Capitolo 5-
L’appendiabiti
-Fammi capire
bene, ti
paga di più per…?- domandò Ayame.
-Hai capito bene- la liquidò
Rin, la quale sperava di non ricevere l’ennesimo commento che
insinuasse un
rapporto di tipo sessuale tra lei e il suo capo.
La yasha la
guardò
accigliata, non sapeva se crederle o meno. Nel
frattempo Rin
iniziò i suoi esercizi di stretching e poggiò il
piede sulla panchina per poter
stirare al meglio il muscolo. Era molto
accaldata per
colpa della corsa di qualche minuto prima: quando potevano, lei e Ayame
andavano a correre nel parco per scaricare un po’ di
tensione. L’unico
inconveniente era che Ayame era più veloce e con una
resistenza maggiore.
Dopotutto lei era solo una piccola umana, niente a che vedere con la
forza di
un qualsiasi demone.
-Sei sicura che
non
voglia in cambio delle prestazioni…-
“Ti
prego non dirlo!”
pensò Rin dentro di sé.
-…Sessuali?-
Rin
sospirò rassegnata.
Con Ayame era a quota tre persone con quella domanda.
-Guardami in
faccia, ti
sembro la tipa?- le disse lei leggermente indignata.
Ayame
alzò le mani al
cielo in segno di difesa.
-Non sto dicendo
questo, dico solo che è strano che ti abbia proposto un
aumento considerevole,
visto che rispetto a prima le tue mansioni a casa sua non hanno subito
un
cambiamento così radicale-
Questo lo diceva
lei, a
dirla tutta Rin ne aveva tratto un grande vantaggio: poteva ora
permettersi di
non fare la babysitter a quelle pesti che aveva preso in carico, in
più
guadagnava abbastanza da poter investire negli strumenti da artista:
penne,
matite, blocchi da disegno e altro ancora finalmente nuovi di zecca.
Qualche volta tornava a
Shibuya la domenica per disegnare, era un’abitudine che le
piaceva continuare
ad avere. Solo che le ultime volte si era permessa di farlo seduta al
tavolino
di un bar carino, accompagnata da una tazza di tè fumante.
Ogni tanto faceva
ancora ritratti a pagamento, ma non per necessità, era
più un piacere e uno
spunto per la creazione di qualche personaggio da mettere in un suo
futuro
manga.
Nella sua testa era
ancora alla ricerca dell’ispirazione perfetta, la storia
geniale che le avrebbe
permesso di sfondare nel mondo delle mangaka.
Negli ultimi tempi,
quando tornava da casa di Sesshomaru, si era dedicata ad una serie di
episodi
autoconclusivi che raccontavano le avventure di una cameriera un
po’ maldestra,
a servizio di un capo freddo e glaciale. Un po’ il ritratto
di lei e il suo
capo.
Da quando aveva
ricevuto quell’aumento e promozione al lavoro, non si erano
sprecati gli
episodi comici tra lei e il demone.
Tra le sue nuove
mansioni era previsto anche che pulisse l’appartamento due
volte alla settimana
e che preparasse un pasto decente per la sera. Una donna di servizio in
piena
regola, ma la cosa non era così tragica dal momento che il
padrone di casa
sembrasse non abitare lì: ogni volta che si rimboccava le
maniche per pulire,
si rendeva conto che la casa era esattamente come l’aveva
lasciata la volta
prima e cioè pulita. Non un capello
fuori
posto, un filo di polvere. Era quasi ridicolo per lei, ma meglio
così perché
voleva dire soldi certi per un lavoro per nulla faticoso. Il grosso del
lavoro
era sempre stirare il bucato, ma a quello c’era abituata e lo
vedeva come un
esercizio per allenare le braccia da disegnatrice.
Anche preparare i pasti
era semplice: fortunatamente le piaceva cucinare e aveva qualche
ricetta
collaudata. E di nuovo qui, il suo demone capo non sembrava
chissà quanto
interessato a mangiare.
Alcune volte del
mese
andava un terzo giorno nell’appartamento per sistemare la
posta e altre piccole
faccende.
I primi tempi
operava
sempre da sola, ma da qualche settimana capitava che Sesshomaru
rientrasse
presto dal lavoro. Anche se poi la maggior parte del tempo si metteva
sul
divano con il portatile sulle gambe e continuava a lavorare.
All’inizio Rin si era
sentita intimorita dalla sua presenza, ma con il passare del tempo la
curiosità
aveva preso il sopravvento e da alcune semplici domande era riuscita ad
instaurare una sorta di dialogo tra loro.
Questo dettaglio
però
non lo aveva condiviso con nessuno, nemmeno con le sue amiche, secondo
lei poco
inclini a cercare di vedere le cose da un altro punto di vista.
Immaginava la
scena: Sango che avrebbe preso spunto dalla situazione di Rin per
immaginare
Miroku in atteggiamenti intimi con le sue colleghe; Ayame, come stava
facendo
in quel momento, avrebbe fatto allusioni di ben altro tipo; mentre
Kagome forse
non l’avrebbe nemmeno ascoltata, troppo presa dalla sua
relazione con
Inu-Yasha.
Ah,sì… lo avevano
conosciuto lei e Ayame. E Rin per poco non era collassata
dall’emozione: era
identico a Sesshomaru. Cioè, senza
orecchie
appuntite da youkai e con un atteggiamento più…
meno… beh, meno elegante, Rin
dovette ammetterlo. Se Sesshomaru era
posato e silenzioso, Inu-Yasha era rumoroso e a tratti anche rozzo.
Avevano
organizzato
un’uscita con gli amici di Miroku e con la scusa di passare
una serata con un
gruppo di persone erano riuscite a dare un volto al nuovo ragazzo di
Kagome.
Ma durante quella
serata, la povera Rin rischiò di lasciarci le penne una
seconda volta, più
precisamente aveva rischiato la morte per soffocamento con il suo vino.
Perché
quel genio di Ayame aveva avuto la fantastica idea di domandare al
mezzo demone
se avesse un demone completo come fratellastro che rispondeva al nome
di
Sesshomaru.
Ebbene, la
risposta fu
affermativa. E Rin tossì fino a diventare rossa per lo
sforzo.
Si chiese quando le
coincidenze astrali nella sua vita avessero deciso di farsi
così palesi.
Rin prese il
telefono e
guardò l’ora.
-Tra poco devo
tornare
a casa a preparare la cena- disse alla yasha ignorando il discorso che
le aveva
fatto poco prima.
Si rimise il
telefono
in tasca e poco prima di salutare la sua amica le disse:- Fossi in te
mi
preoccuperei di un bel demone lupo, che quella sera da Miroku non ti
staccava
gli occhi di dosso…-
Ayame
arrossì e Rin
dentro di sé esultò. Aveva fatto centro.
-Non so di cosa
tu stia
parlando- mentì la rossa, alzando il naso in segno di
indignazione.
-Lo sai che sei pessima
quando dici le bugie?- le disse Rin come ultima cosa, prima di
dirigersi verso
casa.
Quando
rientrò, trovò
la casa avvolta dall’oscurità. Sapeva che i suoi
erano fuori quella sera per
una cena tra amici del liceo. Era stata lei la
prima
ad incoraggiarli ad andare: si spaccavano la schiena dietro a quel
banco di
frutta la mercato e avevano il diritto a svagarsi una sera.
Accese la luce in
cucina e trovò un bigliettino sul tavolo, dove la sorella le
diceva che si
sarebbe fermata a dormire dalla sua migliore amica.
Rin aggrottò le
sopracciglia. Era davvero curiosa di sapere quale fosse il vero nome
della
“migliore amica” in questione. Le fece quasi venire
una vena di nostalgia
pensare ai tempi in cui anche lei usava questo genere di scuse con i
suoi per
potersi vivere un po’ d’intimità con i
primi fidanzatini.
Poiché
era sola, non
aveva molta voglia di mettersi a cucinare, quindi scaldò
qualche avanzo nel
frigo e mangiò del gelato, poi si ritirò in
camera sua per mettersi un po’ a
disegnare.
Da qualche tempo le
frullava in mente un’idea per un manga che avrebbe potuto
proporre a qualche
casa editrice. La storia era in fase embrionale, ma sapeva che le
sarebbe
piaciuto ambientarla in un epoca lontana, non moderna. Magari
l’epoca Sengoku…
la cosa le stuzzicava una serie di conoscenze che aveva appreso nel
corso degli
anni sulla storia mitica del Giappone. Forse
quei pomeriggi
interminabili ad ascoltare i deliri del nonno di Kagome al tempio di
famiglia
erano serviti a qualcosa, o sarebbero tornati utili un domani.
Prese un foglio
e
iniziò a sbozzare alcuni dei personaggi.
Mentre disegnava in
preda all’euforia, sentì il telefono vibrare sul
tavolo.
Un messaggio. Di
Sesshomaru.
Rin lo aprì e vide il
messaggio in cui lui le chiedeva di recarsi a casa sua
l’indomani mattina per svolgere
alcune faccende extra.
La ragazza si chiese
cosa potessero essere queste faccende extra. Posò il
telefono e si dedicò alle
storie brevi che aggiornava quotidianamente sul suo blog e che,
fortunatamente,
avevano un certo seguito.
Il giorno dopo, poiché
era sabato mattina, trovò poca gente in giro per le strade
di Tokyo. Anche
quella volta aveva preso in prestito la bicicletta di Kanna, ma il
prossimo
mese si sarebbe fatta un regalo e ne avrebbe comprato una tutta per
lei, perché
aveva riscoperto il piacere di muoversi con quel mezzo e inoltre era
scesa di
qualche chilo sulla bilancia, il che non era per niente male.
Arrivò
all’ora che il
demone le aveva chiesto.
Usò le chiavi senza
bisogno di bussare, sapeva che Sesshomaru non si sarebbe mai degnato di
aprire
la porta a qualcuno, figuriamoci ad una persona che lavorava per lui.
Al
massimo lo avrebbe fatto con qualcuno particolarmente fastidioso, ma
per sbatterlo
fuori, non per accoglierlo.
Quando entrò, vide che
l’appartamento era già inondato dai raggi
solari… il bello di essere ricchi e
avere un appartamento all’ultimo piano!
La ragazza si
aspettava
di non trovare nessuno, convinta che Sesshomaru fosse in giro per
chissà quale
viaggio di affari. E invece lo vide seduto sull’alto
sgabello, poggiato con i
gomiti sull’isola della cucina. Una semplice tazza di
caffè in una mano e
nell’altra un paio di fogli con una serie di numeri sopra.
-Oh, buongiorno-
disse
Rin accennando un sorriso e togliendosi di dosso il cappotto.
Lui non mosse il
viso,
si limitò a rivolgerle uno sguardo di sfuggita, emettere una
sorta di grugnito,
per poi tornare a dedicarsi alle sue carte. Rin
si guardò intorno,
per capire cosa ci fosse da fare. Si rese conto che quella mattina ci
avrebbe
messo più tempo del solito, poiché la casa
sembrava più in disordine del
solito. Inarcò un sopracciglio, perplessa.
Non era da
Sesshomaru
lasciare un disordine del genere, non sembrava nemmeno casa sua. Si
diresse verso il
lavandino e afferrò una pezza per iniziare a ripulire i
fornelli del casino che
era stato fatto.
-Hai dato una
festa?-
domandò Rin, mentre sfregava sulla superficie lucida. Da
quando era entrata in
confidenza con lui gli dava del tu. Non che lui glielo avesse detto
esplicitamente, ma non avendole mai detto che non doveva farlo, lei
prese quel
silenzio per assenso.
-No- rispose lapidario.
-E questo casino? Non è
da te- continuò Rin. Era più che mai decisa a
scoprire cosa fosse successo,
anche perché se si fosse trattato di un evento straordinario
voleva saperlo.
-Infatti non l’ho fatto
io-
Rin si voltò di scatto,
la bocca spalancata in maniera esagerata per sottolineare lo stupore.
-Una donna? Non
dirmi
che hai portato una donna qui!- strillò lei, ridendo
divertita.
Se c’era qualcosa che
le piaceva di quel lavoro era il rapporto di confidenza, un
po’ inusuale, che
si stava creando tra lei e Sesshomaru. Rin trovava simpatico avere
l’opportunità di rivolgersi così ad uno
youkai. In quell’epoca non era
difficile vedere umani in compagnia di demoni e anche le strade
pullulavano di
hanyou, testimonianza vivente di relazioni miste, ormai non
più stigmatizzate
come in passato.
-Non porto
nessuno qui-
sottolineò il demone, sorseggiando il suo caffè.
Già, se c’era una cosa
che Rin aveva imparato a capire era che Sesshomaru non permetteva a
nessuna
donna di entrare nel suo piccolo mondo. Piuttosto andava lui da loro,
per poi
tornare. O almeno così Rin pensava, non era mai entrata
troppo nel dettaglio e
per il momento non le sembrava il caso di permettersi certe
libertà.
-Qualcuno è venuto qui
senza il mio permesso- ringhiò sommessamente lui.
Rin continuava a non
capire.
-Oltre a me chi ha le
chiavi? Non credo che Jinenji sia il tipo da…-
-Non è di lui che sto
parlando- la interruppe subito.
La ragazza lo
guardò
per un po’, ma siccome il demone non accennava a pronunciare
un’altra parola,
capì che era meglio continuare a lavorare, altrimenti non
sarebbe tornata a
casa prima di cena. Di lavoro ce n’era, non poteva perdere
tempo, considerato
il fatto che avrebbe dovuto vedere le sue amiche per un drink.
“Una serata alla
Sex and the city” diceva sempre Ayame, che nonostante fosse
quella più occupata
con il lavoro, era l’unica che aveva sempre voglia di fare
qualcosa.
Prima di tornare
all’incrostazione di sporco, l’occhio le cadde su
un catalogo piuttosto alto di
una casa d’aste.
-Hai intenzione
di
comprare delle opere d’arte?-
Sesshomaru annuì.
-Wow, allora se vuoi
posso darti una mano. Sai che io ho studiato storia
dell’arte?- disse lei,
fiondandosi avida sulla rivista.
-Me lo hai già detto
almeno quattro volte- le comunicò lui.
Rin abbandonò la
rivista, leggermente in imbarazzo: non le piaceva quando sottolineavano
il
fatto che fosse ripetitiva. Era uno dei suoi più grandi
difetti: quando le
piaceva qualcosa, tendeva a ripeterlo all’infinito, non
considerando il fatto
che magari alle altre persone quell’informazione non
interessava proprio.
-Chiedo scusa,
non
volevo essere logorroica. Sarà meglio che torni al lavoro-
-Starò fuori tutto il
giorno, devo sbrigare delle faccende di lavoro prima della partenza-
-Viaggio di piacere?-
chiese Rin, mentre si apprestava a mettere i piatti sporchi nella
lavastoviglie.
Lui si alzò dallo
sgabello e Rin ebbe l’impressione che fosse sempre
più alto ogni volta che lo
vedeva.
-Affari- fu la sua
risposta.
Un po’
Rin lo invidiava
per tutti quegli innumerevoli viaggi d’affari, almeno lui
poteva ammirare città
straniere e farlo nel comfort più totale. Non come lei che
il massimo del
viaggio che aveva intrapreso, era quello alla volta di Sapporo da sua
nonna, su
un treno scadente e puzzolente.
Sesshomaru si dileguò e
riapparve poco dopo vestito di tutto punto per andare in ufficio. Non
era un
mistero come facesse ad avere tutti quei soldi, in qualche modo doveva
pur
guadagnarseli e meritarseli.
-Non so quanto
starò
via- disse lui guardando l’orologio che indossava al polso.
Rin gli rispose in
maniera simpatica, portandosi una mano vicino alla fronte a
mo’ di saluto
militare e disse:- Nessun problema, signore. Sarà tutto
lindo e pinto quando
tornerà a casa-
Lui non disse nulla e
Rin si domandò se la stesse trovando ridicola. Poi lui si
voltò ed uscì senza
salutare. La ragazza fece spallucce, perché tanto ormai
aveva capito che non lo
faceva perché la trovasse antipatica, ma proprio
perché lui era fatto così. Una
volta elaborato l’ultimo pensiero, Rin decise di non farsi
più distrarre e si
mise a pulire seriamente ogni superficie della casa: era il momento di
dimostrare che tutti quei soldi che le dava erano ben spesi.
Dopo che ebbe
anche
pranzato, Rin passò alla montagna di camicie che
l’attendevano in lavanderia.
Mentre il pomeriggio
avanzava e le camicie stropicciate diminuivano di numero, Rin
sentì la porta
aprirsi. Le sembrò strano che Sesshomaru fosse tornato poco
dopo l’ora di
pranzo, era un evento più unico che raro.
Si fermò e allungò le
orecchie per sentire meglio. Captò subito delle risatine
nervose, da donna ed
una voce maschile che intimava il silenzio, sempre in modo scherzoso.
Rin scosse la testa:
quella non poteva essere la voce di Sesshomaru, lui aveva un tono di
voce
diverso, più gutturale…a tratti cupo. Quello
invece che sentiva lei era
irriverente e un po’ scorbutico.
Oh mio Dio, e se
fossero dei ladri? Pensò Rin in preda al panico e iniziando
a sudare freddo non
sapendo esattamente che cosa fare. Si guardò intorno in
cerca di un qualche
aiuto e notò che la sua borsa personale era lì di
fianco a lei: aveva avuto la
brillante idea di portarsela lì in lavanderia nel caso le
servisse il telefono
per evitare di fare avanti e indietro. Rovistò dentro e
trovò quello che
cercava: lo spray al peperoncino.
Ricordava ancora la sua
incredulità quando il padre le aveva allungato quel
flaconcino nero tra le
mani, bofonchiando qualche scusa per mascherare la preoccupazione di un
padre
nei confronti della figlia.
La prese e con passo
felpato, andò ad affrontare i due ladri, anche se dentro
stava morendo dalla
paura.
Sentì i due ladri nella
camera da letto: dalle loro voci sembravano un uomo e una donna.
Avevano un
tono decisamente allegro, forse perché sapevano che erano
entrati in una casa
piena di oggetti di valore? Anche se poi Rin si chiese dove tenesse
Sesshomaru
i veri oggetti di valore.
-Aspetta, non
credo che
siamo soli-
Rin
sentì la voce
maschile pronunciare queste parole, allora anche loro si erano accorti
di lei.
Avrebbe voluto precipitarsi fuori dalla casa, ma continuò ad
andare avanti
strisciando lungo il muro perimetrale e avvicinandosi alla camera da
letto. Quando fu vicinissima,
con un balzo in avanti puntò la bomboletta davanti a
sé, sperando di colpire la
faccia di uno dei due scassinatori. E in effetti qualcuno lo
riuscì a centrare.
-AAAAAAH!-
urlò Rin non
guardando verso la sua vittima.
-AAAAAAAH-
urlò di
terrore l’altra persona.
-RIN, MA COSA
FAI?-
urlò Kagome.
Kagome?
Rin si
voltò verso di
lei, incredula. Da quando la sua amica era diventata una ladra di
appartamenti?
Abbassò la bomboletta e
guardò la figura che giaceva riversa su sé stessa
ai suoi piedi: una cascata di
capelli argentati e due orecchie canine sulla sommità del
capo. Il fidanzato
della sua amica non faceva che lamentarsi per un dolore agli occhi.
-Kagome? Ma che
ci fate
voi qui!-
-Questa è la seconda
casa di Inu-Yasha, siamo venuti per stare un po’ da soli-
rispose lei,
chinandosi sul suo fidanzato per poter vedere meglio come stessero i
suoi
occhi.
In effetti la parte
superiore del viso del mezzo demone era tutta rossa, colpa dello spray
al
peperoncino di Rin.
-Ma che ti è saltato in
mente?- si lamentò Inu-Yasha, voltando il viso verso Rin ma
con gli occhi
rigorosamente chiusi.
Lei di rimando,
incrociò le braccia al petto e sorrise divertita.
-Seconda casa, eh?
Chissà cosa ne penserebbe tuo fratello se sapesse che venite
qui ad accoppiarvi
nel suo letto-
-Che cosa?- chiese la
sua amica.
Rin annuì:- Hai sentito
bene. Non so cosa ti abbia detto il tuo nuovo ragazzo, ma questa
è la casa di
suo fratello-
Ora capiva il senso
delle parole di Sesshomaru quella mattina.
-Penserai dopo ad un
modo per litigare con lui, Kagome. Ora cerchiamo di vedere che cosa
fare per
rimediare al bruciore agli occhi, prima che Sesshomaru ritorni e si
infuri con
voi- disse Rin, facendosi aiutare dall’amica a tirare su da
terra il mezzo
demone.
Andarono in bagno e
entrambe gli sciacquarono il viso con acqua fresca, sperando che questo
portasse un po’ di sollievo ai suoi occhi rossi. Poi Kagome
andò in cucina e
preparò una camomilla che lasciò raffreddare, per
farne poi un impacco
emolliente per gli occhi.
Rin
aiutò Inu-Yasha a
sistemarsi sul divano, lui continuava a guardarla male ma lei non
provava alcun
tipo di rimorso: dopotutto era lui quello che aveva mentito alla sua
fidanzata,
usando casa del fratello di nascosto per fare le cosacce. Tanto valeva
pagarsi
un motel.
-Scusami, Kagome, ma
che scusa si era inventato per convincerti ad andare via prima del
rientro del
fratello?- le domandò Rin quando ebbero finito con Inu-Yasha
e si trovavano
entrambe in cucina a sorseggiare una tazza di tè.
-Beh in realtà diceva
che la casa aveva bisogno ancora di qualche lavoretto di
ristrutturazione e che
comunque ancora non ci veniva a vivere perché forse
interessato ad un’altra
casa-ammise lei.
-E tu ci hai creduto
davvero?- sputò Rin meravigliata, dal momento che Kagome era
sempre stata la
prima a darle dell’ingenua.
Non ci fu il
tempo di
aspettare la risposta di Kagome, perché il rumore delle
chiavi nella toppa,
allarmò immediatamente Rin, che sapeva benissimo chi stava
tornando questa
volt: il padrone di casa, il vero padrone di casa!
Con uno scatto fulmineo
si precipitò da Inu-Yasha, lo prese per un polso mentre lui
la guardava
sconcertato.
-Tuo fratello è
tornato. Dovete nascondervi- bisbigliò Rin al mezzo demone,
cercando di farsi
venire in mente un’idea geniale.
Kagome si era appena
alzata e Rin ne approfittò per acchiappare anche lei. Come
un automa, si
diresse nel luogo meno frequentato da Sesshomaru: la lavanderia.
-Hai intenzione di
tenerci chiusi qua tutta la notte?- le chiese Inu-Yasha, leggermente
infastidito.
Rin non ebbe nemmeno il
tempo di arrabbiarsi, perché sentiva ora l’ansia e
l’agitazione corroderla
dentro. Chiuse la porta alle sue spalle e cercò di darsi un
contegno.
Sesshomaru aveva
depositato il suo soprabito sull’attaccapanni
all’ingresso e si apprestava a
fare il suo ingresso in salotto, dove una Rin sull’orlo di
una crisi di nervi
lo attendeva.
-Sei ancora qui- soffiò
lui senza nemmeno salutarla.
Lei si grattò il mento
in cerca di una scusa plausibile.
-Beh… c’era tanto da
fare- ma si fermò perché lui sembrava nemmeno non
ascoltarla. Dentro di sé la
ragazza pensò che forse nascondere Inu-Yasha e Kagome
sarebbe stato più facile
del previsto.
Ma si dovette
ricredere
quando vide lo youkai dirigersi verso la cucina e subito nella mente le
si
materializzarono davanti le due tazze con il tè verde che
lei e Kagome stavano
sorseggiando poco fa.
-NOOOO!-
urlò subito
lei, piazzandosi davanti all’imponente figura di Sesshomaru,
il quale sembrava
davvero sorpreso: nessuno aveva mai osato fermarlo così.
Rin sentiva la faccia
comprimersi in una smorfia di ansia e paura. Doveva ragionare in fretta.
-Ti prendo io
quello
che ti serve… cosa volevi? Caffè,
tè… acqua magari?- balbettò.
Sesshomaru non battè
ciglio.
-Acqua. Poi andrò a
farmi una doccia. Te finisci quello che stavi facendo- disse lui.
Rin si
precipitò in
cucina, esultando dentro di sé per essere riuscita ad
evitare quel guaio, prese
un bicchiere di acqua, gettò le tazze nel lavandino e
tornò in salotto. Quando
il demone ebbe finito di bere, le porse il bicchiere vuoto in mano e
poi andò
in bagno. La ragazza attese di sentire
il rumore dell’acqua che veniva giù, poi alla
chetichella, andò verso la
lavanderia e, con l’indice davanti alla bocca, fece uscire i
due amanti.
-Presto-
sussurrò lei,
spingendoli verso la porta d’ingresso.
Fortunatamente se ne
andarono senza essere visti, stavolta ringraziandola per averli coperti.
Rin si sentì al sicuro
quando la porta d’ingresso si chiuse alle sue spalle.
Mai più, pensò tra sé e
sé.
Dopo aver ripreso
fiato, sistemò le ultime cose e poi si preparò
per tornare a casa. Mentre si
avvolgeva la sciarpa intorno al collo, Sesshomaru apparve nella stanza,
con
indosso quelli che, secondo la ragazza, dovevano essere i suoi
indumenti per
casa. Niente a che vedere con le tute informi che indossava lei nelle
giornate
di inerzia emotiva e fisica. Non sembrava neanche uno che aveva
affrontato una
giornata al lavoro.
-Io ho finito
qui. Ci
vediamo la prossima settimana- disse lei afferrando la borsa.
Si diresse verso la
porta. Aveva appena appoggiato la mano sulla maniglia quando si
sentì
richiamare.
-Rin-
-Sì?-
-La prossima volta che
vuoi coprire Inu-Yasha, assicurati di far sparire il suo tanfo
pestilenziale per
casa e… di togliere il suo cappotto dall’appendiabiti all’ingresso!- poi se ne
andò.
-MA PORCA MISERIA!-
Buonasera,
cari lettori. Come promesso ho aggiornato velocemente.
Spero che vi piaccia la piega che sta prendendo la storia, ne vedremo
delle belle.
Ringrazio le persone che hanno commentato lo scorso capitolo, riceve il
vostro sostegno mi aiuta tantissimo!
Al
prossimo capitolo
Sophie
Ondine
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