Capitolo
nono
Tartaro
«
Una volta rubato il Libro, prosegui verso Ovest, oltre le Dodici
Galassie e oltre la Costellazione della Fornace, finché non
arriverai alla mia stella morente. Una volta lì, prosegui
oltre ciò
che tocca la luce… ti ritroverai a Tartaro, il mio regno del
Caos »
Mentre
il vento sfrecciava attorno alla bolla di energia che conteneva la
piccola nave Saiya, queste parole risuonarono nella testa del
capitano.
Scrutò
con attenzione l’orizzonte e i suoi occhi brillarono di nero
fumo:
erano finalmente arrivati alla stella nera e ora solo la morte poteva
fermarli.
Le
stelle accanto, come attirate da un circolo di energia sempre
più
furioso e veloce, avevano iniziato ad essere attirate in un vortice
che si schiudeva nell’immensa luce della Stella della
Fornace.
Al
centro, un enorme Buco Nero governava imponente la scena, ruotando su
se stesso: la luce divina in parte brillava ed emetteva energia, in
parte si ritirava in sé stessa, ammaliando le Costellazioni
e
trascinandole nel silenzio assordante del vuoto.
Onde
gravitazionali trascinavano materiale
cosmico
nella sua direzione, Vegeta si sentì afferrare anche
l’anima e si
sentì
chiamato
sempre
di
più
verso
il nero.
La
ciurma, una volta salita sul ponte, osservò sbalordita lo
spettacolo
trascendente
che
gli si poneva davanti e in pochi tra loro realizzarono la
portata di ciò
che
nessun
marinaio prima
di loro
aveva mai visto.
Le
onde dell’Oceano
di stelle si congelarono
ed
evaporarono in pochi
istanti,
il vento si
disperse
come uno spirito in fuga:
i
cristalli
di ghiaccio, che
solitamente baciavano calmi lo scafo della nave,
divennero acqua,
gas,
e
poi vennero
risucchiati
dentro il profondo buco che si estendeva davanti a
loro e che
non lasciava vedere null’altro,
se non se stesso. Nessuna stella, nessuna meteora, nessuna creatura
di mare si poteva scorgere oltre
la porta oscura, solo e
soltanto nero,
che pareva
scuotere
con
rabbia
l’Universo.
«
Turles! Dammi la situazione! » urlò il capitano al
mozzo sul ponte,
che abile come un ragno s’arrampicò in cima
all’Albero Maestro,
ponendosi sulla coffa della nave per osservare oltre.
Quello
che vide, però, fu solo l’orizzonte dello spazio
che era giunto,
ormai, al suo termine.
Al
di là della nave, ad una manciata di parsec di distanza,
l’Universo,
con tutti i suoi mondi variopinti, le sue mille sfumature di vita e i
suoi colori finiva nella bocca del nulla, nella bocca del Regno di
Lazuli. Turles sbiancò e biascicò al capitano che
erano arrivati
alla meta.
«
Lì non c’è niente! Lì
finisce il mondo! »
Gli
uomini si guardarono intimoriti tra di loro.
«
Sgancia, l’Universo ha una fine… »
sussurrò Radish a Toma, con
meno entusiasmo del solito.
I
venti urlarono sempre più forte, soffiando verso il grande
Buco
Nero. E loro stavano per finirci contro.
La
natura del
Buco Nero che
galleggiava davanti a loro
era sublime,
come la natura della Dea che l’abitava sin
dai
tempi antichi.
Nato
da una quantità straordinaria di materia concentrata in uno
spazio
minuscolo e con un centro
gravitazionale
quasi infinitamente forte da chiamare a sé qualsiasi essere
vivente
riducendolo in particelle elementari, governava da migliaia di anni
sul fondo del mare astralei.
Si
narrava che Lazuli, non
voluta sull'opuscolo
dagli altri Dei
Cosmici,
avesse
creato questo
luogo di morte e
di
nulla per smascherare
l’illusione che gli Dei spacciavano come
“vita”: dentro al
profondo nulla
si erano raccolte, nei centinaia e centinaia di secoli, tutte le
anime morte, i mondi perduti e i tesori persi dagli
uomini e dagli
abitanti delle Costellazioni.
Anche un ricordo trascurato, così
come
l’anima della persona
legata a quel ricordo, veniva trascinato
nel nero e per sempre lasciato
lì, a galleggiare in un
mondo senza
spazio ne
pensiero.
La
Dea aveva costruito saggiamente la sua casa, rinchiudendola dentro
una visione cosmica di spettacolare bellezza: il Buco Nero,
così
come la sua anima, era in grado di risucchiare e ridurre ad atomi
tutti uguali qualsiasi vita lo sfiorasse ed osasse avvicinarsi alla
sua traiettoria.
Colma
di rancore e di odio, infatti,
Lazuli
aveva col tempo iniziato a derubare
la vita dai pianeti e dagli
abitanti che
si erano
consegnati al suo Caos.
Ne
scioglieva
il ricordo
in nuvole
di polvere e
lasciava
che queste
si amalgamassero
all’essenza
della sua stella morta.
La
stella morente
era
così forte da spezzare anche la luce eterna
che dominava l’Universo,
assorbendone le particelle e sciogliendo
la sua
speranza in oblio.
Bulma
si sentì piccola davanti alla visione sublime e il suo cuore
iniziò
a battere a ritmo
delle
onde d’energia che fluivano verso il mostro. Si chiese quanta
morte
e quanta
vita potesse trasportare
l’immenso buco di energia e
percepì i suoi sensi e pensieri farsi leggeri, volatili,
quasi
strappati via dalla forza del vento.
Le
ali magnetiche della nave, mosse della luce dei soli e del vento
solare, vibrarono più intensamente e il capitano, che ancora
reggeva
saldo il timone tra le mani, si rese conto che il campo magnetico del
Buco Nero non lasciava loro altra via, se non quella di essere
trascinati all’interno del margine esterno. Era il momento di
agire
in fretta, di trovare una soluzione che permettesse loro di sostare
lungo e non oltre il bordo esterno del raggio energetico,
cosicché
non venissero trascinati dentro l’Orizzonte degli Eventi, che
non
avrebbe lasciato loro via di fugaii.
Il
tempo ticchettò
più in fretta e il capitano percepì
sfuggire preziosi
secondi
dalle dita.
«
Prosegui oltre ciò che tocca la luce… ciò
che tocca la luce
»
Sussurrò
come una nenia labile.
Cercò
un filo logico
e frugò
nella
mente e nei ricordi,
tra
parole invisibili, alla
ricerca di
una
traccia, un punto fermo
a
cui attraccare
i pensieri, come
una nave attracca
al
suo porto.
Bulma
lo vide
soppesare i pensieri,
alla
ricerca di una via, finché
non gli si illuminarono gli occhi con determinazione.
Il sorriso che fece le fece venire i brividi.
«
… Vegeta? »
«
Uomini! » gridò il capitano, precipitandosi
giù dalle scalette
verso il centro della nave, « tutti ai vostri posti! Liberate
le
vele e aspettate il mio ordine! »
L’equipaggio
lo guardò come se il vento gli avesse risucchiato il
cervello, ma
Vegeta non si fece trovare impreparato davanti alla loro incertezza.
«
Subito! Correre, correre, correre! »
Gli
uomini, allora, scattarono ai suoi ordini con brio pur non capendo
l’idea del loro comandante. Nappa gli si fece davanti, con il
cuore
in gola.
«
Vegeta, come ne usciamo vivi? »
«
Fidati di me! Turles, fissa il pennone alla vela di tricchetto!
»
Turles
lo osservò stralunato. Mai il capitano aveva dati degli
ordini tanto
controversi.
«
Ma così ci fermiamo proprio! » si
lagnò.
«
Eseguì! »
Il
mozzo non
poté fare altro che eseguire: si
alzò velocemente fino alla coffa, attraversò con
equilibrio e
delicatezza il pennone dell’albero fino a giungere alla corda
che
teneva fissa la tela di tricchetto. Levò il nodo e con
questa
penzolò nel vuoto fino all’albero posizionato a
prua.
I
cristalli di ghiaccio si facevano sempre più radi attorno a
loro e
la barriera protettiva strideva per la forza del vento magnetico.
«
Mollare le vele! Tagliate tutte le trozze, scattare, scattare,
scattare! »
La
ciurma volava veloce lungo il ponte, eseguendo alla perfezione ogni
comando, nonostante la paura che strozzava
il respiro.
«
Pennone di poppa verso poppa! »
«
Ma è- »
«
Da pazzi, lo so! »
Dettò
gli ordini come il capitano di una nave pronto all’assalto di
un
veliero avversario, come il comandante di un equipaggio pronto a
scattare verso la morte in mezzo alle stelle e gli uomini lo
seguirono con trepidante fiducia, eseguendo con attenzione ogni suo
ordine.
«
Vela di tricchetto a babordo, mollare a poppa, issare le vele di
prua! »
«
Tirate! »
Quella
si creò, grazie alle mani esperte e veloci dei pirati, fu
una nave
con le vele poste ai lati, quasi a ricordare una caverna che si apre
al mare per far entrare, tra i suoi anfratti, i flutti
d’acqua: le
lunghe e forti ali, infatti, erano state poste lungo il lato lungo
della nave e, invece che attraversarla lateralmente così
com’è
consono alla navigazione, l’attraversavano longitudinalmente,
gonfiandosi ora deboli, ora forti ai lati, ricreando le ali di un
aquilone che s’innalza con l’aria che gli scorre
accanto e
tutt’intorno.
La
nave, cosparsa di energia e con le vele pronte a far defluire
l’aria
dal basso verso l’alto, si avvicinò sempre
più veloce al Buco
Nero e di lì a poco, avrebbe navigato lungo il suo bordo
esterno,
senza tangere il suo Orizzonte degli Eventi. Almeno, questo era il
piano.
Il
vascello si avvicinò, così, alla stella,
finché non giunse al suo
bordo. Le stelle attorno strisciarono con loro e il capitano
comandò
tutti gli uomini al centro della nave.
Ogni
uomo si assicurò attorno alla vita la sicura che, come una
corda di
sicurezza, li legava all’Albero Maestro e garantiva loro di
non
scivolare loro fuori dalla nave, nel caso in cui le cose fossero
andate per il verso sbagliato. Bulma si legò anche lei e
cercò il
capitano, che ancora si assicurava la tenuta delle corde e la potenza
del vento sulle ali. Le passò accanto, svelto, le tese la
mano e la
condusse con sé nei suoi passi verso la cuna della nave e
verso
l’eternità che li stava accogliendo.
«
Fissare tutte le vele, tutti al centro della nave! »
Si
portò a prua, sopra il canto della gomena e si
specchiò nel vuoto sotto di lui. Bulma
gli si strinse accanto e insieme guardarono il Buco
Nero.
«
E preghiamo gli dei… forse tra poco li incontriamo
»
Il
vento
si fece più
rabbioso,
la piccola bolla di energia che aveva conservato l’ossigeno e
la
temperatura di sopravvivenza bruciò
la sua energia contro l’aria bollente che
via via veniva risucchiata
dal mostro. I
secondi si fecero più lunghi, il tempo si dilatò
e le vite dei
pirati furono
appese ad un filo, pronto per essere tagliato.
Lazuli
giocò con la loro vita, pizzicando le corde delle loro anime
come i
suoni che nascono da una lira, finché l’Eatherium
si chetò: la
nave attraversò le nuvole di polvere che galleggiavano
attorno al
nucleo, superò il vuoto e, sul bordo
dell’Orizzonte, iniziò a
precipitare.
I
pirati si aggrapparono alle corde, Bulma afferrò la
balaustra per
reggersi e Vegeta si sentì l’aria risucchiare dai
polmoni.
La
nave precipitò nel vuoto, le corde tese e le ali chiuse,
pesanti,
come le ali di un uccello bagnate dalla rugiada che non ce la fanno
ad aprirsi.
Le
vele sventolarono
nel nulla, finché l’aria accumulata
nella caduta
non le riempì: le cime si rizzarono,
le
ali si dilatarono colme
di
vento
e
il
vascello brillò come
una crisalide.
Le
ali
si
schiusero
come i
petali
di un fiore raro e,
piano piano, il
battello
prese quota.
L’Universo
attorno a loro, così come tutto
il materiale cosmico
che veniva risucchiato
nel vortice della stella, brillava
ancora
sulla
scia dell’Orizzonte degli Eventi, superandoli
e
cadendo lentamente
dal
bordo esterno come le foglie di un fiume quando fluiscono
in un vortice
d’acqua, svanendo
dalla superficie. Tutte
le
stelle caddero nel
vortice,
ma la nave rimase al suo posto.
Fluttuò
snella
sulle
onde di
vento, oscillando a ridosso del limen che li separava dalla stella,
fino
a quando
calmò il suo incedere, armonizzandosi
alla corrente esterna.
Gli
abitanti della nave si raddrizzarono in piedi e, increduli,
osservarono la perla Saiya che, sebbene fosse irriconoscibile con le
vele poste come le ali di una farfalla, li manteneva galleggianti nel
vuoto, il Buco Nero sotto di loro, fischiante di luce.
Il
capitano si rizzò in piedi.
«
Ha funzionato… » sussurrò,
boccheggiante. Gli tremarono
leggermente le gambe e si dovette appoggiare alla balaustra accanto
alla prua, Bulma sempre al suo fianco, frastornata e avvolta di
adrenalina, boccheggiò.
«
Ha funzionato? » domandò ancora e Nappa e gli
altri cacciarono un
urlo di gioia, troppo ebbri di vitalità e colmi di vita, sebbene
davanti
al burrone diretto
per
l’eternità.
«
Ce
l’hai fatta, Vegeta! » lo riscossero i suoi uomini
e mirarono
ancora davanti a loro, non osando porre la mente più in
là del
confine su cui solcavano,
non oltre la linea dell’Orizzonte che separava la loro
vita
dalla morte. La
soglia per il regno di Lazuli sostava davanti a loro, in attesa che
fosse solcata.
Poi,
però, si spezzò un gancio, cadde
una corda
e parte della vela di mezzana rovinò a terra e degli uomini
dovettero correre per
evitare che facesse altri danni o che
anche
le altri ali perdessero quota. La
piccola
e coraggiosa
Saiya non avrebbe resistito a lungo sulle
onde magnetiche create dal Buco Nero e la sua potenza gravitazionale
presto l’avrebbe
trascinata
a sé.
Vegeta
contemplò
le vele e, pensieroso, scrutò
il nero sotto di loro. Prese
la sua decisione.
«
Cabba, tutta a sinistra! »
«
Tutta a sinistra! » gli fece eco il pirata e la nave
virò,
posizionandosi sull’aere nebuloso lungo il lato destro,
costeggiando il nucleo con la murata di babordo. La scheggia nera
scivolò sulla corrente e si posizionò lungo
l’argine. Vegeta
strinse attorno alla vita la corda salvavita, afferrò
un’altra
corda e la legò con un nodo saldo alla corda di sicurezza.
«
Nappa!
»
«
Capitano! » scattò agli ordini il secondo,
avvicinandosi pronto al
suo comando.
Lo
considerò
con espressione seria, arrotolando la seconda corda lungo il fianco,
appena sotto il cappotto nero e la spada di luce.
«
Se non dovessi farcela, la nave è tua »
Il
cuore del secondo si strinse in una morsa a quelle parole e, dopo
qualche secondo, cercò di afferrare il capitano prima che
gli
sfuggisse definitivamente. Nappa lo tirò a sé.
«
La nave aspetterà il suo capitano »
Il
giovane comandante
si sentì investire dall’abbraccio di Nappa e dalla
potenza della
sua anima, che per un attimo lo
destabilizzò peggio del cupo
vibrare
magnetico
sotto
i suoi piedi.
Si
ritirò all’ultimo, come le onde
dell’oceano dopo aver toccato la
spiaggia piena di sabbia che brilla di emozioni colorate.
Annuì
serio, affidando i suoi pensieri alle Lanterne di stelle e si
posizionò al centro del ponte, gli uomini
tutt’attorno che lo
osservavano. Li guardò ad uno ad uno.
«
Signori! È stato un privilegio rubare con voi! »
Si
voltò e Bulma gli brillò negli occhi ad un soffio
dal naso, «
Io
vengo con te! » asserì
con tenacia e determinazione, « E non mi dire che il
Regno del Caos
non è posto per una donna! »
Il
capitano sogghignò e aprì il nodo della corda per
stringerlo
attorno alla vita della donna, attirandola a sé.
«
Questo non lo direi mai… » sussurrò,
per venire subito interrotto
da Broly che, svelto, si era anche lui arrotolato la corda attorno
alla vita, pronto a saltare con loro, guizzante di coraggio.
Il
capitano, però, gli tolse delicato la corda dai fianchi e
davanti ai
suoi occhi verdi ricolmi di avventura, gli rivolse il suo sorriso
più
sincero.
«
Hey, scusa, cucciolone, ‘sta volta no... »
Il
mezzodemone abbassò le orecchie e Vegeta gli
carezzò piano i
capelli di alghe verdi e vive.
Il
suo sorriso poi si posò su quello di Bulma e gli tese la
mano,
sfiorandole le nocche leggermente con le labbra.
Un
passo dietro l’altro corsero
verso tribordo, prendendo la rincorsa: si
lanciarono poi
dalla nave, lasciandosi
cadere
tra
le
onde oscure. La
corda che
li teneva legati
dopo
poco si
spezzò e quello che gli uomini videro dal ponte furono le
figure dei
due che scomparvero nel tempo di un respiro, amalgamate al
nero occhio che dominava l’Universo.
L’aria
era rarefatta, fatta di diamanti, di scaglie di luce colorata
che svanivano con un
tocco.
Le stelle, il Cosmo, la luce, tutto era unito e scomposto.
Cadendo
dentro il pozzo profondo del
Buco Nero, si
sentirono
amalgamati e spezzettati,
come se tutti gli atomi che li componevano fossero tremati
e poi si
fossero
sciolti
come
neve al sole.
Ogni
particella del corpo tornò alla sua forma principale, al suo
nucleo
di neutroni e protoni. Le componenti dei loro sogni e della loro
mente si scomposero e ricomposero in mille e più atomi.
Ogni
attimo di vita, ogni palpito di
cuore, ogni pensiero si annullò divenendo polvere,
poi vento, poi stella. Si sentirono
sciogliersi,
riunirsi, abbracciarsi,
scindersi cellula per cellula e diventare luce, pianeta, asteroide,
stella e lacrima di
cielo.
Videro
il resto dell’Universo farsi più veloce, come
se qualcuno avesse premuto
sull’acceleratore
del
tempo,
colsero
traccia del
futuro,
del
presente e
del
passato, tutti
collassati
nella pagina
di un libro.
La
gravità strappò
loro il cuore e l’ultima cosa che percepì furono
gli occhi blu di
Bulma mentre urlava il suo nome, poi il nulla.
Riacquistò
i sensi e si meravigliò di essere ancora viva.
La
sabbia strideva e graffiava sotto le sue ginocchia, l’eco
pesante
dei suoi respiri infastidiva
ogni tentativo di pensiero razionale. Bulma
prese
un forte respiro e aprì gli occhi, tirandosi
a sedere.
Si
ritrovò
immersa in
un deserto di sabbia dorata che pareva infinito come il
tempo. Un
paesaggio surreale attirò
la sua attenzione in lontananza,
sopra di lei,
verso
un
cielo notturno
ed
aperto
di stelle e di
fili leggeri delle Costellazioni,
che roteavano
armoniche.
Un
mondo di galassie, nebulose e Costellazioni catturò il suo
respiro e
per qualche secondo si sentì soffocare dal temibile silenzio
che riverberava
tutt’attorno.
Si
guardò attorno
e non
vide altro che immenso e freddo deserto dorato, calato nella notte
silente delle stelle. Nel
riflesso di nubi pigre e violacee all’orizzonte,
le parve
di
scorgere una figura che si muoveva sinuosa, che
però sparì in una nube di polvere biancastra.
Nel
silenzio del vento, un
corpo celeste scoppiò lontano sullo
sfondo,
fili argento
caddero a terra come stelle filanti che
si spensero centinaia
di metri più in là, soffocando il loro
impatto nell’arena, attutendo
la
pioggia di comete e asteroidi scaturita
dall’esplosione.
Nelle
pianure morte di Tartaro
tutto era congelato nel tempo, come se si
stesse
osservando millenni e millenni di storia dell’Universo
attraverso
la lente opaca
di un cannocchiale che vede lontano, ma che confonde la linea del
tramonto a
quella dell’alba e
non distingue bene l’orizzonte.
Una
nube di nera quiete le sfiorò la caviglia e Bulma
cacciò un urlo,
riconoscendo il lieve tocco di una mano fredda di
secoli. Si tirò indietro, incespicando
sulla sabbia e andando
a sbattere contro un
corpo abbandonato nella sabbia.
«
Vegeta! » gridò, facendoglisi
accanto e cercando di risvegliarlo. Lo girò di peso sulla
schiena e,
sotto le sue mani tremanti, man mano il capitano acquisì
coscienza,
emettendo
con
un gemito di dolore.
«
Bulma… » sussurrò e subito il fiato gli
si spezzò in gola quando
il suo sguardo si perse nell’immenso atrio di stelle.
Lo
aiutò ad alzarsi ed insieme
si
affrettarono verso un masso che emergeva più in
là tra le dune,
quando la sabbia sotto di loro iniziò
a smuoversi, smossa
dai loro passi. Man
mano che camminavano la sabbia iniziò
a scivolare più veloce, impedendo loro di camminare dritti,
ma
confluendo nelle onde dorate.
Raggiunsero
a malapena il masso, che le
dune si fecero d’improvviso
più ampie, frenetiche,
scivolose, iniziando
a muoversi come le pagine di un libro o come le onde del
mare quando soffia la bufera. Rotolarono nella sabbia, come dei
piccoli sassolini spazzati
dal vento, il
viso affondato nella
rena.
«
Bulma!
» urlò Vegeta, cercando di raggiungere la mano
dell’ambasciatrice
che come
lui, veniva trascinata via dalle onde di sabbia, incapace di lottare.
La
rena soffocò
le loro grida, finché
non smise di muoversi e dei passi pesanti tracciarono le
loro
impronte sul
terreno,
congelandosi
nel terreno:
Vegeta alzò allora
gli
occhi per
andare a fissarli
in
quelli
intensi e
bianchi della
Costellazione del Leone che
lo fissavano
bramosi, la
bocca di denti
affilati che
faceva
sfavillare
le stelle con i
suoi
ruggiti.
Le
Costellazioni del cielo li avevano circondati, attirate
dalla
loro
carne
viva e
pronte
ad eliminare
gli intrusi dal Regno
dei
dimenticati.
Pronte
letteralmente
ad
inghiottire le loro anime, così da non lasciare spiriti
vivi
a solcare le pianure morte di Tartaro.
La
donna
venne trascinata subito
in alto dalla
coda affilata dello Scorpione che
le
sfiorò le carni,
le chele le si strinsero
ai fianchi, stritolandole
il
respiro. Il
capitano senza
indugio
mise mano alla
spada
laser e si
precipitò contro il
gigante,
per venire, però, bloccato dal corpo imponente della
Costellazione del Toro che gli
si parò davanti,
sbuffando dalle narici aride nuvole di polvere cosmica.
Il
capitano strisciò sulla sabbia e tentò di tenere
lontano i due
mostri che lo
stavano circondando: vibrò la sua lama contro
l’attacco del Leone,
affondando la luce del cristallo contro le sue zanne, facendolo
indietreggiare in un guaito animalesco. Bulma, nel frattempo, era
riuscita a liberarsi dalle chele dello Scorpione, sebbene
l’imponente
Costellazione del Centauro la stesse braccando e cercasse di
schiacciarla sotto i suoi imponenti zoccoli. Vegeta
si trovò ancora
ad indietreggiare e a
schivare
i colpi assestati del Toro che non si
decideva a dargli tregua, finché la lama non
impattò contro uno dei
suoi corni, scintillando di energia.
Ansimante,
si
gettò contro lo Scorpione e
cercò con gli occhi Bulma, fino a quando non
incrociò lo
sguardo
di Orione che stava armando il suo arco di una freccia di luce,
pronto a scoccarla contro di lui.
Successe
tutto in un secondo.
Orione
fece scattare la sua
freccia
e questa tagliò
il fine etere, come la striscia di una stella cometa.
Il dardo dilatò
e restrinse il tempo e, sempre più vicino
alla carne viva del capitano, fece tremare la sua anima di puro
terrore.
Poi
una voce parlò e tutto si congelò nel tempo: la
spada di energia
che tagliava la chela dello Scorpione, le fauci del Leone ad un passo
dal suo corpo teso, la freccia di luce pronta a trafiggergli il
cuore.
«
Fermi,
bimbi miei! È
questo il modo di trattare un ospite? »
Una
nube di sabbia li avvolse, strappando
via
loro le armi e costringendoli a coprirsi gli occhi per via della
forte corrente. Dalla sabbia emersero delle rovine fatiscenti e si
ritrovarono al centro di una sala del trono di una antica reggia che
riecheggiava di tempi perduti e rigogliosi. Davanti
a loro un trono diroccato e un cadavere che urlava al nulla il
suo ultimo respiro. Le
stelle attorno ripresero il loro moto in silenzio.
Tirarono
entrambi un respiro di
sollievo
e, barcollanti, si guardarono attorno. Bulma
gli si strinse accanto, afferrandolo per l’avambraccio.
«
Confesso…
ora sì, che mi sono venuti i brividi… »
le
bisbigliò
Vegeta, ma la voce lo interruppe. Da dietro il trono, comparsa
dal nulla,
apparve, infatti,
Lazuli.
«
Bravo…
nessun mortale aveva raggiunto Tartaro prima d’ora...
» ridacchiò
«
Vivo, intendo… »
Si
accomodò sul trono, facendo svanire il vecchio re in una
nube di
polvere.
«
Mettiti comodo! »
Le
lunghe dita lambirono la superficie dello scranno e i capelli dorati
si confusero con la sabbia del deserto, facendo comparire ancora
più
inquietanti i
due
occhi di ghiaccio che li stavano scrutando.
Sentì
la presa di Bulma farsi più stretta e tremante sul suo
braccio e per
qualche istante gli si congelò il sangue nelle vene.
Ridacchiò in
un risolino forzato.
«
Bel posticino questo… »
«
Ti piace? Sto pensando di fare tutto l’Universo
così... »
La
dea avvitò
le dita, muovendo un paio di stelle all’Orizzonte, che
precipitarono lontane tra le dune
della pianura.
«
Bella
idea!
Be’, sei molto occupata, perciò, se
non ti dispiace,
prendiamo il Libro della Pace e ci togliamo dai piedi! »
sorrise
forzatamente il capitano, approcciandosi
alla Dea con tono rilassato, sebbene il paesaggio attorno gli stesse
pizzicando i sensi di
acuto terrore.
«
Ah,
cosa ti fa pensare che l’abbia io? »
domandò, leggiadra, la Dea,
accomodandosi meglio sul trono di
pietra, la
veste eterea che fluttuava pigra ai suoi piedi.
Bulma
sbarrò gli occhi, incredula.
«
Ehm, mi hai incastrato con il furto, così
avrebbero giustiziato
me! » rispose piccato Vegeta, assottigliando lo sguardo, in
un moto
di lenta furia.
«
Te? » domandò, invece,
soave la Dea.
«
Già... »
Ma
la
Dea lo guardò ancora, alzando un sopracciglio, scettica.
Il
tempo si fermò e
gli sorse un dubbio,
a
cui
la sua mente non seppe rispondere prontamente come sempre faceva. Si
fermò a soppesare
lo sguardo
della
Dea a cui, lentamente, stava sorgendo un sorriso sulle labbra.
No...
I
secondi gli parvero nuotare ancora più lentamente nel vuoto e
il cuore gli prese a battere più veloce.
Ma
allora...
Si
girò
verso Bulma che lo guardava
apprensiva, gli occhi brillanti di premura e terrore.
Lazuli,
invece,
si alzò dal trono e scese lenta e maestosa i gradini che
la separarono dai
suoi ospiti.
«
No… avrebbero
giustiziato Goku… »
continuò
il capitano, voltandosi
ancora
a guardare la Dea
nei suoi occhi di ghiaccio, freddi e inumani come li ricordava la
prima volta che l’aveva vista avvolta dalla bolla
d’aria.
« Tu
sapevi che avrebbe preso il mio posto! » sussurrò
con incredulità.
La
Dea ridacchiò, tracciando con le lunghe dita un solco sulla
colonna
posta al
basamento del tempio, facendola
sgretolare
ineluttabilmente
sotto il suo tocco.
«
Tu
contavi
sulla mia fuga… quindi
Goku sarebbe morto e Syracysis sarebbe - »
«
Rimasta senza un legittimo erede al trono, facendo precipitare tutte
le Dodici Galassie in un glorioso Caos! »
Concluse
la
Dea
per lui, ghignando famelica.
La
reggia
attorno precipitò nella sabbia, portando con sé
il segreto appena
rivelato. Il
silenzio e lo stupore li bloccarono e Bulma
e Vegeta si
guardarono
increduli.
La
Dea sospirò, deliziata e
un poco scocciata.
«
Voi umani siete così prevedibili! Goku non poteva fare a
meno di
essere nobile e tu non potevi fare a meno di tradirlo... »
I
suoi capelli sinuosi le incorniciarono il viso che parve ancora
più
insaziabile di sangue.
«
Ma io non ho tradito Goku! Non sono scappato, sono
qui e
porterò indietro il Libro!
» pronunciò,
invece, Vegeta che
si
affrettò a
cercare
degli appigli per uscire dal buco nero in cui sentiva
lentamente
precipitare il suo destino.
«
Oh, invece l’hai tradito… gli hai rubato il suo
unico amore… »
sussurrò
la Dea,
che si portò alle spalle dell’ambasciatrice,
passandole una mano
fredda tra i capelli di rugiada. A Bulma si mozzò il respiro
in gola
e le
sue iridi si
bagnarono
di lucente paura, mentre cercò
silenzioso
aiuto tra le onde nere degli occhi del capitano.
Lazuli,
infatti,
la
spinse
in
avanti,
facendola inevitabilmente finire nelle braccia aperte di Vegeta, che
la sorresse dal cadere.
«
Guardala, Vegeta! Lui non è ancora nella tomba e tu ti fai
sotto con
la sua donna! »
L’uomo
si sentì sempre più immobile, avvolto
dalle spire della logica di Lazuli.
«
Ammettilo, la
tua anima è nera quanto la mia…
»
Vegeta
percepì
il buco nero dell’essere immortale davanti a lui iniziare
a
risucchiargli l’anima, nel
mentre che
freddi
fili di tenebra gli
sembrarono
salire lungo il torace a soffocargli il respiro.
L’ambasciatrice
fu la prima a rianimarsi
e a sfidare lo sguardo malevolo della Dea.
«
Ti sbagli su di lui! Non
sai che cos’ha nel cuore!
»
Esclamò
Bulma,
con rabbia, mettendosi
tra la dea e Vegeta, pronta a proteggerlo.
«
Oh, sì che lo so… e, quel che più
conta, lo sa lui… » s
Si
avvicinò ancora
a Vegeta, superando
malamente la donna,
e lo avvolse in un gelido abbraccio, tracciandogli una linea di
fredda luce
fino al cuore «
in
cuor tuo, tu sai che Goku morirà, perché ha visto
qualcosa in
te, che
semplicemente, non
esiste!
»
«
No!
»
Ringhiò
il capitano,
scacciando
la fredda
paura
dalle
sue membra,
ma la
Dea rise.
«
Vuoi scommettere? Facciamo un gioco e
se vincerai ti darò il Libro della Pace! »
La
dea alzò solennemente
una mano e tutto attorno tremò, le rovine svanirono
da
sotto i
loro piedi, il cielo dipinto di stelle si
eclissò
e vennero nuovamente avvolti dalla nube di sabbia che li
lasciò
sospesi nel vuoto, finché non poggiarono i piedi su uno
stretto corridoio di pietra sospeso
sul nulla,
la dea di lato a galleggiare sinuosa
nell’aere
e davanti a loro, finalmente, pronto ad attenderli, il Libro della
Pace avvolto
nel suo alone di calma serenità.
Il
Libro chiuso rilasciava
debolmente il suo bagliore, ma, sebbene le pagine fossero serrate e
le Costellazioni ancora attendessero il
ritorno al
loro
moto incessante ed
armonico, la
sua aura si percepiva con forza e irradiava di armonia persino
la piccola
bolla in cui erano sospesi.
Vegeta
si aprì in un sorriso spontaneo e
fece ingenuamente un passo in avanti, richiamato dal candore e dalla
calma delle pagine sacre, quando parte della lastra su cui camminava
si staccò e precipitò nel vuoto,
rischiando anche lui di cadere inevitabilmente nel nulla.
«
Come
corri… » sussurrò
la Dea « il
mio gioco ha delle regole, Vegeta »
Il
vento sibilò
attorno a loro, intrappolandoli in una nube di sabbia dorata, che non
permetteva di scorgere oltre il manto di stelle.
Lazuli
riprese a parlare.
«
Ti farò una domanda… una semplice domanda. Se
rispondi
sinceramente, il Libro è tuo »
Il
capitano fece una smorfia. «
Dammi la tua parola »
Lazuli
sollevò le sopracciglia, quasi offesa. «
Ancora non ti fidi di me? »
Vegeta
la squadrò
con occhi taglienti e la dea sbuffò, arricciando
le labbra e
portandosi una mano alla tempia, con fare plateale.
«
Viviamo in un’era così piena di scetticismo,
peccato… »
«
E
va bene… hai la mia parola di dea... » e si
tracciò sulla spalla
destra con l’unghia affilata della mano una
“ics”, il
senso intangibile della sua parola data, come quando aveva fatto la
sua prima
promessa dentro la bolla. Un
genere
di
promessa a cui anche gli Dei
sono vincolati per l’eternità, e
che, sapeva Vegeta, era l’unica garanzia della
sua parola data,
sebbene l’essere immortale fosse maestra di inganni e
di raggiri.
«
Ti basta? »
Vegeta
annuì, cupo e
prese
un respiro:
«
Fa’ la tua domanda »
Lazuli
sorrise
a fior di labbra.
«
Perfetto. Tutti
sappiamo che cosa accadrà se avrai il Libro della Pace
»
Ne
accarezzò il bordo con mani lascive, lasciando che la sua
luce di
armonia tangesse, seppur inutilmente, le sue membra fredde ed
immortali, « lo restituirai alle Dodici Galassie e salverai
Goku…
»
«
Ma se non avrai il Libro, dovrai fare una scelta »
Si
avvicinò al capitano, nuvole di stelle che si dissipavano
ad ogni suo passo, Vegeta
che
la seguiva,
attento ad ogni sillaba, in completo silenzio.
«
Veleggiare verso il paradiso con la donna dei tuoi sogni o tornare a
Syracysis per morire… »
«
Essere quindi un ladro o un eroe? »
Bulma
pochi
passi addietro
trattenne il fiato. Il
capitano non
staccò lo sguardo dalla
dea.
«
Perciò ecco la mia domanda, Vegeta... se non avrai il Libro,
tornerai là per morire? »
E
scomparve, lasciandoli soli sulla passerella, nel vuoto e
l’eco del silenzio a riempire i loro respiri.
Passarono
istanti di infinito oblio, il capitano disperso nei suoi pensieri e
Bulma che affidava incessantemente le sue preghiere alle Lanterne,
che li attendevano entrambi, al di là del Buco Nero.
Vegeta
alzò lo sguardo e la luce della pace bagnò
placida i suoi
lineamenti.
«
Sì, tornerò! »
E
prese a camminare, dapprima tentennando, poi, una volta percepita la
stabilità della passerella, con passo più sicuro.
L’ambasciatrice
ringraziò le stelle e tirò un sospiro di
sollievo, sorridendo.
Il
capitano sfiorò finalmente il Libro, ma non riuscì
ad afferrarlo.
Lazuli
comparve alle sue spalle.
«
Stai mentendo… »
La
pietra si sgretolò sotto i loro piedi, Vegeta
cercò di raggiungere,
disperato, il Libro, ma la gravità li attirò
a
sé con
rabbia.
Le
loro urla si confusero con il vento e
con la risata sguaiata della Dea, finché la
luce non
li avvolse.
Continua...
Angolo
dell’autrice
Buonsalve,
se c’è ancora qualcuno che si ricorda di me.
Perdonate
il ritardo.
Spero
che la lunghezza di questo capitolo possa farmi perdonare.
Altrimenti, pazienza, liberi di odiarmi. <3
E
insomma manco questa volta si riesce a pigliare il Libro.
Che
cosa succederà ai nostri amici?
Chi
creperà per primo?
Lo
scoprirete nel prossimo ed ultimo – finalmente –
capitolo!
Ma
soprattutto… chi di voi vuole farsi un giretto con me nel
Buco
Nero?
Deve
essere un posticino accogliente e niente male, a parte, va
be’... i
cadaveri, i mostri, i morti e… i cadaveri, immagino.
Fatemi
sapere cosa ne pensate del capitolo: grazie a tutti coloro che
leggono, che recensiscono, che mi odiano perché sono sparita
dal
fandom, che mi amano per qualche assurdo motivo – non vi
conviene,
raga.
Al
prossimo capitolo!
Ve
se ama,
Zappa
iCome sapete bene, i buchi
neri si formano quando una stella, dopo aver bruciato tutto il suo
idrogeno in elio, collassa su se stessa, perché
l’energia emessa (le radiazioni) non è
più in grado di contrastare l’energia
gravitazionale: l’energia emessa in radiazioni, infatti,
quando il nucleo diventa ferro, non viene più prodotta e
l’energia gravitazionale ha la meglio. Quindi, per farla
breve, la stella – very big, molto più big del
sole - implode nel nucleo, accumulando sempre più massa al
suo interno: la stellina esplode in una supernova e si trasforma o in
una stella a neutroni o in un buco nero. Per tutte queste bellissime
informazioni su cosa siano i Buchi neri, vi consiglio –
fatelo, è una figata – i video su YouTube di Kuzgesagt,
in a Nutshell. Tutte le informazioni,
trasformate in maniera fantasiosa in una storiellina che se la leggesse
Einstein mi ucciderebbe in tedesco, inserite sono prese da
lì, perché io a parte il fatto che sono buchi e
che sono neri, so ben poco su di loro;
iiL’Orizzonte
degli Eventi è una specie di barriera che separa il buco
nero dal resto dell’Universo e se attraversata ti fa finire
nel nero più nero: per essere onesti, se si dovesse
attraversare e si dovesse uscire dall’Orizzonte degli Eventi
bisognerebbe essere più veloci della luce. E niente, visto
che nessuno ci riuscirebbe, nessuno riuscirebbe a superarlo per uscirci
e scappare via. Informazioni su Kuzgesagt, in
a Nutshell, YouTube;
direi che
più scientificamente di così non posso parlare,
vi prego, non prendetemi per Wikipedia;
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