66 Consiglio di guerra
66 Consiglio di guerra
“Allora, Legolas
Verdefoglia, cosa ha in mente tuo padre?”
Il mago esordì,
senza preamboli.
Legolas guardò ai
due Elfi seduti al suo fianco, un biondo massiccio con armatura dorata ed una
rossa con lunghe trecce, vestita di verde foresta.
“Cancellare i Goblin
dalla faccia della Terra di Mezzo.”
Dai presenti
vennero, contemporaneamente, molte coppie di sopracciglia alzate, respiri
trattenuti all’improvviso e qualche fischio.
Solo Beorn rimase
impassibile.
Kìli aveva preteso
che l’incontro si svolgesse nell’accampamento dei Nani, posizionato con molta
attenzione in una piccola radura nascosta, tra il punto d’incontro fissato dai
Goblin ed il Fiume. Riteneva essenziale che i Goblin non venissero a conoscenza
della presenza dei Nani nella zona, perché temeva che, in quel caso, avrebbero
potuto far del male a…al prigioniero. Non osava dire nemmeno con se stesso che
fosse davvero Fili.
Gandalf aveva
concordato; così una pattuglia di Guardie Forestali elfiche sorvegliava la
zona, e Dwalin aveva imposta guardia doppia, con ordine di abbattere tutto
quello che si muoveva.
Legolas era arrivato
quella mattina, accompagnato dai Comandanti dei due contingenti che aveva
portato con sé, e che aveva presentato come Arien, Comandante delle Guardie Reali,
e Tauriel, Capitano delle Guardie della Foresta. Presenti all’incontro Dwalin,
Ori, e Kador, comandante del contingente di Nani di Ered Luin; Bliskar si
aggirava in silenzio servendo birra, tè
e stuzzichini.
"Proposito
lodevole,” ammise Kìli; a riprova della sua maturazione politica, non aveva
fischiato, “ma permettimi, principe Legolas, piuttosto irrealistico.”
I tre Elfi si
strinsero contemporaneamente nelle spalle.
“Lo so,” rispose
Legolas, “e lo sa anche lui, ma è arrabbiato.”
“Thranduil deve smetterla
di fare i capricci,” brontolò Gandalf.
“E’ ora di crescere.”
“Ha già fatto molti
passi avanti. La battaglia davanti ad Erebor gli ha fatto vedere cose che si è
ostinato ad ignorare per secoli, e ne
sta prendendo atto.”
“Che non esiste solo
lui e la sua Foresta?”
“Esattamente. Da una
parte è stato difficile per lui affrontare tutte le perdite che abbiamo subito
nella battaglia…”
“Se porti in giro un
esercito,” brontolò Dwalin, “devi mettere in conto che qualcuno ci lasci la pelle, anche se sono pelli
preziose di Elfi immortali.”
Kìli gli posò una
mano sul braccio.
“L’esercito aveva
solo scopo dimostrativo… andiamo, un esercito per tredici Nani e un Hobbit, per
riprendersi una cassa di sassi luminosi? Non prevedeva di dover combattere, e
di certo non contro gli eserciti di Azog.”
Legolas annuì.
“Gli Elfi non
dimenticano, e mio padre aveva ben presente la sua ultima battaglia davanti a
Gundabad, contro Orchi e Draghi del Freddo. Gli era costata un prezzo
elevatissimo, sia nel senso di ferite fisiche, sia, e soprattutto, di perdite
affettive; e per questo ha chiuso il suo regno e il suo cuore, allo scopo di
difendere l’uno e l’altro. Lo scorso inverno ha capito che non serve a mettersi
al riparo; se non avesse avuto quell’esercito in campo, se non avesse
combattuto e vinto, si sarebbe trovato
chiuso in un regno assediato, circondato da Orchi a Nord, a Est ed a Sud… con i ragni ad Ovest.
Quando Azog avesse voluto, gli sarebbe bastato stringere il cerchio e ci
avrebbe schiacciati.”
“Sarebbe stato assai peggio di così,” bofonchiò
Gandalf. “Ci sono forze più malvagie e potenti in campo, anche se per ora
abbiamo ottenuto una tregua.”
Kìli fissò il mago;
gli erano tornate in mente alcune visioni di tempo prima.
Una marea nera che si infrange sulle mura di Erebor e sul
Grande Cancello sbarrato… fuochi e tamburi, tamburi nell’oscurità…
“Cosa c’è in ballo,
Gandalf? Dobbiamo saperlo!”
“Sì, hai ragione,
giovane Kìli. Ma non adesso. Ora l’obiettivo è riportare a casa tuo fratello,
perché, come ti ho già detto, sento nel mio cuore che è necessario per il
destino della Terra di Mezzo. Quindi, Legolas, spiegaci cosa avete
effettivamente intenzione di fare.”
“Ottenere la
liberazione degli ostaggi e dare ai Goblin una lezione che non dimenticheranno
facilmente.”
“Mi piace!” esclamò
Dwalin.
“Ha il pregio della
semplicità,” soggiunse Ori; ma Kìli scosse il capo.
“Non avrete intenzione
di entrare a Goblin Town, vero?”
“In effetti no;
proveremo ad attirarli fuori.”
“Bene,” Kìli
approvò; “non dimentichiamoci che gli ostaggi sono quattro e non due, anche se
ancora non sappiamo perché non abbiano fatto richieste per tutti.”
“Il piano può essere
migliorato,” osservò Ori. “Per esempio, potremmo…”
Dwalin, Kador ed i
comandanti Elfi erano appartati per
studiare strategie.
“Dunque, se capisco
bene,” osservò Bilbo, “ dopo lo scambio degli ostaggi con i carri del riscatto,
gli Elfi intenderebbero attaccare e dare una lezione ai Goblin. Giusto? Ma
senza entrare.”
“Esatto.”
“Nelle vicinanze
delle porte dovrebbe crearsi una
notevole confusione... quindi la situazione ideale per portare fuori un
prigioniero fuggiasco.”
“Bisogna trovarlo,
prima, però.”
“Quindi è necessario
che io entri prima di allora, e abbia il tempo di cercare. Devo
andare subito, stasera.”
Gli astanti
fissarono il piccolo hobbit che parlava
con tanta noncuranza di entrare in una caverna zeppa di Goblin assetati di
sangue e circolarvi come niente fosse.
“Bilbo, sei sicuro
di quello che fai?” Gandalf era ancora fortemente contrario.L’Hobbit ridacchiò.
“Chiedi al qui presente
principe Elfo cosa ne pensa.”
Legolas lo guardò di
traverso.
“Ci stiamo ancora
chiedendo come, per Elbereth, tu sia riuscito a scorazzare per giorni nei
nostri sotterranei, rubare il nostro
cibo, bere il nostro vino, liberare i nostri prigionieri e portarli fuori senza
che nessuno di noi se ne accorgesse minimamente. Mio padre ha messo in
punizione tutte le guardie! Qualcuno era poco vigile, d’accordo, ma tutti? Come hai fatto?”
Bilbo si dondolò sui
talloni e arricciò il naso.
“Magia Hobbit.”
Magia hobbit. Kìli era abbastanza sicuro
della natura di tale magia. Dentro Erebor, prima della battaglia, mentre tutti
erano impegnati a cercare l’Arkengemma, gli era accaduto di imbattersi in
Bilbo, che gli era comparso improvvisamente davanti, da dietro un angolo. Lo hobbit aveva frettolosamente
riposto nella tasca del panciotto un piccolo oggetto, ma Kìli aveva fatto in
tempo a notare che era dorato e rotondo. Come
un anello.
Aveva accusato
l’hobbit di essere troppo furtivo, e di
avergli procurato un mezzo infarto comparendogli davanti così
all’improvviso, e Bilbo aveva
ridacchiato vantando le sue capacità di ladro, ma anche lui era scosso.
Kìli era tutt’altro
che stupido, e sapeva sommare due più due, specialmente perché aveva carte che
non molti avevano. Aveva ricevuto l’educazione di un principe di Durin; il suo
maestro, Balin, era appassionato di
storia; e se la leggenda dei fabbri elfici dell’Eregion era nota a molti,
tra i Longbeard di Moria l’amicizia tra
Narvi e Celebrimbor era ben documentata.
La Casa di Durin
sapeva che solo l’avvertimento di Narvi, che aveva sempre nutrito avversione
per Mairon, aveva consentito a
Celebrimbor di salvare alcuni Anelli dal suo tocco, sebbene non se stesso. E il nonno di Kìli aveva posseduto uno del Grandi
Anelli.
Sapeva quindi che
erano esistiti molti Anelli magici, e non solo i Maggiori; ed aveva immaginato
che Bilbo, nipote del Conte della Contea, potesse possederne uno.
Ma se lui
preferisce non parlarne, non sono affari miei.
“Va bene,Bilbo,”
sospirò, “fai pure a modo tuo.”
Lo hobbit sparì per
preparare quanto gli sarebbe servito, e proprio in quel momento i comandanti si
strinsero la mano in segno di accordo e si avvicinarono ai due principi.
Per fortuna, pensò Kìli, altrimenti cosa avrei detto a
questo manico di scopa con le orecchie a
punta? Non sembra proprio il tipo con cui
condividere una birra.
Elfi e Nani
esibivano la stessa espressione perplessa e cautamente ottimista.
“Beh?” li apostrofò
il principe bruno.
“Avete una
strategia?” proseguì il biondo.
Il grande Elfo
biondo annuì un po’ esitante.
“Sì… in effetti è
stato più facile del previsto.”
“Hanno qualche buona
idea,” ammise Dwalin, che sembrava aver
visto il mondo capovolgersi.
“Sanno il fatto
loro,” aggiunse la rossa, sbirciando di traverso, con aria dubbiosa, il
massiccio e corazzato Kador, che a sua volta grugnì un accordo.
Dietro di loro, Ori
procedeva trattenendo a fatica le risate e sforzandosi in ogni modo di apparire
serio e dignitoso come si addiceva ad uno Scriba Reale.
“Tra qualche minuto
avrete una copia ciascuno del piano elaborato,” informò Ori con il suo
atteggiamento più professionale.
“Va bene,” annuì
Kìli; “così Mastro Baggins avrà tempo
per fare i suoi bagagli e venire con voi.”
Per evitare un
imbarazzante silenzio, Kìli sfoderò il suo sorriso più affascinante e si
rivolse a Tauriel.
"Bene, Capitano, ci
incontriamo di nuovo!”
La rossa si inchinò.
“In circostanze
migliori delle precedenti,
fortunatamente.”
“Davvero,” sogghignò
il principe Nano; “di sicuro faccio una migliore figura quando non sono coperto
da tela di ragno gigante.”
Tauriel non riuscì a
fare a meno di ridacchiare, mentre una scintilla maliziosa le compariva negli
occhi verdi.
“Spero che la nostra
fuga non abbia causato troppi problemi alla Guardia,” insinuò Kìli con un
sorriso ancora più smagliante, e sentì Legolas irrigidirsi al suo fianco. La
rossa inviò una brevissima occhiata al suo principe.
“In effetti,”
ammise, “qualche problema lo abbiamo avuto, ma adesso le cose vanno molto
meglio.”
“Sei riuscita a vedere
un po’ di mondo; come ti sembra?” chiede il principe Nano, e la rossa si
illuminò.
“Oh, è meraviglioso!
E finito qui andrò a Lothlorien! Immagini? Vedrò il Bosco d’Oro!”
Bilbo arrivò
trafelato in quella, trascinandosi dietro un piccolo zaino.
“Sono pronto!
Andiamo?”
Kìli gli fece cenno
di attendere un attimo.
Groac!
“Voglio che porti
qualcuno con te, BIlbo”, disse, e
sollevò il braccio destro in tempo
perché il grande corvo imperiale vi si
posasse con la solita grazia. Kìli sentì gli Elfi al suo fianco trattenere il
respiro ed indugiò con lo sguardo sul corvo che si lisciava orgogliosamente le
penne, consapevole di offrire uno spettacolo suggestivo.
Questa scena è sempre di grande effetto, ma presto avrò
bisogno di parabracci nuovi. Quel mago da strapazzo e la sua mania per le
sceneggiate mi ha contagiato.
“Mi piacerebbe che
entrasse con te a Goblin Town, ma non credo che sarai d’accordo…”
L’Hobbit scosse la
testa.
“Non voglio dover
badare a lui, per evitare che i Goblin se lo mangino.”
Il corvo arruffò le
penne e gracchiò indignato.
“Ehi! Non sono
appena uscito dal nido!”
Kìli cercò di
rabbonire il grande uccello.
“Su, Groac, non
voleva offenderti,” gli rispose,
guadagnandosi in cambio un’occhiataccia di ossidiana ed uno sbuffo risentito.
“Vuol dire che Groac verrà spesso in
ricognizione e se avrai bisogno di lui potrà vederti. Tu non lo capisci, ma lui
capisce te, quindi puoi affidargli qualsiasi messaggio. D’accordo?”
Kìli restò a
guardare gli Elfi, il Mago e l’Hobbit allontanarsi verso il campo elfico. Beorn
sarebbe rimasto, per il momento; tanto le distanze per lui avevano poca
importanza, sarebbe arrivato dove era necessario entro poco tempo.
Il sole stava
scomparendo dietro le Montagne Nebbiose; mancavano solo due giorni
all’appuntamento, e le pedine si stavano disponendo sulla scacchiera. Si rese
conto, in quel momento di solitudine, della sensazione di pericolo imcombente
che provava. Un po’ come prima della battaglia, quando nessuno ancora sapeva
che le cose sarebbero andate così terribilmente storte. Allora aveva convinto
Liatris a lasciare il campo; adesso l’istinto non gli suggeriva nulla. Solo
quella persistente sensazione di allarme… e continuava a tornargli in mente la
piccola porta laterale attraverso la quale avevano fortunosamente lasciato
Goblin Town, la scorsa estate.
Si strinse nel
mantello, perché di sera l’aria era ancora frizzante, specialmente così vicino
alle Montagne. Oh, beh. Scopriremo
abbastanza in fretta cosa bolle in pentola.
Quella notte dormì
male. Sognò più volte la battaglia, ed
eserciti di orchi ed altre maligne creature…
rivide per l’ennesima volta l’onda nera che si infrangeva sui Cancelli
sbarrati; si svegliò più volte in un bagno di sudore, con il cuore che batteva
all’impazzata, senza ricordare cosa aveva visto ma consapevole che fosse
qualcosa di terribile. Alla fine, incapace di resistere ancora, mentre le prime
luci dell’alba spuntavano sull’accampamento, si alzò.
Fece il giro dei
falò, dovr i primi nani svegli scaldavano l’acqua per il tè, o consumavano le
razioni da viaggio; chiacchirò amabilmente con loro, scherzò, ed in generale
sfoderò tutto il suo fascino per divertirli e galvanizzarli.
Con il trascorrere
delle ore, la sensazione di pericolo si
fece sempre più accentuata e Kìli iniziò
a preoccuparsi davvero, soprattutto perché non riusciva a individuare di cosa
si trattasse. Così decise di fare qualche esperimento.
Queste premonizioni non mi serviranno mai a niente se non
riuscirò a capire cosa significano!
Si concentrò quindi,
per prima cosa, su Liatris. La immaginò seduta al tavolo della colazione con sua
madre, mentre discutevano sulle rispettive preferenze in fatto di tisane e di
tè. La vide mentre si accarezzava distrattamente la pancia ormai ben visibile.
E subito si sentì avvolgere da un’ondata di calore,
affetto, serenità che cancellò all’istante ogni preoccupazione. Si chiese da dove potessero provenire quelle
sensazioni,, ma in ogni caso era escluso che
il pericolo, di qualunque cosa si
trattasse, riguardasse i suoi cari rimasti ad Erebor.
Bene, è un sollievo.
Allora si tratta di Fili.
ANGOLO AUTRICE
Non ci credete, vero? Già un altro capitolo!
ANGOLO DEL *GRAZIE*
Mi sono accorta di essere molto in ritardo con i ringraziamenti!
Grazie ad Inuiascia, che si rcorda sempre di me, anche dopo
anni.
Grazie infinite a Fib23, Nameless04, Perla_16; soprattutto
ad Elfa e OneDirectioner_1, che fanno rimanere questa storia nelle classifiche!
Vi amo tutte.
Alla prossima
Bacio
Idril
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