3
THE SWAN AND THE PANTHER
Nymeria.
Regno
di Mehlinus. Nord.
-
Bene. Ora mostratemi che cosa avete imparato. – disse il
consigliere Tremotino,
facendosi da parte per concederle lo spazio di cui aveva bisogno.
Un
cavallo stava venendo nella loro direzione. Regina lo vide avvicinarsi
velocemente, al galoppo. Si accorse che non era un cavallo, ma un
unicorno, un
bellissimo esemplare robusto e nero, selvatico e quindi difficilmente
domabile.
I suoi zoccoli calpestavano rami secchi e foglie, sradicavano cespugli,
sollevarono uno spruzzo d’acqua quando sprofondarono in un
torrente.
-
Immobilizzatelo, Maestà. – disse Tremotino.
Deglutendo,
Regina sollevò entrambe le mani e cercò la
concentrazione necessaria. Aveva fatto
progressi durante l’ultimo anno. Il consigliere si era detto
soddisfatto. Aveva
dovuto subire i suoi rimproveri quando non si concentrava abbastanza o
quando
un incantesimo non riusciva perché sbagliava le parole di
una formula. Ma
Regina si sentiva più forte. Anche quando usava la spada.
Ormai era diventato
facile maneggiare Stormbringer. I combattimenti contro Daniel erano
più
agguerriti. Non si lasciava più atterrare né
disarmare così facilmente.
L’unicorno
arrivò a pochi metri da lei e
s’impennò, nitrendo. Regina rivolse i palmi
aperti verso l’animale. E quello rimase là, ritto
sugli zoccoli posteriori, con
la criniera scura al vento e gli occhi neri come la notte che
sembravano
fissare proprio lei. Immobile. Circondato da una densa aura azzurrina.
Regina
sorrise. – Ce l’ho fatta.
-
Eccellente, mia cara, eccellente! – esclamò
Tremotino, ridacchiando e battendo
le mani. Il consigliere indossava una giubba in pelle nera, i suoi
inseparabili
pantaloni di pelle e gli stivali di cuoio. Il suo aspetto non cambiava
mai,
neppure di una virgola e a Regina sembrava sempre più
strano. – Cioè, volevo
dire... Maestà.
Regina
non disse nulla.
-
Adesso... andiamo avanti. C’è solo
un’altra piccola, piccola, piccola cosuccia
che dovete fare.
-
Ovvero?
-
Uccidetelo. – lo disse con lo stesso tono che avrebbe usato
per dirle: “montate
in sella e andate a farvi una bella cavalcata”.
Il
sorriso di Regina si spense e lei guardò Tremotino,
inorridita. – Cosa?
-
Uccidetelo. Con la magia, è chiaro.
Regina
abbassò lo sguardo su Stormbringer, nel fodero appeso alla
cintura. Poi sollevò
di nuovo gli occhi, confusa. – Ma...
-
É molto semplice. E molto rapido. – Tremotino
mostrò il gesto con la mano
destra. La ruotò, mimando un collo che viene torto fino a
spezzarsi. – Coraggio.
Uccidetelo.
Regina
guardò il cavallo, fermo davanti a lei. Levò una
mano, dapprima tenendola
stretta a pugno. Guardò ancora l’animale. Aveva la
bocca secca e il cuore che
scoppiava nel petto. Aveva imparato ad essere più dura, come
regina. Aveva
imparato a far rispettare le leggi, a punire chi le infrangeva,
qualunque fosse
il motivo. Ma uccidere... uccidere quell’unicorno...
ucciderlo così, per
niente...
-
Non posso farlo. È innocente. – mormorò
Regina, ritraendosi.
-
Nulla è innocente. – scandì Tremotino.
– Credete davvero nell’innocenza?
-
Io...
-
Ascoltatemi, Maestà: dovete dimostrarmi di essere in grado
di affrontare il
prossimo passo. Uccidere. Dovrete farlo e lo sapete bene. Ucciderete
con la
spada, ma Stormbringer non Vi basterà quando affronterete i
Blanchard. Loro
sono potenti. Sanno usare la magia e la useranno. Contro di Voi.
Dovrete essere
capace di rispondere. Dovrete essere capace di difendervi con il
potere. Dovrete
essere capace di uccidere. Loro non avranno pietà. Non
conoscono la pietà. – La
voce di Tremotino si era fatta bassa. Bassa, sgradevole, ma ipnotica.
–
Ricordate? David ha ucciso Vostro padre colpendolo alle spalle...
Regina
avrebbe voluto chiudersi le orecchie. La conosceva, quella storia.
Tremotino
gliel’aveva raccontata tante volte.
-
E hanno ucciso Cora. Se volete la Vostra vendetta, allora dovrete
uccidere anche
con la magia.
-
So quali sono le loro colpe, consigliere! Ma questo unicorno non ha
fatto nulla
di male.
-
Se non siete in grado di uccidere un dannato unicorno, allora non
sarete mai in
grado di togliere la vita ad un uomo. E perirete. Desiderate questo?
Credevo
che il Vostro desiderio fosse diventare più forte, in modo
tale da poter
affrontare i Vostri nemici ad armi pari.
-
E lo è, infatti!
-
Allora uccidetelo! Mostratemi che siete pronta per proseguire con il
vostro
addestramento – Tremotino le puntò contro il lungo
dito indice. – Se non
imparate ad usare quel potere non vincerete mai. Non avrete mai la
Vostra
vendetta! E cosa penserebbero di Voi? Cosa penserebbe Vostro padre?
Cosa
penserebbe Vostra madre? Loro non sarebbero fieri di Voi, Regina. Non
dimenticate chi siete: la sovrana di Mehlinus. Il regno ha bisogno di
una
regina forte. Ha bisogno di una regina che sappia combattere, oltre che
governare. Ha bisogno di una regina che non ha paura!
-
Non ne ho.
-
Invece ne avete. Altrimenti uccidereste questa bestia.
Regina
guardò l’unicorno.
-
Immaginate che l’unicorno sia un uomo. Immaginate che sia il
re di Anatlon,
colui che ha ucciso Vostro padre. Immaginate che sia la regina di quel
regno,
che è responsabile della morte di Cora. Siete orfana,
Regina. Siete orfana per
colpa loro! Non mi dite che intendete risparmiarli dopo tutto quello
che hanno
fatto?! Perché se lo farete... Loro non faranno lo stesso. E
per Mehlinus sarà
la fine. Sarà la fine per tutti noi.
Regina
alzò la mano destra e stavolta l’aprì.
Si concentrò sul collo dell’animale.
Tremotino si avvicinò lentamente, gli occhi spiritati pieni
di aspettativa.
“Siete
orfana per colpa loro. Non mi
dite che intendete risparmiarli dopo tutto quello che hanno
fatto?!”
“La
magia è potere...”
“Il
regno ha bisogno di una regina
forte. Ha bisogno di una regina che sappia combattere, oltre che
governare.”
-
Fatelo. – sussurrò Tremotino.
“Cosa
penserebbe Vostro padre? Cosa
penserebbe Vostra madre? Loro non sarebbero fieri di Voi,
Regina...”
“...Se
volete la Vostra vendetta...”
“Il
regno ha bisogno di una regina
forte...”
Regina
ruotò la mano di scatto. Il collo dell’unicorno si
spezzò. Il rumore orribile
dell’osso che si frantumava riverberò nel cervello
di Regina, che chiuse gli
occhi e inorridì. Il cavallo si schiantò sul
prato, emettendo un lungo sibilo.
Gli occhi neri rimasero aperti, a fissare il vuoto.
Poco
dopo, nel tornare verso Nymeria affiancata dal suo consigliere, Regina
rifletté
sull’accaduto. Aveva ucciso una bestia innocente. Un
unicorno. Un bellissimo
animale, che non le aveva fatto niente. L’aveva ucciso, come
le aveva chiesto
di fare Tremotino.
“Il
regno ha bisogno di una regina
forte...”
“Nulla
è innocente...”
Forse
Tremotino aveva ragione. Se non l’avesse fatto, non avrebbe
mai avuto il
coraggio di vendicare la morte di Cora ed Henry. Quando aveva spezzato
il collo
dell’animale aveva provato orrore, ma anche
qualcos’altro. Potenza. Sì. Si era
sentita potente, perché quella vita era nelle sue mani.
Aveva immaginato che
davanti a lei ci fossero i sovrani del sud. Aveva immaginato suo padre
colpito
alle spalle da David. Ed era stato normale... uccidere. Terribile, ma
naturale.
Perché, una volta in guerra con il nord, non avrebbe potuto
fare altro. Molte
persone sarebbero cadute. Tra quelle non poteva esserci lei, altrimenti
Anatlon
si sarebbe imposto sul nord. Avrebbe usato la magia, non solo la spada.
Avrebbe
usato la magia per difendersi. Come le aveva detto il consigliere, i
Blanchard
sapevano usare la magia e se non avesse risposto nello stesso modo ai
loro
attacchi non ne sarebbe uscita viva.
-
Tremotino.
-
Sì, Maestà?
-
C’è un’altra cosa che vorrei fare.
-
Che cosa?
Regina
si girò a guardarlo. Tremotino le rivolse un sorriso
compiaciuto.
-
Avete detto che il regno ha bisogno di una regina forte... Di una
regina che
non ha paura.
-
Assolutamente sì.
-
Allora è necessario iniziare a dimostrare quella forza.
-
Come? Alzando i tributi?
-
Ho bisogno di un simbolo che dimostri che il nord è forte.
Che il nord è potente.
Ci sto pensando da un po’, consigliere. Credo sia giunto il
momento di cambiare
lo stemma di famiglia.
Tremotino
sbatté le palpebre. – Lo stemma? Il melo?
Volete... Volete un nuovo stemma che
non sia il melo?
-
Sì.
-
Oh... – Il consigliere sembrò confuso. Il suo
sguardo si perse per qualche
momento. Ma si riprese quasi subito. – E a cosa pensavate,
come nuovo stemma?
-
Una pantera. Voglio una pantera nera.
Tremotino
sghignazzò. Nel corso della sua lunga vita aveva visto e
udito parecchie cose,
cose incredibili, assurde, spaventose, divertenti. Ma non ricordava di
un re o
di un signore che avesse preso la decisione di cambiare lo stemma di
famiglia. Regina
aveva il potere di sorprenderlo. – Ottima scelta. Una scelta
davvero
eccellente. La pantera è un predatore forte e aggressivo.
Che tutti temono.
Significa potere. Ma simboleggia anche... la magia. Il coraggio. La
resistenza.
È un animale ammirevole e meraviglioso. Come Voi, del resto.
Inizialmente
il consigliere aveva pensato che la sovrana avesse scelto, come nuovo
stemma,
il suo animale guida, ovvero il corvo. Quando Regina era molto piccola,
in
occasione del suo... sesto o settimo compleanno, Henry aveva
organizzato degli
spettacoli per allietare sua figlia e la corte. Oltre a giocolieri,
mangiafuoco,
acrobati, bardi e trovatori vari, c’era anche un uomo che
diceva di essere un
indovino. Aveva tutta l’aria di essere un ciarlatano, ma
aveva stabilito, dopo
aver letto la mano e lo sguardo di Regina, che l’animale
guida della futura
sovrana era il corvo. Tremotino era sicuro che la stessa Regina se lo
ricordasse benissimo, quel momento.
Ma
la pantera è la scelta perfetta.
Oh, sì, sì! Eccellente, mia cara Regina!
Foresta
di Rhun. Regno di Elohim.
Est.
-
Cambiare lo stemma? – esclamò Emma, sgranando
leggermente gli occhi
verdazzurri.
Agravain
annuì, torvo. – Sì, Emma. La Regina del
Nord intende cambiare lo stemma della
sua famiglia. Ha scelto la pantera. Una pantera nera.
-
Ne siete sicuri?
Gawain,
il cavaliere che era incaricato di proteggere ed allenare Emma quel
giorno,
sospirò. – Le spie di Artù sono molto
abili nello scovare informazioni. E non
mentono. Non mentono loro così come non mente Merlino. Ha
visto la pantera nei
suoi sogni.
-
Non mi sorprende affatto. Quella maledetta strega! –
gridò Agravain, gli occhi
verdi accesi di rabbia.
-
Secondo le tradizioni più antiche, la pantera è
un animale sacro. – disse
Gawain, le folte sopracciglia aggrottate. – Serve per mettere
in risalto l’importanza
e la nobiltà di una famiglia.
-
Nobiltà! – gridò Agravain, con la voce
grossa. – Quale nobiltà? Henry era il
re. Era di nobile lignaggio. Ma la moglie era una mugnaia! Lo sanno
tutti! E
poi l’attuale sovrana è tutto fuorché
nobile. Nemmeno una delle sue chiappe lo
è!
-
Agravain... – intervenne il fratello maggiore. Era sempre
saggio, Gawain.
Decisamente più maturo e meno impulsivo del fratello minore.
Sapeva sempre cosa
dire e lo diceva al momento giusto. La sua voce infondeva una certa
tranquillità,
anche quando era molto severa, come in quel momento.
-
Che? Emma sa benissimo ciò che penso. E credo che le sue
idee a riguardo non
siano molto diverse dalle mie.
-
Abbassa la voce comunque. E cosa ancora più importante...
modera il tuo
linguaggio.
-
È più preoccupante il mio linguaggio, fratello, o
una strega dannata che ha commesso
le atrocità che conosciamo?
Emma
non ascoltava più. Rifletteva.
Sapeva
benissimo quale fosse il significato di quel gesto. La regina di
Mehlinus stava
cercando di dimostrare la sua forza. Il suo potere. Stava dicendo agli
altri
regni di stare in guardia. La pantera era un animale bello e
pericoloso. Era un
animale oscuro. Era un predatore che incuteva timore nei suoi
avversari.
Non
ho paura, si
disse Emma. Non ne ho, Regina.
-
La pantera non batterà il cigno. – disse Emma,
risoluta. La sua voce non
sembrava quella di una ragazzina. Era la voce di un’adulta.
-
Come? – disse Agravain, sollevando un sopracciglio.
-
La pantera non batterà mai il cigno. – Emma
sfiorò l’elsa di Narsil. – La
pantera è un predatore. È forte. È un
simbolo di potere.
-
Non basterà uno stemma, Emma. – disse Agravain.
– Sono d’accordo. Può cambiare
stemma tutte le volte che vuole, quella strega. Resterà
sempre la responsabile
di ciò che è accaduto alla tua gente e ai tuoi
genitori. E non ci farà mai
paura.
-
Anche il cigno lo è.
-
Cosa, Emma? – domandò Gawain.
-
Un simbolo. Secondo le antiche leggende, è un simbolo di
forza e di coraggio.
Di... saggezza e di fedeltà. Me lo disse mio padre... un
tempo. – Emma si
rabbuiò. – So che aveva ragione.
-
Aveva ragione. – disse Gawain. Il cavaliere la guardava,
ammirato e con
infinito rispetto. La guardava come se avesse avuto dinanzi una regina.
– Il
cigno è anche simbolo di forza e coraggio, non solo di
purezza e di innocenza.
Il cigno non ha paura di niente. Nemmeno della pantera.
-
Io sono un cigno. Il mio nome è Emma Swan.
-
Il tuo nome è Blanchard. Che cosa signif...? –
cominciò Agravain.
-
Sì. Ma più di una volta mi avete detto che il re
è preoccupato. Mi avete detto
che questi luoghi hanno occhi ed orecchie. Mi avete detto che ogni
giorno che
passa diventa sempre più rischioso per me. È
giusto che usi un altro nome. Ed è
il nome giusto. Emma Swan. Il cigno... Come il simbolo della mia
famiglia.
I
due fratelli si scambiarono un’occhiata.
-
Emma Swan. Ammetto che mi piace. Sembra un nome forte. Come Narsil.
– osservò
Gawain.
Emma
non disse niente. Sorrise.
Agravain
era stupito a sua volta. Cominciava a rendersi conto che in quella
ragazzina
c’era molto di più di ciò che aveva
visto fino a quel momento. Non poteva
nemmeno considerarla una ragazzina. Non lo era più.
Appoggiò la mano destra
sull’elsa della sua spada, Varja, che significava diamante,
ma anche fulmine.
L’aveva chiamata così quando era diventato
cavaliere. Nell’elsa era incastonato
un piccolo diamante forgiato a Deep Valley, dov’era nato.
-
Noi siamo con il cigno. – dichiarò Agravain.
– Con il dragone e con il cigno. E sempre lo saremo.
|