[Questa storia
partecipa al contest "Disney Disorders e come sopravvivere"
indetto da Gaia Bessie sul forum di EFP]
Tangled
(Chasing the girl in the tower)
C’era una volta una donna,
che, dopo averla desiderata a lungo assieme a suo marito, aspettava una
bambina. Dalla finestrella della loro piccola casa, si vedeva il giardino di
una maga, nel quale crescevano fiori e frutti di qualsiasi genere. La donna,
ogni mattina, si metteva alla finestra e guardava quel giardino. Un bel giorno
le venne voglia di assaggiare i raperonzoli che vi crescevano. Sapendo che la
maga non le avrebbe ceduto mai i raperonzoli, la donna cercò di trattenersi, ma
la sua voglia era incontenibile; suo marito, non appena se ne accorse, poiché
le voleva un gran bene, si intrufolò di nascosto nel giardino della maga e ne
portò via un bel mazzetto.
Hermione si strinse nel mantello
e nascose le mani nelle tasche mentre saliva con attenzione i gradini che
portavano alla Guferia. La pioggia batteva incessante dalla notte prima,
rendendo la strada fin troppo scivolosa.
Quill era appollaiata in un
angolo, un po’ in disparte rispetto agli altri gufi, e si passava delicatamente
il becco sull’ala destra già immacolata. Hermione si avvicinò alla sua civetta
per accarezzarla, poi le offrì il pezzetto di bacon che aveva portato via dalla
tavola imbandita per la colazione della Sala Grande. La creatura accettò il
regalo di buon grado e prese a masticare il suo cibo.
La strega si avvicinò a una
finestra, ammirando lo spettacolo di Hogwarts vista dall’alto. Quando il cielo
si era oscurato per la prima volta, si era sorpresa a sperare che la pioggia
lavasse via dai muri le macchie scure che le impedivano di trovare il Castello
identico a come l’aveva lasciato prima della Guerra. Quell’ingenuità era stata
subito spazzata via dalla consapevolezza che niente avrebbe potuto rimuovere i
segni di incantesimi e maledizioni dalle pareti, nonostante l’imponente lavoro
di ricostruzione che aveva rimesso in piedi la scuola dopo la Battaglia.
D’altra parte, nascondere le
macerie sotto al tappeto non avrebbe cancellato quanto era accaduto. Hogwarts
non sarebbe mai più stata la stessa.
Tornò dalla civetta e legò la
lettera che aveva scritto alla sua zampa. Le parve di cogliere un’occhiata
esasperata da parte di Quill, che, rassegnata, si preparava a un nuovo viaggio;
tuttavia ignorò quell’impressione. Da quando aveva riportato a casa i suoi
genitori e aveva restituito loro la memoria, raccontandogli quanto era accaduto
nell’ultimo anno, loro avevano cominciato a starle sempre più addosso. Suo
padre era rimasto ferito dalla sua scelta di mandarli via e tenerli all’oscuro
di tutto, però sembrava averla perdonata. Sua madre, invece, stava provando in
ritardo tutta l’ansia che le era stata negata quando Hermione era stata davvero
in pericolo.
Aveva preteso che avessero un
gufo tutto loro, per scambiarsi lettere con maggiore frequenza, e lei non aveva
protestato. Era andata a Diagon Alley e aveva preso Quill da un negozio di
animali, dopo che il proprietario le aveva assicurato che era un animale molto
resistente e in grado di compiere lunghi viaggi con brevi periodi di riposo.
Adesso, Quill si preparava a partire
per l’ennesima volta, sotto la pioggia, per recapitare ai signori Granger la
lettera della figlia. Si lanciò fuori senza esitare, battendo le forti ali per
contrastare il vento e allontanandosi rapidamente.
Hermione rimase immobile a
fissare il punto in cui era sparita, rammentando le volte in cui aveva guardato
Edvige andare via, insieme a Harry e Ron, da quella stessa finestra. Si strinse
le braccia attorno al corpo, per impedirsi di rabbrividire. Odiava essere a
scuola senza di loro. Odiava la solitudine di cui non riusciva a liberarsi,
nonostante tutti la salutassero e la riconoscessero come un’eroina della
Seconda Guerra dei Maghi. Aveva addirittura saputo che presto sarebbe stata
prodotta una figurina delle Cioccorane con il suo volto, ma per quanto la cosa
la lusingasse, non riusciva a gioirne senza i suoi amici.
Guardò rapidamente l’orologio e
si rese conto di essere in ritardo. Aveva chiesto e ottenuto dalla Preside
McGranitt il permesso di seguire tutte le lezioni che riusciva a incastrare nel
suo folle orario senza l’aiuto di una Giratempo, incluse quelle materie che
aveva dovuto abbandonare al terzo anno, come Babbanologia e Divinazione. Era
stata parecchio fortunata a non avere coincidenze di orario, ma il risultato
era che non aveva quasi più un attimo di tempo libero. Non che le dispiacesse,
anzi, tenersi impegnata era esattamente quello che le serviva.
Scese le scale rapidamente, per
avviarsi verso l’Aula di Trasfigurazione, ma si costrinse a rallentare quando
rischiò di scivolare e riuscì a non cadere solo aggrappandosi al corrimano.
Sono tornata a scuola per
studiare, si disse per ricacciare indietro la nostalgia per l’assenza di
Harry e Ron. Poteva farcela a superare quell’ultimo anno senza di loro. Sarebbe
stata una studentessa modello e una strega incredibilmente capace. E se voleva
portare a termine gli studi in tutte le materie, non avrebbe avuto il
tempo di sentire la loro mancanza.
***
Cara mamma,
sto bene. Devi dare a Quill il tempo di riposare tra un viaggio e
l’altro, perché è una civetta, non un cellulare. E no, ti ho già detto che non
c’è nessun modo per mandarti SMS da Hogwarts. Qui la tecnologia non funziona,
non si tratta di chiedere permessi speciali.
In ogni caso, sei troppo preoccupata. Sto bene e va tutto bene.
Hogwarts è tornata ad essere la scuola accogliente che mi ha ospitata per sei
anni. Qui mi sento a casa e sono protetta. Il mondo è pieno di pericoli, come
lo era prima della Guerra, ma nessun posto è sicuro quanto Hogwarts e tu lo
sai.
Come mi hai chiesto, mi sono informata sugli sviluppi della
caccia ai Mangiamorte che sono riusciti a fuggire dopo la Battaglia. Gli Auror
ne rintracciano sempre di più ogni settimana e il Winzegamot continua a
processarli rapidamente. La maggior parte di loro è dietro le sbarre. Chi non
lo è lo sarà presto, o è stato giudicato non abbastanza pericoloso da doverlo
essere.
E sì, Draco Malfoy rientra in quest’ultima categoria. Perché è
vero che è tornato a Hogwarts come se niente fosse, ma ti assicuro che la sua
famiglia ha pagato. Suo padre è ad Azkaban e sua madre collabora con il
Ministero. E poi, dopo tutti questi anni, pensi davvero che LUI possa
spaventarmi? Se mi si avvicinerà troppo lo trasfigurerò in un furetto, promesso.
Stai tranquilla e dai un bacio a papà da parte mia.
Vi voglio bene.
Hermione
***
Il
giorno dopo aver mangiato i raperonzoli rubati, la voglia della donna non era
passata: anzi, era aumentata a dismisura. Il marito, di nuovo, entrò nel
giardino di soppiatto, ma non aveva ancora raccolto il primo raperonzolo che si
trovò la maga dinnanzi.
Draco osservò la pioggia con una
smorfia di disappunto sul viso. Difficilmente quella notte sarebbe riuscito a
volare.
Negli anni in cui aveva fatto
parte della squadra di Quidditch della sua Casa, si era allenato e aveva
gareggiato in ogni situazione climatica, senza mai badare a vento, pioggia e
neve. Tuttavia, adesso che il suo tempo in sella a una scopa si riduceva alle
poche ore che riusciva a ritagliarsi di nascosto, era costretto a fare più
attenzione.
Gazza non l’aveva mai beccato
mentre sgattaiolava via a notte fonda, diretto al Campo da Quidditch, con la
scopa magicamente rimpicciolita e nascosta sotto al mantello. Tuttavia, se
fosse successo, un conto sarebbe stato spiegare perché girava per il Castello
dopo l’orario consentito, un altro giustificare i vestiti bagnati dopo una
sessione di volo all’aperto sotto la pioggia.
Certo, avrebbe potuto chiedere di
entrare nuovamente a far parte della squadra, ma non vedeva una sola buona
ragione per passare il suo tempo assieme a compagni che lo disprezzavano.
Perché se tra le altre Case aleggiava il risentimento nei suoi confronti per
essere stato un Mangiamorte, tra i Serpeverde era considerato un traditore, il
che era molto peggio. Da quando sua madre aveva accettato di collaborare con
gli Auror per ottenere uno sconto di pena per lei e il figlio, Draco si era
trovato ad essere rifiutato non solo da quelli che lo avevano sempre detestato,
ma anche dai suoi storici amici. Perfino Potter aveva provato così tanta
compassione di lui da intercedere presso il Ministro per non farlo condannare.
Un’espressione disgustata gli
deformò il volto mentre rammentava quanto era caduto in basso.
Era stato per sfuggire a una
realtà che non era pronto ad affrontare che aveva accettato la proposta di sua
madre di ripetere l’ultimo anno; tuttavia, era tornato a Hogwarts – nonostante
avesse giurato a se stesso di non rimetterci più piede – solo per trovarsi di
fronte allo stesso rancore che gli era stato riservato all’esterno.
Alla fine, aveva deciso che
niente di tutto ciò lo avrebbe turbato. Si era trincerato dietro una maschera
di indifferenza e aveva scelto di passare da solo ogni minuto libero del suo
tempo. Non che fosse difficile, visto che tutti gli altri lo evitavano.
Aveva cominciato a volare di
notte, per non rinunciare all’unico passatempo che ancora lo faceva sentire
vivo, e a leggere tanto, perché se all’inizio avere un libro in mano e fingere
di sfogliarlo serviva ad assicurarsi la tranquillità della solitudine, a poco a
poco aveva cominciato a prenderci gusto.
Frequentare la biblioteca era una
tortura; nel silenzio di quell’ambiente enorme si sentiva il bersaglio di
occhiate velenose e bisbigli a mezza voce. Si era detto che quell’astio sarebbe
prima o poi scemato e l’attenzione nei suoi confronti sarebbe stata presto
sostituita dall’interesse verso pettegolezzi più succulenti. Tuttavia, questo
non era ancora successo, perciò Draco aveva preso a frequentare la zona più
deserta della biblioteca, per avere il tempo di scegliere qualcosa da leggere
senza sentirsi gli occhi di tutti puntati addosso.
L’ironia del destino aveva voluto
che si trattasse della sezione riservata agli autori Babbani. D’altra parte, a
lui non interessavano affatto i compendi scolastici o i libri di
approfondimento delle materie che già studiava a lezione, e la narrativa
Babbana era l’unica che non suscitava alcun interesse tra i suoi compagni.
Perciò si era rassegnato a prendere in prestito libri di illustri sconosciuti,
che, a poco a poco, aveva perfino imparato ad apprezzare.
Tanto per cominciare, aveva
scoperto che il Bardo dei Babbani era un certo Shakespeare e non l’autore delle
favole che era famosissimo tra i maghi. Le storie della buonanotte famose tra i
Babbani, invece, erano fiabe strane raccolte in alcuni volumi che aveva scovato
sul fondo di uno scaffale e che aveva cominciato a leggere per pura curiosità.
Se ne stava seduto su un
davanzale nel bagno di Mirtilla Malcontenta a godersi la pace e a sfogliare il
libro in questione quando la porta si aprì e una zazzera di ricci castani fece
capolino all’interno.
Draco si irrigidì mentre Hermione
Granger attraversava a passo spedito lo spazio tra i cubicoli, diretta ai
lavandini come se si trovasse in un bagno qualsiasi e non nella dimora di un
fantasma.
Lui trattenne il respiro,
illudendosi che lei non l’avrebbe notato se fosse riuscito a non emettere il
minimo rumore. Le sue speranze si infransero nell’istante in cui la Granger
sollevò la testa e incrociò il suo sguardo. Rimase di stucco per qualche
secondo, probabilmente sorpresa di trovarlo lì, poi aprì la bocca per dire
qualcosa, ma non le venne fuori neanche una parola.
Draco chiuse il libro che aveva
tra le mani con uno scatto che sperò rivelasse tutto il suo fastidio.
Fu una pessima idea. Il tonfo
attirò l’attenzione della strega, che si accigliò nel vedere la copertina del
volume che aveva tra le mani. Lui imprecò mentalmente; si alzò e fece per
andare via.
«Non sapevo fossi qui», disse lei
finalmente. Draco si voltò a guardarla come se si curasse davvero della sua
presenza per la prima volta da quando era entrata. «Non serve che tu vada via»,
aggiunse la ragazza. «Lo faccio io.»
Senza aspettare una risposta, la
Granger si sistemò la borsa strapiena sulla spalla destra, che sembrava
resistere per miracolo a un tale peso. Poi si girò e prese a camminare in
direzione della porta. Solo un attimo prima di uscire si fermò a guardarlo.
«Bel libro, comunque», commentò
con un cenno del capo, rivolgendogli perfino un sorriso.
Senza aggiungere altro, uscì dal
bagno con passo tranquillo e Draco rimase pietrificato a fissare il punto in
cui era stata fino a poco prima.
***
«Come
puoi osare», disse la maga in tono furente, «di scendere nel mio giardino e di
rubarmi i raperonzoli come un ladro? Me la pagherai!»
«Ah»,
rispose l’uomo, «siate pietosa! A questo fui spinto da estrema necessità: mia
moglie, che aspetta un bambino, ha visto i vostri raperonzoli dalla finestra e
ne ha tanta voglia che morirebbe se non potesse mangiarne.»
Come tutte le volte in cui aveva un dubbio, Hermione Granger
si rifugiò in biblioteca. C’erano voluti alcuni giorni per trovare
un’ora libera, tra lezioni e compiti da fare, ma un angolo della sua mente non
aveva mai smesso di ripercorrere lo strano incontro con Malfoy avvenuto nel
bagno. Due cose l’avevano particolarmente colpita: l’espressione del ragazzo e
il libro che aveva tra le mani.
Le era servito parecchio tempo
per realizzare che quanto aveva trovato di strano nella faccia di Draco Malfoy
era la totale assenza del ghigno beffardo che era solito rivolgerle negli anni
prima della Guerra. Era parso stranamente fragile e qualcosa nella sua
espressione l’aveva fatta sentire in difficoltà, spingendola a rivolgersi a lui
in modo gentile, come a non volerlo turbare.
Quanto al libro, aveva
chiaramente riconosciuto una raccolta di fiabe dei fratelli Grimm e questo
senza dubbio aveva turbato lei. Perché non poteva credere che fossero
maghi. No, ricordava perfettamente la reazione che aveva avuto Ron quando lei
aveva nominato Biancaneve e i sette nani e Cenerentola.
Cos’è, una malattia?
Eppure, se si trattava di fiabe sconosciute
ai maghi, allora i fratelli Grimm, che le avevano rielaborate e raccolte, non
potevano che essere Babbani.
Hermione procedette a passo
spedito tra gli scaffali, fino a raggiungere la sezione dedicata alle favole e
ai racconti per bambini. Trovò diverse copie delle fiabe di Beda il Bardo e
alcune rivisitazioni di quelle più famose, ma nessuna traccia delle storie che
sua madre le leggeva da bambina. Non trovò accenni a Cappuccetto Rosso o
a Hänsel e Gretel, ma alla fine, proprio mentre era sul punto di
arrendersi, le venne in mente che Malfoy poteva aver preso quel libro proprio
dalla biblioteca e che poteva trattarsi dell’unica copia disponibile.
Magari, ipotizzò, i fratelli
Grimm avevano un debole legame con il Mondo Magico e le loro opere erano finite
tra i volumi conservati a Hogwarts nonostante risultassero comunque sconosciute
alla maggior parte dei maghi.
Mentre cercava di convincersi
della validità di quella teoria, si diresse verso il bancone dietro al quale
sedeva Madama Pince.
«Ciao, cara», la salutò la
bibliotecaria, rivolgendole un sorriso amorevole.
Hermione sapeva che le era
affezionata, vista l’assiduità con cui frequentava la biblioteca. «Buon
pomeriggio, Madama Pince. Mi domandavo se la Biblioteca avesse a disposizione
qualche libro sui fratelli Grimm.»
La donna batté le dita sul mento
con fare pensieroso. «Fammi dare un’occhiata.»
Tirò fuori un enorme registro e
cominciò a sfogliarne le pagine. Non contenta, ne prese altri due identici
dallo scaffale alle sue spalle e si mise alla ricerca di qualcosa.
«Ah, ci sono!», esclamò con una
punta di soddisfazione. «Sapevo di aver sentito quel nome da qualche parte.
Abbiamo una raccolta di fiabe dei Fratelli Grimm, ma attualmente è in prestito
a un altro studente.»
Hermione si illuminò, improvvisamente
rinfrancata da quel sostegno alle sue teorie.
Madama Pince parve confusa dalla
sua reazione. «Ma si tratta di una raccolta in due parti, se vuoi è ancora
disponibile il secondo volume.»
Lei si accigliò. «E dove si
trova? Ho cercato dappertutto nella sezione dedicato alle favole e ai racconti
per bambini.»
La bibliotecaria annuì,
compiaciuta dalla destrezza con cui lei sapeva muoversi tra i vari reparti. «È
lecito aspettarsi di trovarlo lì, ma in realtà si trova tra la letteratura
Babbana, perché gli autori non sono maghi.»
Hermione si irrigidì, la
ringraziò e si diresse rapidamente verso il reparto in cui erano custoditi i
libri di Babbani. Riconobbe gli scaffali da cui un paio di volte aveva preso in
prestito qualche romanzo di Jane Austen per rileggerlo e sentirsi nuovamente a
casa.
Impiegò pochi istanti a trovare
il secondo volume della raccolta di fiabe dei fratelli Grimm. Immediatamente
accanto c’era uno spazio vuoto di tre o quattro centimetri dove avrebbe dovuto
esserci il primo. Hermione ne toccò il dorso, saggiando le incisioni dorate sul
tessuto verde che aveva già visto sul libro tra le mani di Draco Malfoy e se lo
figurò in piedi al posto suo, mentre prendeva un libro Babbano da quello
scaffale.
A mistero svelato e incapace di
trattenersi, Hermione scoppiò a ridere.
***
Cara mamma,
anche nel mondo dei maghi esiste il concetto di maltrattamento
degli animali e sono abbastanza sicura che prima o poi ci arresteranno per la
frequenza con cui facciamo viaggiare Quill. Come ho detto, STO BENE. Non puoi
dare di matto ogni volta che la mia risposta tarda di un paio di giorni.
Condizioni climatiche avverse a parte (povera civetta!) anche io sono
impegnata. Frequento tanti corsi e sono davvero occupata.
Il nuovo professore di Trasfigurazione è molto bravo, ma è
davvero severo e ci riempie di compiti. Per non parlare di Pozioni, Incantesimi
e di tutte le altre materie in cui spero di prendere i M.A.G.O. alla fine
dell’anno.
Lo so che ti parlo sempre e solo di compiti e lezioni, ma sono in
una scuola, che cosa ti aspetti? Non ci sono neanche Harry e Ron con cui
combinare guai. Sono solo una tranquilla e diligente studentessa molto
impegnata.
Per raccontarti qualcosa di diverso: ho beccato Draco Malfoy
nascosto in un bagno a leggere un libro di fiabe Babbane. Proprio lui, il
Mangiamorte Purosangue che disprezza i non maghi, con un libro dei fratelli
Grimm tra le mani. Ci crederesti? Eppure l’ho visto con i miei occhi. Deve
esserci molto di lui che non sappiamo. O magari è uno di quelli che desiderano
così tanto il cambiamento da cercarlo anche nelle piccole cose. Forse non lo
sapremo mai. Fatto sta che mi sembrava triste.
Io, invece, triste non lo sono affatto, quindi smettila di
preoccuparti (ti prego).
Un abbraccio a te e papà, vi voglio bene.
Hermione
P.S.: Tieni Quill a casa per un paio di giorni prima di
rimandarla indietro, o la troveremo stecchita su un tetto di Londra.
***
La
collera della maga svanì ed ella disse: «Se le cose stanno come dici, ti
permetterò di portar via tutti i raperonzoli che vuoi, ma ad una condizione:
devi darmi il bambino che tua moglie metterà al mondo. Sarà trattato bene e io
sarò a lui come una madre.»
Impaurito,
l'uomo accettò.
Quando aveva realizzato che la Granger aveva riconosciuto il
libro Babbano che stava leggendo, Draco si era sentito ferito nell’orgoglio.
Non era stato difficile per lui rinnegare anni di disprezzo nei confronti dei
Nati Babbani davanti al Ministro della Magia, quando aveva dovuto evitarsi una
condanna, ma lasciar credere di simpatizzare per loro come un Weasley qualunque
era troppo perfino per lui.
Era tutta una questione di immagine, più che di principio.
Credeva sempre che i maghi fossero superiori ai Babbani in tutto – questo era
praticamente ovvio – ma non era così ottuso da
precludersi a priori qualunque cosa buona provenisse dal loro mondo. Insomma,
era ben disposto a fare un’eccezione per ciò che gli piaceva. E quel libro gli piaceva parecchio.
L’ipocrisia di quel pensiero non lo aveva neanche sfiorato,
ma per evitare di dare spiegazioni a chicchessia aveva cercato di non farsi
vedere. E c’era anche riuscito fino a quell’incontro con la Granger.
Nei giorni seguenti, l’aveva
evitata il più possibile e aveva cercato altri posti in cui starsene tranquillo
a leggere. Non era però riuscito a togliersi dalla mente la gentilezza con cui
lei gli si era rivolta, nonostante lui non avesse proferito parola. Di certo il
suo comportamento strideva rispetto a quello di tutti gli altri compagni di
scuola, che lo odiavano senza farne mistero.
Possibile che lei fosse tanto
superiore da nascondere così bene il suo risentimento? Proprio lei, che aveva
tutte le ragioni del mondo per odiarlo e neanche una per trattarlo con garbo?
Draco batté le palpebre,
rimettendo a fuoco le parole che aveva smesso di leggere mentre viaggiava con
la mente. Un fastidioso, piccolo pensiero mise radici nella sua testa e prese a
crescere come un parassita, prosciugandolo di ogni energia.
Forse proprio lei, tra tutti, lo
aveva già perdonato.
***
Quando
la donna partorì, mise al mondo una bellissima bambina, ma subito comparve accanto
a lei la maga, che decise di chiamarla Raperonzolo e la portò via con sé.
Lo incontrò di nuovo in un giorno in cui la pioggia aveva
finalmente deciso di dare tregua a Hogwarts. Era seduto sotto a un albero in
uno dei numerosi cortili interni del Castello, nascosto dal tronco alla vista
degli studenti che passavano da quelle parti.
Hermione lo scorse soltanto grazie a un riflesso di luce
dorata sui suoi capelli biondi, indotto dal debole sole autunnale.
Non lo stava esattamente cercando, ma aveva sperato di
incontrarlo così tante volte senza successo che aveva cominciato a pensare che
lui la evitasse di proposito.
Perciò, quando lo vide seduto tra le radici a leggere,
dimenticò le innumerevoli cose che aveva da fare e si diresse verso di lui.
«Ciao», lo salutò, fermandosi a pochi passi.
Lui alzò la testa e la guardò accigliato. Probabilmente si
stava domandando cosa diavolo volesse da lui e, in effetti, se lo chiedeva
anche lei.
Lo vide nascondere il libro tra
le gambe e dedusse che parlarne lo avrebbe messo a disagio. Si diede della
stupida per essersi avvicinata senza neanche aver deciso cosa dirgli.
Malfoy continuò a fissarla come
se avesse qualcosa di strano sulla faccia.
Hermione sospirò. «Stai bene? Mi
sei sembrato un po’…»
Triste, avrebbe voluto
dire. Ma sarebbe suonato più patetico di quanto volesse.
«… solo», concluse invece,
dandosi mentalmente dell’ipocrita per quell’osservazione.
Lui sbatté le palpebre un paio di
volte, quasi non credesse a ciò che aveva appena sentito. La fissò ancora
qualche secondo, forse sperando che lei si rimangiasse quelle parole, infine si
arrese.
«Ma tu non mi odi?»
Quella domanda fu pronunciata in
tono talmente neutro che a Hermione si strinse il cuore. Nessuno meritava di
essere così abituato all’odio altrui da rimanere sorpreso di fronte alla sua
assenza.
Scosse la testa. Sapeva che in
molti a Hogwarts lo disprezzavano e chiaramente riconosceva le azioni che lo
avevano condotto a una situazione tanto spiacevole. Eppure lei non riusciva a
guardarlo, mentre sopportava in silenzio la punizione che si era meritato,
senza provare ad alleggerirgli il carico almeno della sua parte di rancore.
«E perché?»
La domanda era sincera e diretta,
la risposta insolitamente difficile per lei. Scrollò le spalle. «Non ho tempo
per il risentimento.»
Lui le rivolse un mezzo sorriso
beffardo, diverso da quelli che gli aveva visto in volto quando la prendeva in
giro. Era un gesto meno crudele, quasi complice.
«Be’, il resto della scuola sì,
quindi…»
Lasciò la frase in sospeso e lei
impiegò qualche istante a realizzare che le aveva appena reso chiaro il motivo
della sua solitudine. Era strano, pensò Hermione, che fossero entrambi
altrettanto soli, ma per ragioni così diverse.
Sospirò. «Mi dispiace», disse
prima di riuscire a trattenersi, guadagnandosi un’altra occhiata perplessa. «Ti
auguro buona lettura.»
Così dicendo, si voltò prima di
cogliere di nuovo l’espressione di fastidio sul suo viso e si allontanò.
***
Raperonzolo
divenne presto la bambina più bella del mondo e la maga, temendo che qualcuno
potesse portarla via, la rinchiuse in una torre alta e senza scale né porte:
c’era solo una finestrella sulla cima. Quando la maga voleva entrare,
pronunciava sempre le stesse parole: «Oh, Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli,
che per salir mi servirò di quelli.»
Cara mamma,
ASSOLUTAMENTE NO, non prenderemo un altro gufo per raddoppiare le
comunicazioni. Ci scriviamo talmente spesso che quasi non so cosa raccontarti.
La vita a Hogwarts procede a ritmo costante, secondo una routine.
Non so più come farti capire che va tutto bene. Dovresti ricominciare a fidarti
di me, sai?
Riguardo a Draco Malfoy, ovviamente non gli ho domandato cosa ci
facesse in bagno a leggere un libro Babbano. Ma sospetto che si stesse
nascondendo. Sembra davvero molto solo, credo che nessuno qui a scuola gli
rivolga la parola. E prima che tu possa dirmi che se l’è meritato, voglio
ricordarti che siete stati tu e papà a insegnarmi a provare empatia per
chiunque, anche per le persone peggiori. So che sta pagando il prezzo delle sue
scelte, ma è così sbagliato che mi dispiaccia per lui? Ho come la sensazione
che qualcosa in Draco Malfoy si sia spezzato per sempre e questo non lo
augurerei mai a nessuno.
Un abbraccio.
Hermione
***
Dopo
qualche anno, avvenne che il figlio del re, cavalcando per il bosco, passò
vicino alla torre.
Udì un canto cosi soave
che si fermò ad ascoltarlo: era Raperonzolo, che nella solitudine passava il
tempo facendo dolcemente risonar la sua voce. Il principe voleva salire da lei
e cercò una porta, ma non ne trovò. Tornò a casa, ma quel canto tanto lo aveva
tanto commosso che ogni giorno andava ad ascoltarlo nel bosco.
Il freddo della notte gli
irrigidiva le dita strette attorno al manico di scopa, privandolo della
possibilità di percepire la sensazione del legno tra le mani. Non c’era vento,
quindi ogni manovra iniziava e finiva esattamente come desiderava. Era un
momento perfetto per volare.
Draco si lasciò cadere di lato,
ruotando su se stesso fino a trovarsi sottosopra. Rimase saldamente ancorato
alla scopa con la forza delle gambe e delle braccia, la schiena leggermente
inarcata e gli addominali dolorosamente contratti.
Presa Rovesciata del Bradipo.
Lentamente, senza perdere la
concentrazione, lasciò andare una mano. La scopa oscillò leggermente, turbata
dallo spostamento del peso, ma Draco non si scompose. Attese di ritrovarsi in
perfetto equilibrio prima di staccare anche l’altra mano e mollare del tutto la
presa. Sapeva che se lo avesse fatto all’improvviso, sarebbe precipitato. Gettò
un’occhiata sotto di sé; era talmente in alto che non aveva possibilità di
sopravvivere a quel genere di caduta.
Bene, pensò. Meglio
morto che mutilato, in ogni caso.
Si tese al massimo delle sue
capacità, spostando progressivamente il peso del suo corpo verso il basso. Le
gambe strette attorno alla scopa erano rigide per lo sforzo, l’addome gli
bruciava per la fatica di tenersi sollevato senza gravare sulle braccia.
Con delicatezza, lasciò la presa.
Ancora più lentamente, raddrizzò il corpo, controllando ogni movimento, fino a
trovarsi a testa in giù. Poi incrociò le caviglie in modo che la presa delle
gambe sulla scopa fosse più naturale possibile e infine si rilassò.
Appeso nel vuoto in quella
posizione tanto pericolosa quanto liberatoria, Draco si sentì stranamente a suo
agio. Inspirò a fondo l’aria della notte e solo allora realizzò di aver
trattenuto il fiato per buona parte dell’esercizio.
Sottosopra, non trovò alcunché,
nel paesaggio circostante, che giustificasse la tendenza comune a parlare di
nuove prospettive. Hogwarts era sempre la stessa. Le persone erano sempre le
stesse. Lui era cambiato, ma solo perché costretto dalle circostanze. Eppure,
in fondo, era sempre lo stesso anche lui. Aveva semplicemente cominciato a
prestare attenzione a dettagli che prima riteneva insignificanti, come un libro
dalla copertina verde e oro conservato nel reparto peggiore della biblioteca o
una zazzera di capelli ricci che lo infastidiva tanto quanto lo incuriosiva.
Distratto da quei pensieri, batté
le palpebre per cancellare l’immagine che gli era affiorata alla mente, ma si
trovò a mettere a fuoco un’espressione perplessa che era lo specchio esatto di
quella che aveva dipinto nella sua testa.
Confuso a sua volta, spinse la scopa
nella sua direzione, ancora a testa in giù.
Affacciata a una finestra della
Torre di Grifondoro, Hermione Granger, nel suo pallido pigiamino rosa, lo
guardava come se potesse cadere da un momento all’altro. Sforzandosi di non
offendersi, Draco si rimise diritto con una sola, abile mossa. Risalire era
molto più semplice che scendere.
«Che stai facendo?», gli domandò
lei, la voce stridula per la preoccupazione.
«Volo.»
«Sì, questo lo vedo.»
«Allora la tua domanda è
superflua», le fece notare in tono canzonatorio.
Lei non rise, ma si accigliò.
«Sei fuori oltre l’orario consentito.»
«È una gara a chi dice più
ovvietà?»
La Granger strinse le labbra,
risentita. In quel momento somigliava esageratamente alla McGranitt.
«Cerca di non cadere.»
Draco avrebbe voluto rispondere
in tono spavaldo, o meglio ancora tagliente, ma la sola cosa che gli venne da
dire era l’unica che non c’entrava assolutamente niente.
«Hai i capelli tutti
aggrovigliati.»
Era vero e lei doveva esserne
consapevole, perché non si scompose.
«Sono intrecciati in modo
strano», proseguì lui, vedendo che lei non parlava.
La Granger scrollò le spalle.
«Magari li calerò giù dalla torre.»
Draco la guardò come se fosse
impazzita. «Dovrei capire quello che dici?»
«Raperonzolo», rispose lei con
una sola, arcana parola. «Non hai letto le fiabe dei fratelli Grimm?»
«Sì», ammise lui, riluttante. «E
non c’è nessun Raperonzolo.»
«È il nome di una ragazza», lo
corresse, pedante come sempre. «La storia deve essere nel secondo volume, che è
ancora in biblioteca. Te la consiglio, è molto affascinante.»
«Parla di una ragazza dai capelli
impossibili?», domandò perplesso.
La Granger ridacchiò. «Più o
meno.»
Draco si guardò intorno,
riscuotendosi all’improvviso. Era troppo vicino alla torre, qualcuno avrebbe
potuto vederlo da una finestra e farlo finire nei guai.
«La leggerò.»
Non aveva avuto intenzione di
dirlo, credeva di averlo solo pensato, ma l’urgenza di allontanarsi lo aveva
assorbito completamente. «Devo andare.»
«Aspetta», lo richiamò lei,
mentre già stava indietreggiando. «Promettimi che mi dirai se ti è piaciuta.»
Draco rimase interdetto. Che cosa
voleva dire con quella richiesta? In pochi istanti passò al vaglio tutti i
possibili significati delle sue parole, senza però riuscire a interpretarle.
«Va bene», disse di getto.
Lei parve soddisfatta di quella
risposta, perché gli sorrise timidamente e lo guardò andare via senza
aggiungere altro.
***
Una
volta, mentre il principe se ne stava dietro un albero, vide avvicinarsi la
maga e la udì gridare: «Oh, Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli, che per salir
mi servirò di quelli.»
A
quelle parole, Raperonzolo lasciò pender le trecce e la maga salì da lei.
"Se
questa è la scala per cui si sale, tenterò anch'io la mia fortuna", pensò
il principe. Il giorno dopo, sull'imbrunire, andò alla torre e gridò: «Oh,
Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli, che per salir mi servirò di quelli.»
Subito
dall'alto si snodarono i capelli e il principe salì.
Hermione uscì dall’Aula di Divinazione irritata e
spazientita. Come aveva potuto dimenticare le ragioni per cui aveva mollato il
corso alla fine del terzo anno? Ampliate
la mente.
Bleah.
Certo, aveva avuto modo di verificare in prima persona
l’esattezza di alcune profezie della professoressa Cooman, ma perlopiù i suoi
insegnamenti si riducevano a trucchetti da luna park.
Represse una smorfia di disgusto e dovette rammentare a se
stessa perché aveva deciso di riprendere a seguire quelle lezioni. Il suo
orario infernale non sarebbe stato abbastanza infernale senza le ore di
Divinazione.
Continuava a tenersi occupata per non avere il tempo di
sentire la mancanza dei suoi amici e per sfuggire alla noia di un anno
scolastico troppo normale per i suoi standard. Ma tutto ciò
che aveva ottenuto fino a quel momento era un esaurimento nervoso.
Scese rapidamente i gradini della Torre Nord e si incamminò
verso la Sala Grande per mangiare qualcosa. Avrebbe probabilmente dovuto
passare l’ora di pranzo a studiare per mantenere il vantaggio sui compiti di
tutte le materie, ma era troppo stanca e stressata per farlo. Rabbrividì al
pensiero di non essere più la studentessa diligente di un tempo.
Attraversò il cortile del terzo piano per raggiungere l’ala
opposta del Castello, quando lo vide seduto sotto lo stesso albero della volta
precedente.
Il cattivo umore che si era portata dietro tutta la mattina
come una nube carica di pioggia fu spazzato via da un soffio di vento. Hermione
sorrise. Senza neanche pensarci, gli si avvicinò; lui alzò lo sguardo al rumore
prodotto dai suoi passi sulle foglie secche.
«Hai seguito il mio consiglio?», gli domandò in tono
allegro.
Lui socchiuse leggermente il libro che aveva tra le mani per
mostrarle la copertina. «Volume due», confermò.
Hermione si illuminò. «Che ne pensi?»
Draco Malfoy scrollò le spalle in un gesto che era la
quintessenza dell’indifferenza. «Non male.»
Lei gli rivolse un cenno distratto della mano, decisa a non
dargli troppa soddisfazione. «Fammi sapere quando lo finisci.»
Lui annuì e riprese a leggere,
mentre lei si allontanava per tornare ai suoi programmi, con un sorriso leggero
che aleggiava ancora sulle sue labbra.
***
Quando
Raperonzolo si accorse che non si trattava della maga, bensì di un uomo,
all’inizio si spaventò; ma il giovane era simpatico e di buon cuore e a poco a
poco prese a piacerle. Con il tempo, i due si innamorarono. Il principe andava
ogni giorno a trovare la ragazza alla torre e insieme vivevano felici.
Cara mamma,
e se avessi sbagliato tutto?
Da quando è iniziato l’anno scolastico non ho fatto altro che
tenermi occupata per colmare il vuoto lasciato da Harry e Ron. Solo ora che non
sta funzionando mi rendo conto di quanto fosse stupida come idea.
La verità è che mi sento sola. Hogwarts è sempre la stessa, ma
tutto è diverso senza i miei amici. Non è una cosa che mi rende triste in
realtà, ma per qualche motivo avevo paura di ammetterlo.
Forse perché non volevo che ti preoccupassi. Per favore, per
favore, mamma, non preoccuparti così tanto da farmi credere di non poterti dire
cosa provo.
Se adesso ti scrivo queste cose, è perché oggi, per la prima
volta, mi sono sentita serena e non semplicemente troppo impegnata per essere
giù di morale.
Magari il modo migliore per sfuggire alla solitudine è costringersi
a smettere di essere soli.
Con affetto,
Hermione
P.S.: Credi possibile che per stare meglio sia necessario far
star meglio qualcun altro?
***
Un
giorno, però, la maga si accorse dell’intruso: infatti, si era appena
arrampicata sui capelli di Raperonzolo che la fanciulla le disse: «Mamma mia,
come siete pesante. Il principe è tanto più leggero di voi!»
La
maga andò su tutte le furie: tagliò i capelli a Raperonzolo, poi la portò nel
mezzo di un deserto e la abbandonò. La ragazza si trovò a vivere in miseria.
Draco chiuse il libro di scatto,
infastidito dagli sviluppi della storia. Di tutte le fiabe che aveva letto,
quella di Raperonzolo era certamente la più idiota. Come poteva quella
ragazza essere così stupida da parlare alla maga del principe? Gli sembrava un’ingenuità
talmente grossa da risultare poco credibile. Molto meno di zucche trasfigurate
in carrozze e incantesimi del lungo sonno, ovviamente.
Senza pensarci due volte, si mise
a cercare la Granger per farle presente ciò che pensava.
La seguì per tutta la mattina
senza trovare un’occasione adatta per parlarle. Non che lei fosse impegnata con
altri, anzi, a lezione se ne stava perlopiù in disparte – pur rispondendo come
al solito a tutte le domande dei professori – e nelle aule studio sedeva abitualmente
a tavoli deserti, che riempiva di libri per impedire a chiunque di affiancarla.
Tuttavia, Hermione Granger aveva la straordinaria capacità di restare sola
sempre in mezzo alla gente. Studiava in aule gremite, leggeva in
biblioteca nelle ore in cui era più affollata, usciva nei giardini solo quando
erano pieni di studenti.
Draco non aveva mai pensato che
una persona potesse essere capace di starsene per conto proprio e allo stesso
tempo rimanere tra tutti gli altri. Probabilmente, dedusse, il motivo era che
la solitudine della ragazza era del tutto differente dalla sua. Mentre lui era
disprezzato e isolato dai suoi compagni, lei cercava di proposito la
tranquillità, nonostante avesse intorno a sé una scuola intera di persone che
la ammiravano. Ricacciò indietro un moto d’invidia e attese con pazienza il
momento giusto per parlarle.
L’occasione si presentò al
termine delle lezioni del pomeriggio, quando la incrociò in un corridoio
semivuoto e poté affiancarla senza attirare troppi sguardi.
Lei gli rivolse un’occhiata
perplessa di fronte al suo gesto tanto furtivo, ma Draco non si scompose.
«È la storia più ridicola che io
abbia mai letto», iniziò impietoso. «Raperonzolo è una stupida.»
La Granger alzò gli occhi al
cielo. «È soltanto ingenua. Ma hai letto come va a finire?»
«Certo, e la conclusione mi
sembra altrettanto ridicola. Come può andare sempre tutto bene?»
Lei parve soppesare la domanda.
«Non credo sia quello il punto.»
«E allora qual è?»
«La devozione di entrambi.»
«Non ti seguo.»
«Lei era prigioniera in una
torre, il principe va a trovarla e quando la maga lo scopre punisce lei»,
iniziò a spiegare. «Nonostante ciò, lei continua a provare solo sentimenti
positivi per lui. D’altro canto, anche il principe paga un prezzo molto alto
per l’ingenuità di Raperonzolo, ma non la incolpa neanche per un istante. Credo
sia per questo che alla fine tutto si risolve.»
Draco rifletté sulle sue parole
per lunghi istanti prima di rispondere. Si erano fermati a metà del corridoio,
vicini e faccia a faccia. «È innaturale non provare mai rancore.»
Lei inclinò leggermente la testa.
«È più difficile restare arrabbiato con qualcuno che ami. Anche se è
chiaramente colpevole.»
Draco si lasciò sfuggire un mezzo
sorriso. «È molto comodo pensare che basti essere amati per cancellare l’odio
nei tuoi confronti. Ma credo tu confonda causa ed effetto: è quando non hanno
nessun motivo per odiarti che le persone ti amano.»
«Che visione vigliacca
dell’amore.»
Draco sussultò a quella replica
così dura e inaspettata.
«Puoi amare qualcuno per cui hai
provato rancore, disprezzo, perfino odio, se hai il coraggio di permetterti di
farlo», proseguì lei serenamente. «Certo, il rischio di ritrovarsi con il cuore
spezzato è più alto, ma chi si lascia intimidire non ottiene mai ciò che desidera.»
Lui rimase in silenzio, incerto
su cosa dire. Aveva espresso il suo parere in maniera così decisa da farlo
dubitare delle sue convinzioni.
Quando lei gli fece cenno di
riprendere a camminare, Draco la seguì senza neanche rendersi conto che
andavano verso un gruppo di scale che, poiché portavano – di solito – giù verso
la Sala Grande, erano sempre molto affollate. Non diede peso alle occhiate che
la gente gli lanciava mentre proseguiva al fianco della Granger, ma a un certo
punto si voltò a guardare lei, per studiare la sua reazione allo sbigottimento
degli altri studenti.
Tranquilla come se avesse accanto
un Grifondoro qualsiasi, Hermione Granger avanzò a testa alta senza nessuna
preoccupazione al mondo.
«Mi serve un altro libro», disse
Draco di punto in bianco.
Lei non si voltò a guardarlo, ma
assunse un’aria pensierosa. «Di che genere?»
«Mi piacciono le raccolte di
fiabe.»
«Potresti provare con Le mille
e una notte», suggerì lei. «È la storia di una donna, Shahrazād, che,
per distogliere il re suo marito dal proposito di ucciderla, ogni notte gli
racconta una storia, rimandando il finale al giorno dopo. Va avanti così per
molto tempo e alla fine…»
«Non dirmi come finisce!», la
interruppe subito. «La leggo. Ma non anticiparmi niente.»
Lei fece una strana smorfia che
Draco si sforzò, senza successo, di interpretare. Intuì, qualche istante dopo,
che probabilmente stava cercando di trattenere la risata che le era poi
sfuggita.
«Draco Malfoy odia gli spoiler»,
commentò la ragazza in un eccesso di ilarità. «Questo sì che è divertente.»
***
Ma
punire Raperonzolo non placò la rabbia della maga. Dopo aver sistemato la
ragazza, ella legò a una trave i capelli che le aveva tagliato e, non appena il
principe arrivò alla torre, lasciò pendere la treccia, per attirarlo in
trappola.
Non avrebbe saputo spiegare esattamente cosa fosse successo
tra lei e Draco Malfoy quando avevano commentato la storia di Raperonzolo. Né
avrebbe saputo dire con precisione come mai avevano iniziato a parlare di libri
e si erano scoperti interessati alle opinioni dell’altro.
Fatto sta che quando Hermione lo vide entrare in biblioteca
a passo svelto, ignorando i mormorii degli altri, per poi tornare indietro poco
dopo e mostrare a Madama Pince il libro che intendeva prendere in prestito, lei
trovò assolutamente naturale raccogliere le sue cose sparse sul tavolo e
metterle da parte.
Quando Malfoy si voltò, colse il gesto tranquillo con cui
lei aveva scostato la sedia al suo fianco per invitarlo a sedersi.
Nel silenzio generale – un risultato che Madama Pince non
era mai riuscita a ottenere così bene a suon di rimproveri – lui le si avvicinò
e prese posto accanto a lei, depositando davanti a sé Le mille e una notte. Con altrettanta naturalezza e
senza scambiarsi neanche una parola, Malfoy cominciò a leggere e lei tornò ai
suoi appunti di Pozioni, mentre il fastidioso peso che fino a quel momento
aveva avvertito sullo stomaco svaniva nel nulla.
***
Emozionato
all’idea di vedere Raperonzolo, il principe si arrampicò ancora una volta sulla
torre, impaziente di ricongiungersi con lei. La sua sorpresa fu grande quando,
invece della sua amata, si trovò davanti la maga!
Presero l’abitudine di passare del tempo insieme. Non
tornarono più in biblioteca, dove gli sguardi dei compagni erano più insistenti
e difficili da evitare, ma iniziarono a incontrarsi sempre più spesso sotto
l’albero del cortile del terzo piano dove lei lo aveva avvicinato la prima
volta.
Malfoy leggeva Le
mille e una notte,
in silenzio e con costanza, mentre lei si districava tra i libri di scuola e
gli appunti presi a lezione. Rimanevano ore intere l’uno accanto all’altra
senza dirsi praticamente nulla, ma tenendosi compagnia a vicenda.
Una di quelle volte, Malfoy alzò lo sguardo dal suo libro
per rivolgerle un’occhiata perplessa. Le chiese come mai seguisse più materie
del necessario quando alcune neanche le interessavano. Lei non riuscì a trovare
una risposta alla sua domanda, perciò il giorno dopo abbandonò Divinazione e
Babbanologia.
Hermione iniziò finalmente a rilassarsi. Studiava con più
piacere e aveva del tempo libero a disposizione per dedicarsi ad altro. Qualche
volta Malfoy leggeva ad alta voce per renderla partecipe e lei ascoltava in
silenzio il suono della sua voce, tanto diverso da quello che era abituata ad
associare ai ricordi di quando erano più piccoli.
I commenti di Draco erano sempre interessanti. Raramente si
trovavano d’accordo su qualcosa, ma avevano modo di confrontare i loro punti di
vista divergenti in maniera piuttosto costruttiva.
Quelle ore passate nel cortile del terzo piano divennero
presto il momento preferito della giornata di Hermione.
In una soleggiata mattina autunnale, mentre lei era già lì
durante un’ora buca, Draco la raggiunse e la salutò lanciandole un oggetto
leggero che la colpì al ginocchio.
«Buongiorno anche a te», borbottò, raccogliendo quello che
si rivelò essere un involucro di carta piuttosto familiare. «È una Cioccorana?
Aperta, per di più…»
«Guarda la figurina», replicò lui, cadendo a sedere al suo
fianco.
Lei estrasse la carta dalla confezione e rimase di stucco
nel vedere la propria faccia sorridente nello spazio in cui era abituata a
riconoscere i volti di streghe e maghi famosi. La girò.
Hermione
Granger, eroina della Seconda Guerra dei Maghi. Considerata da molti la più
brillante strega della sua età, la signorina Granger è principalmente nota per
il suo contributo nella definitiva sconfitta di Lord Voldemort nel 1998, per
aver sostenuto strenuamente l’uguaglianza tra maghi Purosangue e figli di
Babbani e per le sue idee rivoluzionarie circa i diritti degli Elfi Domestici.
Sorpresa e lusingata, alzò gli occhi su Draco per chiedergli
se poteva tenerla, ma lui la anticipò con un occhiolino e cominciando a leggere
il suo libro.
Nei giorni seguenti, la prese in giro più volte suggerendo
che le Cioccorane dovevano essere cadute proprio in basso se avevano inserito
tra le figurine anche una secchiona Grifondoro. Lei gli rispondeva a tono, ma
quelle schermaglie non avevano niente a che fare con gli insulti dei primi sei
anni di scuola. Il clima tra loro era comunque disteso, a tratti allegro,
sicuramente sempre sereno.
La prima volta in cui la toccò, Hermione si ritrovò a
trattenere il fiato senza neanche sapere il perché. Le aveva passato Le mille e una notte per farle leggere un pezzo che lei
non ricordava e, nell’indicarglielo con il dito, le sfiorò appena il braccio
con il proprio.
Lui non si scompose affatto, né parve accorgersi della
reazione di lei.
Tuttavia, dopo quel momento, i contatti tra loro iniziarono
a diventare sempre più frequenti. Dapprima si trattò di un cauto sfiorarsi,
urtandosi distrattamente mentre erano seduti affiancati; dopodiché smisero di
esitare nell’invadere il reciproco spazio personale, soprattutto quando si
sporgevano per mostrare qualcosa all’altro o per farsi qualche dispetto, come
quando lui le rubava i rotoli di pergamena dei compiti per attirare la sua
attenzione, oppure lei gli richiudeva il libro facendogli perdere il segno per
vendicarsi di uno scherzo precedente.
Una volta, mentre Draco leggeva per lei, Hermione posò la
testa sua sulla sua spalla. Lo sentì tendersi e la sua voce vibrò leggermente,
ma non fece nulla per respingerla. Quel gesto le divenne abituale, fino al giorno
in cui lui decise che era una posizione troppo scomoda per entrambi.
Si mosse in modo da trovarsi
dietro di lei e le circondò il corpo con le braccia, facendola appoggiare con
la schiena al suo petto e tenendole il libro aperto davanti.
Leggevano entrambi, in silenzio,
e Hermione sorrideva sempre quando lui cambiava pagina nell’esatto istante in
cui anche lei aveva finito, quasi avessero lo stesso identico ritmo. Di tanto
in tanto, lei si distraeva da quella storia che conosceva già e rimaneva
appoggiata contro di lui, a godersi la sensazione di averlo vicino. Fissava le
mani pallide che reggevano il libro e si incantava a osservare il profilo delle
sue dita sottili.
Le stava guardando anche la prima
volta in cui lui le staccò dalle pagine per posarle una carezza silenziosa sul
braccio. Hermione rabbrividì, ma si strinse ancora di più contro di lui. E lei
che aveva le mani e la mente più libere di lui, posò la destra sul suo
ginocchio piegato, beandosi di quel contatto.
Ben presto realizzò che entrambi
si cercavano come bambini che implorano di ricorrere al tatto per conoscersi e
fugare ogni dubbio sull’identità dell’altro. Hermione avrebbe voluto toccargli
il volto, cancellare quel cipiglio costantemente disegnato sul suo viso,
sfiorargli le sopracciglia e le labbra per riconoscere i tratti di una persona
nuova. Tuttavia, non osava farlo.
La loro vicinanza attirava già
numerosi sguardi, alcuni solo curiosi, altri apertamente indignati. Hemione li
ignorava con una punta d’ansia, ma neanche una volta l’aveva sfiorata il
pensiero di allontanarsi da lui. Le sue preoccupazioni e i suoi dubbi erano
tutti rivolti alla percezione che lui doveva avere di quell’inusuale rapporto.
«Non lo trovi strano?», gli
chiese una volta di punto in bianco.
«Cosa?»
«Questo.»
Indicò con un cenno del capo la
mano di lui che si muoveva in circolo sul braccio di lei.
Il movimento si interruppe e
Draco si irrigidì. «A te dà fastidio?»
Hermione scosse la testa con
decisione, incapace di parlare. Sperò che lui cogliesse anche la muta preghiera
nel suo silenzio. Continua.
Lui riprese ad accarezzarla.
«Allora va bene così.»
***
«Raperonzolo
non è più qui. Per colpa tua, adesso vive in miseria», disse la maga.
Il
principe andò fuori di sé per il dolore e, disperato, saltò giù dalla torre.
Nonostante il gesto avventato, per fortuna ebbe salva la vita, ma le spine fra
cui cadde gli trafissero gli occhi, rendendolo cieco.
Draco non faceva neanche più caso ai bisbigli che le persone
si scambiavano quando lui entrava in aula per una lezione o sedeva al tavolo
dei Serpeverde nella Sala Grande. Aveva affilato il suo autocontrollo al punto
che era riuscito a non affatturare nessuno nemmeno quando era stato il
bersaglio di dispetti meschini e accuse pronunciate a mezza voce.
Traditore, ecco come lo chiamavano tutti. Dal
canto suo, non sapeva esattamente quale schieramento avesse tradito
realmente, perché il passaggio da una parte all’altra era stato il semplice
frutto di un giudizio di convenienza, più che una scelta di principio.
Lo stoicismo con cui affrontava il tutto era in gran parte
dovuto alla Granger. Nel tempo che passavano insieme, lei sembrava non curarsi
affatto del giudizio degli altri. Si mormorava in giro che lui l’avesse
assoggettata con un Imperius o che lei ricattasse Draco in
qualche modo. Voci di corridoio più sagge, invece, smentivano queste ipotesi,
la prima impossibile perché lei era troppo potente per farsi fregare, la
seconda assurda perché era troppo buona per essere capace di tanta bassezza.
Su quel punto in particolare, Draco si trovò a concordare.
La Granger era effettivamente troppo
buona. D’altra
parte, se per lei era stato così semplice lasciarsi alle spalle tutto ciò che
lui aveva fatto, per tendergli una mano nel momento del bisogno, era lecito
aspettarsi che anche in quell’occasione non avesse la malizia sufficiente a
capire quanto lui la danneggiasse.
Perché un’altra incontrovertibile verità era che il legame
con Draco rovinava la sua reputazione perfetta, lasciandovi una macchia ben più
sporca del suo sangue.
«Razza di idioti», mormorò lei, strappandolo alla sua
lettura.
La vide distruggere una copia della Gazzetta del Profeta,
identica a tutte le altre che, da quella mattina, erano state incantate per
volare in giro, aperte alla pagina in cui spiccavano le foto degli ultimi
arresti da parte degli Auror, effettuati grazie alle informazioni di fonti protette. Se quegli imbecilli dei giornalisti avessero scritto il
nome di sua madre a caratteri cubitali, sarebbe stato lo stesso. Ci aveva
pensato l’autore di quel divertente siparietto a fugare ogni dubbio, scrivendo
con inchiostro magico l’accusa che nessuno sembrava voler pronunciare ad alta
voce.
Malfoy:
troppo stupidi per ribellarsi, troppo vigliacchi per restare fedeli.
Lei la strappò così in fretta che Draco non ebbe il tempo
neanche di guardarla bene, ma non aveva bisogno di leggere di nuovo le parole
che gli risuonavano nel cervello sin da quella mattina, quando una delle copie
incantate si era gentilmente adagiata davanti a lui a colazione.
La Granger intuì dal suo silenzio che sapeva perfettamente
di cosa si trattasse e sembrò indignarsi ancora di più. «Non ti dà fastidio?»
Nobile
spirito Grifondoro, pensò istintivamente mentre realizzava che era del tutto incapace di
rimanere impassibile di fronte a un affronto del genere. Una parte lui, però,
si crogiolò nell’idea che la sua rabbia fosse in parte dovuta al soggetto a cui erano rivolte quelle accuse, qualcuno a cui lei,
magari, teneva.
«Sono diventato cieco, Granger», disse tranquillo, in una
replica che era per metà una bugia pietosa e per l’altra metà una verità
assoluta. «Come il principe di Raperonzolo. Non vedo più niente.»
Lei non parve convinta. «Non capisco come possa scivolarti
addosso tutto questo. Io ne sarei ferita.»
«Perché tu sei buona», ribatté lui. «E perché non hai mai
meritato niente del genere. Io sì.»
«Immagino tu ti senta molto infelice.»
Lui soppesò quell’affermazione. Con lei al suo fianco, la
gamba destra bloccata tra le sue, un libro che lo appassionava tra le mani e il
vento leggero che gli prometteva una bellissima notte per volare, darle ragione
avrebbe significato mentire. Eppure, ogni volta che capitavano episodi come
quello o che qualcuno gli dava del vigliacco, o peggio, insultava la sua
famiglia, Draco ne soffriva in silenzio.
«Il segreto è tenersi impegnati», disse alla fine. «Una
persona impegnata non ha il tempo di essere infelice.»
Lei probabilmente avrebbe capito quel discorso, perché aveva
fatto esattamente la stessa cosa seguendo corsi che non le interessavano solo
per riempirsi le giornate. Era stato un piacere segreto, per lui, scoprire che
ne aveva lasciati alcuni quando avevano cominciato a passare del tempo insieme.
«Ma una persona troppo impegnata non ha neanche il tempo per
essere felice», gli fece notare lei.
Draco, che non si era aspettato quella replica, rimase
interdetto.
***
Il
principe errò, cieco, per le foreste; non mangiava che radici e bacche e non
faceva che piangere e soffrire per la perdita della sua diletta sposa. Alla
fine, capitò nel deserto. Un giorno udì una voce, che gli sembrò ben nota: si
lasciò guidare da essa e quando si avvicinò riconobbe Raperonzolo.
Una
persona troppo impegnata non ha neanche il tempo per essere felice, gli aveva detto Hermione, senza
riuscire a trattenersi. Lui non aveva risposto e lei aveva iniziato a sentirsi
a disagio.
«Non sei mai felice?», insisté.
Draco chiuse il libro e lo ripose nella borsa, le passò un
braccio attorno alle spalle e la strinse a sé. «Sì, alcune volte sono felice.
Molto spesso.»
Hermione si sentì avvampare, ma non si mosse e ripercorse
nella sua testa tutta la loro conversazione.
«Hai detto che sei diventato cieco, che non vedi più
niente», gli rammentò. «Non vedi neanche me?»
Quella domanda le uscì in un sussurro, ma non era il timore
di un rifiuto a preoccuparla. La sua esitazione nasceva dall’idea che lui
potesse davvero essere insensibile a ciò che lo circondava al punto di non
vedere più neanche le cose belle, come i suoi sentimenti per lui.
Con sua immensa sorpresa, Draco scoppiò a ridere. «Ho
imparato a riconoscere la tua voce», le disse divertito. «Come il principe
idiota di Raperonzolo.»
Finalmente, Hermione si rilassò e sentì le proprie labbra
tendersi in un sorriso. Accanto a lei, Draco la attirò a sé per posarle un
bacio leggero sulla testa, ma si trovò presto con le dita impigliate nei suoi
ricci. Lei lo sentì imprecare e ridacchiò.
«Questi
dannati capelli.»
***
Raperonzolo,
ormai, non era più sola: con lei c’erano i due gemelli che aveva partorito, un
maschio e una femmina. Tutti e tre, vivevano tra gli stenti. Quando il principe
ritrovò la sua amata, lei gli saltò al collo e pianse. Ma due di quelle lacrime
inumidirono gli occhi di lui, che si schiarirono di nuovo, ed egli poté vederci
come prima.
La pioggia batteva implacabile su Hogwarts da ore e di tanto
in tanto un fulmine squarciava il cielo, facendolo sussultare. Draco pensò
distrattamente che quella notte non sarebbe riuscito a volare.
Non se ne curò troppo, mentre si allontanava dall’Aula di
Incantesimi al termine della lezione.
La trovò al terzo piano, appoggiata alla balaustra bianca
che dava sul cortile interno. Era per metà allo scoperto e aveva il viso tutto
bagnato. Il cappuccio del mantello riusciva a stento a contenere i suoi capelli
impossibili.
«Eccoti qui», le disse a mo’ di saluto.
Lei si voltò e gli sorrise. Come sempre, Draco avvertì una
piacevole stretta al cuore nel vederla felice del suo arrivo. Tuttavia, un velo
di tristezza annebbiava la sua espressione.
«Tutto bene?»
La
stretta al cuore, nell’incrociare il suo sguardo, mutava nell’istinto di
sollevare una mano e posargliela sul viso per cancellare ogni traccia di
dispiacere, di posarle le labbra sulla pelle bagnata per assicurarsi che si
trattasse di pioggia e non di lacrime, di stringerla così forte da impedirle
ogni via di fuga.
Rimase immobile, mentre lei annuiva e tendeva la mano nella
sua direzione. Era sempre stata più brava di lui a esprimere ciò che voleva.
Draco le si avvicinò e permise che le dita di lei gli sfiorassero
il petto, poi il fianco, in una carezza che bruciava perfino attraverso i
vestiti.
«Oggi niente cortile», spiegò finalmente lei. C’era qualcosa
di infantile nel suo tono deluso, come una bambina che ha appena scoperto di
non poter avere la cosa che desidera più di ogni altra al mondo.
«Niente libri», precisò lui. «Perché la pioggia li
rovinerebbe. Ma noi possiamo resistere a un po’ d’acqua.»
Lei alzò lo sguardo su di lui, leggermente perplessa. Quando
Draco le afferrò la mano non oppose resistenza, ma emise un gridolino di
sorpresa nel trovarsi all’improvviso sotto la pioggia.
Draco non si alzò nemmeno il cappuccio e l’acqua gli scivolò
subito tra i capelli e fin dentro il colletto della camicia. Rabbrividì, ma si
sentì insolitamente vivo mentre Hermione Granger rideva e lui la trascinava tra
gli alberi.
«Fermati!», gli disse, troppo divertita perché lui la
prendesse sul serio. «Draco, aspetta!»
Nel sentirle pronunciare il suo nome, lui si fermò e la
lasciò andare. Erano nel punto centrale del cortile, nascosto a chiunque fosse
passato lungo il perimetro.
Draco si voltò verso di lei e le indicò il loro albero.
«Credevo volessi andare lì.»
Lei rise ancora. «Tu sei pazzo! Ci prenderemo il
raffreddore!»
«Almeno non sei più triste.»
Avrebbe
fatto cose inimmaginabili per alleviare ogni sua pena, molte delle quali,
probabilmente, non avrebbero avuto la sua approvazione. Ma il tempo in cui
cercava di meritarla era finito, ormai gli era rimasto soltanto l’imperativo
ineludibile di renderla più felice che poteva.
Lei scosse la testa. «Non ero triste!», gli disse. Iniziò a
camminare verso il loro albero, ma scivolò su una radice e cadde, schizzando
fango tutto intorno.
Fu il turno di Draco di sogghignare. «Vuoi stare attenta a
dove metti i piedi?»
Lei si girò a sedere e gli rivolse una smorfia. Prima che
lui potesse rendersene conto, aveva allungato una gamba e gli aveva fatto uno
sgambetto.
Draco cadde in avanti, tendendo le braccia per non finirle
addosso. Hermione gli diede una spinta, facendogli perdere l’equilibrio in modo
che atterrasse nel fango accanto a lei.
Imbronciato, si guardò le mani sudicie.
Lei rise della sua espressione, poi gli rivolse uno sguardo
dolce. «Il fango non sarà la cosa più sporca che hai toccato di recente.»
Aveva pronunciato quelle parole con troppa innocenza perché
fossero un’accusa o una vendetta, ma Draco vi colse la colpa che si portava
dietro e che avrebbe giustificato, da parte di lei, una rabbia che non c’era
mai stata.
Rabbia
per gli insulti, le offese e le meschinità di anni di scuola. Rabbia per l’odio
per cui aveva parteggiato lui, mentre lei, che non aveva fatto niente per
meritarselo, rischiava la vita per combatterlo. Rabbia perché lui l’aveva
trovata sporca così a lungo che non si era mai reso conto di quanto in realtà
fosse lui quello indegno.
Non c’era niente di sporco nel fango che li ricopriva, nel
sorriso caldo di lei, nello sguardo carico di dolcezza che gli rivolgeva già da
un po’. D’altro canto, se c’erano macchie che non potevano essere cancellate,
erano quelle che portava addosso lui, sul braccio, nel cuore, nell’anima.
La guardò e per la prima volta pregò che restasse sempre
così com’era, troppo buona per il mondo, ma abbastanza perché potesse rimanere
accanto a lui.
«Vuoi che mi scusi?», le domandò sinceramente.
Lo avrebbe fatto, se fosse stato necessario. Era per natura
orgoglioso, ma sapeva scendere a patti con qualunque cosa per ciò che
desiderava.
Lei si accigliò. «Saresti sincero se lo facessi?»
Draco si lasciò sfuggire un sorriso. Averla accanto avrebbe
significato non poter mai più mentire a se stesso, perché lei gli guardava
dentro e lo costringeva a fare altrettanto, impedendogli di nascondersi dietro
a mezze verità e abitudini radicate in lui.
Era
ben disposto a fare un’eccezione per ciò che gli piaceva.
Le cattiverie di cui era stato responsabile e l’ipocrisia
che stava mostrando adesso erano qualcosa per cui era pronto a pagare. Quale
che fosse il prezzo del suo egoistico desiderio, Draco Malfoy non si sarebbe
sottratto.
«Sì», rispose con più sincerità di quanta si credesse
capace.
Lei gli regalò un altro di quei sorrisi che lui continuava a
credere di non meritare. «Allora non serve.»
Forse sarebbe stato sempre così: lei avrebbe tirato fuori il
meglio di lui e glielo avrebbe lasciato in modo che fosse una persona più
degna, senza desiderarlo per sé, perché lei era in grado di accettare anche il
suo lato peggiore e farne qualcosa di meraviglioso.
Draco si chinò e la baciò.
Quasi si sorprese quando lei non si ritrasse. Il contatto
tra le loro labbra era qualcosa di così insperato da sembrare irreale. Lei
sapeva di pioggia e di dolcezza e lui perse la testa nell’esatto istante in cui
la ragazza schiuse le labbra per approfondire il bacio.
I loro respiri si fusero e gli mancò il fiato, dovette
appellarsi a tutto il suo autocontrollo per non spingerla sotto di sé nel
fango. Si limitò a metterle una mano sul collo per tenerla stretta a sé, mentre
inspirava il suo fiato e la accarezzava con la lingua come se avesse appena
scoperto la più grande meraviglia del mondo.
Lei teneva gli occhi chiusi, le ciglia tremavano
impercettibilmente sulle palpebre abbassate e le labbra si tendevano in un
sorriso ogni volta che lui la stringeva un po’ in più.
Non sapeva perché non l’avesse mai fatto prima, ma Draco si
diede mentalmente dell’imbecille per tutte le ore, i giorni, i mesi, gli anni,
in cui lei era stata a pochi passi da lui e lui non l’aveva baciata.
Si separarono per riprendere fiato e lui avvertì un vuoto
all’altezza dello stomaco dove sarebbe sempre mancato un pezzo, adesso che conosceva
il sapore delle sue labbra. Solo lei avrebbe potuto farlo sentire completo.
«Che diavolo sei tu?», le chiese prima di riuscire a
trattenere le parole che credeva di avere soltanto pensato. Poteva essere la
sua punizione, il concretizzarsi di tutto ciò che desiderava solo per vederselo
sottratto perché immeritevole. O magari era il perdono che gli era stato
concesso prima ancora che avesse imparato a chiederlo.
Lei si accigliò, ma parve divertita da quella domanda. «Sono
solo una ragazza in una torre.»
Draco rise nel ricostruire il collegamento a quella fiaba
che li aveva fatti avvicinare. «Io non sono un principe, però», le fece notare.
«E sono partito svantaggiato. Dai Sotterranei, per la precisione. Ho dovuto
scalare un bel po’.»
Lei scrollò le spalle, ancora vicinissima a lui, che la
tratteneva con una mano. «Ma adesso sei qui.»
Draco si concesse un sospiro di sollievo. Sì, era accanto a
lei. E ci sarebbe rimasto.
Non voleva che si allontanasse oltre i pochi centimetri che
già c’erano tra loro, ma le avrebbe concesso un pochino di spazio, se solo
avesse potuto.
Lei ridacchiò. «Avanti, puoi dirlo.»
Draco fece una smorfia, mentre tentava di districare le dita
dai suoi ricci.
«Questi
dannati capelli.»
Riacquistata la vista, il
principe condusse Raperonzolo e i bambini nel suo regno, dove furono tutti
abbracciati con gioia. E vissero a lungo felici e contenti.
Note
Tangled è il titolo
originale del film “Rapunzel – L’intreccio della torre”. Letteralmente,
significa intrecciato, aggrovigliato e fa riferimento ai capelli di
Raperonzolo (ma anche a quelli di Hermione).
Questa fanfiction è chiaramente
ambientata in un ipotetico contesto post-guerra. Avendo già frequentato il
settimo anno, non c’è un reale motivo per cui Draco Malfoy dovrebbe tornare a
scuola, ma visto l’andamento disastroso della didattica nell’anno della guerra,
suppongo che a chiunque sarebbe stata data l’opportunità di ripeterlo. Draco,
in questa storia, lo fa per non dover affrontare la realtà terribile del mondo
fuori da Hogwarts.
I righi in corsivo tra i vari
paragrafi compongono la storia di Raperonzolo, nella ricostruzione dei fratelli
Grimm, che ho reperito in rete combinando diverse fonti. Ho cercato di non
modificare lo stile rispetto all’originale.
Il professore di Trasfigurazione
menzionato è una mia invenzione, ho supposto che poiché la McGranitt è
diventata Preside hanno dovuto assumere un nuovo insegnante per la sua materia.
Riguardo a Divinazione, qui è tornata a insegnare la professoressa Cooman.
La Presa Rovesciata del Bradipo,
o Presa del Bradipo Rotante, è un’acrobazia descritta nei libri, ma tutto
l’esercizio che compie Draco è pura fantasia.
L’idea di aggiungere Hermione
all’elenco delle figurine delle Cioccorane viene da informazioni fornite dalla
Rowling, ma non sapendo esattamente quando ciò sia accaduto mi sono presa la
libertà di immaginare il momento. La descrizione è scritta da me, ma ricalca
quella della figurina di Silente che compare nel primo libro.
La scena del giornale incantato
con gli insulti per Malfoy ricalca un episodio di The ground beneath her
feet, fanfiction di Savannah.
La battuta di Hermione “Sono
solo una ragazza in una Torre” potrebbe liberamente rimandare a “Sono
solo una ragazza in un bar” di Meredith Grey, sebbene la citazione non sia
voluta. Il riferimento voleva chiaramente essere a Raperonzolo.
La frase “Il segreto è tenersi impegnati. […] Una persona
impegnata non ha il tempo di essere infelice” è una traduzione libera della
citazione di Robert Louis Stevenson che era un prompt del contest a cui
partecipa questa fanfiction. Riporto il pacchetto, partorito dalla mente geniale
di Bessie:
Rapunzel – I’m keeping busy, so I
stay sane (Disney Disorders 2 (Just Josie Jo))
I’ll see how many things I can
fit in one day
Cook, paint, clean, read, dance, knit and then guitar I’ll play
(…)
I’m keeping busy so I stay sane
Obbligo: x si lancia in milioni di progetti, non per forza
completandoli, per non pensare a qualcosa/qualcuno
Prompt: Keep busy at something: a busy person never has
time to be unhappy (Robert Louis Stevenson)
Bonus: x ha una madre/matrigna opprimente e che ne
controlla ogni passo.