsela all’interno dell’Arena,
visto che non era certo un
segreto il fatto che suo padre l’avesse cresciuta pronta a
tutto.
Cormack
gli si avvicinò, dandogli di gomito.
-
Credi che lei abbia possibilità di sopravvivere? –
La
studiò un’altra manciata di secondi, poi
annuì.
-
Sì, credo che Krissa possa farcela. –
-
Di sicuro non invidio chi dovrà ritrovarsela davanti
all’interno dell’Arena – aggiunse William.
Ezra
aveva sentimenti contrastanti al riguardo.
Da
un certo punto di vista condivideva l’opinione
dell’amico,
ma la sua parte razionale gli diceva che un’alleanza con una
compagna di
Distretto così in gamba sarebbe potuta giocare a vantaggio
del tributo
maschile… chiunque fosse stato selezionato.
La
Capitolina fece proiettare il video e, al termine di
quest’ultimo, si avvicinò al microfono.
-
Come tutti voi saprete, il Distretto Sette ha una sola
figlia di ex vincitori. Pertanto sarà Krissa Blackwood il
tributo femminile del
Sette. Passiamo quindi senza indugio all’estrazione del
tributo maschile. –
Si
avvicinò all’urna, barcollando leggermente su quei
tacchi
vertiginosi. Afferrò il primo foglietto che le
capitò sotto mano e annunciò: -
Il tributo maschile è… Ezra Lawson! –
Fu
allora che il suo mondo crollò.
Lo
sentì andare in pezzi chiaramente mentre in lui si faceva
strada la consapevolezza di essere totalmente, irrimediabilmente,
fregato.
Attese
di riuscire a ricomporsi prima di farsi avanti.
Doveva
mostrarsi risoluto, capace di affrontare l’Arena, e
concentrarsi sul pensiero che se non altro a essere stato estratto non
era
stato Cormack. Un’amara consolazione, ma almeno il suo
fratellino sarebbe stato
salvo.
Salì
sul palco e prese posto accanto a Krissa, che continuava
a fissare dritto davanti a sé come se volesse uccidere tutti
con la sola forza
del suo solo sguardo. Cercò d’imitarla,
mostrandosi duro e fiero, mentre la
telecamera faceva loro un primo piano.
*
Distretto
8
Kayla
Rosewood|
15 anni| Eterosessuale
Kayla
abbracciò i suoi genitori prima di dirigersi verso il
banco delle registrazioni. Aveva salutato il suo ragazzo, Mike, pochi
minuti
prima e da allora non aveva smesso un attimo di sperare che quello non
fosse un
addio. Dopotutto non era l’unica figlia di ex vincitori,
c’erano altre due
ragazze, e forse non sarebbe stata proprio lei quella estratta.
Tuttavia,
mentre si univa al resto delle sue coetanee, non potè fare a
meno di sentire
brividi correrle per tutto il corpo.
Era
paura quella, realizzò sorpresa, una sensazione che non
aveva mai provato con quell’impeto in tutta la sua giovane
vita.
La
sentì crescere in lei mentre il filmato giungeva
rapidamente al termine e ancor più mentre la Capitolina si
dirigeva verso
l’urna.
Lasciò
vagare lo sguardo attorno a sé, notando che entrambe le
altre due ragazze dovevano avere la sua stessa espressione
terrorizzata. Una di
loro le rivolse uno sguardo di rimando, come una muta conferma che
ciò che
passava loro per la testa fosse lo stesso.
Sentì
il cuore batterle all’impazzata, quasi volesse uscirle
dal petto, mentre la Capitolina apriva la pergamena e portava il
microfono alle
labbra.
-
Il tributo femminile per la quarta edizione della memoria
è…
Kayla Rosewood! –
Sentì
le ragazze accanto a lei sospirare sollevate e le vide
abbracciarsi.
Una
parte del suo cervello si rifiutava di accettare ciò che
era appena avvenuto, di ammettere di essere lei la prescelta. Vide che
uno dei
Pacificatori si stava avvicinando a lei, così
riuscì finalmente a convincere il
suo corpo a muoversi.
Era
terrorizzata, certo, ma non avrebbe mai permesso che tutta
Capitol la vedesse venire trascinata sul palco come un sacco di patate.
Si
mosse, camminando incerta, mentre sentiva le gambe farsi
sempre più di gelatina mano a mano che saliva i gradini e
prendeva posto.
Si
sforzò di continuare a respirare e di tenere sotto
controllo i battiti del suo cuore ormai impazzito.
Non
poteva permettersi di svenire, doveva mantenere la calma.
E
pensare che c’era chi lo considerava un onore,
realizzò
incredula, e che l’avrebbe ritenuta fortunata per essere
stata scelta per quei
Giochi.
Xavier
Leghias|
17 anni| Eterosessuale
Xavier
osservò la ragazza estratta mentre se ne stava
lì, in
piedi sul palco, intenta a cercare di mantenere la calma. Sapeva per
esperienza
quanto potesse essere difficile, perché era esattamente
quello che stava
cercando di fare anche lui.
Aveva
salutato Suzanne la sera prima, rassicurandola che non
gli sarebbe accaduto nulla di male, ma in quel preciso istante
cominciava a
dubitare della veridicità della sua promessa. Era stato
facile illudersi che non
fosse proprio lui a dover entrare nell’Arena, ma adesso che
la Capitolina si
dirigeva verso l’urna doveva riconoscere che ogni oncia di
speranza lo stava
lentamente abbandonando.
Si
voltò verso il resto dei ragazzi che attendevano, come lui,
di conoscere quale sarebbe stato il loro fato. Vide espressioni tese,
mascelle
serrate, mani che venivano tormentate nervosamente e persino qualche
sguardo
già sconfitto. Non voleva neanche immaginare come dovesse
apparire lui ai loro
occhi. Contava solo come avrebbe dovuto apparire se la sorte fosse
stata contro
di lui.
-
Il Tributo maschile è… Xavier Leghias! –
Ed
eccola lì, la sua condanna, pronunciata con la
più
stucchevole delle voci femminili che avesse mai udito in tutta la sua
vita.
Coraggio.
Sarebbe
durata solo pochi minuti, poi sarebbe stato lontano
dalle telecamere e avrebbe potuto lasciarsi andare.
Sii
coraggioso, puoi farcela, devi solo salire su quel maledetto palco
senza
crollare.
Si
mosse lentamente in avanti, incamminandosi verso la donna
che l’aspettava sorridendo.
Vide
Suzanne portarsi le mani tra i capelli, le guance rigate
dalle lacrime che scorrevano copiose mentre cercava di oltrepassare il
cordone
di Pacificatori che separava i due gruppi, e la sentì
gridare il suo nome con
tutto il fiato che aveva in gola. Le rivolse un ultimo sguardo, carico
di
sentimenti ed emozioni inespresse, poi continuò la sua
marcia.
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