Capitolo 6 – Fiamma
Sakura non sapeva se avesse fatto bene a spingere Sasuke
all’angolo in quel modo, né sapeva se quel discorso avesse migliorato o peggiorato
la situazione. L’unica cosa di cui era sicura era che se Sasuke pensava di
impedirle di rovistare più a fondo nei suoi sentimenti, aveva scelto il metodo
sbagliato per dissuaderla.
Almeno questo era quello che si diceva.
In realtà non aveva più visto il ragazzo per il resto del
giorno, né il giorno successivo. Quando aveva provato a chiedere a Karin se
sapeva dove fosse finito, lei aveva scrollato le spalle.
- Non ha detto nulla a nessuno, ma non lo percepisco dentro
il covo.
Sakura sbarrò gli occhi temendo fosse partito per il resto
della missione lasciandola indietro di nuovo. Intuendo il pensiero della
ragazza, Karin si affrettò ad aggiungere: – Ma è ancora in zona, riesco ancora
a sentirlo. Non si sta allontanando.
Sakura fece vagare lo sguardo, triste.
- È colpa mia – disse mogia.
Karin la guardò interrogativamente.
- È successo qualcosa?
Sakura non sapeva bene cosa e quanto dire a Karin. Era la
sua ex compagna di team, come lei, e sempre come lei era palesemente innamorata
di Sasuke.
Karin sembrò vedere il dubbio dentro gli occhi di Sakura.
- Ti va un tè?
Sakura sbatté le palpebre: Karin le stava sorridendo. Si
lasciò condurre in quella che era una stanza nella parte profonda del covo:
sembrava un piccolo salottino con un tavolo e due divani.
- Qui non ci disturberà nessuno – disse lei facendola
accomodare. Quando si sedette, chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di
inseguire il chakra di Sasuke.
- Il chakra di Sasuke è agitato, ma non sembra nulla di
preoccupante. Ho visto di peggio – sentenziò aprendo di nuovo gli occhi.
Allo sguardo ancora interrogativo di Sakura, Karin spiegò: -
Al ponte, quando Sasuke ha trafitto me e quasi ucciso te… quel giorno il suo
chakra era freddo e spietato. Penso sia il punto più basso che gli ho visto
raggiungere.
- Ah, quel giorno – ricordò Sakura – Anch’io non l’avevo mai
visto così.
- Considerato che quando ha formato il Team Taka ci aveva
dato ordine di non uccidere nessuno, vederlo pronto ad uccidere noi due è stato
uno shock!
Karin lo disse con un tono leggero, ma Sakura capiva il vero
sentimento dietro quelle parole… perché era lo stesso sentimento di profondo
tradimento che aveva sentito anche lei quel giorno. Tuttavia non sapeva che
fino a quel momento Sasuke avesse dato ordine di non uccidere nessuno. Al
villaggio pensavano tutti che fosse sempre stato irrecuperabile, invece Sasuke
era rimasto dalla parte giusta – almeno fino a quel momento.
Karin continuò la sua riflessione.
- In questi giorni è sempre stato agitato, ma c’è una punta
di calore che non ricordo di avergli visto negli ultimi anni.
Karin guardò Sakura e fece un sorriso malinconico.
- Mi piacerebbe prendermene il merito, ma sono abbastanza
realista da capire chi dobbiamo ringraziare.
- Per la confusione, sicuramente. Ieri… gli ho detto cose
che non voleva sentire, e l’ho fatto arrabbiare.
Karin emise un suono pensieroso a labbra chiuse e prese la
tazza di tè dal tavolo. Ci guardò dentro, riflettendo, prima di berne un sorso.
- Karin – chiese Sakura, indecisa su come porre la domanda –
Da cosa nascono i tuoi sentimenti per Sasuke?
La ragazza rossa sgranò gli occhi, pronta a negare come
faceva sempre, ma richiuse la bocca in un sorriso.
- Il chakra rivela molte informazioni della persona. Anche
quello del tuo amico, Naruto, è affascinante: caloroso, confortevole,
amichevole… fa venire voglia di fidarsi ciecamente.
Sakura la stava a guardare in silenzio bevendo il suo tè.
Karin continuò.
- Anche il tuo mi piace molto: è amorevole, ma sicuro. Vedo
chiaramente la tua voglia di aiutare il prossimo. Adesso capisco perché siete
considerati i nuovi tre ninja leggendari: i vostri chakra sono diversi, ma
simili.
Karin appoggiò la tazza sul tavolo e Sakura la imitò.
- La prima volta che ho visto il chakra di Sasuke nella
foresta della morte ne sono rimasta abbagliata: era deciso, ma gentile.
Probabilmente… volevo percepire di più quella gentilezza.
Sakura annuì: nei giorni precedenti aveva scoperto che Karin
aveva partecipato allo stesso loro esame chunin e in quello Sasuke l’aveva
protetta da un attacco. Era stata quella la prima volta che si erano
incontrati, ma Sasuke non sembrava ricordarsene.
Karin smise di parlare e guardò in lontananza.
- Grazie, Karin.
- Di cosa?
Sakura sorrise gentilmente. – Di esserti presa cura di
Sasuke in quel periodo.
Karin si voltò a guardarla e si agitò. – M-Ma cosa dici…
n-n-non ho fatto nulla, lo s-seguivo e basta, ho fatto il l-lavoro p-per cui mi
aveva s-scelto…
Sakura rise alla sua reazione: i suoi scatti umorali le
ricordavano un po’ Naruto – probabilmente un tratto Uzumaki – e come si agitava
intorno a Sasuke le ricordava un po’ la se stessa del passato.
- Il Sasuke di quel periodo era deciso a tagliare i legami
con chiunque e affrontare Itachi da solo, però ha scelto di portarsi qualcuno
con sé. Probabilmente se fosse stato completamente solo, sarebbe impazzito,
forse morto, molto prima. Quindi devo ringraziare il Team Taka… e anche te,
Karin.
Sakura chinò il capo di lato. – Io non sono un ninja
sensitivo, ma sento che anche tu sei una persona che vuole il bene del
prossimo, soprattutto quello di Sasuke. Sono sicura che anche lui ora riesce a
vederlo, anche se non lo dirà mai a parole.
Karin rimase a bocca aperta: quella ragazza la stava
veramente ringraziando per ronzare continuamente intorno a Sasuke? Non
dovrebbero essere rivali? La ragazza ricordò quando l’aveva vista piangere
mentre la curava sul ponte, ferita dalla spada di fulmine di Sasuke.
- Mi piacerebbe rimanessimo amiche dopo aver lasciato il
covo – disse Sakura.
- Amica, con me?
Sakura annuì sorridente. Karin appoggiò il viso sul pugno,
pensierosa.
- Adesso capisco…
- Capisci cosa?
Karin scosse la testa e sorrise a sua volta.
- No, niente.
La ragazza assunse un atteggiamento fiero e incrociò le
braccia.
- Certo, diventare amica di quella che dovrebbe essere la
mia rivale…
Sakura arrossì imbarazzata e si grattò la guancia. Lo
sguardo di Karin si addolcì: se c’era una persona che avrebbe potuto far sì che
Sasuke tornasse a sorridere dal cuore, probabilmente era la ragazza che aveva
davanti. E, oggettivamente, anche lei sentiva che avrebbero potuto diventare
amiche.
- Ma non mi dispiaci. Il tuo chakra è sicuramente migliore
di quello di Suigetsu. E poi, anche noi donne abbiamo il nostro genere speciale
di amicizia, o sbaglio?
***
Sasuke tornò al covo giusto quando Orochimaru aveva concluso
le sue ricerche.
- La tecnica che ricorda Karin è probabilmente quella che
state cercando: nella mia documentazione risulta come Tecnica del Sigillo
Inanimato. È solo segnata nella lista e non ho nessuna informazione a riguardo.
Dopotutto a me interessavano le tecniche per tenere o riportare in vita gli
esseri viventi, non per sigillarli in oggetti. Tuttavia…
- Tuttavia?
- È una tecnica interessante, ha senso che sia stata
nascosta così bene. Come concetto ricorda un po’ quell’albero che Madara Uchiha
ha usato per lo Tsukuyomi infinito, con la differenza che l’albero è comunque
un essere vivente.
Orochimaru sembrava affascinato da tutto quello e Sakura
sentì un brivido passarle lungo la schiena. Come se l’uomo avesse notato la sua
reazione, sorrise e continuò.
- C’è solo una zona dell’isola che non ho perlustrato
all’epoca ed è a Sud-Est. Se è stata nascosta da qualche parte come dice Karin
e io non l’ho trovata in tutti questi anni, dev’essere lì.
- Sono informazioni più che sufficienti. Partiremo
domattina.
Senza aggiungere altro, Sasuke uscì dalla stanza, lasciando
Orochimaru e Karin vagamente perplessi. Orochimaru spostò lo sguardo su Sakura:
aveva visto Sasuke agire in modo inaspettato durante la ricerca del clan
Chinoike, agendo per il bene di altri e combattendo per liberare persone che
non aveva nemmeno mai visto. Che però ignorasse in maniera così eclatante la
sua compagna di missione dissonava con quello che aveva visto.
Sakura notò lo sguardo di Orochimaru, ma non sapeva bene
come reagire.
- Ah… grazie – disse semplicemente, non trovando idee
migliori.
Fece per uscire anche lei dalla stanza quando Karin la
fermò.
- Tieni. Un regalo.
Karin le stava porgendo una foto del Team Taka. Sakura la
guardò con un misto di sorpresa e riconoscenza, e Karin arrossì, aggiustandosi
gli occhiali.
- Dubito che Sasuke abbia ancora la sua copia, quindi ne ho
fatta una. Tienila tu o la perderà di nuovo.
Ovviamente quella copia non era mai stata per Sasuke, ma per
Sakura: un piccolo gesto per la sua nuova amica che l’aveva ringraziata nonostante
non avesse fatto nulla. Sakura aveva capito il messaggio implicito e sorrise.
- Probabile. La custodirò io. Grazie, Karin.
La ragazza sorrise a sua volta. – In bocca al lupo.
Sakura alzò il pugno chiuso con un gesto sicuro.
- Quando puoi passa a Konoha. C’è un’ottima sala da tè che
vorrei farti provare.
***
Sasuke non parlò molto durante il loro viaggio dal covo di
Orochimaru fino all’isola Uzushio, tuttavia forse perché aveva sbollito
qualsiasi sentimento che aveva in corpo prima della partenza non era del tutto
inavvicinabile. Sfruttando quella neutralità Sakura aveva chiesto di passare
per i vari villaggi di civili che si trovavano sulla strada e fermarsi un paio
di giorni in ognuno per offrire alcune cure mediche; Sasuke aveva accettato, sapendo
che anche se si fosse imposto di dare la precedenza alla missione, avrebbe
comunque insistito.
- Lo spiegherò io all’Hokage – si offrì Sakura, e Sasuke
fece solo un cenno del capo.
Sakura evitò di toccare l’argomento dell’arena di battaglia,
e Sasuke fece altrettanto. Con il passare dei giorni il ragazzo cominciò a
rispondere di nuovo a monosillabi, e accettò addirittura di fare delle sessioni
di sparring.
Sakura sentiva che la tensione quando i loro corpi erano
troppo vicini era ancora lì – forse anche più forte della prima volta – ma non
appena se ne rendeva conto Sasuke entrava in modalità combattente e diventava
chirurgicamente preciso nei suoi attacchi, evitando qualsiasi movimento che
potesse riportarli a distanza ravvicinata.
Sakura si mordeva il labbro, ma decise di trattenersi: la
sua reazione nel covo di Orochimaru le aveva dimostrato che sì, c’era posto nel
suo cuore per lei. Obbligarlo a parlare dei suoi problemi prima del tempo
l’avrebbe solo portato ad allontanarla. Decise di attendere che fosse lui a
fare pace con se stesso. Ora che stavano viaggiando insieme, lei sarebbe stata
sempre lì.
***
Per raggiungere l’isola di Uzu dal Paese del Suono dovevano attraversare
tutto il Paese delle Terme in lunghezza. Era inizio estate e viaggiare
attraverso un Paese dall’aria perennemente tiepida rendeva le notti all’aperto
piacevoli, tranne con la pioggia: complice la particolare conformazione del
terreno, in base a quanto fossero vicini alla sorgente principale la pioggia in
quella zona letteralmente scottava.
Per quel motivo avevano trovato rifugio in una caverna
minuscola incavata dentro il dorso di una montagna in attesa che spiovesse, ma
ormai continuava da ore.
- Sembra non voler finire.
- Mh.
- Data l’ora, dovremmo restare qui la notte.
- Mh.
La caverna era davvero piccola: c’era appena spazio per
stendere le gambe e forse accendere un fuoco di emergenza. Probabilmente era
stata scavata proprio per aspettare la fine dei temporali e non di più.
- Che sia da accendere il fuoco?
- Data la temperatura, non è indispensabile.
- Hai ragione.
Rimasero in silenzio ancora per qualche minuto, poi sentì
Sakura di fianco a lui cercare qualcosa nella sua borsa e tirarne fuori penna e
blocco di fogli.
- Direi posso usare questo tempo per scrivere ad Ino.
Sasuke non rispose, lasciandola fare. Quando gli cadde
casualmente l’occhio sui fogli, Sakura se ne accorse e li spostò: ovviamente
non voleva che vedesse cose stava scrivendo all’amica. Non che gli interessasse
sapere i contenuti, gli era davvero solo caduto l’occhio. Tornò a fissare fuori
dalla caverna.
- Scusa.
- Girati.
- Come?
- Schiena a schiena.
Sul serio?!
- Non stavo… vabbè – disse seccato per l’insinuazione che
stesse spiando la sua corrispondenza privata, girandosi nello spazio angusto.
Ora erano schiena a schiena e gli unici suoni che arrivavano alle sue orecchie
era la pioggia che batteva all’esterno e la penna che correva sul foglio. Non
sapendo cos’altro fare, decise anche lui di tirare fuori il rotolo e fare un
breve rapporto a Kakashi.
“Direzione Sud-Est. Una settimana a destinazione, due con
fermate nei villaggi. Prossimo rapporto all’arrivo.”
In meno di un minuto aveva già finito. Sospirò: per
richiamare il falco avrebbe dovuto aspettare la fine della pioggia, se non
voleva bollire la povera creatura. Si guardò intorno, non sapendo cosa fare.
Non era più abituato a non sentire Sakura parlargli continuamente, e in quelle
settimane la ragazza aveva ridotto al minimo la conversazione.
Seduti lì ognuno a scrivere la propria corrispondenza,
sentendo la presenza della ragazza appoggiata alla sua schiena, la sua mente
tornò a vagare verso quell’angolo di cervello dove fantasticava sull’avere una
vita normale. Anche questa poteva rientrare nella lista di azioni banali da cui
traeva sollievo.
Forse non vederla in viso lo avrebbe aiutato a parlare.
- Sakura.
- Sì?
- Perché sei diventata ninja medico?
Sentì la penna di Sakura fermarsi, seguita da qualche
secondo di silenzio.
- Volevo diventare più forte, e volevo essere utile. Lady
Tsunade rappresenta quello che volevo diventare: con le stesse mani può
distruggere montagne e salvare vite.
Sasuke si guardò la mano.
- Le mie mani possono solo distruggere.
- Hanno salvato il mondo.
- Quel sigillo era sul braccio che ho perso.
- Ma la mano destra ha sciolto lo Tsukuyomi infinito.
- Con Naruto.
- E hai aiutato centinaia, forse migliaia di persone in
questi anni – continuò Sakura ignorando l’obiezione – Non ho visto paura negli
occhi del vecchietto a cui hai aggiustato il carro ieri. O distruzione nel
campo della famiglia della settimana scorsa che hai preparato per la semina
usando le tecniche della Terra.
Sasuke rimase in silenzio, continuando a guardarsi la mano
come se non gli appartenesse.
- Non conosco nessun altro modo di essere d’aiuto se non
essere un’ombra.
La voce di Sasuke tradiva un sentimento che Sakura non
riusciva ad identificare senza vederlo in viso, ma somigliava terribilmente a
rimpianto. Piegò la lettera per Ino e si guardò le mani: erano rovinate da
troppo disinfettante, ma era un minimo prezzo da pagare per salvare delle vite.
Si chiese se Sasuke vedesse solo del sangue sulle sue, e non la riconoscenza
delle vite che aveva salvato.
- Solo shinobi forti possono consegnare altri shinobi alla
giustizia – disse lei.
Sasuke sussultò: quella era una frase che gli aveva detto
molti anni prima Itachi. Sakura sentì il sussulto dietro di sé, ma non ne capì
il motivo; decise di continuare.
- A volte agire nell’ombra è necessario. Non siamo tutti
eroi come Naruto. Anche il mio lavoro è molto modesto.
- Ma salva vite.
Sakura ridacchiò. – Certo, ho curato organi e aiutato a
partorire donne, ma ho anche amputato arti e ci sono state vite che non ho
potuto salvare. Dal mio punto di vista, mani che impediscono che scoppino altre
guerre sono altrettanto importanti.
- Indipendentemente dai modi?
Il silenzio che ne seguì rivelò a Sasuke che la ragazza ci
stava riflettendo.
- È una domanda difficile.
Le labbra di Sasuke si piegarono in un sorriso malinconico e
la mano gli ricadde sul fianco. Sakura continuò la sua riflessione.
- So che quello che ti muove è sempre e comunque un profondo
senso di giustizia, che è quello che muove me nel mio lavoro. A me sembra che
stiamo lavorando per lo stesso bene comune in modi diversi.
Sasuke la sentì muovere la testa di lato e dopo pochi
secondi percepì la mano di Sakura raggiungere la sua.
- Non so cosa ti stia preoccupando, ma probabilmente non
preoccupa me – concluse la ragazza, e Sasuke era sicuro ci fosse un tono
leggero, quasi scherzoso nella sua voce.
No, evidentemente no.
***
Sakura si svegliò sentendo un movimento accanto a sé. Si
mise a sedere di scatto, mani in posizione difensiva: erano ancora nella
piccola grotta e aveva smesso di piovere. Si guardò intorno e si rese conto che
era stato l’improvviso movimento del ragazzo accanto a lei a svegliarla.
Sasuke era seduto e ansimava: aveva gli occhi sbarrati e
sudore gli imperlava la fronte.
- Sasuke-kun?
Il ragazzo si voltò verso di lei come se si fosse accorto
solo in quel momento di non essere da solo. Gli era capitato di avere degli
incubi mentre dormivano all’aperto, ma Sakura non si era svegliata – almeno non
gli era sembrato. Forse perché questa volta erano più vicini del solito dentro
la grotta, a quanto pare se n’era accorta.
- Scusa. Ti ho svegliata.
Non era una domanda, ma Sakura scosse comunque la testa.
- Va tutto bene?
- Nulla di cui preoccuparti.
- Un altro incubo?
Sasuke non rispose. Sakura provò a toccargli quello che
restava del braccio sinistro, nella speranza di dargli qualche conforto, ma lo
sentì sussultare sotto il suo tocco.
- Parlarne potrebbe aiutarti.
- No… non serve. Passerà.
Sasuke si passò la mano sugli occhi, cercando di cancellare
dalla memoria le immagini che aveva appena visto con fin troppa chiarezza.
Mentre teneva gli occhi chiusi sentì la mano di Sakura allontanarsi dal braccio
e per un istante quella mancanza sembrò gettarlo ancora di più nello sconforto.
- Ecco, bevi. – la sentì dire, e quando scostò la mano vide
che era inginocchiata di fianco a lui con la borraccia d’acqua. Ringraziò con
un cenno del capo e prese l’acqua: non appena il liquido toccò le labbra si
rese conto di quanto in realtà avesse sete.
Sakura restava lì, al suo fianco, ad osservarlo: seduta, le
mani appoggiate in grembo, lo sguardo attento. La luce della luna che entrava
dall’ingresso cadeva poco davanti a lei, lasciandole il viso in penombra, ma
era sufficientemente vicina da poter riconoscere perfettamente tutti i suoi
lineamenti. Non lo stava spingendo a parlarle se non voleva, ma tutto il suo
linguaggio del corpo gli stava dicendo “se vuoi, sono qui”.
Per un istante indugiò sul suo viso. Era ancora scosso
dall’incubo e il respiro stava solo adesso tornando alla normalità. Non sapeva
da dove nascesse quella sicurezza, ma sentiva che se c’era una persona che
poteva aiutarlo, quella era lei.
- Questa volta… era il giorno dello scontro con Itachi.
Sakura annuì, come per incitarlo ad andare avanti. “Questa
volta” implicava che i sogni che lo tormentavano fossero molti. Solo il
pensiero le strinse in cuore.
In uno strano moto di loquacità, Sasuke le raccontò il
sogno, che combaciava con la realtà. Questa volta il suo subconscio non gli
aveva mostrato un finale alternativo: era la pura, semplice verità. A metà
racconto, Sakura gli aveva preso la mano. Al termine del racconto, stava
piangendo. Sasuke era confuso e turbato da quella reazione.
- Perché stai piangendo…?
Sakura si asciugò le lacrime con un gesto della mano, ma
queste continuavano comunque a sgorgare.
- Perché… vendicare il tuo clan è sempre stato il tuo
obiettivo. E l’hai raggiunto. Ma hai dovuto uccidere con le tue mani tuo
fratello, e… per quanto lo odiassi… era il tuo unico, amatissimo fratello.
Dev’essere stato…
Sakura sembrava alla ricerca della parola giusta negli occhi
di Sasuke.
- …doloroso.
La semplicità di quella parola lo travolse. Sakura non
sapeva la verità su Itachi – conoscendo Kakashi e Naruto, non l’avrebbero mai
rivelata senza esplicito consenso di Sasuke – e quel giorno al ponte era solo
venuta a sapere che la storia era diversa da quello che veniva detto al
villaggio. Quindi lei non poteva immaginare il senso di colpa che lo
attanagliava per averlo considerato un criminale quando invece era un eroe; non
poteva neanche sapere della disperazione che gli suscitava l’idea che il piano
di Itachi fosse sempre stato morire davanti ai suoi occhi, per renderlo più
forte, per proteggerlo da tutti, per rendere lui l’eroe di Konoha.
Agli occhi di Sakura, lui stava solo soffrendo per la
perdita di un fratello.
Era semplicissimo, eppure riassumeva tutto.
Ricambiò la stretta della mano di Sakura con la sua. Il suo
cuore era diviso tra il volerle raccontare tutto quanto e l’uscire da quella
grotta e restare solo.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Sakura gli posò una
mano sulla guancia, costringendolo a guardarla in viso. Alcune lacrime solitarie
luccicavano ancora negli occhi verdi.
- Non devi affrontare tutto da solo.
Con un movimento lento, lasciò la mano del ragazzo e avvolse
entrambe le braccia intorno alle sue spalle, abbracciandolo. Era un abbraccio
confortevole e calmante; non lo stava stringendo troppo, eppure sentiva la sua
forza inondarlo come onde del mare. Il ragazzo non si mosse, spiazzato.
- Lo so che hai detto che i tuoi peccati non mi riguardano.
Non ho intenzione di forzarti a dire o fare cose dove non vuoi che io metta
naso. Sarò al tuo fianco se e quando avrai bisogno di me.
Sakura sciolse l’abbraccio e lo guardò negli occhi. Forse
ancora scombussolato dall’incubo, negli occhi di Sasuke si rincorrevano
sentimenti che non aveva mai visto: sincera incredulità, malinconia, rimpianto,
gratitudine, forse affetto. La ragazza non capiva da dove arrivassero, ma era
decisa ad accettarli tutti.
Perché aveva appena capito che amava profondamente quel
ragazzo a pezzi che aveva davanti e che la guardava come un bambino sperduto.
Aveva capito da un pezzo che quello che provava per Sasuke non era più
un’infatuazione adolescenziale, ma non era mai riuscita a definire il momento e
motivo per cui quei sentimenti si erano tramutati in qualcosa di così grande.
Qualcuno l’aveva accusata di avere una sindrome da crocerossina; per un
periodo, ci aveva creduto lei stessa. Adesso, però, mentre si specchiava in
quegli occhi per la prima volta senza difese, le era chiaro: era quella fiamma
che ardeva dentro di lui, quell’enorme ventaglio di intense emozioni che la
attirava come una falena verso la luce. Nella vita di tutti i giorni era così
bravo a dissimularle che chiunque sarebbe rimasto stupito al vederle adesso, ma
lei le aveva sempre percepite, e vederle adesso prive di qualsiasi filtro era
solo scoprire il finale del film dopo mille colpi di scena.
Ora che ne aveva visto la luce voleva toccare quella fiamma,
sentirne il calore, alimentarla, unirla alla sua per creare una fiamma ancora
più grande, feroce, inarrestabile, bellissima.
- Sakura…
Negli occhi che lo stavano fissando, Sasuke vedeva forza.
Vedeva coraggio, compassione, decisione, pazienza. Non vedeva sacrificio o
pena. Vedeva una donna matura, conscia di quello che poteva e non poteva fare.
Forse vedeva anche paura, ma dello stesso tipo che provava lui: di non essere
abbastanza per l’altra persona. Con un lampo, capì che quello che vedeva nei
suoi occhi era il famoso amore di cui parlavano tutti, quello che non aveva
bisogno di un motivo per esistere.
- Non posso – sussurrò, e sentì uno strano groppo in gola
che gli strozzava le parole e minacciava di inumidirgli gli occhi.
- Perché?
- Perché meriti di meglio. Hai sempre meritato di meglio di
me. Del mio odio, della mia casata…
- Non sta a te decidere cosa mi merito o meno.
Istintivamente le sfiorò la guancia con la mano e sentì
Sakura appoggiarcisi, accettando il contatto. Lui fece un mezzo sorriso a
quella frase.
- C’è troppa bontà in te. Non posso permetterti di
sprecarla.
- Continuo ad essere io quella che decide cosa fare con la
mia bontà, non tu.
Complice quella luna piena, complice lo stato emotivo
post-incubo, le parole rotolavano sulla lingua di Sasuke, rendendolo per la prima
volta completamente sincero, sia a se stesso che a lei.
- Non posso renderti felice. Il mio sangue è maledetto: gli
Uchiha sono destinati a cadere nell’odio. E tu… tu meriti gioia, non odio.
Finirei per aggrapparmi a questa luce senza dare nulla in cambio. Non è giusto.
Non posso… non voglio essere così egoista.
Con la mano sinistra Sakura sfiorò quella di lui che le
accarezzava ancora dolcemente la guancia, e con la destra spostò dietro
l’orecchio i capelli che coprivano il Rinnegan, scoprendogli completamente il
viso.
- Sei ingenuo se pensi che io abbia così poca luce da essere
svuotata da qualcuno. E poi… io riesco a vederla, Sasuke-kun. Io vedo
chiaramente la fiamma che arde dentro di te e che tu non riesci a vedere. Dammi
quella fiamma e io ti darò la mia luce.
Quella bellissima luce, che a Sasuke appariva come il primo
raggio di sole che squarcia le nuvole di tempesta sopra l’oceano.
- Ma un giorno…
- Quello che succederà un giorno lo affronteremo quel
giorno, insieme. Ma sono sicura che non ne avremo bisogno.
- Perché ne sei così sicura?
Sakura fece scorrere gli occhi su tutto il suo viso,
fotografando quell’espressione nella sua mente. Perché lo vedo nei tuoi
occhi, voleva dirgli, questi occhi non sono gli stessi di quel giorno al
ponte, né quelli del bambino dell’accademia. Sono quelli di un uomo maturo che
ha vissuto troppo dolore per infliggerlo agli altri, o lasciare che gli altri
soffrano senza agire.
- Perché ho fiducia in te.
Un leggero sorriso le comparve sulle labbra mentre
pronunciava quelle parole: mai era stata più sicura di tutto – di se stessa, di
lui, di quello che c’era tra loro – come in quel momento. Si sentiva pronta a
spostare montagne e prosciugare oceani se questo avrebbe portato a realizzare
un futuro dove entrambi potevano essere felici.
E in quell’istante, Sasuke ebbe la certezza totale e
matematica che era lei. Era sempre stata lei.
Se non posso cancellare del tutto il rischio di metterla
in pericolo, allora devo eliminare quei pericoli con le mie stesse mani.
La soluzione era così semplice, eppure in quei mesi non
l’aveva vista.
Ma ora sapeva che avrebbe dato la vita per renderla
felice, per essere all’altezza, per non doverla più lasciare indietro.
Chiuse quei pochi centimetri che lo separavano da lei e la
baciò dolcemente, come a chiedere permesso. Lei rispose al bacio, facendo
scorrere la mano ferma sul bordo del suo viso fino alla nuca, immergendo le
dita nei capelli corvini, avvicinandolo a sé. Il ragazzo non si ritrasse,
facendo scorrere a sua volta la mano tra i suoi capelli rosa e schiudendo le
labbra.
Come la prima volta c’erano troppe emozioni: c’era voglia di
confermare le emozioni che avevano visto negli occhi dell’altro, forse di
rassicurarsi a vicenda; c’era l’esaltazione per il futuro e per le sue
promesse, ma c’era anche la paura di rompere qualcosa che sembrava antico
eppure nuovo.
Più di tutto c’era un giuramento: di essere d’ora in poi
sempre l’uno al fianco dell’altra.
Nota dell’Autrice
Perché la
frase nel Gaiden di Karin riguardo Sakura "anche noi donne abbiamo il
nostro genere di amicizia" meritava di essere sviluppata! Inoltre, la mia
spiegazione sul motivo per cui a casa Uchiha ci sia una foto del Team Taka.
Adesso che
Sasuke è meno tormentato e ha accettato la presenza di Sakura, è ora di far
proseguire la trama...!
Nell’ultimo
periodo ho avuto una serie di idee che mi hanno un po’ distratto da Flame e
che si sono tramutate nelle due one-shot Perché ci sei tu e Your Eyes Only (e il
sequel di quest’ultimo. Ebbene sì. Arriverà anche
questo.), ma ho la trama di Flame ben chiara in testa, quindi anche
questa vedrà la fine. A presto!!