TRISTE MELODIA
Il
mio violino scandiva il tempo in quella lunga notte dove le stelle
illuminavano il blu scuro del cielo. Con gli occhi chiusi suonavo la
mia solita melodia intrisa stavolta di una strana sensazione a cui
non sapevo dare un nome.
Da
quando ero tornata nell'epoca Sengoku mi capitava di suonare, a volte
era proprio Towa a chiedermelo e, tra uno sbuffo e l'altro,
l'accontentavo. Lei sembrava felice di ascoltare quel suono anche se
era sempre lo stesso, chiudeva gli occhi come se volesse rilassarsi,
entrare in un'altra dimensione fatta di pace e gioia. Intuivo che in
quella sua fantasia c'ero anche io, vivevamo felici come due sorelle
che finalmente si erano ritrovate dopo 10 anni; chissà se qui o nel
futuro da dove proveniva e aspirava a tornare. A volte chiudeva gli
occhi per poi cadere in un lungo sonno che sarebbe poi terminato con
il suo risveglio la mattina seguente, rimanevo lì con il mio
strumento a fissare la sua espressione beata.
Quella
sera però sapevo a che cosa stava pensando.
Con
il tempo suonare il violino regalatomi da Moe, madre adottiva di
Setsuna, diventò sempre più un'abitudine, un bisogno fisso e
latente che ogni giorno cresceva sempre di più nel mio animo di
guerriera. Mi dava tranquillità, una quiete mia provata che mi
permetteva per qualche minuto di dimenticarmi di tutto e tutti, non
ero più in un epoca piena di conflitti e povertà ma in un mondo
nuovo fatto di mille colori tutti diversi e brillanti che Musashi
non aveva. Suonare mi permetteva di non essere più Setsuna la
sterminatrice o la mezzo demone, ero solo me stessa con i miei
desideri e le mie celate emozioni che fuoruscivano all’interno di
quel suono così intenso e meraviglioso che creavo con la mia
immaginazione.
Quella
sera però suonavo in modo diverso, il mio braccio si muoveva sempre
nello stesso modo ma l’intenzione era completamente differente,
stavo tentando di liberarmi di qualcosa, di un sentimento che fino a
poco fa mi era così ignoto.
Guardai
mia sorella Towa con la coda dell’occhio, lei sa ne stava con le
mani in tasca a fissare un punto sconosciuto di quel cielo tanto
infinito e buio. Era pensierosa, triste, preoccupata, lo notavo dal
suo sguardo assente e del suo strano silenzio.
Provava
lo stesso, come potevamo far finta di nulla? Avevamo incontrato
nostro padre per la prima volta e non potevamo fingere che la cosa
non ci toccasse emotivamente nemmeno un po.
Io
nascondevo i miei pensieri nella mia melodia, tentavo di pensare a
qualcosa di diverso, ma la mia mente finiva sempre lì, in quegli
attimi di quando lui si è palesato di fronte a noi. Towa vedeva
dentro si sé quelle stesse mie immagini, quel demone così potente e
di bell’aspetto che abbiamo incontrato oggi quasi per caso.
O
forse no, era venuto appositamente per salvarci?
Mossi
ancora l’archetto del violino con più vigore, forse stonai
leggermente ma non m’importava.
Perché
è venuto soltanto adesso?
La
mia vita è cambiata così tanto nel giro di poco, pensavo di essere
sola al mondo e invece avevo scoperto di avere una sorella gemella
che viveva in un’altra epoca e che ha trascorso il suo tempo, a
differenza mia, a chiedersi se fossi viva e se stessi bene e invece
purtroppo qualcuno mi ha portato via la mia memoria, rubato il sonno
e lasciata sola in un periodo dove la lotta per la sopravvivenza era
tutto.
Chi
avrebbe mai immaginato che il mio lavoro di routine di sterminio dei
demoni mi avrebbe condotto da lei, attraverso uno strano portale
sarei finita in un’altra epoca e in un modo così diverso.
L’attaccai, mi scontrai con lei, con quella sorella di cui non
ricordavo l’esistenza e che non sentivo il bisogno di avere nella
mia vita solitaria. Quello fu l’inizio di tutto, della mia nuova
avventura e dell' affetto ritrovato per Towa. Ammetto che all’inizio
fu dura per me aprirmi a lei e accettarla nel mio mondo piccolo e
chiuso per tutti, fortunatamente lei sa come farsi voler bene
soprattutto da me e la sua compagnia è ormai divenuta
indispensabile.
È
allegra e determinata, e proprio questa sua determinazione a
ritrovare il Demone Farfalla che mi ha sottratto i ricordi e il sonno
che ci ha permesso di fare quell’incontro. Erano giorni che
cercavamo il monte Musume, ma le nostre ricerche non ci avevano
condotte da nessuna parte. Ci aveva aiutato quel Riku a individuare
la possibile dimora di uno dei servitori di Kirinmaru. Eravamo state
brave a sconfiggere Konton, la presenza di Towa mi aveva dato molta
forza, mi permetteva di non sentire la stanchezza dello scontro. Ci
siamo dirette ad inseguire Totetsu, e fu proprio lì che incontrammo
Kirinmaru. Il demone maggiore ha davvero una forza fisica e demoniaca
senza eguali, abbiamo provato insieme a Moroha ad attaccarlo ma i
nostri colpi non hanno sortito nessun effetto. Kirinmaru si avvicinò
per darci il colpo finale quando lui apparve. Riesco ancora a sentire
la forte aura demoniaca della sua spada che ha lanciato dell’alto
del cielo, quel suo gesto ha distratto Kirinmaru, è così che ci
siamo salvate.
Non
pensavo che avesse un aspetto così giovane e fiero, con la pelle
diafana e i capelli d’argento lunghi e lisci che incorniciano il
suo viso da demone. Mentre si scontravano, siamo state colpite da un
fulmine. Quando abbiamo ripreso i sensi era già il tramonto e di
Sesshomaru e Kirinmaru non vi era più nessuna traccia.
Certo
che era proprio strano… io che sono una sterminatrice sono la
figlia di un potente demone.
Spesso,
quando ero piccola, immaginavo a come potevano essere i miei
genitori. Ho fatto spesso questi pensieri, è vero che con me c’erano
Kaede e gli sterminatori ma in verità io mi sono sempre sentita sola
qui al villaggio. Di notte camminavo per le strade di Musashi, in
attesa che venisse giorno, per sconfiggere la mia tristezza che non
mi abbandonava mai. Non riuscivo a dormire, è vero che questo è un
grande vantaggio nell’epoca Sengoku ma in realtà io mi sono sempre
sentita come se fossi in trappola, come se qualcuno mi controllasse
e, nello stesso tempo, mi portasse via i miei sogni, i miei ricordi.
Perché non ero come gli altri? Non avevo una famiglia né dormivo
come gli esseri umani.
Passavo
il tempo a sterminare i demoni. Rimanere al villaggio per me era
motivo di sofferenza, un forte dolore che sentivo all’altezza del
cuore. Vedevo spesso i bambini giocare tra di loro o con le loro
mamme, in questi casi mi chiedo sempre dove fosse la mia, perché non
si curava di me. Era forse morta o scomparsa? Non lo sapevo e di lei
non avevo nessun tipo di ricordo.
Una
volta passavo per il grande prato verde che si trova dietro la
capanna di Kaede. C'erano dei bambini che prendevano in giro
una loro amichetta, uno di loro prese la sua bambolina e non voleva
restituirgliela in nessun modo. La bambina provò con tutte le sue
forze per strappargliela dalla mano ma lui era più alto e non
riusciva ad arrivare all'altezza giusta per riprenderla. Continuava a
prenderla in giro quando prese la sua bambolina e la lanciò ai suoi
amici che se la passarono come una palla.
"Sono
proprio senza cuore" pensai quella volta, i bambini possono
essere proprio cattivi. Poi prendersela con una bambina più piccola
e indifesa era proprio da codardi; se lo avessero fatto a me non mi
sarei risparmiata, li avrei attaccati e colpiti con tutta la forza
che avevo. Stavo per intervenire quando in uno dei lanci la bambola
si ruppe. La testolina non stava più su, le si era scucito il lato
destro. La bambina pianse disperatamente.
"Maledetti"
dissi e presi il giocattolo dalle mani di uno di quei ragazzini.
Agitai la mia naginata in segno di sfida, dato che erano così sicuri
delle loro forze potevano battersi con me.
"Allora?"
Li invitai ad attaccarmi ma loro fuggirono spaventati.
Che
Stupidi.
"Ecco
tieni" dissi alla bambina riconsegnandole il giocattolo.
Lei aprì
gli occhi asciugandosi le ultime lacrime.
"Grazie
signorina" mi sorrise, era contenta di averla ripresa con sé.
In quel momento arrivò anche la madre che la stava cercando, la
piccola le corse incontro facendole vedere le condizioni della sua
bambolina.
"Grazie
mille signorina. Aruko, non preoccuparti te l'aggiusterò, ora su
andiamo a casa"
Prese la
mano della mamma, ma prima di andar via si girò e mi salutò con la
manina felice.
Ricordo bene quella signora: era alta snella e con i
capelli lunghi e lisci. Aveva un viso così bello e dolce, sembrava
proprio una mamma amorevole.
Io
neanche la mamma...
Mi sono
chiesta spesso che volto avesse la mia, se io e lei ci somigliassimo
in qualche modo, se anche lei avesse avuto piacere a giocare con me.
Com'è la
mia mamma, me lo sono chiesta spesso.
Ho
cercato informazioni al villaggio ma nessuno sapeva nulla o facevano
finta di non conoscerla. Ero un'orfana, non avevo nessun familiare,
da allora capii che dovevo cavarmela da sola, a nessuno sarebbe mai
importato più di tanto della mia presenza in questa vita. Sono
diventata fredda e distaccata con la speranza di distaccarmi dalle
mie stesse emozioni, paure e desideri per poter sopravvivere come una
persona normale e non pensare.
Sterminare
i demoni fu il mio principale obiettivo di vita, ogni volta che usavo
la mia naginata per uccidere un demone, nella mia mente tagliavo in
due anche le mie tacite sofferenze.
Fu strano
per me sentirmi dire che ero figlia di un potente demone, demoni che
proprio io sterminavo a gran quantità intorno a Musashi. Se
era così forte perché non era con me a proteggermi? Mi aveva
abbandonata?
Decisi
che non mi importava più, non volevo saper nulla. Mi avevano
lasciata qui sola e in solitudine avrei continuato a percorrere la
mia strada. Mi bastava il mio lavoro, potevo sopravvivere e se avessi
avuto bisogno di qualcosa avrei chiesto a Kaede o a Kohaku. Le mie
emozioni erano solo mie, nessuno aveva accesso al mio cuore. Non
volevo legarmi a nessuno, temevo che sarei rimasta di nuovo senza
nessuno su cui fare affidamento.
Continuai
a vivere in questo modo, combattevo e lottavo contro demoni e
pericoli, mi bastava sentirmi forte nel combattimento per andare
avanti.
Ma ora
tutto è cambiato.
Adesso ho
una sorella e una fidata amica, Moroha e insieme attendiamo il
futuro. Smisi di suonare e mi sedetti insieme a loro ai piedi
dell'albero sacro, fissai il cielo, chissà adesso che cosa stava
facendo Sesshomaru.
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