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Autore: Kris    17/02/2021    3 recensioni
Sasuke si era messo in viaggio per espiare le proprie colpe e proteggere la Foglia: il villaggio era l’eredità di Itachi e il sogno di Naruto. Aveva promesso a Sakura di tornare al villaggio, ma con le implicazioni della Maledizione dell’Odio degli Uchiha che i vecchi Hokage gli avevano raccontato, non era sicuro di volerla coinvolgere. Se solo Kakashi non l’avesse assegnata alla sua missione…
"Gli Uchiha sono un clan che prova profondo amore, più di qualunque altro clan.
Ma una volta che un Uchiha conosce l’amore, nel momento in cui lo perde, quel profondo amore si trasforma in profondo odio."

SasuSaku / Post-Naruto / Canon Universe / Blank period (Viaggio di Sasuke e Sakura fino nascita di Sarada) / Riferimenti-spoiler su light novel
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Team Hebi/Taka | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie, Più contesti
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Capitolo 6 – Fiamma

 

Sakura non sapeva se avesse fatto bene a spingere Sasuke all’angolo in quel modo, né sapeva se quel discorso avesse migliorato o peggiorato la situazione. L’unica cosa di cui era sicura era che se Sasuke pensava di impedirle di rovistare più a fondo nei suoi sentimenti, aveva scelto il metodo sbagliato per dissuaderla.

Almeno questo era quello che si diceva.

In realtà non aveva più visto il ragazzo per il resto del giorno, né il giorno successivo. Quando aveva provato a chiedere a Karin se sapeva dove fosse finito, lei aveva scrollato le spalle.

- Non ha detto nulla a nessuno, ma non lo percepisco dentro il covo.

Sakura sbarrò gli occhi temendo fosse partito per il resto della missione lasciandola indietro di nuovo. Intuendo il pensiero della ragazza, Karin si affrettò ad aggiungere: – Ma è ancora in zona, riesco ancora a sentirlo. Non si sta allontanando.

Sakura fece vagare lo sguardo, triste.

- È colpa mia – disse mogia.

Karin la guardò interrogativamente.

- È successo qualcosa?

Sakura non sapeva bene cosa e quanto dire a Karin. Era la sua ex compagna di team, come lei, e sempre come lei era palesemente innamorata di Sasuke.

Karin sembrò vedere il dubbio dentro gli occhi di Sakura.

- Ti va un tè?

Sakura sbatté le palpebre: Karin le stava sorridendo. Si lasciò condurre in quella che era una stanza nella parte profonda del covo: sembrava un piccolo salottino con un tavolo e due divani.

- Qui non ci disturberà nessuno – disse lei facendola accomodare. Quando si sedette, chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di inseguire il chakra di Sasuke.

- Il chakra di Sasuke è agitato, ma non sembra nulla di preoccupante. Ho visto di peggio – sentenziò aprendo di nuovo gli occhi.

Allo sguardo ancora interrogativo di Sakura, Karin spiegò: - Al ponte, quando Sasuke ha trafitto me e quasi ucciso te… quel giorno il suo chakra era freddo e spietato. Penso sia il punto più basso che gli ho visto raggiungere.

- Ah, quel giorno – ricordò Sakura – Anch’io non l’avevo mai visto così.

- Considerato che quando ha formato il Team Taka ci aveva dato ordine di non uccidere nessuno, vederlo pronto ad uccidere noi due è stato uno shock!

Karin lo disse con un tono leggero, ma Sakura capiva il vero sentimento dietro quelle parole… perché era lo stesso sentimento di profondo tradimento che aveva sentito anche lei quel giorno. Tuttavia non sapeva che fino a quel momento Sasuke avesse dato ordine di non uccidere nessuno. Al villaggio pensavano tutti che fosse sempre stato irrecuperabile, invece Sasuke era rimasto dalla parte giusta – almeno fino a quel momento.

Karin continuò la sua riflessione.

- In questi giorni è sempre stato agitato, ma c’è una punta di calore che non ricordo di avergli visto negli ultimi anni.

Karin guardò Sakura e fece un sorriso malinconico.

- Mi piacerebbe prendermene il merito, ma sono abbastanza realista da capire chi dobbiamo ringraziare.

- Per la confusione, sicuramente. Ieri… gli ho detto cose che non voleva sentire, e l’ho fatto arrabbiare.

Karin emise un suono pensieroso a labbra chiuse e prese la tazza di tè dal tavolo. Ci guardò dentro, riflettendo, prima di berne un sorso.

- Karin – chiese Sakura, indecisa su come porre la domanda – Da cosa nascono i tuoi sentimenti per Sasuke?

La ragazza rossa sgranò gli occhi, pronta a negare come faceva sempre, ma richiuse la bocca in un sorriso.

- Il chakra rivela molte informazioni della persona. Anche quello del tuo amico, Naruto, è affascinante: caloroso, confortevole, amichevole… fa venire voglia di fidarsi ciecamente.

Sakura la stava a guardare in silenzio bevendo il suo tè. Karin continuò.

- Anche il tuo mi piace molto: è amorevole, ma sicuro. Vedo chiaramente la tua voglia di aiutare il prossimo. Adesso capisco perché siete considerati i nuovi tre ninja leggendari: i vostri chakra sono diversi, ma simili.

Karin appoggiò la tazza sul tavolo e Sakura la imitò.

- La prima volta che ho visto il chakra di Sasuke nella foresta della morte ne sono rimasta abbagliata: era deciso, ma gentile. Probabilmente… volevo percepire di più quella gentilezza.

Sakura annuì: nei giorni precedenti aveva scoperto che Karin aveva partecipato allo stesso loro esame chunin e in quello Sasuke l’aveva protetta da un attacco. Era stata quella la prima volta che si erano incontrati, ma Sasuke non sembrava ricordarsene.

Karin smise di parlare e guardò in lontananza.

- Grazie, Karin.

- Di cosa?

Sakura sorrise gentilmente. – Di esserti presa cura di Sasuke in quel periodo.

Karin si voltò a guardarla e si agitò. – M-Ma cosa dici… n-n-non ho fatto nulla, lo s-seguivo e basta, ho fatto il l-lavoro p-per cui mi aveva s-scelto…

Sakura rise alla sua reazione: i suoi scatti umorali le ricordavano un po’ Naruto – probabilmente un tratto Uzumaki – e come si agitava intorno a Sasuke le ricordava un po’ la se stessa del passato.

- Il Sasuke di quel periodo era deciso a tagliare i legami con chiunque e affrontare Itachi da solo, però ha scelto di portarsi qualcuno con sé. Probabilmente se fosse stato completamente solo, sarebbe impazzito, forse morto, molto prima. Quindi devo ringraziare il Team Taka… e anche te, Karin.

Sakura chinò il capo di lato. – Io non sono un ninja sensitivo, ma sento che anche tu sei una persona che vuole il bene del prossimo, soprattutto quello di Sasuke. Sono sicura che anche lui ora riesce a vederlo, anche se non lo dirà mai a parole.

Karin rimase a bocca aperta: quella ragazza la stava veramente ringraziando per ronzare continuamente intorno a Sasuke? Non dovrebbero essere rivali? La ragazza ricordò quando l’aveva vista piangere mentre la curava sul ponte, ferita dalla spada di fulmine di Sasuke.

- Mi piacerebbe rimanessimo amiche dopo aver lasciato il covo – disse Sakura.

- Amica, con me?

Sakura annuì sorridente. Karin appoggiò il viso sul pugno, pensierosa.

- Adesso capisco…

- Capisci cosa?

Karin scosse la testa e sorrise a sua volta.

- No, niente.

La ragazza assunse un atteggiamento fiero e incrociò le braccia.

- Certo, diventare amica di quella che dovrebbe essere la mia rivale…

Sakura arrossì imbarazzata e si grattò la guancia. Lo sguardo di Karin si addolcì: se c’era una persona che avrebbe potuto far sì che Sasuke tornasse a sorridere dal cuore, probabilmente era la ragazza che aveva davanti. E, oggettivamente, anche lei sentiva che avrebbero potuto diventare amiche.

- Ma non mi dispiaci. Il tuo chakra è sicuramente migliore di quello di Suigetsu. E poi, anche noi donne abbiamo il nostro genere speciale di amicizia, o sbaglio?

 

***

 

Sasuke tornò al covo giusto quando Orochimaru aveva concluso le sue ricerche.

- La tecnica che ricorda Karin è probabilmente quella che state cercando: nella mia documentazione risulta come Tecnica del Sigillo Inanimato. È solo segnata nella lista e non ho nessuna informazione a riguardo. Dopotutto a me interessavano le tecniche per tenere o riportare in vita gli esseri viventi, non per sigillarli in oggetti. Tuttavia…

- Tuttavia?

- È una tecnica interessante, ha senso che sia stata nascosta così bene. Come concetto ricorda un po’ quell’albero che Madara Uchiha ha usato per lo Tsukuyomi infinito, con la differenza che l’albero è comunque un essere vivente.

Orochimaru sembrava affascinato da tutto quello e Sakura sentì un brivido passarle lungo la schiena. Come se l’uomo avesse notato la sua reazione, sorrise e continuò.

- C’è solo una zona dell’isola che non ho perlustrato all’epoca ed è a Sud-Est. Se è stata nascosta da qualche parte come dice Karin e io non l’ho trovata in tutti questi anni, dev’essere lì.

- Sono informazioni più che sufficienti. Partiremo domattina.

Senza aggiungere altro, Sasuke uscì dalla stanza, lasciando Orochimaru e Karin vagamente perplessi. Orochimaru spostò lo sguardo su Sakura: aveva visto Sasuke agire in modo inaspettato durante la ricerca del clan Chinoike, agendo per il bene di altri e combattendo per liberare persone che non aveva nemmeno mai visto. Che però ignorasse in maniera così eclatante la sua compagna di missione dissonava con quello che aveva visto.

Sakura notò lo sguardo di Orochimaru, ma non sapeva bene come reagire.

- Ah… grazie – disse semplicemente, non trovando idee migliori.

Fece per uscire anche lei dalla stanza quando Karin la fermò.

- Tieni. Un regalo.

Karin le stava porgendo una foto del Team Taka. Sakura la guardò con un misto di sorpresa e riconoscenza, e Karin arrossì, aggiustandosi gli occhiali.

- Dubito che Sasuke abbia ancora la sua copia, quindi ne ho fatta una. Tienila tu o la perderà di nuovo.

Ovviamente quella copia non era mai stata per Sasuke, ma per Sakura: un piccolo gesto per la sua nuova amica che l’aveva ringraziata nonostante non avesse fatto nulla. Sakura aveva capito il messaggio implicito e sorrise.

- Probabile. La custodirò io. Grazie, Karin.

La ragazza sorrise a sua volta. – In bocca al lupo.

Sakura alzò il pugno chiuso con un gesto sicuro.

- Quando puoi passa a Konoha. C’è un’ottima sala da tè che vorrei farti provare.

 

***

 

Sasuke non parlò molto durante il loro viaggio dal covo di Orochimaru fino all’isola Uzushio, tuttavia forse perché aveva sbollito qualsiasi sentimento che aveva in corpo prima della partenza non era del tutto inavvicinabile. Sfruttando quella neutralità Sakura aveva chiesto di passare per i vari villaggi di civili che si trovavano sulla strada e fermarsi un paio di giorni in ognuno per offrire alcune cure mediche; Sasuke aveva accettato, sapendo che anche se si fosse imposto di dare la precedenza alla missione, avrebbe comunque insistito.

- Lo spiegherò io all’Hokage – si offrì Sakura, e Sasuke fece solo un cenno del capo.

Sakura evitò di toccare l’argomento dell’arena di battaglia, e Sasuke fece altrettanto. Con il passare dei giorni il ragazzo cominciò a rispondere di nuovo a monosillabi, e accettò addirittura di fare delle sessioni di sparring.

Sakura sentiva che la tensione quando i loro corpi erano troppo vicini era ancora lì – forse anche più forte della prima volta – ma non appena se ne rendeva conto Sasuke entrava in modalità combattente e diventava chirurgicamente preciso nei suoi attacchi, evitando qualsiasi movimento che potesse riportarli a distanza ravvicinata.

Sakura si mordeva il labbro, ma decise di trattenersi: la sua reazione nel covo di Orochimaru le aveva dimostrato che sì, c’era posto nel suo cuore per lei. Obbligarlo a parlare dei suoi problemi prima del tempo l’avrebbe solo portato ad allontanarla. Decise di attendere che fosse lui a fare pace con se stesso. Ora che stavano viaggiando insieme, lei sarebbe stata sempre lì.

 

***

 

Per raggiungere l’isola di Uzu dal Paese del Suono dovevano attraversare tutto il Paese delle Terme in lunghezza. Era inizio estate e viaggiare attraverso un Paese dall’aria perennemente tiepida rendeva le notti all’aperto piacevoli, tranne con la pioggia: complice la particolare conformazione del terreno, in base a quanto fossero vicini alla sorgente principale la pioggia in quella zona letteralmente scottava.

Per quel motivo avevano trovato rifugio in una caverna minuscola incavata dentro il dorso di una montagna in attesa che spiovesse, ma ormai continuava da ore.

- Sembra non voler finire.

- Mh.

- Data l’ora, dovremmo restare qui la notte.

- Mh.

La caverna era davvero piccola: c’era appena spazio per stendere le gambe e forse accendere un fuoco di emergenza. Probabilmente era stata scavata proprio per aspettare la fine dei temporali e non di più.

- Che sia da accendere il fuoco?

- Data la temperatura, non è indispensabile.

- Hai ragione.

Rimasero in silenzio ancora per qualche minuto, poi sentì Sakura di fianco a lui cercare qualcosa nella sua borsa e tirarne fuori penna e blocco di fogli.

- Direi posso usare questo tempo per scrivere ad Ino.

Sasuke non rispose, lasciandola fare. Quando gli cadde casualmente l’occhio sui fogli, Sakura se ne accorse e li spostò: ovviamente non voleva che vedesse cose stava scrivendo all’amica. Non che gli interessasse sapere i contenuti, gli era davvero solo caduto l’occhio. Tornò a fissare fuori dalla caverna.

- Scusa.

- Girati.

- Come?

- Schiena a schiena.

Sul serio?!

- Non stavo… vabbè – disse seccato per l’insinuazione che stesse spiando la sua corrispondenza privata, girandosi nello spazio angusto. Ora erano schiena a schiena e gli unici suoni che arrivavano alle sue orecchie era la pioggia che batteva all’esterno e la penna che correva sul foglio. Non sapendo cos’altro fare, decise anche lui di tirare fuori il rotolo e fare un breve rapporto a Kakashi.

 

“Direzione Sud-Est. Una settimana a destinazione, due con fermate nei villaggi. Prossimo rapporto all’arrivo.”

 

In meno di un minuto aveva già finito. Sospirò: per richiamare il falco avrebbe dovuto aspettare la fine della pioggia, se non voleva bollire la povera creatura. Si guardò intorno, non sapendo cosa fare. Non era più abituato a non sentire Sakura parlargli continuamente, e in quelle settimane la ragazza aveva ridotto al minimo la conversazione.

Seduti lì ognuno a scrivere la propria corrispondenza, sentendo la presenza della ragazza appoggiata alla sua schiena, la sua mente tornò a vagare verso quell’angolo di cervello dove fantasticava sull’avere una vita normale. Anche questa poteva rientrare nella lista di azioni banali da cui traeva sollievo.

Forse non vederla in viso lo avrebbe aiutato a parlare.

- Sakura.

- Sì?

- Perché sei diventata ninja medico?

Sentì la penna di Sakura fermarsi, seguita da qualche secondo di silenzio.

- Volevo diventare più forte, e volevo essere utile. Lady Tsunade rappresenta quello che volevo diventare: con le stesse mani può distruggere montagne e salvare vite.

Sasuke si guardò la mano.

- Le mie mani possono solo distruggere.

- Hanno salvato il mondo.

- Quel sigillo era sul braccio che ho perso.

- Ma la mano destra ha sciolto lo Tsukuyomi infinito.

- Con Naruto.

- E hai aiutato centinaia, forse migliaia di persone in questi anni – continuò Sakura ignorando l’obiezione – Non ho visto paura negli occhi del vecchietto a cui hai aggiustato il carro ieri. O distruzione nel campo della famiglia della settimana scorsa che hai preparato per la semina usando le tecniche della Terra.

Sasuke rimase in silenzio, continuando a guardarsi la mano come se non gli appartenesse.

- Non conosco nessun altro modo di essere d’aiuto se non essere un’ombra.

La voce di Sasuke tradiva un sentimento che Sakura non riusciva ad identificare senza vederlo in viso, ma somigliava terribilmente a rimpianto. Piegò la lettera per Ino e si guardò le mani: erano rovinate da troppo disinfettante, ma era un minimo prezzo da pagare per salvare delle vite. Si chiese se Sasuke vedesse solo del sangue sulle sue, e non la riconoscenza delle vite che aveva salvato.

- Solo shinobi forti possono consegnare altri shinobi alla giustizia – disse lei.

Sasuke sussultò: quella era una frase che gli aveva detto molti anni prima Itachi. Sakura sentì il sussulto dietro di sé, ma non ne capì il motivo; decise di continuare.

- A volte agire nell’ombra è necessario. Non siamo tutti eroi come Naruto. Anche il mio lavoro è molto modesto.

- Ma salva vite.

Sakura ridacchiò. – Certo, ho curato organi e aiutato a partorire donne, ma ho anche amputato arti e ci sono state vite che non ho potuto salvare. Dal mio punto di vista, mani che impediscono che scoppino altre guerre sono altrettanto importanti.

- Indipendentemente dai modi?

Il silenzio che ne seguì rivelò a Sasuke che la ragazza ci stava riflettendo.

- È una domanda difficile.

Le labbra di Sasuke si piegarono in un sorriso malinconico e la mano gli ricadde sul fianco. Sakura continuò la sua riflessione.

- So che quello che ti muove è sempre e comunque un profondo senso di giustizia, che è quello che muove me nel mio lavoro. A me sembra che stiamo lavorando per lo stesso bene comune in modi diversi.

Sasuke la sentì muovere la testa di lato e dopo pochi secondi percepì la mano di Sakura raggiungere la sua.

- Non so cosa ti stia preoccupando, ma probabilmente non preoccupa me – concluse la ragazza, e Sasuke era sicuro ci fosse un tono leggero, quasi scherzoso nella sua voce.

No, evidentemente no.

 

***

 

Sakura si svegliò sentendo un movimento accanto a sé. Si mise a sedere di scatto, mani in posizione difensiva: erano ancora nella piccola grotta e aveva smesso di piovere. Si guardò intorno e si rese conto che era stato l’improvviso movimento del ragazzo accanto a lei a svegliarla.

Sasuke era seduto e ansimava: aveva gli occhi sbarrati e sudore gli imperlava la fronte.

- Sasuke-kun?

Il ragazzo si voltò verso di lei come se si fosse accorto solo in quel momento di non essere da solo. Gli era capitato di avere degli incubi mentre dormivano all’aperto, ma Sakura non si era svegliata – almeno non gli era sembrato. Forse perché questa volta erano più vicini del solito dentro la grotta, a quanto pare se n’era accorta.

- Scusa. Ti ho svegliata.

Non era una domanda, ma Sakura scosse comunque la testa.

- Va tutto bene?

- Nulla di cui preoccuparti.

- Un altro incubo?

Sasuke non rispose. Sakura provò a toccargli quello che restava del braccio sinistro, nella speranza di dargli qualche conforto, ma lo sentì sussultare sotto il suo tocco.

- Parlarne potrebbe aiutarti.

- No… non serve. Passerà.

Sasuke si passò la mano sugli occhi, cercando di cancellare dalla memoria le immagini che aveva appena visto con fin troppa chiarezza. Mentre teneva gli occhi chiusi sentì la mano di Sakura allontanarsi dal braccio e per un istante quella mancanza sembrò gettarlo ancora di più nello sconforto.

- Ecco, bevi. – la sentì dire, e quando scostò la mano vide che era inginocchiata di fianco a lui con la borraccia d’acqua. Ringraziò con un cenno del capo e prese l’acqua: non appena il liquido toccò le labbra si rese conto di quanto in realtà avesse sete.

Sakura restava lì, al suo fianco, ad osservarlo: seduta, le mani appoggiate in grembo, lo sguardo attento. La luce della luna che entrava dall’ingresso cadeva poco davanti a lei, lasciandole il viso in penombra, ma era sufficientemente vicina da poter riconoscere perfettamente tutti i suoi lineamenti. Non lo stava spingendo a parlarle se non voleva, ma tutto il suo linguaggio del corpo gli stava dicendo “se vuoi, sono qui”.

Per un istante indugiò sul suo viso. Era ancora scosso dall’incubo e il respiro stava solo adesso tornando alla normalità. Non sapeva da dove nascesse quella sicurezza, ma sentiva che se c’era una persona che poteva aiutarlo, quella era lei.

- Questa volta… era il giorno dello scontro con Itachi.

Sakura annuì, come per incitarlo ad andare avanti. “Questa volta” implicava che i sogni che lo tormentavano fossero molti. Solo il pensiero le strinse in cuore.

In uno strano moto di loquacità, Sasuke le raccontò il sogno, che combaciava con la realtà. Questa volta il suo subconscio non gli aveva mostrato un finale alternativo: era la pura, semplice verità. A metà racconto, Sakura gli aveva preso la mano. Al termine del racconto, stava piangendo. Sasuke era confuso e turbato da quella reazione.

- Perché stai piangendo…?

Sakura si asciugò le lacrime con un gesto della mano, ma queste continuavano comunque a sgorgare.

- Perché… vendicare il tuo clan è sempre stato il tuo obiettivo. E l’hai raggiunto. Ma hai dovuto uccidere con le tue mani tuo fratello, e… per quanto lo odiassi… era il tuo unico, amatissimo fratello. Dev’essere stato…

Sakura sembrava alla ricerca della parola giusta negli occhi di Sasuke.

- …doloroso.

La semplicità di quella parola lo travolse. Sakura non sapeva la verità su Itachi – conoscendo Kakashi e Naruto, non l’avrebbero mai rivelata senza esplicito consenso di Sasuke – e quel giorno al ponte era solo venuta a sapere che la storia era diversa da quello che veniva detto al villaggio. Quindi lei non poteva immaginare il senso di colpa che lo attanagliava per averlo considerato un criminale quando invece era un eroe; non poteva neanche sapere della disperazione che gli suscitava l’idea che il piano di Itachi fosse sempre stato morire davanti ai suoi occhi, per renderlo più forte, per proteggerlo da tutti, per rendere lui l’eroe di Konoha.

Agli occhi di Sakura, lui stava solo soffrendo per la perdita di un fratello.

Era semplicissimo, eppure riassumeva tutto.

Ricambiò la stretta della mano di Sakura con la sua. Il suo cuore era diviso tra il volerle raccontare tutto quanto e l’uscire da quella grotta e restare solo.

Come se gli avesse letto nel pensiero, Sakura gli posò una mano sulla guancia, costringendolo a guardarla in viso. Alcune lacrime solitarie luccicavano ancora negli occhi verdi.

- Non devi affrontare tutto da solo.

Con un movimento lento, lasciò la mano del ragazzo e avvolse entrambe le braccia intorno alle sue spalle, abbracciandolo. Era un abbraccio confortevole e calmante; non lo stava stringendo troppo, eppure sentiva la sua forza inondarlo come onde del mare. Il ragazzo non si mosse, spiazzato.

- Lo so che hai detto che i tuoi peccati non mi riguardano. Non ho intenzione di forzarti a dire o fare cose dove non vuoi che io metta naso. Sarò al tuo fianco se e quando avrai bisogno di me.

Sakura sciolse l’abbraccio e lo guardò negli occhi. Forse ancora scombussolato dall’incubo, negli occhi di Sasuke si rincorrevano sentimenti che non aveva mai visto: sincera incredulità, malinconia, rimpianto, gratitudine, forse affetto. La ragazza non capiva da dove arrivassero, ma era decisa ad accettarli tutti.

Perché aveva appena capito che amava profondamente quel ragazzo a pezzi che aveva davanti e che la guardava come un bambino sperduto. Aveva capito da un pezzo che quello che provava per Sasuke non era più un’infatuazione adolescenziale, ma non era mai riuscita a definire il momento e motivo per cui quei sentimenti si erano tramutati in qualcosa di così grande. Qualcuno l’aveva accusata di avere una sindrome da crocerossina; per un periodo, ci aveva creduto lei stessa. Adesso, però, mentre si specchiava in quegli occhi per la prima volta senza difese, le era chiaro: era quella fiamma che ardeva dentro di lui, quell’enorme ventaglio di intense emozioni che la attirava come una falena verso la luce. Nella vita di tutti i giorni era così bravo a dissimularle che chiunque sarebbe rimasto stupito al vederle adesso, ma lei le aveva sempre percepite, e vederle adesso prive di qualsiasi filtro era solo scoprire il finale del film dopo mille colpi di scena.

Ora che ne aveva visto la luce voleva toccare quella fiamma, sentirne il calore, alimentarla, unirla alla sua per creare una fiamma ancora più grande, feroce, inarrestabile, bellissima.

- Sakura…

Negli occhi che lo stavano fissando, Sasuke vedeva forza. Vedeva coraggio, compassione, decisione, pazienza. Non vedeva sacrificio o pena. Vedeva una donna matura, conscia di quello che poteva e non poteva fare. Forse vedeva anche paura, ma dello stesso tipo che provava lui: di non essere abbastanza per l’altra persona. Con un lampo, capì che quello che vedeva nei suoi occhi era il famoso amore di cui parlavano tutti, quello che non aveva bisogno di un motivo per esistere.

- Non posso – sussurrò, e sentì uno strano groppo in gola che gli strozzava le parole e minacciava di inumidirgli gli occhi.

- Perché?

- Perché meriti di meglio. Hai sempre meritato di meglio di me. Del mio odio, della mia casata…

- Non sta a te decidere cosa mi merito o meno.

Istintivamente le sfiorò la guancia con la mano e sentì Sakura appoggiarcisi, accettando il contatto. Lui fece un mezzo sorriso a quella frase.

- C’è troppa bontà in te. Non posso permetterti di sprecarla.

- Continuo ad essere io quella che decide cosa fare con la mia bontà, non tu.

Complice quella luna piena, complice lo stato emotivo post-incubo, le parole rotolavano sulla lingua di Sasuke, rendendolo per la prima volta completamente sincero, sia a se stesso che a lei.

- Non posso renderti felice. Il mio sangue è maledetto: gli Uchiha sono destinati a cadere nell’odio. E tu… tu meriti gioia, non odio. Finirei per aggrapparmi a questa luce senza dare nulla in cambio. Non è giusto. Non posso… non voglio essere così egoista.

Con la mano sinistra Sakura sfiorò quella di lui che le accarezzava ancora dolcemente la guancia, e con la destra spostò dietro l’orecchio i capelli che coprivano il Rinnegan, scoprendogli completamente il viso.

- Sei ingenuo se pensi che io abbia così poca luce da essere svuotata da qualcuno. E poi… io riesco a vederla, Sasuke-kun. Io vedo chiaramente la fiamma che arde dentro di te e che tu non riesci a vedere. Dammi quella fiamma e io ti darò la mia luce.

Quella bellissima luce, che a Sasuke appariva come il primo raggio di sole che squarcia le nuvole di tempesta sopra l’oceano.

- Ma un giorno…

- Quello che succederà un giorno lo affronteremo quel giorno, insieme. Ma sono sicura che non ne avremo bisogno.

- Perché ne sei così sicura?

Sakura fece scorrere gli occhi su tutto il suo viso, fotografando quell’espressione nella sua mente. Perché lo vedo nei tuoi occhi, voleva dirgli, questi occhi non sono gli stessi di quel giorno al ponte, né quelli del bambino dell’accademia. Sono quelli di un uomo maturo che ha vissuto troppo dolore per infliggerlo agli altri, o lasciare che gli altri soffrano senza agire.

- Perché ho fiducia in te.

Un leggero sorriso le comparve sulle labbra mentre pronunciava quelle parole: mai era stata più sicura di tutto – di se stessa, di lui, di quello che c’era tra loro – come in quel momento. Si sentiva pronta a spostare montagne e prosciugare oceani se questo avrebbe portato a realizzare un futuro dove entrambi potevano essere felici.

E in quell’istante, Sasuke ebbe la certezza totale e matematica che era lei. Era sempre stata lei.

Se non posso cancellare del tutto il rischio di metterla in pericolo, allora devo eliminare quei pericoli con le mie stesse mani.

La soluzione era così semplice, eppure in quei mesi non l’aveva vista.

Ma ora sapeva che avrebbe dato la vita per renderla felice, per essere all’altezza, per non doverla più lasciare indietro.

Chiuse quei pochi centimetri che lo separavano da lei e la baciò dolcemente, come a chiedere permesso. Lei rispose al bacio, facendo scorrere la mano ferma sul bordo del suo viso fino alla nuca, immergendo le dita nei capelli corvini, avvicinandolo a sé. Il ragazzo non si ritrasse, facendo scorrere a sua volta la mano tra i suoi capelli rosa e schiudendo le labbra.

Come la prima volta c’erano troppe emozioni: c’era voglia di confermare le emozioni che avevano visto negli occhi dell’altro, forse di rassicurarsi a vicenda; c’era l’esaltazione per il futuro e per le sue promesse, ma c’era anche la paura di rompere qualcosa che sembrava antico eppure nuovo.

Più di tutto c’era un giuramento: di essere d’ora in poi sempre l’uno al fianco dell’altra.

 

 

 

 

 


Nota dell’Autrice

 

Perché la frase nel Gaiden di Karin riguardo Sakura "anche noi donne abbiamo il nostro genere di amicizia" meritava di essere sviluppata! Inoltre, la mia spiegazione sul motivo per cui a casa Uchiha ci sia una foto del Team Taka.

Adesso che Sasuke è meno tormentato e ha accettato la presenza di Sakura, è ora di far proseguire la trama...!

Nell’ultimo periodo ho avuto una serie di idee che mi hanno un po’ distratto da Flame e che si sono tramutate nelle due one-shot Perché ci sei tu e Your Eyes Only (e il sequel di quest’ultimo. Ebbene sì. Arriverà anche questo.), ma ho la trama di Flame ben chiara in testa, quindi anche questa vedrà la fine. A presto!!

 

   
 
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