XXIV.
Of
Forgiveness and Other Sins
«Come
procede la vostra ultima settimana di vacanze, Severus?»
Il
sole splendeva alto nel cielo sul parco verdeggiante intorno al
castello; la brezza era leggera, quel tanto che bastava per smuovere
dolcemente le fronde piene degli alberi intorno al limitare esterno e
il campo da Quidditch era silenzioso come mai durante l'anno
scolastico... prima che, ovviamente, la voce amabile del Preside di
Hogwarts decidesse di interrompere quella quiete tanto ricercata da
Severus.
Trattenendo
a stento l'impulso di roteare gli occhi, Severus emise invece un
sospiro che lasciava trapelare solo una parte della propria
irritazione. «Come chi ha già messo in conto di
dover
affrontare un'emicrania costante dovuta alla zucconaggine di oltre
mille allievi che presto si riverseranno per i corridoi del castello in
vista di un nuovo, entusiasmante
anno scolastico,» si limitò a rispondere, prima di
inarcare un sopracciglio, fingendo sorpresa: «Oh, aspetta un
secondo... è proprio ciò che
accadrà.»
Albus
si concesse una piccola risata. «Lieto di vederti sfoggiare
il
solito acume affilato, ragazzo mio,» commentò, con
una
punta di orgoglio, prima di seguire il punto in cui lo sguardo
dell'uomo più giovane era ancora fermo.
Harry Potter svolazzava in
pieno cielo a bordo della sua fiammeggiante Firebolt
- il viso concentrato in un misto di precisione e spensieratezza -
mentre affrontava il suo amico Ronald e un paio degli altri fratelli
Weasley con la stessa grinta che avrebbe avuto in una partita di
campionato. L'ultima volta che Severus aveva assistito ad un
allenamento di Potter, le sensazioni risvegliate da una simile scena
erano molto diverse da quelle che si agitavano in quel momento nel suo
petto.
Dire che la cosa non lo
disturbava affatto sarebbe stata una bugia.
Non
si trattava di emozioni del tutto nuove, poiché ne aveva
già sperimentato lampi a tratti, nel corso delle ultime
settimane con Potter - più o meno a partire dalla notte in
cui
il ragazzo era stato rapito con successo dai Mangiamorte e in
concomitanza della loro rocambolesca fuga nelle foreste del North
Berwick - ma mai prima d'ora queste stesse emozioni si erano
ripresentate a lui con tanta frequenza e... intensità.
Se
prima vedere Potter sfarfallare su una scopa a mezz'aria accompagnato
dal suo odioso padrino o da qualsiasi altro dei suoi seccanti amichetti
gli avrebbe procurato solo un potente moto di fastidio misto a rancore
per l'atteggiamento così simile al suo vecchio rivale, ora
tutto
ciò che si agitava in lui - almeno per una buona percentuale
del
suo essere - era apprensione. Stupida, irrazionale e irritante apprensione.
Severus
lanciò uno sguardo di sottecchi verso Albus, mentre questi
era
troppo impegnato a lodare le doti del giovane Ragazzo d'Oro. L'uomo doveva sapere
quello che stava provando, ecco spiegato il suo disgustoso
buon umore. Represse un moto di stizza, il suo sguardo nuovamente
catturato dal giovane Grifondoro occhialuto che procedeva ora verso di
lui.
«Indovina
chi è il vincitore?» la voce eccitata del ragazzo
colse le
sue orecchie prima ancora che gli occhi scuri di Severus incontrassero
quelli verdi di Harry.
«Lasciami
intuire,» Severus scosse la testa alla vista dei capelli
ancora
più arruffati con cui il ragazzo era tornato dal suo
allenamento
e frenò l'impulso di allungare una mano per sistemarglieli.
Harry
ridacchiò, ormai abituato al tono imperturbabile di Severus.
Vivere assieme a quello che un tempo era stato il più oscuro
e
terrificante dei suoi professori gli stava insegnando ad apprezzare
persino le sue battute più subdole, traguardo che il giovane
mai
si sarebbe aspettato di raggiungere.
«Ah, il
Quidditch, quale
sport meraviglioso,» sospirò Silente, con gli
angoli della
bocca arricciati in un sorriso gioioso, mentre faceva per andarsene.
«Unisce i cuori. Severus, spero di vederti più
spesso tra
il pubblico in vista dell'inizio del campionato scolastico.»
Severus trattenne un grugnito impeccabilmente ed Harry morse a freno la
lingua per evitare di ridere nuovamente. «Sarà
interessante vedere per chi farai il tifo quest'anno,»
sorrise
nuovamente Silente, voltandosi un'ultima volta verso di loro con un
brillio divertito, apparentemente incurante dello sguardo minaccioso
con cui il Pozionista lo aveva immediatamente fulminato.
Stavolta
fu il turno di Ron a dover trattenere un moto di risa, che
tentò
di dissimulare con un paio di goffi colpi di tosse, guadagnandosi quasi
uno scappellotto da parte di Severus. L'uomo si costrinse a digrignare
i denti in una smorfia insofferente; a giudicare dal modo in cui Harry
gli vide serrare le meningi, il ragazzo immaginò il ferreo
controllo che il suo guardiano stata esercitando su se stesso per non
cedere alla collera.
«Immagino
che il mio time-out sia terminato,» sospirò Harry,
cercando di distogliere Severus dalle parole del Preside, per quanto
interessato fosse a scoprire la risposta a quello stesso interrogativo.
«Cosa prevede il programma odierno? Revisione sulle
precedenti
lezioni di Pozioni che non ho assimilato? Una seduta intensiva di
Occlumanzia? Oppure un--»
«Una
doccia,» lo freddò Severus, nel suo impeccabile
humour
inglese, ignorando magistralmente la risata del ragazzo,
«questo
è ciò che ti attende per ora, nulla di
più. Non
arrovellarti sul futuro, per il momento,» proseguì
Severus, mentre iniziavano ad allontanarsi in coda ai ragazzi Weasley,
prima di aggiungere a voce più bassa e melliflua,
«il
resto... sarà una sorpresa.»
Harry
sbatté le palpebre più volte. «Una...
s-sorpresa?» domandò, perdendo tutto a un tratto
il suo
sorriso. Conosceva bene ormai quel tono di Severus e - solitamente -
non portava nulla di buono... «Che genere di
sorpresa...?»
Severus
sorrise di fronte al suo sguardo smarrito, prima di posargli una mano
sulla spalla e guidarlo attraverso il parco.
«Harry,»
sospirò, «che sorpresa sarebbe se la svelassi
ora?»
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«Wow!»
La voce del Ragazzo Sopravvissuto riecheggiò all'interno
della
sconfinata stanza in cui si trovava, rimbalzando contro le infinite
pareti invisibili di cui doveva
essere costituita, ma che il suo occhio umano non poteva cogliere.
«Questo posto è fantastico!»
L'espressione del
giovane di meraviglia si allargò se non di più,
quando la
stanza perseguì nel mutare e prendere gradualmente forma
attorno
a lui, il tutto sotto lo sguardo serio di Severus. «Come ci
riesci?»
Severus
mosse gli occhi su di lui, distogliendo la vista dallo scenario in
evoluzione. «Questa, Harry, è la Stanza delle
Necessità,» illustrò, «la
stanza che
farà al caso nostro per le sedute di addestramento che
terremo.
Per quanto il parco di Hogwarts si presti bene in questo periodo
dell'anno per clima e spazio, lo stesso non si può purtroppo
dire in fatto di discrezione,» continuò l'uomo,
prima di
aggiungere - con una punta di ammonimento nella voce,
«confido
che ciò che ti sto rivelando verrà usato in modo
saggio
da parte tua, e non a danno della tua incolumità o per
futili
motivi.»
Harry
distolse lo sguardo da quella vista incredibile per riportarlo su
Severus, sapendo che il tono di quest'ultimo richiedeva attenzione.
Annuì con convinzione, prima di mettere ordine a quanto
aveva
appena visto per dare voce alla sua curiosità.
«Può
prendere qualsiasi forma?»
«Prende
la forma di tutto ciò che chi la cerca immagina gli possa
servire,» rispose Severus, posando gli occhi sulle alte
vetrate
che lasciavano entrare potenti fasci di luce ad illuminare il pavimento
in legno di faggio, «nessuna stanza è uguale alle
altre.»
Harry
sfiorò con una mano il bordo di un davanzale in marmo
bianco,
grande abbastanza da poterci salire sopra e ammirare la veduta esterna
del parco, sul lago nero e gli alberi dalle fronde sventolanti.
«E nessuno può trovarci, né
vederci?»
domandò nuovamente, pensieroso.
«Esatto,»
Severus lo osservò con cautela; Harry aveva sviluppato il
vizio
di mordersi leggermente il labbro inferiore quando era preoccupato per
qualcosa. Con gli eventi traumatici che avevano sconvolto la sua vita
solo nell'ultimo mese, l'uomo poteva immaginare e comprendere il tipo
di pensieri che potevano attraversare la mente al ragazzo in quel
momento. «Se qualcuno prova a cercare la stanza mentre questa
è occupata da noi, non riuscirà a trovarla,
perché
è predisposta per non apparire,» lo
rassicurò,
«questo luogo - questo aspetto - sono protetti dalla nostra
impronta magica, sia che ci troviamo al suo interno che al suo esterno.
Nessun altro è in grado di ricrearla o di varcarla senza il
nostro consenso e presenza.»
Harry
tornò a guardarlo e gli rivolse un piccolo sorriso grato.
Severus gli stava dimostrando ancora una volta di aver pensato a tutto
pur di assicurare la sua sicurezza e lui non poteva che apprezzare il
gesto. «Quando cominciamo?» chiese, con un brillio
speranzoso negli occhi.
Severus
ricambiò, stendendo le labbra in una piega sottile.
«In
questo istante,» pronunciò, raddrizzando la sua
postura in
un guizzo elegante del mantello, prima di rivolgergli un breve inchino
col capo. «Fuori la bacchetta, Signor Potter.»
Sorpreso,
Harry cercò di ignorare la scarica di adrenalina che gli
aveva
appena percorso la schiena in un brivido. Balzò nuovamente
in
piedi, una mano a pescare nella tasca posteriore la propria arma, prima
di cercare di imitare Severus in un impacciato inchino.
L'uomo
emise un leggero sibilo, che Harry si chiese se non fosse in
realtà una risata dissimulata, dopo di che parlò:
«Schiena dritta, petto in fuori e mano non dominante dietro
la
schiena.»
«V-va bene
così? Severus? Per quanto tempo--?»
«Riposo,»
sospirò Severus, ed Harry avrebbe giurato di aver intravisto
una luce divertita
attraversargli per un istante gli occhi scuri. Ah, allora è
così che stanno le cose? pensò,
cogliendo infine che era stato solo preso in giro.
«Non
è divertente,» bofonchiò il ragazzo,
riprendendo
una postura rilassata per evitare di inciampare su sè stesso.
«Lo
stile, Harry, è un'arte,» replicò
semplicemente
Severus. «Se padroneggiata a dovere, può diventare
un'arma
ancor più letale della bacchetta magica. Se tu avessi
iniziato a
leggere il libro che ti ho affidato ormai più di una
settimana
fa...»
Harry
ascoltò affascinato, mentre la sua mente non poteva che
soffermarsi su un ricordo particolare. «Mi insegnerai a
lanciare
anche gli incantesimi non verbali?» domandò, tutto
a un
tratto più entusiasta, mentre rimembrava i duelli magici a
cui
aveva assistito quando Severus l'aveva tratto in salvo dalla selva
magica intorno alla roccaforte di Voldemort.
Severus
lo fissò per un lungo istante, riuscendo ad ignorare con
sufficiente efficacia l'interruzione del ragazzo. «Dovrai
dimostrarmi di essere pronto con l'Occlumanzia per questo tipo di
lezione, Harry. Gli incanti non verbali prevedono non solo un'altissima
dose di concentrazione e percezione di sé e dell'ambiente
circostante, ma anche un'elevata maestria nel bloccare la mente ad ogni
stimolo esterno attorno a sé.»
Harry
annuì, pensieroso. Severus avrebbe giurato che la sua mente
associativa stesse già indugiando sull'ennesimo nesso
correlante
che gli era balzato in mente in quel momento. La conferma di tale
intuizione non si fece attendere per molto.
«Perché
Silente non ti ha mai affidato l'insegnamento di Difesa Contro le Arti
Oscure? È per via della maledizione?»
Severus
soppesò la sua domanda, prima di avvicinarsi a lui.
«Il
posto è maledetto,» confermò, con voce
calma e
l'espressione concentrata, mentre andava a correggere la postura del
ragazzo, raddrizzandogli schiena, spalle e testa, «ma questa
non
è l'unica preoccupazione del Preside.»
Harry
sollevò lo sguardo su di lui, lasciandosi impostare
finché l'uomo non si ritenne soddisfatto della sua
posizione. La
luce negli occhi di Severus era impassibile come sempre, ma Harry si
sentì coraggioso abbastanza da osare e chiedere un'ulteriore
spiegazione. «Quale altro motivo avrebbe per--»
«No,»
fu la risposta dell'uomo, che ignorò la sorpresa sul volto
del
ragazzo con la stessa coltre distaccata che Harry gli aveva visto usare
in plurime occasioni in passato. «Questa è una
risposta
che dovrai conquistarti, Harry,» proseguì, con una
punta
severa, ma priva di rimprovero. «Ora, ritieni la tua
curiosità sufficientemente placata perché la
nostra prima
lezione abbia inizio?»
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Harry
non avrebbe mai pensato che i postumi della prima sessione di
addestramento potessero essere tanto duri da fargli rimpiangere persino
i dolori muscolari procurati da una partita di Quidditch
particolarmente accanita.
Come
un ammasso infermo di membra doloranti, giaceva ora a pancia in
giù, sul morbido letto dai colori rosso-dorati nella sua
camera,
nella mano sinistra la copia de "Il libro dei cinque anelli"
prestatagli da Severus, aperta alla pagina 31. Un leggero bussare
interruppe momentaneamente la sua lettura e - al suo invito ad entrare
- la sagoma ammantata del suo guardiano fece la sua comparsa, nelle
mani una boccetta di unguento.
«Questo
ti permetterà di disinfiammare i muscoli più
velocemente,» spiegò Severus, una volta che si fu
avvicinato abbastanza al suo letto da sedervici sopra. Il ragazzo
rispose con un sorriso stanco, ma grato, gli occhi brillanti di
riconoscenza e la soddisfazione per come la giornata era trascorsa.
«Vedo che abbiamo deciso finalmente di aprire un libro di
spontanea volontà,» commentò con
ironica
compiacenza Severus, conquistandosi un basso grugnito in risposta.
«Non
c'è molto altro che possa fare, ridotto
così,»
borbottò Harry, alla ricerca di un minimo di consolazione,
lasciandosi sollevare docilmente la maglietta a scoprire il dorso
indolenzito. Ma la risposta graffiante e sarcastica che avrebbe giurato
sarebbe seguita non arrivò mai. Tutto ciò che
ottenne fu
un corto, sibilo sorpreso, a stento trattenuto. «Severus,
cosa--?»
«Avrei
dovuto fermare quello stolto vecchio quando ne ho avuta
l'occasione,» udì Severus soffiare con un
crescendo irato
che Harry non gli sentiva da diverso
tempo ormai. «Petunia Dursley rimpiangerà quello
che ha lasciato accadere in tutti questi anni!»
Harry
sgranò le pupille, orripilato all'idea di ciò che
gli
occhi di Severus potevano osservare in quel momento. L'istinto gli
inviò l'impulso immediato di ruotare su sé stesso
e di
nascondere i segni di vecchie percosse, di cui le più
recenti
risalivano a solo qualche mese prima. Se avesse chiuso gli occhi,
avrebbe potuto vedere medie e piccole costellazioni di vecchi lividi
mai guariti procuratigli da Dudley quando non aveva nessun altro da
usare come punch-ball. Non erano molti, ma quel che bastava per fargli
desiderare di non aver passato così tante ore sotto il sole
rovente a badare al giardino di zio Vernon, a rendere alcune di quelle
ecchimosi di un permanente colore scuro. L'istinto di nascondere
immediatamente quei ricordi e tutta quella mortificazione si fece
più forte in lui. Ma la mano di Severus era insolitamente
calda
e confortante sulla sua schiena che il suo tentativo non
riuscì
a concludersi.
«Harry,»
la voce di Severus parlò, carica di quella stessa premura
che il
ragazzo aveva riconosciuto più volte, mista all'evidente
sforzo
di tenere a freno una ribollente rabbia nei confronti dei parenti del
Grifondoro, «devi dirmi quando è stata l'ultima
volta che
ti hanno fatto questo.»
«N-no, io...
è acqua passata... Non voglio che--»
«Harry, per
favore,» insisté l'uomo, inflessibile e al tempo
stesso rassicurante, «ho bisogno
di sapere quando--»
«No!»
esclamò Harry, iniziando ad agitarsi e riuscendo infine a
ribaltarsi nuovamente supino per impedire a Severus la vista di altri
segni. «Che differenza fa! Hai già visto quello
che mi
hanno fatto tramite le lezioni di Occlumanzia, non voglio rivivere
nuovamente tutta quella... quella vergogna!»
gridò.
Qualcosa
scattò in Severus e Harry lo vide tacere per un attimo, come
colpito da un lampo di consapevolezza che aveva riconosciuto solo in
quel preciso istante. «Harry,» ripeté
l'uomo, la
voce appena incrinata mentre si sforzava di tornare ad un tono
più controllato, nonostante l'ira incandescente che
minacciava
di riaffiorare, «non ho mai visto l'azione in sé,
né tanto meno i segni di questi... questi maltrattamenti in nessuno
dei ricordi che abbiamo rivisitato insieme tramite quelle sedute. Se
le avessi viste,» si interruppe, lasciando passare l'ennesimo
moto d'ira, cosa che sembrava procurargli un'intensa dose di dolore,
prima di costringersi a proseguire con fredda calma, «ti
posso
assicurare che non avrei mai permesso a Vernon e Petunia Dursley di
camminare un solo giorno di più su questa terra con l'unico
ausilio delle loro gambe.»
Harry
raggelò al suo tono di voce. Per quanto Severus si stesse
sforzando di mantenere un tono civile in quel momento, c'era qualcosa
nella vibrazione della sua voce, nell'espressione dolorosa dei suoi
occhi neri, a ricordargli quel giorno nella foresta con Mulciber
inerme, in un lago di sangue. «No,»
ripeté il
ragazzo. «È una storia chiusa adesso... Lui
è in
fin di vita e lei è sola con--»
Severus
soffiò, irato. «Non ti permetterò di
giustificare
ulteriormente ciò che quelle carogne ti hanno fatto, fosse
anche
opera di quella foca obesa che si ritrovano come figlio,» lo
interruppe. «Si tratta di adulti, Harry, adulti coscienti che
erano responsabili del tuo benessere psico-fisico di minore e il cui
unico compito era quello di tutelarti,»
proseguì, trasportato da un coinvolgimento che sembrava
così... personale.
«Devo parlarne immediatamente con Silente.»
«Ho
detto di no!» esclamò nuovamente Harry,
così
atterrito all'idea da apparire quasi nauseato. Dovette aver usato un
tono di voce più forte del normale, perché
sentì
Thor dal soggiorno abbaiare e correre a vedere cosa stava accadendo.
Imbarazzato, prima che Severus potesse riprenderlo, il ragazzo si
affrettò ad aggiungere con voce sottile: «Almeno
non ora. Per favore.»
Lo
sguardo dell'uomo era ancora animato da una furia omicida nei confronti
dei Dursley, che Harry pensò si sarebbe alzato e
materializzato
seduta stante da loro se solo le leggi di Hogwarts glielo avessero permesso. Il giovane lo vide serrare
la mascella con forza per trattenere qualsiasi ulteriore esternazione
d'ira, mentre cercava di riacquisire il controllo. Harry lo aveva visto
così inferocito solo quando Mulciber si era permesso di
insultare sua madre. «Girati,» arrivò
infine il
comando sommesso e inaspettato dell'esperto di Pozioni.
Harry
lo fissò ancora per qualche istante, riluttante a mostrare
nuovamente la schiena a tratti macchiata a Piton. «Che
cosa--»
«Devo
ancora applicare la lozione per i tuoi muscoli,»
sospirò Severus, trattenendo con sforzo il tono brusco che
minacciava di affiorargli alle labbra.
Harry
annuì piano,
accondiscendendo infine alla richiesta e sdraiandosi nuovamente prono
perché Severus potesse procedere con l'unguento rilassante.
Il
medicamento proseguì nel silenzio più totale,
anche se
Harry rimase in allerta ogni qual volta che sentiva l'uomo soffermarsi
più a lungo su una zona particolarmente segnata.
«E-esiste... un modo per farli... sparire del
tutto?»
domandò infine, al termine della procedura.
La
risposta di Severus non si fece attendere molto.
«No,»
rispose con calma, in un tono molto diverso da quello che aveva usato
fino a poco prima, «la magia può curare i segni
causati da
molti incantesimi, all'infuori delle maledizioni,»
spiegò,
«ciò che è provocato da qualcosa di non
magico non
può essere trattato che con le cure tradizionali. Possiamo
ridurne la pigmentazione con degli unguenti naturali, questo
è
quanto siamo in grado di fare al momento.»
«Oh,»
mormorò Harry, senza riuscire a frenare la nota delusa che
gli
aveva impregnato la voce. Il suo sguardo cadde inconsciamente
sull'avambraccio sinistro di Severus, dove sapeva esservi impresso -
sotto uno strato di camicia bianca e di spesso tessuto nero -
l'orribile e indelebile marchio a forma di serpente.
A
Severus non sfuggì la direzione che le sue iridi verdi
avevano
preso prima di rompere il silenzio che aveva permeato la stanza fino ad
allora. «Ci sono segni, cicatrici...»
esordì,
traendo un lungo respiro e soffermandosi brevemente sulla saetta sotto
la fronte del ragazzo, «... da cui non è possibile
guarire
fisicamente.» Harry annuì piano a quelle parole,
abbassando il capo verso un punto non bene identificato del lenzuolo.
«A volte, è però possibile guarirne
interiormente,
anche dopo diversi anni. Quello che non posso tollerare,
invece,»
proseguì Severus, con intensità,
«è che tu,
Harry, provi vergogna per qualcosa di cui non sei
colpevole,» affermò, sottolineando quelle due
minuscole parole dal grande valore.
Harry
sollevò nuovamente gli occhi chiari a quel richiamo, alla
ricerca dello sguardo sicuro e incisivo con sui Severus stava
ricambiando. L'immagine che gli occhialetti rotondi gli restituirono
non era esattamente nitida come si sarebbe aspettato, ma quello che
sapeva era che la luce di consapevolezza nei profondi pozzi scuri del
suo guardiano avevano un non so che di familiare che lo spinsero ad
accettare quelle parole come la liberazione che tanto aveva atteso e
che mai era arrivata fino a quel momento.
«Io...»
Harry trovò difficile organizzare i pensieri.
Cercò
nuovamente Severus, sopraffatto dalle emozioni, mentre avvertiva la
vista farsi ancor più appannata. «... Ho pensato
di...di meritarlo...
per così tanto
tempo...»
Vide
la mano destra di Severus muoversi e andare a saldarsi in modo fermo
nell'incavo tra la sua spalla e il suo collo, in una presa rassicurante
e al tempo stesso affettuosa. «Lo so,»
mormorò piano
l'uomo, tracciando un breve cerchio con il pollice sulla guancia del
giovane, mentre ne contemplava gli occhi carichi di lacrime mai
versate, «lo so, ragazzo mio,» ripeté,
attirandolo
lentamente contro di sé, in una stretta intensa.
Harry
inspirò nel calore delle vesti di Severus, trovando conforto
nella familiarità di quel gesto e sentendo la morsa dei
sensi di
colpa, della vergogna, allentare la presa su sé stesso con
l'intensificarsi dell'abbraccio.
Harry vi sfogò
finalmente anni di abusi emotivi e non.
Poté piangervi le
morte dei suoi genitori, di Cedric e persino l'infermità di
Sirius.
La strada verso l'auto-perdono
sarebbe stata lunga e tortuosa, già lo sapeva.
Ma questa si era almeno - finalmente,
realizzò, in un'inaspettata ondata di sollievo - avviata.
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«Tu sapevi... sapevi, e non hai
detto nulla?»
«Severus--»
«Tanti
anni passati in quella maledetta casa a subire maltrattamenti e
mortificazioni da chi avrebbe dovuto tenerlo al sicuro e tu non hai mai
pensato
di fargli una dannata visita?
Una visita, Albus!»
«Ho
provato più volte invece, Severus, ma - come sai bene -
Petunia
non ama la presenza di maghi attorno casa e se avesse rifiutato
di donare la protezione a Harry--»
«Non avevi nessun
diritto di scegliere per tutti noi, né tantomeno per il
ragazzo. Nessun diritto!»
Il
viso di Severus era una maschera di rabbia implacabile. Le pupille nere
erano dilatate, immobili in quelle azzurrine dell'anziano uomo che
aveva sempre considerato come la figura più vicina ad un
padre
che avesse mai avuto. Ora, tutto l'affetto che credeva di aver provato
un tempo, tutto il rispetto che aveva riposto nella sua persona, gli
sembravano ormai solo un lontano ricordo, un'ideale di qualcosa che era
esistito solo nella testa di un altro ragazzo un tempo maltrattato e
trascurato a sua volta da chi invece avrebbe dovuto proteggerlo,
proprio come Harry Potter.
«È
vero quello che Severus sta dicendo, Albus?» intervenne
Minerva,
avvicinandosi a sua volta alla scrivania - con l'aiuto di un
bastone del quale si serviva da quando era stata ufficialmente
riabilitata in servizio, in occasione dell'inizio ormai prossimo
dell'anno accademico. Quasi supplicando il suo vecchio amico con lo
sguardo, nella vana speranza che questo avrebbe aiutato a sfatare ogni
dubbio recentemente emerso, la donna si appoggiò sul piano
in
quercia massiccia, ricoperto
da tutti quei buffi oggetti argentati che neanche in quel momento tanto
drammatico cessavano di emettere i loro singolari rumori. «Ti avevo
avvertito che quei Babbani erano persone orribili, ma mi avevi
assicurato che Harry sarebbe stato al
sicuro...»
«E
così è stato per tanti anni, Minerva,»
parlò
infine Silente. «Da Lord Voldemort, per lo meno. Non potevo
immaginare fino a che punto si sarebbe estesa la noncuranza di Petunia
Dursley e di--»
Severus
emise un grugnito più simile a un basso ringhio.
«Vuoi
farmi credere che questo piccolo dettaglio ti era sconosciuto? Che non
lo hai minimamente ponderato all'interno del tuo grande schema per
rendere Potter un martire? Il Ragazzo
Sopravvissuto,
cresciuto in una famiglia di violenti Babbani, idolatrato dall'intero
mondo magico per le sue umili origini e per il suo passato
tragico--»
«Severus,
so che questo tema ti tocca particolarmente da vicino, ma--»
«Non-Osare!»
esplose l'uomo in nero, scosso dalla rabbia mentre puntava un dito
accusatorio contro il Preside. «Nessuno meritava questo
destino,
né tantomeno il figlio di Lily! E non attaccarti alla storia
della protezione magica, perché avremmo trovato altri modi
per
tenerlo al sicuro--!»
«Non
potevo sapere che suo cugino sarebbe cresciuto tanto violento da
bullizzarlo a tal punto, un giorno,» si difese stancamente
Silente, gli occhi insolitamente lucidi dietro agli occhialetti a
mezzaluna. «E quali altri modi,
Severus?» Seguì una lunga, estenuante pausa,
durante la
quale le iridi azzurrine del vecchio mago tentarono di penetrare a
fondo in quelli neri dell'uomo più giovane. «La
notte in
cui per primo arrivasti a casa dei Potter quattordici anni fa - prima
che Hagrid potesse recuperare il ragazzo, avresti--?»
«Non--»
Severus si interruppe, lasciando passare un'acuta fitta di dolore,
frenando l'impulso di maledire Silente una volta per tutte,
«non
parlare mai
più di
quella notte,» digrignò, in una chiara minaccia.
«Voglio che d'ora in avanti tu stia il più lontano
possibile dal ragazzo,» aggiunse in un'ultima sferzata, prima
di
girare i tacchi e allontanarsi con subitanea ferocia dall'ufficio
rotondo. A nulla valse il tentativo di Silente di richiamarlo indietro,
di farlo tornare per provare a ragionare con calma. Il cieco rancore e
la delusione provati in quel momento dall'Esperto di Pozioni nei
confronti del proprio mentore erano più forti di qualunque
altro
sentimento gli stesse attraversando ogni fibra del corpo in quel
momento.
Avresti
preso Harry con te come se fosse tuo?
Risparmiandogli
anni di sofferenza e un'infanzia infelice?
Dopo
essere stato la causa primaria del suo essere orfano?
Il
vero unico
artefice di quella dannata sera e il portavoce di quella stramaledetta
profezia che aveva sancito per sempre il destino di Potter, Lily, Harry
e...?
Persino
il suo.
Erano
davvero i Dursley, i responsabili della misera vita condotta
dall'ignaro Grifondoro fino a quel momento?
Severus
poteva ancora sentire quella voce nella propria testa, che non era del
tutto la voce di Silente. No, al vecchio stolto si potevano
rimproverare molte cose, ma non gli si poteva attribuire anche
quest'ultimo merito.
Stringendo
le meningi, dilaniato da quell'atroce senso di colpa mai sopitosi
nonostante il tempo trascorso, l'uomo raggiunse le alte cancellate di
Hogwarts senza nemmeno accorgersi di aver attraversato diverse ali del
castello e l'intero parco tanto rapidamente e immerso in sé.
Quello che aveva compiuto, era ciò che era abituato a fare
perché quel maledetto bruciore nel petto, quella terribile
sensazione di pentimento inarrestabile potessero attenuarsi.
L'unico modo esistente era
sempre stato uno solo.
Rispondere alla chiamata del
Marchio Nero.
Severus sollevò
l'avambraccio sinistro, fissando l'arto coperto con un misto tra odio e
desiderio.
Un tempo, avrebbe potuto
scegliere senza esitare.
Ora, rispondere a quella
necessità avrebbe voluto dire andare incontro ad una morte
certa e inevitabile.
Se
prima quest'ultima eventualità non lo avrebbe sconvolto
minimamente, il ruolo che aveva iniziato a ricoprire nella vita di
Harry da qualche tempo a quella parte e la sua
responsabilità
verso il ragazzo, gli impedivano tuttavia ora di agire così
sconsideratamente, obbligandolo ad una frustrante inazione.
«Dove stai
andando?»
Severus
sì voltò nel riconoscere la voce del giovane
Grifondoro,
la solita maschera priva di emozioni già in posizione sul
viso,
pronto ad affrontare la domanda appena postagli. Internamente, si
maledì per aver - dopo i recenti sviluppi - momentaneamente
rimosso dalla mente che il ragazzo sarebbe stato da Hagrid quel
pomeriggio, a trovare l'amico mezzo-gigante ormai quasi ripresosi dalla
sua convalescenza.
«Da
nessuna parte,» replicò imperturbabile. Harry
inarcò un sopracciglio in modo molto simile al suo e Severus
si
domandò istintivamente se questa fosse una nuova
peculiarità assunta da Potter solo di recente.
«Siamo in
un parco, Signor Potter, dove credi che crescano le piante di cui mi
servo per il mio lavoro?» mentì, risparmiandogli
la cruda
e nuda verità.
Harry
soppesò la sua risposta, apparentemente convinto dal suo
tono
accademico. «Non starai pensando di andare dai... dai
Dursley,
vero?» domandò poi, dopo qualche istante.
Solo sentire quel nome faceva
sì che l'intestino di Severus si arroventasse
improvvisamente.
«Imparerai
che difficilmente rompo le promesse che faccio,» si costrinse
invece a rispondere, tornando lentamente sui propri passi per
avvicinarsi al giovane e all'inseparabile enorme mastino napoletano che
sembrava ormai accompagnare il ragazzo dappertutto, «nel bene
e
nel male. Se avessi voluto andare da quelle orribili persone lo avrei
fatto con molta più-- enfasi.»
Harry
soffocò un grugnito, ma l'espressione sul suo volto appariva
ora
decisamente più sollevata. «Grazie,»
mormorò,
«lo apprezzo davvero,» rimarcò sincero,
riconoscendo
quanto dovesse costare a Severus fare quello sforzo. «So che
prima o poi dovrò affrontarli-- affrontare quel momento. Ma
vorrei che non fosse ora, almeno non-- sotto le circostanze in cui si
trovano adesso» proseguì. Sapeva che sarebbe stata
solo
questione di tempo prima che l'uomo avrebbe reclamato un incontro con i
Dursley, ma il fatto di avergli strappato un minimo compromesso
riguardo a quando
quel
momento sarebbe giunto, lo rendeva quantomeno più sereno. Mi
avanza ancora qualche minuto prima della nostra lezione nella Stanza
delle Necessità? Pensavo di andare a trovare Sirius in
infermeria dato che presto non avrò più molto
tempo per
fargli visita con l'inizio della scuola.»
Severus
attese qualche minuto prima di rispondere. «Puoi
visitarlo,» annuì l'uomo, ma il suo tono grave
fece
intuire a Harry che c'era dell'altro. «È tuttavia
bene che
tu sappia che - con la ripresa delle lezioni - l'Ordine
intenderà spostare Black da Hogwarts a Grimmauld
Place.»
Le sopracciglia di Harry
schizzarono in alto come se mosse da un ingranaggio a molla.
«Ma... ma perché?»
«Perché
agli occhi del mondo magico resta un pericoloso ricercato. Il rischio
che si venga a sapere di lui è troppo grande,»
spiegò Piton, mentre incominciavano a ripercorrere il
tragitto a
ritroso verso il castello. «Neanche un incanto di
disillusione
potrebbe garantire la sua sicurezza, qualche studente più
grande, esperto, un professore ignaro o persino un Mangiamorte sotto
copertura potrebbero venire a sapere di lui più facilmente
di
quello che pensi, nonostante la sua attuale forma canina. D'altro
canto,» proseguì Severus con una drammatica pausa,
«trattasi di ordini di Silente.»
Harry sbuffò
contrariato. «Quando pensava di dirmelo?» si
lamentò, deluso e contrariato dalla notizia.
Severus
non rispose immediatamente, sapendo che quella di Harry altro non era
che una domanda retorica. «Focalizza la mente,
Harry,»
disse infine, non senza una piccola dose di rimprovero.
«L'anno
scolastico inizierà tra due giorni e ciò di cui
hai
bisogno è sgombrare la mente da pensieri superflui e
rimuginanti. La tua testa dovrà restare concentrata
esclusivamente sui tuoi studi, sulle nostre sezioni di allenamento e -
ultimo, ma più fondamentale tra tutti - sullo stare lontano
dai
guai,» sottolineò.
«Suona proprio come
un anno divertente questo,» commentò Harry
sarcastico, pentendosene quasi immediatamente.
«Come,
prego?»
«E-Ehm,
intendevo solo dire che non vedo l'ora di prender parte al nuovo anno
accademico,» cercò di correggersi, impacciato,
passandosi
una mano dietro la nuca in un gesto nervoso.
«Harry
Potter,» sospirò Severus, mentre scuoteva piano la
testa
con gli occhi rivolti al cielo e un'espressione esageratamente
esasperata in volto, «dovremo continuare a lavorare sulle tue
doti occlumantiche ancora per parecchio tempo, a quanto
pare.»
L'angolo assunto dalle labbra di Severus, ora lievemente arricciate in
un mezzo sorriso sarcastico era diventato per Harry così
familiare che il ragazzo lo interpretò con estrema sicurezza.
«Ah
sì?» replicò a sua volta, lo sguardo
ancor
più vistosamente scherzoso di quello del suo guardiano,
mentre
si girava brevemente a calcolare la distanza che li separava dalla
grande scalinata che conduceva all'ingresso del castello.
«Che ne
dici di una corsa?»
Severus emise un leggero
soffio di scherno. «Io non corro, Harry, l'hai
forse dimenticato?» pronunciando la terza parola come se
fosse una specie di insulto.
«Oh certo, fa parte
dell'importanza per lo stile,
come ho fatto a... un,
due, tre, via!»
Harry scattò in avanti senza preavviso e senza dare all'uomo
il
tempo di reagire, il viso contratto in un ghigno divertito e
determinato, con negli occhi solo la meta che si era stabilito. Thor lo
seguì a ruota, scodinzolando e abbaiando come un matto,
evidentemente felice di godersi una meritata scorrazzata nel parco.
«Har--Potter!»
Harry rise, senza dare cenno
di volersi fermare, divertito dal brusco cambio di appellativo da parte
di Severus. O, almeno, cercò
di continuare a non fermarsi, finché non si rese conto che
qualcosa - a pochi metri dal tanto agognato traguardo - gli impediva di
sollevare ulteriormente i piedi e di muovere le gambe, improvvisamente
bloccate dall'erba finemente bagnata di rugiada.
«Hey,»
esclamò, rivolgendo uno sguardo indignato a Severus,
«questo è sleale!»
«Protesta
quanto vuoi,» replicò quest'ultimo in tono
mellifluo,
sorridendogli amabilmente, prima di portarsi lentamente davanti a lui e
di superarlo con grazia, «ma in guerra e in competizione
tutto
è concesso, Harry, per un attimo ho pensato di avertelo
insegnato.»
Harry
si concesse di riprendere fiato per qualche istante e sentì
che
Severus aveva infine sciolto l'incantesimo non verbale lanciatogli poco
prima. Mentre cercava di fare del suo meglio per mascherare la malsana
idea che - se portata a termine - sapeva avrebbe ribaltato le sorti di
quella piccola sfida improvvisata, Harry si portò due dita
alle
labbra e vi fischiò forte, ricercando l'attenzione di Thor e
approfittando della distrazione di Severus, ormai di spalle.
«Forza, Thor! Prendi, bello!» gridò,
mimando di
lanciare qualcosa oltre all'alta figura dell'uomo in nero e ottenendo
esattamente quello in cui aveva sperato: troppo preso dall'eccitazione,
il grosso mastino si lanciò all'inseguimento dell'oggetto
invisibile completamente alla cieca, irrompendo nella traiettoria di
Severus e travolgendolo senza dolo, prima di farlo ruzzolare con impeto
in un gran svolazzare di peli, bava e erba bagnata.
Dopo
un primo momento di sconcerto più totale per il risultato
ottenuto, Harry cercò di trattenere la fragorosa risata che
minacciava di sfuggirgli le labbra da un momento all'altro e fece per
avvicinarsi all'uomo a terra, già intento a ripulirsi dalle
vesti la montagna di sporco in cui era piombato.
«Bestiaccia
maleodorante,» borbottò Severus, scuotendo il
grosso da
seduto, prima di estrarre la bacchetta per ultimare l'opera.
Harry
non poté fare a meno di scuotere la testa, consapevole
dell'esagerazione messa in atto dall'uomo. Il ragazzo lo aveva beccato
più di una volta, mentre Severus pensava di non essere
visto, a
viziare il grosso cane nero con qualche premio aggiuntivo o distratta
carezza sulla testa. Una volta portatosi davanti all'uomo, con in viso
un'espressione credibilmente rammaricata e sinceramente dispiaciuto per
le conseguenze del suo scherzo innocente,
Harry offrì una mano a Severus, in segno di cavalleria.
Severus la
considerò per qualche istante, prima di accettarla e - con
un diabolico sogghigno - tirare
con forza. Preso alla sprovvista, Harry piombò a terra
accanto a
lui, la caduta attutita da un incantesimo che il ragazzo non
udì
ma che sapeva essere stato lanciato, vista la totale assenza di dolore
al suo fondoschiena. Ancora scioccato dalla rapida successione di
eventi, Harry sollevò uno sguardo stupito su Severus, che
torreggiava già su di lui - in piedi e del tutto ripulito da
ogni traccia di polvere e sporcizia.
«Sì?»
giunse la voce melliflua di Severus, di fronte allo sguardo
interrogativo e spaesato del giovane Grifondoro.
«T-tu...
tu...» balbettò il ragazzo, ancora senza parole.
«Oh
cielo, oh cielo,» Severus scosse drammaticamente la testa,
mormorando dolcemente, «forse avrei dovuto aggiungere lezioni
di
eloquenza oltre a quelle di auto-difesa e Occlumanzia...»
Harry
lasciò andare il respiro che aveva inconsciamente trattenuto
fino a quel momento, in un soffio incredulo mentre la realizzazione lo
colpiva solo in quel momento. L'uomo aveva davvero appena giocato con lui...?
Prima
che Severus potesse chiedergli se avesse per caso battuto la testa
accidentalmente nonostante l'Incanto-Cuscino gettato all'ultimo
momento, Harry si risvegliò dal suo intorpidimento, balzando
in
piedi con rinnovato entusiasmo.
«Possiamo farlo di
nuovo?»
Severus
inarcò un sopracciglio, un angolo della bocca nuovamente
arricciato in un sorrisetto degno del Direttore di Serpeverde.
«Da quando cadere nell'erba bagnata dalla saliva di un cane
è diventato un divertente passatempo?»
«Intendo
passare del tempo così più spesso!»
esclamò
Harry, prima di lasciarsi andare ad una esaltante lista di
attività snocciolate una dietro l'altra. «Anche
con
l'inizio della scuola, voglio dire,» proseguì poi
più calmo, con una nota speranzosa nella voce.
Severus
lo fissò per un lungo istante, prima che riprendessero il
cammino per addentrarsi nel castello. «Harry,»
sospirò, «il fatto di dover tornare a dormire alla
Torre
di Grifondoro per mantenere le apparenze e tornare ad una "parvenza" di
normalità non cambierà mai quello che abbiamo
costruito
in questi mesi, lo sai, vero? Avrai sempre una casa a cui
tornare.»
Con
il petto rigonfio di orgoglio, Harry sorrise radioso, nel primo pieno
sorriso di pura gioia che avesse mai sfoggiato in tutta quella lunga
estate. «Lo so,» disse, guardando Severus con un
misto di
gratitudine e affetto profondo, «ma non c'è niente
di
meglio che sentirtelo dire, soprattutto prima che tu possa tornare a
togliermi punti per... l'ultimo
che arriva cucina alla maniera babbana stasera!»
Severus
lo guardò schizzar via verso l'arco laterale alla Sala
Grande
che portava ai piani inferiori, in uno slancio energetico non da pochi.
«Piccola serpe
mancata,»
mormorò l'uomo tra sé e sé scuotendo
la testa,
prima di seguirlo a passo svelto in un veloce volteggiare delle
voluminosi vesti neri, nella stessa direzione presa dal ragazzo.
Verso i sotterranei.
Verso... casa.
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