«Mikasa»
sussurrò Beatris, nel buio della stanza. Si sporse oltre il
bordo
del proprio letto a castello, si affacciò sul letto che
aveva sotto
e, anche se per l'oscurità non riusciva a vederla, sapeva
che
l'amica era lì. «Ehy, Mikasa»
chiamò ancora, non avendo ricevuto
risposta.
«Sh»
l'ammonì Mikasa. «Cerca di dormire».
«Non
ci riesco» confessò Beatris e si sporse ancora di
più, mettendosi
letteralmente penzoloni giù dal suo letto.
«Hai
corso tutto il giorno, non hai un minimo di
stanchezza?»
«Sì,
ma sono anche tanto agitata! Cosa ci aspetterà domani,
secondo te?»
«Lo
vedremo domani mattina. Ora prova a chiudere gli occhi, stai
disturbando il resto dei compagni».
«Quel
Shadis mi mette i brividi, fa davvero una gran paura»
insisté
Beatris, ignorando il suggerimento di Mikasa.
«Fa
paura anche a me» una voce dolce, morbida, provenne dal letto
a
fianco di quello di Mikasa. Sentirono qualcuno muoversi, coperte che
venivano scostate, probabilmente la fonte della voce si stava
avvicinando a loro per poter parlare meglio senza alzare troppo la
voce. «Ma è il suo compito addestrarci, penso sia
normale che sia
così severo. È ovvio che il percorso non
sarà facile».
«Ed
è per questo che sono così agitata»
sospirò Beatris, sporgendosi
ancora di più. Ormai almeno metà del busto era
fuori dal suo letto,
riusciva a tenersi su solo puntando le dita dei piedi oltre il bordo
opposto. «Ah, a proposito! Mi chiamo Beatris!»
«Io
sono Christa. Piacere di conoscervi».
«Lei
è Mikasa» presentò Beatris, sapendo che
l'amica non sarebbe stata
di troppe parole.
«Ehy!»
una quarta voce si aggiunse, ma fu meno aggraziata, più
roca, ma
soprattutto più incazzata. «Qui c'è
qualcuno che sta cercando di
dormire! Fate silenzio!»
«Te
l'avevo detto» rimproverò Mikasa, guardando nel
buio il punto dove
immaginava si dovesse trovare Beatris. La sentì muoversi e
agitarsi
sopra di lei, sentì il cigolio del letto e infine i suoi
piedi che
si poggiavano a terra al suo fianco. Non ebbe tempo di chiedersi cosa
stesse combinando che sentì l'amica alzarle le coperte di
dosso e
infilarsi nel suo letto.
«Che
stai facendo?» chiese, irritata per l'invasione.
«Fammi
posto, spostati».
«Torna
nel tuo!» la riproverò, ma a furia di spingere
Beatris riuscì a
ritagliarsi un angolino nel letto di Mikasa, anche se col sedere era
costretta a sporgersi verso l'esterno. Si raggomitolò al
fianco
dell'amica, le strinse un braccio intorno al petto e si
ammorbidì
lì, al suo fianco, abbracciata a lei.
«Te
l'ho detto! Non riesco a dormire!» rispose, cercando di
trovare una
posizione più comoda.
«Ehy!»
ruggì nuovamente la voce proveniente dal letto sopra di
Christa,
irritata per il rumore.
«Ymir,
stai facendo più rumore tu di loro,
però» disse Christa.
«Chiudete
il becco» disse qualcun altro, da un letto adiacente al loro,
di
fronte a quello di Beatris. E il silenzio calò finalmente
nell'istante in cui si resero conto che stavano davvero disturbando
più di una persona, ma Beatris si ostinò a voler
restare lì,
ancorata a Mikasa. Insistere sarebbe stato inutile e avrebbe
disturbato ancora, per nessuna vera ragione alla fine.
Perciò Mikasa
sospirò, rassegnata, e si fece un pochino più
piccola contro al
muro così da permettere a Beatris di sistemarsi meglio al
suo
fianco. Si stese e tornò a chiudere gli occhi, stretta
nell'abbraccio dell'amica. Era imbarazzante, l'indomani chi si fosse
svegliato prima di lei le avrebbe viste teneramente abbracciate, non
proprio un bel modo di presentarsi, ma si sorprese di scoprire che
alla fine non le importava più di tanto. Beatris era
invadente e
caotica, a volte difficile da gestire come fosse stata una bambina da
rincorrere per impedirle di farsi del male, ma era anche qualcosa che
molto si avvicinava a una sorella. Da quando erano scappate da
Shiganshina ed erano rimaste sole, spesso la notte si erano ritrovate
a dormire insieme, per cercare l'una il conforto dell'altra. Erano
state sempre insieme, loro due Eren e Armin, poter affrontare un
nuovo percorso così spaventoso come lo era l'addestramento
militare
incoraggiate dalla loro vicinanza era piacevole. In fondo, quelli
sarebbero anche potuti essere i loro ultimi ricordi felici... cosa
sarebbe successo, una volta lasciata l'accademia e arruolati nel
corpo di ricerca? Quante altre occasioni di dormire insieme avrebbero
avuto? Si girò verso Beatris, le poggiò la
guancia contro la tempia
e ricambiò l'abbraccio, prima di riuscire finalmente a
chiudere gli
occhi.
«Cerca
di non farti sgridare ancora, domani» le disse, un attimo
prima di
addormentarsi e sentì Beatris ridacchiare divertita, prima
di
crollare definitivamente.
Il
giorno dopo il sole splendeva come mai aveva fatto prima. Era una
bella giornata e infondeva buonumore. Stare nel letto insieme a
Mikasa aveva permesso a entrambe di dormire beatamente come bambine,
si sentivano fresche e riposate nonostante la stanchezza del giorno
prima avrebbe dovuto abbatterle quasi del tutto.
Beatris
fu la prima a uscire dal casolare e godere di quel sole splendente.
Si stiracchiò, a occhi ancora socchiusi, cercando di
assorbire
quanto più il calore del sole. Davanti a lei gruppi di
ragazzi
stavano già cominciando ad avviarsi verso la sala comune per
la
colazione e li guardò passare, allegra. Erano facce che
avrebbe
dovuto cominciare a ricordare, quelli sarebbero stati i loro compagni
per i prossimi anni... beh, almeno quelli che non decidevano di
mollare prima troppo spaventati dalla fatica dell'addestramento.
Mikasa la raggiunse poco dopo, ma non si fermò al suo
fianco. Si
incamminò direttamente verso la sala comune, superandola.
Beatris
fece per seguirla ma al suo fianco arrivò anche Christa,
seguita da
Ymir, e fu proprio quest'ultima a parlarle per prima:
«Buongiorno,
principessa. Dormito bene insieme al tuo fidanzatino?»
sghignazzò,
beccandosi un'occhiataccia da parte di Christa.
«Mh?»
Beatris, ingenua, alzò un sopracciglio senza riuscire a
capire.
Scese le scale della veranda e camminò a fianco delle due,
seguendo
Mikasa pochi passi avanti.
«Non
dovreste lasciarvi andare ad atteggiamenti tanto ambigui qui dentro,
potrei fare rapporto al capitano Shadis»
sghignazzò ancora Ymir.
«Di
che parli?» insisté Beatris, non capendo.
«Ymir!
Lasciale stare» la rimproverò Christa.
«Ho
sbagliato qualcosa?» indagò Beatris, guardando
Christa.
«Eravate
così dolci stamattina, teneramente abbracciate come due
innamorati»
insisté Ymir. «Non penso che Shadis apprezzerebbe,
no di certo.
Potrebbe decidere di separarvi».
«Eh?!»
sussultò Beatris, ora spaventata. «No, per
favore!»
«Ymir»
sospirò Christa, ma questa continuò: «O
forse potrei chiudere un
occhio per questa volta».
«Lasciala
perdere» continuò Christa.
«Io
e Mikasa siamo abituate a dormire insieme, non è niente di
strano».
«Allora
è una relazione seria» sghignazzò Ymir.
«Vengono
entrambe da Shiganshina, è normale che abbiano legato
così tanto,
non prenderti gioco di loro» disse Christa, cercando di
difenderle.
«Non
è l'unica ad avere un'orribile storia alle spalle. Sai,
Christa,
forse avrei bisogno di compagnia anche io la notte...»
sospirò
platealmente e alzò gli occhi al cielo.
Arrivarono
alla sala comune ed entrarono che ancora stavano parlottando di
quanto successo quella notte, ma vennero interrotte da un mormorio
fin troppo vispo e allarmato. Curiose di capire cosa stesse
succedendo, la loro attenzione venne rivolta interamente al centro
della sala comune dove infine videro Eren e Jean, intenti a litigare.
«Già
di prima mattina?» mormorò Ymir, scocciata.
«Oh
no, pensavo avessero risolto ieri sera» disse Christa,
allarmata di
vedere i compagni ostili tra loro.
«Eren!»
sussultò invece Beatris, prima di correre verso di lui.
«Avresti
dovuto aspettarmi, avevo detto che avrei scommesso...»
iniziò a
brontolare, raggiungendoli, ma si bloccò non riuscendo a
concludere.
Jean, frustrato, aveva preso Eren per il colletto della maglia e
l'aveva strattonato indietro, facendolo arrancare un po'.
Inciampando, si era trovato Connie alle spalle, distratto in quel
momento, non pronto a scansarsi. Connie era caduto indietro, e
sarebbe finito a terra, ma Beatris aveva avuto la sfortuna di
trovarsi lì dietro proprio in quel momento. In una cascata
di
spinte, alla fine era stata Beatris stessa a rimetterci, venendo non
solo travolta ma addirittura spinta, senza avere la fortuna di Connie
di avere qualcuno alle spalle a fermarla e impedirle di cadere. Con
un urlo, perse l'equilibrio, cadde da un lato e finì dritta
distesa
su di un tavolo. L'istinto le portò ad alzare le braccia
verso
l'alto, a non attutire la caduta, e finì dritta col viso
contro il
legno.
«Ehy!»
le disse qualcuno, allarmato. Un ragazzo alto, dai capelli scuri,
seduto proprio a quel tavolo, si sporse verso di lei. «Stai
bene?»
le chiese preoccupato.
Beatris
rialzò il volto, piantando i gomiti sul tavolo.
Guardò il ragazzo
davanti a sé, apparentemente disorientata, e in un primo
momento non
reagì. Guardò prima il ragazzo moro, poi si
voltò a guardare
l'altro, proprio di fianco a lei, biondo e dalla corporatura
massiccia. Cercò rapidamente i nomi nella sua memoria, li
aveva
sentiti il giorno prima durante le presentazioni: Bertholdt e Reiner.
Dovevano essere quelli. Reiner aveva indietreggiato un po' con la
schiena, vedendo Beatris atterrare proprio al suo fianco, ma anche
lui adesso sembrava preoccupato.
Alle
sue spalle, la lite tra Eren e Jean continuò, ancora nel
vivo della
cosa.
«Ahi»
lamentò Beatris, ma vedendo il volto di entrambi i ragazzi
rivolti a
lei preoccupati cambiò improvvisamente espressione e
cercò di
sorridere.
«Ti
esce sangue dal naso» mormorò Reiner. Beatris si
mosse come
d'istinto, come se non fosse niente a cui non fosse già
abituata, e
strofinò la manica contro il naso per pulirlo.
Capì troppo tardi
l'errore, sentendo il bruciore solleticarle tutto il setto nasale
fino agli occhi. Si contorse in un'espressione di dolore improvvisa,
ma durò solo qualche frazione di secondo. Sembrò
sforzarsi, ma
tornò presto a sorridere di nuovo con un candore che
Bertholdt non
credeva di aver mai visto prima. Un candore che invece Reiner
ricordò
improvvisamente di aver già visto... avevano già
fatto le
presentazioni, anche se non personalmente, ma aveva già
avuto modo
di vedere il volto di quella nuova compagna nei due giorni prima,
appena arrivati al centro di addestramento. Ma solo ora la
riconosceva, in quel gesto che aveva già visto un paio di
anni
addietro: la caduta senza mani, il sangue pulito con la manica, lo
sfregamento, il dolore che le faceva strizzare per un attimo gli
occhi e poi il sorriso, splendente, per cercare di non far
preoccupare chi aveva davanti. Era cambiata un po' rispetto ad
allora, aveva capelli più lunghi e non sembrava
più una disperata
vestita di stracci, e in realtà fino a quel momento aveva
creduto di
averla dimenticata. Ma ora poté benissimo riconoscerla.
Quella era
la ragazza del pane che nella chiesa per l'accoglienza degli sfollati
del Wall Maria lo aveva calpestato e poi aveva cantato per la sua
sorellina. Che ci faceva lì? I loro genitori erano morti,
glielo
aveva sentito raccontare la sera prima, perché aveva deciso
di
arruolarsi invece che occuparsi della sorellina che al tempo era
malata?
«Scusate»
disse Beatris, poggiando le mani al tavolo e provando a rialzarsi.
«Sto b...» ma ancora non terminò la
frase che qualcun altro le
cadde addosso, spintonato da Eren e Jean intenti ancora a litigare.
La pancia le si schiacciò contro il bordo del tavolo,
togliendole
per un attimo il respiro. Chi era caduto su di lei si tolse
immediatamente, ma questo non le permise di riprendersi con
immediatezza.
«Ehy!
Adesso basta, cercate di calmarvi» provò a
intervenire Reiner,
stufo ma soprattutto preoccupato di cosa stessero combinando quei due
ragazzi alle loro spalle. Ormai facevano baccano da troppo tempo,
Shadis si sarebbe potuto allarmare, e quella poveraccia soprattutto
continuava a subirne le conseguenze.
«Eeeereeeeeennn!!!»
il ruggito di Beatris lo fece sobbalzare. Sembrava essere appena
stata posseduta dal demonio, probabilmente anche per lei doveva
essere stato abbastanza. Si mosse in un attimo, Beatris
afferrò il
piatto di Reiner che aveva avuto la sfortuna di essere la prima cosa
che aveva davanti, lo strinse saldamente e voltandosi di colpo lo
sbatté dritto sul volto di Eren. Fortunatamente non si
ruppe, ma
l'intera colazione di Reiner volò in giro per la stanza e
soprattutto Eren accusò in pieno il colpo. Lo
tramortì, gli fece
perdere l'equilibrio ed Eren cadde seduto a terra.
«Bea-stupida!
Sei impazzita?!» gli urlò contro, massaggiandosi
la guancia rossa e
dolorante.
«La
devi smettere di litigare con tutti quelli che hai intorno»
urlò
Beatris e alzò il piatto di Reiner -ormai vuoto- pronto a
lanciarglielo addosso. Eren d'istinto si portò un braccio
davanti al
volto, pronto a difendersi maldestramente da quell'ennesimo attacco,
e Christa scattò in avanti, pronta a bloccare il braccio
della
ragazza. Ma nessun colpo venne lanciato, in quanto la porta della
sala comune si spalancò in quel momento con un
tonfo.
Shadis
comparve sul ciglio e li squadrò tutti, uno a uno.
Ovviamente il suo
sguardo si soffermò sui più evidenti, Beatris col
piatto in mano,
pronta al lancio, e Eren seduto a terra con un braccio alzato per
difendersi.
«Che
sta accadendo qua?» ringhiò basso.
Beatris
ebbe palesemente un brivido, tremò per un istante,
terrorizzata.
Ancora una volta sarebbe finita in punizione, e questa volta non era
nemmeno stata troppo colpa sua. Era solo finita al centro del
ciclone, per colpa di quell'idiota che non riusciva mai a tenere la
bocca chiusa ma doveva fare l'eroe. Esitò, cercando una via
di fuga,
ma non riuscì a trovarne e restò completamente
immobile, in
silenzio, quasi avesse sperato che se non si fosse mossa allora
Shadis non sarebbe stato in grado di vederla.
«È
stata colpa mia» disse improvvisamente Reiner, alzandosi in
piedi.
«Ho dormito male stanotte, ho un gran mal di testa. Facevano
troppo
chiasso e ho lanciato il piatto verso Eren, Beatris è
riuscita a
prenderlo al volo. Chiedo scusa, sono stato impulsivo».
Era
una palese bugia, ma talmente ben studiata che persino Shadis si
chiese se non fosse il caso di far finta di crederci.
«Certi
comportamenti non sono tollerabili qui dentro»
l'ammonì Shadis e
Reiner annuì: «Lo so, Signore. Chiedo perdono. Non
succederà più».
«Vieni
con me, Braun. Dovrai imparare a trattenere i tuoi istinti!»
Non
l'avrebbe passata liscia, era ovvio che Shadis non avrebbe potuto
chiudere un occhio sulla faccenda. Ma probabilmente, consapevole
della bugia detta per proteggere la compagna, non sarebbe stato alla
fine troppo severo, apprezzando il gesto di solidarietà. In
un
esercito come il loro era necessario che si instaurassero rapporti di
fiducia e sostegno, era un comportamento apprezzabile.
Reiner
si incamminò senza esitare, seguendo il comandante, e
Beatris
schiuse le labbra, pronta a parlare e cercare di scagionarlo dicendo
la verità. Ma Reiner le mise una mano sulla spalla e la
tirò
lievemente indietro, un gesto simbolico, che la portò a
mettersi
alle sue spalle come se avesse voluto proteggerla. Le sorrise,
confortante, e cercò con quel semplice gesto di
rassicurarla. Si
allontanò, seguendo Shadis, pronto a prendersi la punizione
che
invece sarebbe dovuta andare a Beatris. E lei, sorpresa e
paralizzata, non riuscì ad opporsi alla cosa come avrebbe
voluto.
E
pensare che gli aveva persino lanciato via la colazione.
Era
ormai mattina inoltrata, quasi ora di pranzo, e non mancava molto
alla fine dell'addestramento mattiniero. I capitani avevano passato
la prima ora a spiegare per filo e per segno il funzionamento del
movimento tridimensionale, cosa che avrebbero approfondito poi nel
pomeriggio con qualche lezione in aula, ma intanto avevano introdotto
subito alla pratica i cadetti. Avevano concesso loro del
riscaldamento e infine erano partite le prime prove, quelle
preliminari. Non avrebbero dovuto fare altro che provare a restare in
equilibrio in aria, senza muoversi, solo per cominciare ad
esercitarsi per cercare il baricentro. Non avevano avuto molto tempo
per provare, quella prima lezione sarebbe stata solo di introduzione
e di prova, avrebbero sicuramente imparato col tempo a destreggiarsi
sempre meglio. Non era stato altro che spiegazioni su spiegazioni,
avevano poi insegnato loro ad allacciarsi al congegno e solo
nell'ultima ora avevano provato a sollevarsi un po', piano piano. Era
una gran fatica, erano in molti a ritrovarsi a terra o tremare
impacciati in equilibrio precario. E Beatris era ovviamente tra
quelli tremanti e impacciati, come avevano potuto aspettarsi i suoi
amici. Se c'era qualcosa su cui Beatris peccava molto era proprio
l'equilibrio, erano innumerevoli le volte che finiva a terra e la
maggior parte delle volte sempre quando stringeva qualcosa in mano.
Per questo aveva iniziato ad avere l'abitudine di atterrare di
faccia, alzando le braccia a cielo, sempre più interessata a
proteggere il proprio bottino che la propria salute.
La
videro arrancare in continuazione, scuotere le gambe per aria in un
inutile e impacciato tentativo di trovare l’equilibrio, e
infine
cadere sempre verso terra. Era decisamente negata, ma per qualche
motivo quella mattina lo sembrava ancora più del solito. Era
assorta
nei propri pensieri, non riusciva a concentrarsi, e alla prima
occasione tornava ad agitarsi, provava ad afferrare i cavi con le
mani e cadeva a terra. Era un vero massacro.
Dopo
l'ennesima caduta, provò a rimettersi in piedi poggiando le
mani a
terra. Era distrutta, aveva lividi e abrasioni ovunque e le mani
stesse le facevano male piene di graffi e sassolini. Si
ripulì come
poté e prima di alzarsi da terra puntò lo sguardo
di fronte a sé.
Una ventina di metri davanti a lei passò in quel momento
Reiner.
Aveva sulla schiena un bel carico di legna, ad aumentare il peso
trasportabile, e non faceva che eseguire esercizi fisici estenuanti.
Scatti, squat, jumping jack, flessioni, e di nuovo a ripetere.
Lievemente corrucciato ormai per la stanchezza, aveva i capelli
appiccicati al volto per il sudore di cui era madido. Era anche
peggio della semplice corsa che aveva dovuto fare lei il giorno
prima, forse calibrato alla sua resistenza e prestanza fisica
decisamente superiore alla sua, o forse perché gli era
toccata una
punizione più grande vista la gravità della
situazione. Beatris
sospirò e abbassò lo sguardo. I sensi di colpa la
stavano
letteralmente uccidendo, avrebbe dovuto esserci lei al suo posto. Non
era riuscita a sorridere nemmeno una volta quella mattina, e non solo
per la paura di Shadis. Si rialzò e tornò a
provare, inutilmente,
il proprio esercizio fino a quando non fu ora di pranzo.
Entrò
di corsa nella sala comune, per la prima volta senza aspettare
Mikasa, e si guardò attorno. Andò a prendere la
sua porzione al
banco e cercando un posto dove sedersi continuò a guardarsi
attorno,
sconsolata. Riuscì a intercettare Bertholdt solo dopo un
po', ma era
solo. Gli si avvicinò. «E Reiner?»
chiese, non riuscendo a vederlo
da nessuna parte.
«Salterà
il pranzo» spiegò Bertholdt. Connie si sedette in
quel momento
davanti a lui, affiancato da Sasha, e fu il primo a spiegare:
«Dovrà
recuperare ora ciò che non ha fatto stamattina, per restare
in pari
con noi».
«Non
gli permetteranno di mangiare?» chiese Beatris,
allarmata.
«Hai
fatto un bel guaio stamattina!» la rimproverò
Connie.
«Saltare
addirittura il pranzo... sono pazzi!» ruggì Sasha,
in preda al
panico. Per lei era inconcepibile, sarebbe morta la sera prima se
Christa non fosse andata da lei a portarle del pane di
nascosto.
«Non
preoccuparti» disse Bertholdt. «Reiner è
resistente, non sarà un
problema per lui».
«Avrei
voluto scusarmi» sospirò, affranta.
«È
il minimo che tu possa fare» disse Connie, sempre in tono di
rimprovero.
«Non
credo a Reiner interessi, non devi davvero preoccuparti»
cercò di
rincuorarla Bertholdt. «Anzi, probabilmente avrà
visto questa come
un'occasione per allenarsi, scommetto che lo sta addirittura
apprezzando».
«Sì,
ma ha saltato un pasto! Stasera dovrebbe prendersi due porzioni
invece che una, cercare di recuperare!» disse Sasha,
preoccupata più
per il cibo che per la stanchezza che il ragazzo stava sicuramente
accusando. «Sempre se sopravviverà alla
fame» impallidì.
«Sono
certo che lo farà» disse Bertholdt e per poco non
sghignazzò,
divertito dall'ossessione del cibo della ragazza patata.
«Non
ha neanche fatto colazione stamattina...» mormorò
Beatris,
ripensando al suo folle gesto di togliergli il piatto da sotto al
naso e lanciarlo contro Eren. Era stata impulsiva, mossa dal
desiderio di far pagare l'affronto all'amico, non aveva minimamente
pensato a tutte le conseguenze.
«È
digiuno da ieri!» quasi urlò Sasha, sentendosi al
limite dello
svenimento.
«È
una bella sfida, ma può farcela»
continuò Bertholdt, positivo.
Beatris
sospirò ancora. «Avrei dovuto dire la
verità stamattina, ma Shadis
mi ha paralizzato. Mi terrorizza».
«Evita
di combinare pasticci la prossima volta, allora» le disse
Mikasa,
passandole a fianco.
«È
stata colpa di Eren!» ringhiò Beatris,
improvvisamente rinvigorita.
«Hai visto cosa ha fatto?! Stava di nuovo litigando! E poi mi
ha
spinta! i» iniziò a raccontare come fosse stata
una bambina che
cercava di scaricare le colpe sul fratellino, quasi sperando che
Mikasa avesse deciso poi di punirlo. E parlando, infervorata,
seguì
Mikasa fino al tavolo dove ad aspettarle c'erano Eren, Armin, Christa
e Ymir. Non smise di inveire contro Eren nemmeno durante il pranzo,
infervorata dalle risposte dell'amico che invece provava a difendersi
dando la colpa a Jean e alla sua stupidità. Uno sproloquio
di colpe,
di rimproveri, e di bisticci al limite dell'infantile, che li
portarono al termine dell'ora del pranzo prima di quando avessero
potuto rendersene conto.
Furono
chiamati in aula, dove vennero loro spiegate le prime basi teoriche
sull'uccisione dei giganti, sulla loro biologia e sulle uscite in
esterno. Passarono l'intero pomeriggio a prendere appunti, leggere e
studiare, fino a quando infine non venne sera. Beatris era riuscita a
vedere Reiner seduto dall'altro lato dell'aula, ma ovviamente
avvicinarsi a lui era stato impossibile per tutto il giorno, troppo
impegnati. Ebbe occasione di avvicinarlo all'uscita dall'aula, ma
venne bloccata da un timore, dei pensieri. Davvero probabilmente a
Reiner le scuse non importavano, come aveva detto Bertholdt? Lui
aveva detto che non doveva preoccuparsi, che era tutto a posto, ma
desiderava davvero poter fare qualcosa per togliersi il senso di
colpa di dosso. Ed ebbe un'idea.
Era
ormai sera inoltrata, la sala comune di nuovo cominciava a brulicare
di cadetti affamati, pronti per la cena. Non era ancora troppo piena,
molti stavano ancora arrivando, quando Reiner riuscì a
prendersi
finalmente il suo primo pasto della giornata. Era un Guerriero di
Marley, temprato e resistente, e non era nemmeno la prima volta che
si ritrovava a digiunare anche per giorni. Era stato difficile
seguire l'addestramento a stomaco vuoto, ma niente a cui non fosse
preparato. Arrivare a sera era stato difficile, ma non impossibile.
Ciò non toglieva che adesso aveva davvero una gran voglia di
azzannare del pane come fosse stata l'ultima cosa che avrebbe
mangiato in vita sua, per questo era arrivato tra i primi e
già si
era accomodato per cominciare, con o senza compagnia.
Azzannò il
pane, ne tirò un bel morso e lo masticò
voracemente, quando sentì
dei passi felpati avvicinarsi a lui. Beatris gli si sedette accanto
sulla panca senza che lui ebbe tempo nemmeno di notarla,
benché meno
di darle il permesso di mettersi al suo fianco. Non lo
salutò
nemmeno, la ragazza si guardò attorno circospetta, per poi
accostarsi di più a lui e far uscire qualcosa da sotto la
maglietta.
Tenne il tovagliolo tra loro e il tavolo, il più nascosto
possibile,
e sotto lo sguardo sorpreso -forse anche un po' spaventato- di Reiner
lo aprì mostrandogli il contenuto: un bel pezzo di carne
fresca,
ancora fumante, appena cotta.
Reiner
sussultò nel vederla e d'istinto mise le mani sul
tavogliolo,
ricoprendo la carne e nascondendola. Si guardò attorno anche
lui,
circospetto, terrorizzato all'idea che qualcuno avesse potuto
vederli. Per fortuna la sala non era ancora così piena e
loro erano
abbastanza soli e in disparte, al sicuro per il momento.
«Che
stai combinando? Dove l'hai presa?» le chiese, constata la
loro
sicurezza.
«Dalle
cucine dei superiori. La ragazza patata mi ha aiutato a rubarla,
anche se lei si è tenuta il pezzo più
grande» spiegò Beatris.
«Sei
impazzita?! Hai rubato dalle cucine dei capitani?!»
«Volevo
trovare il modo di scusarmi per stamattina» spiegò
Beatris,
assumendo un'espressione costernata.
«Facendomi
finire di nuovo nei guai?!» la fulminò Reiner,
più agitato che
compiaciuto dal regalo. Beatris sobbalzò, come se si fosse
resa
conto solo in quel momento del tremendo errore commesso, e si strinse
il tovagliolo al ventre. Si guardò di nuovo attorno,
più agitata
che mai, e infine spinse il bottino a Reiner. «Mangialo!
Svelto,
prima che qualcuno ti veda!»
«È
bollente, come pretendi che ci riesca?!»
«Ci
soffio un po' sopra» disse Beatris, aprendo il tovagliolo e
cominciando a soffiare sulla carne fumante. Ma questa la espose di
nuovo all'aria aperta, rischiando di farli scoprire nuovamente.
«Ferma!» Reiner afferrò in un colpo
carne, tovagliolo e mani di
Beatris, strinse il tutto e richiuse il bottino. «Fa un odore
incredibile! Lo sentiranno tutti!»
«Tienilo
da parte, la mangi non appena si raffredda» e
spalancò poco dopo
gli occhi, colta da un’idea: «La tengo nascosta per
te fino a
stasera, te la porto più tardi al dormitorio».
«Credi
sia meno sospetto vederti venire nel dormitorio maschile, di
questo?!» la rimproverò Reiner. Beatris prese a
spingere nuovamente
la carne verso di lui, opponendosi alla presa delle sue mani.
«E
allora mangiala adesso, sbrigati!»
«Non
voglio mangiarla! Mi farai finire nei pasticci di nuovo!»
«Non
ti ho chiesto io di difendermi, stamattina, smetti di
rinfacciarmelo!»
«Non
voglio rinfacciartelo, sto solo cercando di farti ragionare».
«E
io sto solo cercando di essere carina con te, ti dispiacerebbe
accettare e basta?! Hai idea del rischio che ho corso?» lo
disse
innocentemente, ma per qualche motivo riuscì a zittire
Reiner. Una
ragazza stava cercando di essere carina con lui e aveva fatto una
follia solo per compiacerlo: era qualcosa di assolutamente nuovo e
inaspettato. Soprattutto in un posto come quello, soprattutto da chi
per anni era stato abituato a chiamare "demone". Beh, forse
un po' lo era davvero, visto che non faceva che portare guai, ma non
era niente di tremendo... e soprattutto era stato qualcosa di
assolutamente apprezzato. La pancia gli brontolava ancora di
più,
sentendo l'odore delizioso del pezzo di carne nascosto nel
tovagliolo, e lei aveva rischiato di finire in guai veramente grossi
solo per lui. Non conosceva Beatris, non era abituato ai suoi modi di
fare quasi sempre dolci e premurosi, qualcun altro -magari Armin- non
si sarebbe sorpreso tanto ma sarebbe riuscito a razionalizzare di
più
l'accaduto. Capire che lei l'avrebbe forse fatto per chiunque e certo
non vedeva Reiner in qualche modo speciale, ma continuava a restare
il fatto che sapere che qualcuno aveva fatto qualcosa di tanto
spericolato e generoso solo per lui era... in qualche modo piacevole.
Decisamente molto piacevole.
Esitò
e arrossì addirittura, ma fu lieve, tanto che Beatris
neanche se ne
accorse. Rimase a fissarla per qualche istante negli occhi, riuscendo
addirittura a scorgere nel suo azzurro le venature verdi che non
aveva notato prima. Era un bel colore, magnetico, e riuscì
di nuovo
a trasportarlo indietro di un paio d'anni, quando l'aveva vista
correre sorridente tra i moribondi e i disperati, sprigionando
solarità come un angelo sceso in terra. Gli tornò
in mente persino
la canzone che lei aveva cantato alla sorella, per farla
addormentare, e di come fosse riuscita a distendere persino i suoi di
muscoli, nonostante la tremenda situazione in cui si trovava. Era
riuscita a calmarlo allora, inconsapevole della sua esistenza, ed era
riuscita a distenderlo di nuovo con pochissimo, a distanza di
anni.
«Gr...»
mormorò, pronto a ringraziarla, ma la voce di Connie li
sorprese
alle spalle.
«Che
combinate voi due?! Siete sospetti, lo sapete?»
Entrambi
sobbalzarono in preda al terrore e Beatris fu la più veloce
dei due
nel reagire. Approfittando delle loro spalle che nascondeva a Connie
il bottino che lei aveva rubato poco prima, spinse il tovagliolo
addosso a Reiner, gli sollevò la maglietta e ce lo
infilò sotto,
prima che lui avesse potuto reagire e impedirglielo. La
rigidità di
spalle di Reiner si fece ancora più intensa, così
come il rossore
sul suo volto, ma questa volta l'imbarazzo e l'emozione c'entravano
ben poco.
«Brucia»
sussurrò, sentendosi il ventre andare in fiamme al contatto
con la
carne ancora bollente. Ma restò immobile, impassibile, a
sopportare
per il bene della loro copertura.
«Stavo
raccontando a Reiner un segreto» disse Beatris, voltandosi
verso
Connie. Gli fece un gesto con la mano, per scacciarlo via.
«Vai via,
non posso certo dirlo a tutti quanti! Fatti gli affari tuoi».
«Come
sarebbe a dire?! È qualcosa di losco?» la
fulminò, accusatorio, e
Beatris iniziò visibilmente ad agitarsi. «No,
assolutamente!»
«Che
hai combinato adesso, eh?» sghignazzò Connie. La
conosceva da
veramente troppo poco, eppure sembrava aver capito perfettamente che
tipo di persona avesse davanti. O forse Mikasa gli aveva raccontato
qualcosa, il che era probabile. «O forse vuoi solo restare
sola con
lui?» insisté Connie, sogghignando con
un'espressione diabolica.
«Ma
che dici?!» arrossì Beatris, e forse quella fu la
prima volta in
tutta la sua vita. «Gli stavo dicendo un segreto! Vattene,
non sei
il benvenuto! È un'informazione riservata».
«Che
segreto? Dai, voglio saperlo anche io» insisté
Connie,
avvicinandosi ai due quatto quatto.
«Non
posso dirtelo» si agitò ancora di più
Beatris ed era ovvio che non
sapesse che pesci prendere. Per cercare di salvare la situazione, non
aveva fatto in realtà che peggiorarla, e ora non sapeva come
uscirne. Era decisamente terribile a inventare scuse, le si leggeva
in faccia che stava dicendo una bugia. Era incredibile, qualsiasi
cosa facesse sembrava attirare su di sé i guai come fosse
ricoperta
di miele e buttata dentro un recinto d'animali. Fu naturale per
Reiner chiedersi come avesse fatto a sopravvivere fino a quel
momento, ma non fu difficile provare a indovinare che se era ancora
tutta intera poteva solo essere grazie alla vicinanza di Mikasa.
Aveva parlato con Eren e Armin, la sera prima, si erano raccontati un
po' di cose e loro non avevano fatto altro che ribadire quanto Mikasa
fosse forte e riuscisse così a tirare sempre tutti fuori dai
guai,
proteggendoli. Era la loro guardia del corpo... e vedendo come
Beatris affrontava la vita sembrava essere il tipo di persona che
aveva decisamente bisogno di qualcuno che la salvasse.
«Sasha
ha rubato della carne dalla cucina dei capitani» disse lui, a
voce
sostenuta, così da farsi sentire solo da Connie e Beatris.
«Cosa?!»
urlò il ragazzo, sconvolto.
«Non
dirlo troppo in giro, o la farai finire nei guai» disse
Reiner e
Connie iniziò a guardarsi compulsivamente intorno.
«Quella
ragazza...» disse, cercandola. «Come può
fare una cosa simile e
non condividere con i suoi compagni!»
E
brontolando, infine, si allontanò.
Beatris
tirò un sospiro di sollievo, non appena si sentì
al sicuro. «Meno
male, sei riuscito a mandarlo via».
«Sei
terribile a inventare scuse» le fece notare Reiner.
«Già»
ridacchiò, solare, e si diede un colpetto impacciato sulla
testa.
«Meno male ci hai pensato tu. Mi hai salvato di nuovo,
Reiner».
«Hai
avuto bisogno dell'aiuto di Sasha per rubare questa carne, del mio
aiuto per uscire dai guai e mi è stato detto che
innumerevoli volte
Mikasa ti ha salvato da delle brutte situazioni. Dovresti imparare a
badare un po' più a te stessa».
Disse
distrattamente, riprendendo a mangiare i legumi all'interno del
proprio piatto. Aveva ancora la carne sotto la maglietta, ma
probabilmente non l'avrebbe tirata più fuori
finché fosse stato a
rischio. E non sembrava nemmeno essere più intenzionato a
restituirla... non l'aveva detto apertamente, ma alla fine si era
rassegnato all'idea di accettare quel dono, per quanto pericoloso. Si
accorse della risposta che non arrivò solo quando il
silenzio
cominciò a essere forse fin troppo imbarazzante. Si
voltò a
guardarla, chiedendosi cosa stesse combinando, e si sorprese di
trovarla ancora sorridente. Assorta nei suoi pensieri, ma sorridente,
dello stesso sorriso aveva mandato Shadis in bestia. E ora riusciva a
capire il perché: non sembrava reale. Era così
dolce, candido, così
perfetto da essere sicuro fosse stato costruito ad hoc. Sorrideva per
nascondere qualcosa.
«Hai
ragione» disse, infine. «Spero che questo posto
possa aiutarmi a
imparare. Sai, tra tutti i miei amici sono quella che forse qui
dentro ci sta più stretta. Eren ha una volontà di
ferro, Armin
sogni indistruttibili, Mikasa... beh, Mikasa è
Mikasa» ridacchiò.
«Io avrei fatto meglio ad andare nei campi».
«Perché
sei venuta qui?» chiese, stranamente curioso. Beatris
alzò le
spalle. «Perché no? Cosa avrei avuto da
perdere?»
«Il
mestiere del soldato non è qualcosa da prendere alla
leggera» quasi
la rimproverò, ma non fu duro con lei.
«Lo
so» e sembrava sincera, anche se tornò a sorridere
di quel
confortante sorriso. Ora che lo vedeva meglio, poté scorgere
forse
le intenzioni che aveva, o una delle sfumature. Era finto, riusciva a
riconoscerlo, ma era profondamente scaldante lo stesso. Si
ricordò
improvvisamente del sorriso che lei aveva rivolto alla sorella,
dentro la cattedrale di due anni prima... era esattamente uguale. Era
lo stesso identico sorriso che aveva dato alla bambina, mentre le
diceva falsamente che tutto sarebbe andato bene. Avevano visto morire
i loro genitori, Beatris si era fatta carico della sorellina che
oltretutto non stava molto bene allora, ma non era sembrata
appartenente a quel luogo di disperazione. In mezzo ai pianti e al
dolore, lei aveva sorriso così intensamente che era riuscita
a far
addormentare con dolcezza la sua sorellina. Quel sorriso era come un
abbraccio che dava a chi aveva a fianco, forte abbastanza da
nascondere il proprio dolore e quello degli altri.
«Ma
tanto questo mondo farebbe schifo in qualunque modo, e allora tanto
vale provare a fare qualcosa per cambiarlo, no? Evitare di vivere
passivamente...» si strinse nelle spalle con timidezza,
diventando
come una piccola bambolina. Poi si distese e cambiò di nuovo
espressione, tornando a essere più spensierata e serena.
«E tu
perché sei qui?»
«Io...»
mormorò Reiner, tornando a guardare il proprio pasto.
«Voglio
salvare l'umanità».
«Davvero?!»
Beatris si appoggiò al tavolo e si sporse più
verso di lui, curiosa
di guardarlo in volto. «Incredibile!» disse con
sincera
ammirazione.
«Lo
trovi così incredibile? Sono in molti qui dentro a dire una
cosa
simile» ridacchiò Reiner, continuando a mangiare.
«Sì,
ma è la prima volta che qualcuno lo pensa davvero».
«Come
fai a dire che io lo pensi davvero?»
Ancor
Beatris alzò le spalle: «Te lo leggo negli occhi.
Hai qualcosa che
ti brucia dentro, al contrario di molti che sono qui».
«Non
credo di essere così diverso da loro».
«Sì,
invece... la maggior parte qui dentro lo dice solo perché
è ciò
che ci viene insegnato fin da piccoli, che i soldati hanno il compito
di salvare l'umanità. È ciò che ci
dicono per spingerci ad
arruolarci, ma nessuno lo crede davvero. Tutti, nel loro piccolo,
sono mossi solo dall'egoismo di provare a diventare qualcuno ed
essere rispettati... o magari sono pazzi psicopatici che credono di
poter uccidere tutti i giganti a mani nude»
ridacchiò, prima di
chiedere: «Hai conosciuto, Eren, no?»
«Ha
una bella determinazione, non dovresti denigrarlo».
«Non
lo sto denigrando! Ma è pazzo lo stesso... noi abbiamo visto
con i
nostri occhi ciò che fanno i titani, eppure questo l'ha reso
più
determinato di prima. Io, sinceramente, ne sono abbastanza
terrorizzata».
«Hai
paura dei titani?»
«Mi
fanno venire gli incubi» e rabbrividì,
platealmente.
«Mi
chiedo ancora perché tu sia qui...» e, senza
volerlo, gli scappò
un sorriso. Era tutto una contraddizione, ma non riusciva a leggere
in lei nessun tipo di malizia. Sembrava solo una profonda
ingenuità,
di quelle genuine, di quelle piacevoli.
«Me
lo chiedo anche io, forse sono pazza pure io,
chissà» alzò le
spalle e scoppiò a ridere, divertita.
«Per
che cosa state ridendo?» chiese Bertholdt, raggiungendo i due
in
quel momento. Si sedette di fronte a Reiner, e iniziò a
mangiare la
propria porzione in loro compagnia.
«Stavamo
prendendo in giro Eren» spiegò Beatris, allegra
come una bambina.
«E
perchè?» chiese Bertholdt, sorpreso.
«Per
le craniate che ha tirato in terra stamattina! L'hai visto?!»
«Ho
visto anche le tue di craniate, se è per questo»
sogghignò
Bertholdt, divertito nel sentirla ridere degli stessi drammi che
anche lei aveva vissuto.
«Oh,
dai!» sbuffò lei. «Reiner non c'era, non
le ha viste, non farmi
passare per un idiota».
«Le
ho viste» disse Reiner, mangiandosi l'ultimo boccone di
pane.
«Cosa?!
Come hai fatto? Stavi facendo il percorso di Shadis».
«Posso
allenarmi e guardarmi intorno contemporaneamente, sai?»
«Oh,
no, che figuraccia...» mormorò lei, inclinando la
testa verso il
basso.
«Te
ne preoccupi solo ora? Di quello che hanno pensato anche il resto dei
cadetti, fino a poco fa non sembrava interessarti» disse
Bertholdt.
«Bertholdt
invece sembrava a suo agio» sospirò Beatris,
cambiando il soggetto
delle loro attenzioni.
«Non
è stato facile nemmeno per me».
«Però
non sei caduto nemmeno una volta».
«E
tu, Reiner? Sei riuscito a restare in equilibrio?» chiese
Bertholdt
e Reiner semplicemente annuì.
«Anche
tu?!» chiese Beatris sorpresa, prima di sospirare e
abbattersi.
«Sembra che io sia l'unica incompetente qui dentro, insieme a
scemo-Eren».
«Non
devi abbatterti subito, era solo la prima lezione, hai tempo per
esercitarti» provò a rincuorarla Reiner.
«L'importante è andare
sempre avanti, se ti fermi subito non arriverai mai da nessuna parte.
Cerca di imparare da Eren a essere determinata come lui».
«D'accordo!
Ci proverò» e ancora sembrò
assurdamente sincera. Era davvero
bastato così poco a tirarle su il morale? Non si era
impegnato
nemmeno troppo, erano bastate poche parole. Quanto poteva essere
così
genuina?
«Hai
visto, Beatris? La giornata di digiuno non ha intaccato minimamente
Reiner» le fece notare Bertholdt, prima di voltarsi verso il
compagno e spiegare: «Era preoccupata per te, oggi».
Reiner
non rispose, ma ancora sentì quella piacevole e bizzarra
sensazione
di calore nascergli dal petto e invaderlo completamente.
«Il
nostro Reiner è una vera roccia, è difficile
riuscire a buttarlo
giù» disse Bertholdt.
«Incredibile»
disse ancora lei, tornando a guardare il ragazzo con una vivace
ammirazione. Sobbalzò appena, ricordandosi di qualcosa, poi
si
sporse verso Reiner e portandosi una mano intorno alla bocca per non
farsi leggere il labiale da Bertholdt gli sussurrò vicino a
un
orecchio: «Ora sarà fredda. Se vuoi distraggo
Bertholdt così puoi
tirare un morso a quella carne».
Reiner
sgranò gli occhi, preoccupato su quale altro pasticcio
avrebbe
improvvisato, e si voltò a guardarla pronto ad ammonirla. Ma
lei non
aspettò alcuna risposta.
«Bertholdt!»
disse a gran voce, prima di salire sul tavolo. Gattonò in
mezzo ai
due ragazzi, in modo da nascondere Reiner dietro la sua schiena, e si
sedette lì, sul tavolo, a gambe incrociate.
«Che
fai?!» le chiese Bertholdt allarmato.
«Ascoltami!
Tu hai mai sentito parlare della megera del nord?»
«Di
chi?» storse il naso Bertholdt. «Scendi dal tavolo,
prima che ti
vedano!»
«La
megera del nord! Te la racconto io, è una bella
storia!» si portò
una mano dietro la schiena e mostrò a Reiner il pollice
alzato, a
dargli l'ok. Puntò lo sguardo in quello di Bertholdt e
iniziò a
raccontare: «Dunque, c'era una volta...» ci
pensò pochi istanti,
poi disse decisa: «Una donna dai lunghi capelli corvini e lo
sguardo
freddo come il ghiaccio».
«Stai
parlando di Mikasa?» chiese Bertholdt, increspando
le
sopracciglia. Beatris sobbalzò e arrossì
lievemente, imbarazzata
per essere stata scoperta. Ma doveva prendere tempo, perciò
insisté:
«No! Ascolta! C'era questa donna dalla bellezza sopraffina a
la
forza di un titano che un giorno arrivò a casa di un uomo
scemo e
incoscente. La strega del nord era abituata a fare maledizioni, ma
quella volta fu lei ad essere maledetta! Rimase completamente
stregata dal fascino dell'uomo scemo, per chissà quale
ragione, e da
allora iniziò a seguirlo come un'ombra».
«Non
so perché tu mi voglia raccontare questa storia, ma dovresti
davvero
scendere dal tavolo» provò a insistere Bertholdt,
preoccupato che
Shadis avesse potuto scoprirla e tentare di punirla ancora.
«Aspetta!
Ascoltami attentamente...»
Bertholdt,
sempre più confuso, si sporse oltre Beatris per cercare lo
sguardo
di Reiner, ma lei fu rapida nel mettersi di nuovo in mezzo,
sporgendosi dallo stesso lato. «Lo sai che in
realtà le strega del
sud era una ragazzina?» insisté.
«Non
era la megera del nord?»
«Si
spostava!» provò a rispondere lei, arrossendo di
nuovo per la
gaffe. Sentì del movimento alle sue spalle e Reiner si
sollevò
dalla panca. Mise una mano sulla testa di Beatris, spingendola
più
verso il tavolo così da riuscire ad aprirsi una breccia
verso
Bertholdt, e si sporse in avanti. Allungò l'altro braccio
verso di
lui e gli posò davanti un tovagliolo che avvolgeva qualcosa.
«Sei
davvero terribile a inventare scuse» le disse, prima di
aggiungere:
«Tieni, Bertholdt. È un regalo da parte sua, non
farlo vedere a
nessuno».
«Ma
era un regalo per te!» sobbalzò Beatris, cercando
di guardare
Reiner da oltre la propria spalla. Bertholdt aprì il
tovagliolo e
trovò un pezzo di carne ormai tiepido ad aspettarlo.
Sobbalzò,
richiuse il tutto e se lo nascose al petto. «Dove l'hai
presa?»
sussurrò preoccupato.
«Dove
non doveva prenderla» rispose Reiner, per lei. «Ma
ormai metà è
già dentro al mio stomaco, tanto vale farla sparire del
tutto».
«Ti
è piaciuta?» chiese Beatris, illuminandosi nello
scoprire che
Reiner aveva veramente approfittato del suo diversivo per gustarsi il
suo regalo, almeno in parte.
«Cielo,
non mangiavo carne da una vita» sospirò Reiner,
tornando a sedersi
al suo posto. Non era stata una vera risposta, ma era bastata a far
capire a Beatris che aveva decisamente apprezzato. Questo la
riempì
ancora più di felicità, per quanto fosse potuto
essere possibile.
«Allora, mi perdoni per questa mattina?»
«Non
avevi niente da farti perdonare, è stata una mia scelta
quella di
proteggerti. Ti eri beccata una punizione già il giorno
prima, non
sarebbe stato conveniente per te prendertene un'altra».
«Sei
davvero molto gentile, Reiner» gli sorrise ancora, ma questa
volta
non sembrò uno di quei sorrisi finti utili solo a rincuorare
chi
aveva accanto. Si era raddolcita, gli occhi le splendevano, era
veramente grata e sincera. E fu proprio questo a scuotere ancora
l'animo di Reiner... lui davvero poteva sembrare una persona gentile?
Proprio lui?
«Beh,
immagino che non ci sia altra scelta adesso se non farla
sparire»
commentò Bertholdt, nascondendo il fagottino sotto la
propria
maglietta.
«Ti
conviene mangiarla ora, o dopo sarà troppo fredda»
gli suggerì
Beatris.
«Ora
c'è troppa gente intorno, non voglio cacciarmi nei guai come
voi
due».
«Ti
copro io!» disse ancora Beatris e Bertholdt
sussultò: «No! Non
importa! Grazie».
«Anche
tu pensi che non sia capace di inventare buone scuse?» si
rattristì,
ma Bertholdt non le rispose, semplicemente ridacchiò
imbarazzato.
«Il
tuo pezzo sei già riuscita a mangiarlo?» chiese
Reiner, curioso.
«Ah,
no, io non l'ho mangiata» rispose lei.
«Hai
reso me l'unico peccatore?!» sussultò Reiner.
«Possiamo
dividerla, te ne do un pezzo di questo» propose Bertholdt ma
Beatris
lo fermò e gli rivolse uno dei suoi finti sorrisi di
conforto. «No,
io non la voglio. Tenetela per voi».
Non
fa niente, non ho fame.
La
stessa identica scusa che aveva rivolto a Mikasa, quando aveva
rifiutato il pane per lasciarne il più possibile ai suoi
amici.
Allora, non aveva dato tempo a Mikasa di aggiungere altro, di
rispondere, ed era fuggita via. Si aspettò che lo facesse di
nuovo,
non sapeva perché, eppure andò proprio
così.
«Ora
che ci penso non ho ancora cenato! Vado a vedere se è
rimasto
qualcosa nelle cucine» e saltò giù dal
tavolo, rapida, prima di
scappare via e non dar tempo a loro di aggiungere altro. Non era
capace di inventare scuse, ma sapeva fuggire via prima che qualcuno
la spingesse a provare a farlo. Era comunque una buona tattica, anche
se lasciava un po' con l'amaro in bocca. Non dava neanche modo di
provare a parlarci.
Reiner
incrociò le braccia al petto e tornò nuovamente
serio e pensieroso.
Bertholdt, di fronte a lui, guardò per un po' Beatris che si
allontanava prima di rivolgere uno sguardo preoccupato all'amico di
fronte a lui. «Sei sicuro di quello che stai
facendo?» gli chiese,
restando sul vago, dato il luogo in cui si trovavano.
Quella
Beatris si era aperta un varco tra loro, aveva provato a
familiarizzare e Reiner sembrava disposto ad accoglierla a braccia
aperte. L'aveva assecondata molto, fin da quella mattina, non era
certo che fosse la scelta migliore visto il fardello che si portavano
sulle spalle.
«Fare
qualche amicizia ci aiuterà a familiarizzare con questo
posto. Ci
renderà il soggiorno più facile».
Bertholdt
sospirò ancora, poi annuì. Sapeva cosa stava
cercando di dirgli
Reiner: dovevano confondersi con i demoni di Paradis, fingere di
essere come loro, fingere di essere due di loro, così da
riuscire ad
arrivare alle informazioni che cercavano e portare a termine la loro
missione. Familiarizzare con quei demoni li avrebbe resi invisibili,
avrebbe destato meno sospetti, sapeva che aveva ragione. Ma sarebbe
stato comunque molto difficile, un singolo passo falso li avrebbe
fatti scoprire subito. Dovevano fare attenzione, anche se quella
Beatris sembrava abbastanza ingenua. Probabilmente non sarebbe mai
stata un pericolo, non avrebbe scoperto le loro reali
identità
neanche se ce le avesse avute davanti... forse per quello Reiner
l'aveva scelta. Decise perciò di fidarsi. Avrebbe provato
anche lui
a diventarle amico, così da non destare troppi sospetti. Era
la cosa
migliore.
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