Guardatevi
dall’alto delle stelle
Ma amavo
dall’alto./Da sopra la vita./Dal futuro./Dove è
sempre vuoto/e da dove nulla è più facile del
vedere la morte.
[…]
Vivevano nella vita. Permeati
da un grande vento./Con sorti già decise./Fin dalla loro
nascita in corpi da commiato./ Ma c’era in loro
un’umida speranza,/una fiammella nutrita dal proprio
luccichio.
Wisława Szymborska, Monologo
per Cassandra
Quello non era il primo combattimento a cui Cassandra partecipava: i
cadetti venivano mandati sul campo dopo tre anni di addestramento,
ufficialmente come osservatori, ma spesso erano assegnati come supporto
nelle retrovie e, a volte, anche nei combattimenti di seconda linea.
Era però la
prima volta che si trovava a prendervi parte da lassù, dalla
navetta di controllo riservata allo stato maggiore.
Guardando ogni cosa
dall’alto delle stelle.
“Hai fatto
carriera.” Ricordò le parole di Eleno, che qualche
settimana prima era stato promosso alla fanteria assieme a tutti gli
altri cadetti della sua squadra: l’apprendistato con Apollo
non le aveva impedito di andare a salutarli prima della partenza per il
fronte.
Con grande imbarazzo
di Cassandra, Ettore le aveva rivolto il saluto riservato alla
Dominazione. “Cerca di prevedere ogni mossa dei ribelli e di
farci tornare qui vivi.”
“Al massimo
puoi sacrificare Achille” aggiunse Eleno, guadagnandosi una
gomitata da Ettore.
Cassandra li aveva
guardati imbarcarsi sulle navette che li avrebbero portati nel
quadrante ovest del pianeta, dove i ribelli avevano le loro basi, ed
era rimasta a fissare la linea di roccia e sabbia dove erano spariti
per molto tempo: se non fosse stata scelta da Apollo il suo destino
sarebbe stato con loro, come aveva sempre immaginato.
Si riscosse dai
ricordi.
Apollo spiccava tra
gli alti ufficiali della Flotta che lo attorniavano e Cassandra, in
piedi sul fondo della sala comandi, poteva osservare le loro
espressioni: alcuni facevano sfoggio di cortesia tanto estrema da poter
essere considerata un insulto, altri restavano rigidi e si esprimevano
a monosillabi, come se volessero imitare l’aria di calma
imperturbabile del dio.
Naturalmente erano
ridicoli, tutti loro.
Spostò lo
sguardo di nuovo verso Apollo: il profilo perfetto, gli occhi luminosi
e penetranti. Al confronto gli umani, lei compresa, sembravano bambole
di fango. La stretta al cuore divenne più intensa: mancava
ancora molto alla fine del suo apprendistato. Solo allora sarebbe
potuta diventare una portatrice completa ed essere in unione perfetta
con Apollo. Lui l’avrebbe usata come tramite personale alla
potenza del sole e delle stelle e l’avrebbe tenuta accanto a
sé per sempre.
Era quello che
desiderava di più nell’universo.
Certo, conosceva le
storie, quelle che parlavano degli umani che prima di lei erano
riusciti a diventare portatori di nexus e tramiti per gli
dèi. Come Io, comandante della Flotta nel quadrante
meridionale: dopo aver superato la prova era stata vincolata da Zeus,
il più importante tra gli abitanti di Lykaios, e aveva
ricevuto tanta magia da bruciare le stelle. Ma Zeus, che collezionava
un nexus dopo l’altro, aveva attinto ogni goccia di potere da
lei giorno dopo giorno fino a quando le ceneri di Io, bianche come una
pozza di latte, si erano dissolte nello spazio.
Non sarebbe successo:
Apollo teneva a lei. Lo sapeva, lo sentiva, lo provava dentro di
sé ogni volta che la addestrava a fissare lo sguardo nella
luce del futuro.
Cassandra non sarebbe
stata un semplice tramite.
Si riscosse sentendo
chiamare il suo nome. “Allieva Priamides.” Uno dei
generali le stava facendo cenno di avvicinarsi con aria impaziente. Lei
aspettò il cenno di assenso di Apollo per avanzare nel
cerchio dello stato maggiore.
“Generale.”
“Sappiamo
dei tuoi successi come apprendista portatrice.” Lo disse
nello stesso tono con cui un acquirente avrebbe cercato di trattare sul
prezzo ai mercati della stazione spaziale di Ilio. “Il tuo
augusto maestro ti concede di sperimentare il tuo potenziale su questo
campo di battaglia.”
Ovvero, tradusse
Cassandra, state avendo difficoltà e volete che sia io a
togliervi dai guai ma senza farla sembrare un’ammissione di
incapacità.
Sentì
all’improvviso la risata di Apollo risuonare dentro di lei.
Arrossì.
Ti avrei comunque
chiesto di provare. La voce del dio era nella sua mente. Sei arrivata a
un punto nell’addestramento in cui è
indispensabile metterti alla prova in situazioni reali.
Annuì e
alzò il mento con decisione. “Ringrazio per questa
occasione.”
“Le truppe
della Flotta sono in stallo.” Il generale indicò
l’enorme visore posto su tutta la parete della sala comandi.
“E’ necessario prendere il controllo di questo
quadrante prima dell’attacco alla Lega Norrena, ma a causa
dei Ribelli l’azione è stata rallentata.”
Già, i
Ribelli. Umani che non avevano accettato la Dominazione: bande di folli
guidati da una coppia di idealisti. Erano destinati a perdere, prima o
dopo.
“Le truppe
di Elena e Paride sono specializzate nelle azioni di
guerriglia,” si inserì un comandante,
“per questo è difficile avere la meglio su di
loro. Conoscono questo pianeta e sanno dove nascondersi.”
“Non
possiamo permetterci di perdere altro tempo: Zeus e la Dominazione
Olimpica hanno programmato l’attacco contro Odino, dobbiamo
essere pronti. Dobbiamo sapere quale mossa è meglio
intraprendere.”
Cassandra
guardò lo schermo. “Sapete meglio di me che i miei
progressi non sono ancora sufficienti a permettermi una visione
così nitida nel futuro.”
“Qualunque
cosa è meglio di nulla.” Sopra le loro teste le
lastre di metallo del soffitto scivolarono l’una sotto
l’altra fino a scoprire una porzione perfettamente circolare
di cristallo trasparente, dalla quale i raggi del sole scendevano come
una cascata d’oro. Cassandra tuttavia esitava ancora.
Apollo si limitava a
guardarla in silenzio.
Lentamente, la ragazza
alzò tutti i suoi scudi e si portò al centro
della pozza di luce.
Chiuse gli occhi:
percepì la sensazione familiare di calore, come un nucleo al
proprio interno che era reso incandescente dall’energia dei
raggi che la colpivano. Le scintille divennero scie di luce, poi
serpenti dorati, infine immagini che si moltiplicavano in infinite
direzioni.
Per un momento
Cassandra temette di essere sul punto di perdere se stessa;
avvertì subito la presenza di Apollo, più forte
del solito. L’alieno – il dio – la
pervadeva proprio come facevano i raggi del sole, ma al contrario di
questi la sua energia contribuiva a rafforzare la sua mente.
Ora Cassandra poteva
vedere i vari sentieri del futuro, tutte le possibilità che
la battaglia contro i Ribelli conteneva. Come ogni volta,
lasciò che la luce la guidasse tra gli scenari: serpenti di
luce strisciarono lungo tutte le visioni, che avevano in comune lo
stesso risultato.
Un responso di morte:
le squadre della Flotta si lanciavano in un attacco suicida per
distruggere le forze ribelli. Vide morire i suoi compagni uno dopo
l’altro in ogni scenario. Si trovava davanti a un punto fisso.
Non può
essere.
Cercò di
concentrarsi su possibilità dall’esito diverso ma
i serpenti si attorcigliarono attorno alla sua coscienza, dentro alla
quale Apollo non faceva nulla per opporsi a quel vaticinio.
Non può
essere fisso. Cassandra provò a ribellarsi. Deve esserci un
modo per cambiare tutto questo.
Nessuno aveva mai
cambiato un punto fisso: così le aveva insegnato Apollo. Era
la verità?
Apollo non rispose.
I serpenti di luce
sibilarono quando la consapevolezza dell’alieno si
affiancò a loro. Sembravano temerlo e al tempo stesso
accettarlo come uno di loro. Apollo guardò con lei le
visioni e per un attimo sembrò voler entrare in una di esse,
allargarne le maglie e fare… cosa? L’immagine
divenne più sfocata, ora sembrava che Eleno e gli altri
potessero sopravvivere, ma dietro di loro le ombre dei ribelli si
estendevano fino a ricoprire tutto il pianeta.
Tu puoi cambiarlo. In
quel momento Cassandra se ne rese conto: Apollo, o chiunque degli
dèi, erano capaci di cambiare l’esito di quegli
oracoli. Ne erano sempre stati capaci.
Non avevano mai voluto
farlo.
Nemmeno adesso: Apollo
aveva lasciato la presa sulla visione. I ribelli scomparvero da Lykaios.
Questa scelta li
ucciderà tutti: Achille, Eleno, tutti i miei
compagni… Non posso tornare con questo vaticinio.
La luce si strinse
attorno a lei facendole pulsare la mente, ogni battito una fitta di
dolore.
E’
necessario, sentiva Apollo dirle attraverso la sua stessa bocca,
è necessario, è necessario, è
necessario…
Tornò alla
realtà urlando: aprì gli occhi sul visore
dell’astronave, dove una linea rossa indicava il punto dove
le squadre della Flotta Stellare aveva ricevuto ordine di attaccare.
Sopra quei punti si alzava una grossa nube grigia.
Lo stato maggiore se
ne era andato. Solo Apollo era ancora lì e la fissava con la
solita espressione immutabile.
“Era
necessario.” Le tese una mano.
Per un lungo momento
Cassandra fissò le nubi delle esplosioni suicide che avevano
permesso la vittoria della Flotta – a quale prezzo?
– poi distolse lo sguardo e posò le dita su quelle
di Apollo.
“Era
necessario” ripeté.
Il potere era sempre
necessario.
Gli dèi
alzarono le mani verso lo spiraglio di cielo sgombro da nubi, come se
volessero invocare la benedizione del sole di Lykaios.
Un unico raggio di
luce scese fino al Proskénion, inglobandolo rapidamente. I
volti degli dèi divennero troppo splendenti per poterli
fissare. Cassandra trattenne l’impulso di alzare una mano per
coprire gli occhi.
Il cerchio luminoso
divenne una sfera dalla quale si alzavano fiamme incandescenti: alcune
di esse si unirono fino a formare una creatura possente, pura energia
dagli artigli di fuoco e luce.
La creatura si
scagliò su Cassandra, pronta a consumarla e a renderla
cenere.
La ragazza rimase
immobile e si lasciò divorare.
L’onda di
magia che la investì era così potente che senza
volerlo Cassandra urlò dal dolore: era come se i suoi sensi
fossero stati potenziati all’ennesima potenza e
l’avessero infilata in una fornace.
Cercò in
tutti i modi di assorbire quella forza che però continuava
ad aumentare: tentò di incanalarla e scaricarla a terra,
come durante gli allenamenti, ma era troppa, davvero troppa.
La sua mente
sovraccarica lanciava urla di dolore, di quel passo sarebbe stata
consumata e di lei sarebbero rimaste solo ceneri nella sabbia.
Sapeva che gli
dèi la stavano guardando, che Apollo la stava guardando
fallire.
Si sforzò
di tenere assieme la propria consapevolezza: chiuse gli occhi e
lasciò che il muro di luce la penetrasse in ogni angolo di
se stessa.
Serpenti
d’oro comparvero di nuovo ai margini della sua coscienza e
strisciarono oltre quel muro.
Lentamente, come chi
cammina contro una tempesta, Cassandra li seguì.
Non sapeva se stava
camminando veramente o se era un’altra proiezione mentale: la
luce si scindeva in infiniti riflessi, più luminosa e
abbagliante di qualsiasi altra visione che avesse mai avuto. Poteva
vedere il suo passato, perfino il momento stesso in cui le sue cellule
si erano unite nel grembo di sua madre. Poteva tornare sempre
più indietro, prima dell’Esodo, quando gli umani
costruivano città, quando erano solo una delle tante specie
che popolavano un pianeta ormai morto.
Poteva vedere il
futuro.
Non i frammenti
sfocati a cui era abituata: immagini chiare e precise nei minimi
dettagli, impossibili da mettere in dubbio, complete in ogni passaggio.
Riusciva a distinguerle tutte, era come se lei stessa fosse diventata
infinito.
Vide se stessa
completare la Prova. Si vide assurgere al rango degli dèi,
più in alto di loro, oltre le stelle stesse.
Osservò se stessa fallire la Prova e cadere
nell’oblio.
Questa volta i
serpenti di luce non le indicavano la scelta corretta: le cedevano il
passo piegando le lunghe spire lucenti come se fosse una regina. Come
se spettasse a lei scegliere il futuro di tutto l’universo.
In quel momento
Cassandra era immortale.
Le visioni la
chiamavano: poteva scegliere quella che preferiva, poteva modificarla
per cambiare il futuro.
Ormai poteva farlo. La
magia l’aveva scelta come nexus.
Rimaneva solo da
tornare indietro nel presente dove gli dèi la aspettavano
per completare il rituale che le avrebbe consentito l’accesso
perpetuo al potere tramite il dio al quale si era consacrata.
Sempre e solo tramite
Apollo.
Attorno a lei i
serpenti di luce tremavano.
L’alieno che
lei aveva amato ancora prima di essere scelta da lui. Il dio che aveva
lasciato morire Eleno e gli altri per un bene superiore.
Per il bene di chi?
Le visioni danzavano
in ogni direzione: in ognuna di esse, in ogni infinita
possibilità, gli dèi governavano la specie umana,
a volte conducendola alla prosperità, a volte alla
distruzione.
In ognuna di esse
Apollo usava Cassandra come nexus fino a consumarla, attendendo poi di
scoprire un nuovo nexus da addestrare.
In nessuna di esse gli
dèi ricordavano che cosa era stata la specie umana. In
nessuna di esse Apollo ricordava chi era stata Cassandra prima di
bruciare.
Era solo una dei tanti
strumenti che gli dèi – no, gli alieni –
utilizzavano per la loro conquista dell’universo.
Per il bene di chi?
I serpenti emisero un
sibilo che sembrò penetrare al di là del tempo.
La luce si
affievolì e si spense.
Al centro di quel che
era stato il raggio Cassandra stava in piedi, la schiena dritta e le
mani chiuse a pugno. Ansimava leggermente ma teneva la testa alta e gli
occhi rivolti verso gli abitanti di Lykaios.
“Hai
superato la Prova.”
Apollo
avanzò verso di lei ed era come se riuscisse a vedere lui e
i suoi compagni per la prima volta: l’apparenza esteriore
così simile a quella umana, creata – ora lo capiva
– non per essere come gli umani bensì per
affermare più chiaramente la loro superiorità su
di loro; quello che si celava all’interno di quella forma,
esseri il cui potenziale era legato all’esistenza di un nexus
che conducesse a loro l’energia a cui non potevano attingere
liberamente.
Che cosa altro erano
gli dèi se non prigionieri affamati a cui era stata saldata
la bocca con punti d’acciaio prima di partecipare a un
banchetto?
La magia bruciava
ancora nelle vene di Cassandra illuminando ogni giudizio.
Ma Apollo
continuò a camminare fino a raggiungerla: le tese una mano.
“Cassandra, mia nexus: accetta il mio vincolo e resta al mio
fianco, fedele in vita e in morte.”
Quella era la formula,
quello era il suo destino: gli dèi – gli alieni
– dovevano saldare il nexus tra lei e la magia se voleva
mantenere il potere di cambiare l’universo che ora era in lei.
Cassandra
alzò a sua volta la destra: “Ho sognato per anni
questo vincolo,” la sua voce era bassa ma ferma,
“ho lavorato più duramente di chiunque nella
speranza di arrivare a questo momento anche solo un secondo
prima.”
Da dietro si
levò la voce di Zeus: “Nessuno mette in dubbio il
tuo impegno. Accogli il premio che ti è stato
promesso.”
Ignorandolo, la
ragazza continuò a fissare gli occhi in quelli di Apollo,
come se gli stesse leggendo dentro.
“Ma il
premio promesso era una menzogna.”
Per la prima volta le
sembrò di vedere qualcosa nell’espressione
dell’altro.
Paura.
“Nonostante
le vostre parole, siamo solo strumenti nelle vostre mani avide. Avremmo
dovuto combattervi, invece ci siamo lasciati ingannare dalle vostre
promesse di potere. Ci avete usato per le vostre guerre fratricide,
condannandoci a morire per il vostro onore. Questo finirà
oggi.”
“Stai
rifiutando il vincolo…” Apollo la guardava
impassibile, ma le sue emozioni… era come se non riuscisse a
comprenderla, e forse era proprio così.
“L’energia che ora è dentro di te
spezzerà la tua mente senza di esso. Sarà
peggiore della morte.”
Poteva essere
preoccupato per lei?
Impossibile.
“Sciocca
ragazza. Credi forse di essere unica? Troveremo altri portatori per
sostituirti, come abbiamo sempre fatto” la derise Zeus.
Senza staccare gli
occhi da quelli di Apollo, Cassandra parlò: “Un
tempo credevo di essere unica: sbagliavo, non ero la prima.
Ma,” distese le labbra in un sorriso, “posso essere
l’ultima.”
Nessun vincolo, mai
più.
Alzò le
mani, liberando tutta l’energia che, senza un vincolo
fissato, stava crescendo senza sosta dentro di lei e, prima che
chiunque potesse rendersi conto delle sue intenzioni, con le ultime
forze rimaste tornò all’interno della stanza degli
infiniti futuri.
Per un momento fu come
se le visioni e la realtà collimassero: i serpenti di luce e
gli occhi di Apollo erano gli uni negli altri e non poteva
più distinguere presente e futuro.
Una mano tesa per
l’ultima volta.
Infine implose.
Apro gli occhi.
Buio, è
buio – ma la luce era così intensa – non
capisco dove sono.
So chi non sono, ma
non sono chi dovrei essere.
Serpenti danzano nei
miei occhi, schegge di luce, il ricordo di qualcosa che non riesco
più a comprendere.
“E’
ancora viva.”
Una voce dietro di me:
solo ora capisco di non essere sola, non sto più vagando
nelle tenebre, qualcuno mi sta sollevando con cura. Ha mani forti,
sento odore di sabbia e sudore.
Mi porto le mani agli
occhi per togliere la benda ma mi viene impedito.
“Da dove
vieni?” Un’altra voce, più severa.
Non so da dove vengo,
non so dove vado. So solo quello che sarà.
“Sta per
succedere” sussurrò così piano che
nemmeno io sono sicura di averlo detto. “Sta per succedere,
stanno per cadere: una dopo l’altra le Dominazioni cadranno e
sarà la fine.”
Le voci tacciono ma io
devo continuare.
Sento ancora la sua
presenza in me, cresce e si espande, come quando mi insegnava a vedere
più distante di chiunque altro.
L’unico che
non posso dimenticare.
“Le
Dominazioni cadranno e gli umani con loro. Sarà la fine
della specie umana.”
Lui mi cerca: anche se
il vincolo non è mai stato stabilito, anche se la stanza dei
futuri è perduta per sempre così come la
capacità di tutte le Dominazioni di stipulare un nexus, una
parte di Apollo è rimasta dentro di me.
Una mano tesa per
l’ultima volta.
Per questo posso
ancora vedere frammenti di quel che sarà.
“Sta
delirando.”
“E’
pazza.”
Altre voci, impaurite.
Mi credono pazza: non sanno quanto si sbagliano.
La luce era
così forte, così forte, così
forte…
Le mani slegano la
benda che avevo sugli occhi: sbatto le palpebre e riesco a distinguere
un viso.
Umano, cicatrici gli
segnano un volto che un tempo deve essere stato bello, occhi duri.
“Credo di
sapere chi tu sia.” A parlare non è lui: mi volto
e trattengo il respiro.
Questa donna che si
rivolge a me, la sua bellezza non ha nulla di umano: non faccio in
tempo a preoccuparmi che il suo viso si piega in una smorfia di rabbia.
“E chi ti ha fatto questo.” Si rivolge al resto
delle persone radunate attorno a lei: sono soldati sporchi e feriti, le
armi abbandonate a terra nella sabbia.
I ribelli che la
Dominazione crede di avere sconfitto.
Quindi
l’uomo che mi ha liberato deve essere Paride e la donna dal
viso di dea deve essere Elena.
I capi della rivolta.
La magia si srotola
dentro di me; so che se chiuderò gli occhi potrò
vedere ancora quei serpenti di luce guidarmi verso un futuro di morte.
Verso Apollo.
Ricaccio
l’impulso dentro di me.
Non ora, non ora, non
ora.
Morte, aspetta ancora
un poco.
“Verrai con
noi.” Elena mi porge una mano dura e callosa. “Le
tue profezie possono essere cambiate. La tua mente può
salvarci e noi,” torna a rivolgersi alle truppe stanche,
“possiamo salvare il resto della specie umana.”
La luce mi avvolge di
nuovo e cado nell’oblio del sonno.
Per la prima volta in
molto tempo sogno il mio pianeta d’origine, osservo
dall’alto le sue distese d’acqua e il riflesso di
stelle remote sulle onde. Allungo una mano come se bastasse toccarle
per tornare indietro nel tempo ma appena tocco la superficie sento la
pelle bruciare.
Guardatevi dalla luce
delle stelle.
Da qualche parte, nel
profondo dello spazio, Apollo sta sognando con me.
Note: Grazie per aver
letto fin qui! Questa storia è stata scritta per il contest
di Fiore di Cenere (leggete anche le altre storie perché
meritano).
L’obbligo
prevedeva di inserire in un AU una missing moment dell’opera
originale: ho pensato di descrivere il processo di
“apprendistato” di Cassandra, su cui non si sa
praticamente nulla – se non che al termine di esso ha
rifiutato Apollo – e di farlo in un AU di
fantascienza/fantasy. Gli dèi quindi sono diventati alieni
che sfruttano gli umani per ottenere magia dall’energia delle
stelle. Gli umani sono l’equivalente della carne da macello
nelle loro battaglie con altri dèi.
Il nome del pianeta,
Lykaios, deriva da un epiteto di Apollo. Secondo alcune versioni del
mito, prima di diventare sacerdotessa di Apollo Cassandra era una
guerriera, per cui qui è diventata un’allieva
dell’esercito. In altre versioni diventa consacrata ad Apollo
dopo che lei e suo fratello Eleno si addormentano in un tempio di
Apollo e dei serpenti leccano loro le orecchie: quindi ho tenuto sia i
riferimenti ai serpenti che il personaggio di Eleno.
Il titolo è
una frase del Monologo per Cassandra, di cui ho usato una citazione
anche al capitolo tre: il testo originale usa un termine che significa
(grazie Google Translator) “guardare qualcosa
dall’alto”, ma in italiano “Guardarsi
da” significa anche “Fare
attenzione/Temere” e la cosa mi piaceva, quindi ho cercato di
far riferimento a tutto ciò nel testo (spero sia meno
caotico di quel che sembra dalle note).
Mi sono divertita
parecchio a scriverla, nonostante l'angst di fondo, spero che sia
piaciuta anche a voi. ^^
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