Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ray Wings    30/05/2021    1 recensioni
Il boato che sfondava le sue finestre, il tremore della terra che la faceva cadere dalle scale, le urla di sua madre mentre correva a prenderla. Per le strade era il caos, riuscire a correre in mezzo alla folla senza separarsi era quasi impossibile. Poi quel pupazzo, stretto tra le mani di sua sorella Rose, che saltava via. Scivolato a terra. Lei era stupidamente tornata indietro per riprenderlo, e allora l'aveva visto... imponente, massiccio, corazzato. Il gigante correva, distruggendo tutto ciò che incontrava, puntando dritto al Wall Maria, puntando dritto a lei, immobile. Paralizzata. Aveva ascoltato il suo ruggito un istante prima che venisse schiacciata... ma non lo faceva mai. Non in quell'incubo. Lei puntualmente si svegliava un istante prima di morire, madida di sudore, tremante come una foglia.
«Bea...».
«Mikasa... scusami, ti ho svegliata».
«Hai di nuovo sognato Shiganshina?»
«Era da un po' che non lo facevo».
«Reiner ti sta stancando troppo con questa storia degli allenamenti extra. Domani gli parlerò, deve lasciarti in pace».
Già, Reiner ci teneva così tanto che lei diventasse più forte... chissà perché l'aveva presa così a cuore.
ALLERTA SPOILER PER CHI NON HA LETTO IL MANGA! Io ho avvertito :P
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman, Nuovo personaggio, Reiner Braun
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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«Mikasa» sussurrò Beatris, nel buio della stanza. Si sporse oltre il bordo del proprio letto a castello, si affacciò sul letto che aveva sotto e, anche se per l'oscurità non riusciva a vederla, sapeva che l'amica era lì. «Ehy, Mikasa» chiamò ancora, non avendo ricevuto risposta.
«Sh» l'ammonì Mikasa. «Cerca di dormire».
«Non ci riesco» confessò Beatris e si sporse ancora di più, mettendosi letteralmente penzoloni giù dal suo letto. 
«Hai corso tutto il giorno, non hai un minimo di stanchezza?» 
«Sì, ma sono anche tanto agitata! Cosa ci aspetterà domani, secondo te?»
«Lo vedremo domani mattina. Ora prova a chiudere gli occhi, stai disturbando il resto dei compagni».
«Quel Shadis mi mette i brividi, fa davvero una gran paura» insisté Beatris, ignorando il suggerimento di Mikasa.
«Fa paura anche a me» una voce dolce, morbida, provenne dal letto a fianco di quello di Mikasa. Sentirono qualcuno muoversi, coperte che venivano scostate, probabilmente la fonte della voce si stava avvicinando a loro per poter parlare meglio senza alzare troppo la voce. «Ma è il suo compito addestrarci, penso sia normale che sia così severo. È ovvio che il percorso non sarà facile».
«Ed è per questo che sono così agitata» sospirò Beatris, sporgendosi ancora di più. Ormai almeno metà del busto era fuori dal suo letto, riusciva a tenersi su solo puntando le dita dei piedi oltre il bordo opposto. «Ah, a proposito! Mi chiamo Beatris!»
«Io sono Christa. Piacere di conoscervi». 
«Lei è Mikasa» presentò Beatris, sapendo che l'amica non sarebbe stata di troppe parole. 
«Ehy!» una quarta voce si aggiunse, ma fu meno aggraziata, più roca, ma soprattutto più incazzata. «Qui c'è qualcuno che sta cercando di dormire! Fate silenzio!»
«Te l'avevo detto» rimproverò Mikasa, guardando nel buio il punto dove immaginava si dovesse trovare Beatris. La sentì muoversi e agitarsi sopra di lei, sentì il cigolio del letto e infine i suoi piedi che si poggiavano a terra al suo fianco. Non ebbe tempo di chiedersi cosa stesse combinando che sentì l'amica alzarle le coperte di dosso e infilarsi nel suo letto.
«Che stai facendo?» chiese, irritata per l'invasione. 
«Fammi posto, spostati».
«Torna nel tuo!» la riproverò, ma a furia di spingere Beatris riuscì a ritagliarsi un angolino nel letto di Mikasa, anche se col sedere era costretta a sporgersi verso l'esterno. Si raggomitolò al fianco dell'amica, le strinse un braccio intorno al petto e si ammorbidì lì, al suo fianco, abbracciata a lei. 
«Te l'ho detto! Non riesco a dormire!» rispose, cercando di trovare una posizione più comoda. 
«Ehy!» ruggì nuovamente la voce proveniente dal letto sopra di Christa, irritata per il rumore. 
«Ymir, stai facendo più rumore tu di loro, però» disse Christa.
«Chiudete il becco» disse qualcun altro, da un letto adiacente al loro, di fronte a quello di Beatris. E il silenzio calò finalmente nell'istante in cui si resero conto che stavano davvero disturbando più di una persona, ma Beatris si ostinò a voler restare lì, ancorata a Mikasa. Insistere sarebbe stato inutile e avrebbe disturbato ancora, per nessuna vera ragione alla fine. Perciò Mikasa sospirò, rassegnata, e si fece un pochino più piccola contro al muro così da permettere a Beatris di sistemarsi meglio al suo fianco. Si stese e tornò a chiudere gli occhi, stretta nell'abbraccio dell'amica. Era imbarazzante, l'indomani chi si fosse svegliato prima di lei le avrebbe viste teneramente abbracciate, non proprio un bel modo di presentarsi, ma si sorprese di scoprire che alla fine non le importava più di tanto. Beatris era invadente e caotica, a volte difficile da gestire come fosse stata una bambina da rincorrere per impedirle di farsi del male, ma era anche qualcosa che molto si avvicinava a una sorella. Da quando erano scappate da Shiganshina ed erano rimaste sole, spesso la notte si erano ritrovate a dormire insieme, per cercare l'una il conforto dell'altra. Erano state sempre insieme, loro due Eren e Armin, poter affrontare un nuovo percorso così spaventoso come lo era l'addestramento militare incoraggiate dalla loro vicinanza era piacevole. In fondo, quelli sarebbero anche potuti essere i loro ultimi ricordi felici... cosa sarebbe successo, una volta lasciata l'accademia e arruolati nel corpo di ricerca? Quante altre occasioni di dormire insieme avrebbero avuto? Si girò verso Beatris, le poggiò la guancia contro la tempia e ricambiò l'abbraccio, prima di riuscire finalmente a chiudere gli occhi. 
«Cerca di non farti sgridare ancora, domani» le disse, un attimo prima di addormentarsi e sentì Beatris ridacchiare divertita, prima di crollare definitivamente. 


Il giorno dopo il sole splendeva come mai aveva fatto prima. Era una bella giornata e infondeva buonumore. Stare nel letto insieme a Mikasa aveva permesso a entrambe di dormire beatamente come bambine, si sentivano fresche e riposate nonostante la stanchezza del giorno prima avrebbe dovuto abbatterle quasi del tutto. 
Beatris fu la prima a uscire dal casolare e godere di quel sole splendente. Si stiracchiò, a occhi ancora socchiusi, cercando di assorbire quanto più il calore del sole. Davanti a lei gruppi di ragazzi stavano già cominciando ad avviarsi verso la sala comune per la colazione e li guardò passare, allegra. Erano facce che avrebbe dovuto cominciare a ricordare, quelli sarebbero stati i loro compagni per i prossimi anni... beh, almeno quelli che non decidevano di mollare prima troppo spaventati dalla fatica dell'addestramento. Mikasa la raggiunse poco dopo, ma non si fermò al suo fianco. Si incamminò direttamente verso la sala comune, superandola. Beatris fece per seguirla ma al suo fianco arrivò anche Christa, seguita da Ymir, e fu proprio quest'ultima a parlarle per prima: «Buongiorno, principessa. Dormito bene insieme al tuo fidanzatino?» sghignazzò, beccandosi un'occhiataccia da parte di Christa.  
«Mh?» Beatris, ingenua, alzò un sopracciglio senza riuscire a capire. Scese le scale della veranda e camminò a fianco delle due, seguendo Mikasa pochi passi avanti. 
«Non dovreste lasciarvi andare ad atteggiamenti tanto ambigui qui dentro, potrei fare rapporto al capitano Shadis» sghignazzò ancora Ymir.
«Di che parli?» insisté Beatris, non capendo.
«Ymir! Lasciale stare» la rimproverò Christa. 
«Ho sbagliato qualcosa?» indagò Beatris, guardando Christa.
«Eravate così dolci stamattina, teneramente abbracciate come due innamorati» insisté Ymir. «Non penso che Shadis apprezzerebbe, no di certo. Potrebbe decidere di separarvi».
«Eh?!» sussultò Beatris, ora spaventata. «No, per favore!»
«Ymir» sospirò Christa, ma questa continuò: «O forse potrei chiudere un occhio per questa volta».
«Lasciala perdere» continuò Christa. 
«Io e Mikasa siamo abituate a dormire insieme, non è niente di strano».
«Allora è una relazione seria» sghignazzò Ymir.
«Vengono entrambe da Shiganshina, è normale che abbiano legato così tanto, non prenderti gioco di loro» disse Christa, cercando di difenderle. 
«Non è l'unica ad avere un'orribile storia alle spalle. Sai, Christa, forse avrei bisogno di compagnia anche io la notte...» sospirò platealmente e alzò gli occhi al cielo. 
Arrivarono alla sala comune ed entrarono che ancora stavano parlottando di quanto successo quella notte, ma vennero interrotte da un mormorio fin troppo vispo e allarmato. Curiose di capire cosa stesse succedendo, la loro attenzione venne rivolta interamente al centro della sala comune dove infine videro Eren e Jean, intenti a litigare.
«Già di prima mattina?» mormorò Ymir, scocciata.
«Oh no, pensavo avessero risolto ieri sera» disse Christa, allarmata di vedere i compagni ostili tra loro. 
«Eren!» sussultò invece Beatris, prima di correre verso di lui. «Avresti dovuto aspettarmi, avevo detto che avrei scommesso...» iniziò a brontolare, raggiungendoli, ma si bloccò non riuscendo a concludere. Jean, frustrato, aveva preso Eren per il colletto della maglia e l'aveva strattonato indietro, facendolo arrancare un po'. Inciampando, si era trovato Connie alle spalle, distratto in quel momento, non pronto a scansarsi. Connie era caduto indietro, e sarebbe finito a terra, ma Beatris aveva avuto la sfortuna di trovarsi lì dietro proprio in quel momento. In una cascata di spinte, alla fine era stata Beatris stessa a rimetterci, venendo non solo travolta ma addirittura spinta, senza avere la fortuna di Connie di avere qualcuno alle spalle a fermarla e impedirle di cadere. Con un urlo, perse l'equilibrio, cadde da un lato e finì dritta distesa su di un tavolo. L'istinto le portò ad alzare le braccia verso l'alto, a non attutire la caduta, e finì dritta col viso contro il legno. 
«Ehy!» le disse qualcuno, allarmato. Un ragazzo alto, dai capelli scuri, seduto proprio a quel tavolo, si sporse verso di lei. «Stai bene?» le chiese preoccupato.
Beatris rialzò il volto, piantando i gomiti sul tavolo. Guardò il ragazzo davanti a sé, apparentemente disorientata, e in un primo momento non reagì. Guardò prima il ragazzo moro, poi si voltò a guardare l'altro, proprio di fianco a lei, biondo e dalla corporatura massiccia. Cercò rapidamente i nomi nella sua memoria, li aveva sentiti il giorno prima durante le presentazioni: Bertholdt e Reiner. Dovevano essere quelli. Reiner aveva indietreggiato un po' con la schiena, vedendo Beatris atterrare proprio al suo fianco, ma anche lui adesso sembrava preoccupato.
Alle sue spalle, la lite tra Eren e Jean continuò, ancora nel vivo della cosa. 
«Ahi» lamentò Beatris, ma vedendo il volto di entrambi i ragazzi rivolti a lei preoccupati cambiò improvvisamente espressione e cercò di sorridere. 
«Ti esce sangue dal naso» mormorò Reiner. Beatris si mosse come d'istinto, come se non fosse niente a cui non fosse già abituata, e strofinò la manica contro il naso per pulirlo. Capì troppo tardi l'errore, sentendo il bruciore solleticarle tutto il setto nasale fino agli occhi. Si contorse in un'espressione di dolore improvvisa, ma durò solo qualche frazione di secondo. Sembrò sforzarsi, ma tornò presto a sorridere di nuovo con un candore che Bertholdt non credeva di aver mai visto prima. Un candore che invece Reiner ricordò improvvisamente di aver già visto... avevano già fatto le presentazioni, anche se non personalmente, ma aveva già avuto modo di vedere il volto di quella nuova compagna nei due giorni prima, appena arrivati al centro di addestramento. Ma solo ora la riconosceva, in quel gesto che aveva già visto un paio di anni addietro: la caduta senza mani, il sangue pulito con la manica, lo sfregamento, il dolore che le faceva strizzare per un attimo gli occhi e poi il sorriso, splendente, per cercare di non far preoccupare chi aveva davanti. Era cambiata un po' rispetto ad allora, aveva capelli più lunghi e non sembrava più una disperata vestita di stracci, e in realtà fino a quel momento aveva creduto di averla dimenticata. Ma ora poté benissimo riconoscerla. Quella era la ragazza del pane che nella chiesa per l'accoglienza degli sfollati del Wall Maria lo aveva calpestato e poi aveva cantato per la sua sorellina. Che ci faceva lì? I loro genitori erano morti, glielo aveva sentito raccontare la sera prima, perché aveva deciso di arruolarsi invece che occuparsi della sorellina che al tempo era malata?
«Scusate» disse Beatris, poggiando le mani al tavolo e provando a rialzarsi. «Sto b...» ma ancora non terminò la frase che qualcun altro le cadde addosso, spintonato da Eren e Jean intenti ancora a litigare. La pancia le si schiacciò contro il bordo del tavolo, togliendole per un attimo il respiro. Chi era caduto su di lei si tolse immediatamente, ma questo non le permise di riprendersi con immediatezza. 
«Ehy! Adesso basta, cercate di calmarvi» provò a intervenire Reiner, stufo ma soprattutto preoccupato di cosa stessero combinando quei due ragazzi alle loro spalle. Ormai facevano baccano da troppo tempo, Shadis si sarebbe potuto allarmare, e quella poveraccia soprattutto continuava a subirne le conseguenze. 
«Eeeereeeeeennn!!!» il ruggito di Beatris lo fece sobbalzare. Sembrava essere appena stata posseduta dal demonio, probabilmente anche per lei doveva essere stato abbastanza. Si mosse in un attimo, Beatris afferrò il piatto di Reiner che aveva avuto la sfortuna di essere la prima cosa che aveva davanti, lo strinse saldamente e voltandosi di colpo lo sbatté dritto sul volto di Eren. Fortunatamente non si ruppe, ma l'intera colazione di Reiner volò in giro per la stanza e soprattutto Eren accusò in pieno il colpo. Lo tramortì, gli fece perdere l'equilibrio ed Eren cadde seduto a terra. 
«Bea-stupida! Sei impazzita?!» gli urlò contro, massaggiandosi la guancia rossa e dolorante. 
«La devi smettere di litigare con tutti quelli che hai intorno» urlò Beatris e alzò il piatto di Reiner -ormai vuoto- pronto a lanciarglielo addosso. Eren d'istinto si portò un braccio davanti al volto, pronto a difendersi maldestramente da quell'ennesimo attacco, e Christa scattò in avanti, pronta a bloccare il braccio della ragazza. Ma nessun colpo venne lanciato, in quanto la porta della sala comune si spalancò in quel momento con un tonfo. 
Shadis comparve sul ciglio e li squadrò tutti, uno a uno. Ovviamente il suo sguardo si soffermò sui più evidenti, Beatris col piatto in mano, pronta al lancio, e Eren seduto a terra con un braccio alzato per difendersi. 
«Che sta accadendo qua?» ringhiò basso. 
Beatris ebbe palesemente un brivido, tremò per un istante, terrorizzata. Ancora una volta sarebbe finita in punizione, e questa volta non era nemmeno stata troppo colpa sua. Era solo finita al centro del ciclone, per colpa di quell'idiota che non riusciva mai a tenere la bocca chiusa ma doveva fare l'eroe. Esitò, cercando una via di fuga, ma non riuscì a trovarne e restò completamente immobile, in silenzio, quasi avesse sperato che se non si fosse mossa allora Shadis non sarebbe stato in grado di vederla.
«È stata colpa mia» disse improvvisamente Reiner, alzandosi in piedi. «Ho dormito male stanotte, ho un gran mal di testa. Facevano troppo chiasso e ho lanciato il piatto verso Eren, Beatris è riuscita a prenderlo al volo. Chiedo scusa, sono stato impulsivo».
Era una palese bugia, ma talmente ben studiata che persino Shadis si chiese se non fosse il caso di far finta di crederci. 
«Certi comportamenti non sono tollerabili qui dentro» l'ammonì Shadis e Reiner annuì: «Lo so, Signore. Chiedo perdono. Non succederà più».
«Vieni con me, Braun. Dovrai imparare a trattenere i tuoi istinti!»
Non l'avrebbe passata liscia, era ovvio che Shadis non avrebbe potuto chiudere un occhio sulla faccenda. Ma probabilmente, consapevole della bugia detta per proteggere la compagna, non sarebbe stato alla fine troppo severo, apprezzando il gesto di solidarietà. In un esercito come il loro era necessario che si instaurassero rapporti di fiducia e sostegno, era un comportamento apprezzabile. 
Reiner si incamminò senza esitare, seguendo il comandante, e Beatris schiuse le labbra, pronta a parlare e cercare di scagionarlo dicendo la verità. Ma Reiner le mise una mano sulla spalla e la tirò lievemente indietro, un gesto simbolico, che la portò a mettersi alle sue spalle come se avesse voluto proteggerla. Le sorrise, confortante, e cercò con quel semplice gesto di rassicurarla. Si allontanò, seguendo Shadis, pronto a prendersi la punizione che invece sarebbe dovuta andare a Beatris. E lei, sorpresa e paralizzata, non riuscì ad opporsi alla cosa come avrebbe voluto. 
E pensare che gli aveva persino lanciato via la colazione. 


Era ormai mattina inoltrata, quasi ora di pranzo, e non mancava molto alla fine dell'addestramento mattiniero. I capitani avevano passato la prima ora a spiegare per filo e per segno il funzionamento del movimento tridimensionale, cosa che avrebbero approfondito poi nel pomeriggio con qualche lezione in aula, ma intanto avevano introdotto subito alla pratica i cadetti. Avevano concesso loro del riscaldamento e infine erano partite le prime prove, quelle preliminari. Non avrebbero dovuto fare altro che provare a restare in equilibrio in aria, senza muoversi, solo per cominciare ad esercitarsi per cercare il baricentro. Non avevano avuto molto tempo per provare, quella prima lezione sarebbe stata solo di introduzione e di prova, avrebbero sicuramente imparato col tempo a destreggiarsi sempre meglio. Non era stato altro che spiegazioni su spiegazioni, avevano poi insegnato loro ad allacciarsi al congegno e solo nell'ultima ora avevano provato a sollevarsi un po', piano piano. Era una gran fatica, erano in molti a ritrovarsi a terra o tremare impacciati in equilibrio precario. E Beatris era ovviamente tra quelli tremanti e impacciati, come avevano potuto aspettarsi i suoi amici. Se c'era qualcosa su cui Beatris peccava molto era proprio l'equilibrio, erano innumerevoli le volte che finiva a terra e la maggior parte delle volte sempre quando stringeva qualcosa in mano. Per questo aveva iniziato ad avere l'abitudine di atterrare di faccia, alzando le braccia a cielo, sempre più interessata a proteggere il proprio bottino che la propria salute. 
La videro arrancare in continuazione, scuotere le gambe per aria in un inutile e impacciato tentativo di trovare l’equilibrio, e infine cadere sempre verso terra. Era decisamente negata, ma per qualche motivo quella mattina lo sembrava ancora più del solito. Era assorta nei propri pensieri, non riusciva a concentrarsi, e alla prima occasione tornava ad agitarsi, provava ad afferrare i cavi con le mani e cadeva a terra. Era un vero massacro. 
Dopo l'ennesima caduta, provò a rimettersi in piedi poggiando le mani a terra. Era distrutta, aveva lividi e abrasioni ovunque e le mani stesse le facevano male piene di graffi e sassolini. Si ripulì come poté e prima di alzarsi da terra puntò lo sguardo di fronte a sé. Una ventina di metri davanti a lei passò in quel momento Reiner. Aveva sulla schiena un bel carico di legna, ad aumentare il peso trasportabile, e non faceva che eseguire esercizi fisici estenuanti. Scatti, squat, jumping jack, flessioni, e di nuovo a ripetere. Lievemente corrucciato ormai per la stanchezza, aveva i capelli appiccicati al volto per il sudore di cui era madido. Era anche peggio della semplice corsa che aveva dovuto fare lei il giorno prima, forse calibrato alla sua resistenza e prestanza fisica decisamente superiore alla sua, o forse perché gli era toccata una punizione più grande vista la gravità della situazione. Beatris sospirò e abbassò lo sguardo. I sensi di colpa la stavano letteralmente uccidendo, avrebbe dovuto esserci lei al suo posto. Non era riuscita a sorridere nemmeno una volta quella mattina, e non solo per la paura di Shadis. Si rialzò e tornò a provare, inutilmente, il proprio esercizio fino a quando non fu ora di pranzo. 
Entrò di corsa nella sala comune, per la prima volta senza aspettare Mikasa, e si guardò attorno. Andò a prendere la sua porzione al banco e cercando un posto dove sedersi continuò a guardarsi attorno, sconsolata. Riuscì a intercettare Bertholdt solo dopo un po', ma era solo. Gli si avvicinò. «E Reiner?» chiese, non riuscendo a vederlo da nessuna parte.
«Salterà il pranzo» spiegò Bertholdt. Connie si sedette in quel momento davanti a lui, affiancato da Sasha, e fu il primo a spiegare: «Dovrà recuperare ora ciò che non ha fatto stamattina, per restare in pari con noi».
«Non gli permetteranno di mangiare?» chiese Beatris, allarmata. 
«Hai fatto un bel guaio stamattina!» la rimproverò Connie.
«Saltare addirittura il pranzo... sono pazzi!» ruggì Sasha, in preda al panico. Per lei era inconcepibile, sarebbe morta la sera prima se Christa non fosse andata da lei a portarle del pane di nascosto. 
«Non preoccuparti» disse Bertholdt. «Reiner è resistente, non sarà un problema per lui».
«Avrei voluto scusarmi» sospirò, affranta. 
«È il minimo che tu possa fare» disse Connie, sempre in tono di rimprovero.
«Non credo a Reiner interessi, non devi davvero preoccuparti» cercò di rincuorarla Bertholdt. «Anzi, probabilmente avrà visto questa come un'occasione per allenarsi, scommetto che lo sta addirittura apprezzando».
«Sì, ma ha saltato un pasto! Stasera dovrebbe prendersi due porzioni invece che una, cercare di recuperare!» disse Sasha, preoccupata più per il cibo che per la stanchezza che il ragazzo stava sicuramente accusando. «Sempre se sopravviverà alla fame» impallidì.
«Sono certo che lo farà» disse Bertholdt e per poco non sghignazzò, divertito dall'ossessione del cibo della ragazza patata. 
«Non ha neanche fatto colazione stamattina...» mormorò Beatris, ripensando al suo folle gesto di togliergli il piatto da sotto al naso e lanciarlo contro Eren. Era stata impulsiva, mossa dal desiderio di far pagare l'affronto all'amico, non aveva minimamente pensato a tutte le conseguenze. 
«È digiuno da ieri!» quasi urlò Sasha, sentendosi al limite dello svenimento.
«È una bella sfida, ma può farcela» continuò Bertholdt, positivo.
Beatris sospirò ancora. «Avrei dovuto dire la verità stamattina, ma Shadis mi ha paralizzato. Mi terrorizza».
«Evita di combinare pasticci la prossima volta, allora» le disse Mikasa, passandole a fianco. 
«È stata colpa di Eren!» ringhiò Beatris, improvvisamente rinvigorita. «Hai visto cosa ha fatto?! Stava di nuovo litigando! E poi mi ha spinta! i» iniziò a raccontare come fosse stata una bambina che cercava di scaricare le colpe sul fratellino, quasi sperando che Mikasa avesse deciso poi di punirlo. E parlando, infervorata, seguì Mikasa fino al tavolo dove ad aspettarle c'erano Eren, Armin, Christa e Ymir. Non smise di inveire contro Eren nemmeno durante il pranzo, infervorata dalle risposte dell'amico che invece provava a difendersi dando la colpa a Jean e alla sua stupidità. Uno sproloquio di colpe, di rimproveri, e di bisticci al limite dell'infantile, che li portarono al termine dell'ora del pranzo prima di quando avessero potuto rendersene conto. 
Furono chiamati in aula, dove vennero loro spiegate le prime basi teoriche sull'uccisione dei giganti, sulla loro biologia e sulle uscite in esterno. Passarono l'intero pomeriggio a prendere appunti, leggere e studiare, fino a quando infine non venne sera. Beatris era riuscita a vedere Reiner seduto dall'altro lato dell'aula, ma ovviamente avvicinarsi a lui era stato impossibile per tutto il giorno, troppo impegnati. Ebbe occasione di avvicinarlo all'uscita dall'aula, ma venne bloccata da un timore, dei pensieri. Davvero probabilmente a Reiner le scuse non importavano, come aveva detto Bertholdt? Lui aveva detto che non doveva preoccuparsi, che era tutto a posto, ma desiderava davvero poter fare qualcosa per togliersi il senso di colpa di dosso. Ed ebbe un'idea. 
Era ormai sera inoltrata, la sala comune di nuovo cominciava a brulicare di cadetti affamati, pronti per la cena. Non era ancora troppo piena, molti stavano ancora arrivando, quando Reiner riuscì a prendersi finalmente il suo primo pasto della giornata. Era un Guerriero di Marley, temprato e resistente, e non era nemmeno la prima volta che si ritrovava a digiunare anche per giorni. Era stato difficile seguire l'addestramento a stomaco vuoto, ma niente a cui non fosse preparato. Arrivare a sera era stato difficile, ma non impossibile. Ciò non toglieva che adesso aveva davvero una gran voglia di azzannare del pane come fosse stata l'ultima cosa che avrebbe mangiato in vita sua, per questo era arrivato tra i primi e già si era accomodato per cominciare, con o senza compagnia. Azzannò il pane, ne tirò un bel morso e lo masticò voracemente, quando sentì dei passi felpati avvicinarsi a lui. Beatris gli si sedette accanto sulla panca senza che lui ebbe tempo nemmeno di notarla, benché meno di darle il permesso di mettersi al suo fianco. Non lo salutò nemmeno, la ragazza si guardò attorno circospetta, per poi accostarsi di più a lui e far uscire qualcosa da sotto la maglietta. Tenne il tovagliolo tra loro e il tavolo, il più nascosto possibile, e sotto lo sguardo sorpreso -forse anche un po' spaventato- di Reiner lo aprì mostrandogli il contenuto: un bel pezzo di carne fresca, ancora fumante, appena cotta.
Reiner sussultò nel vederla e d'istinto mise le mani sul tavogliolo, ricoprendo la carne e nascondendola. Si guardò attorno anche lui, circospetto, terrorizzato all'idea che qualcuno avesse potuto vederli. Per fortuna la sala non era ancora così piena e loro erano abbastanza soli e in disparte, al sicuro per il momento.
«Che stai combinando? Dove l'hai presa?» le chiese, constata la loro sicurezza.
«Dalle cucine dei superiori. La ragazza patata mi ha aiutato a rubarla, anche se lei si è tenuta il pezzo più grande» spiegò Beatris. 
«Sei impazzita?! Hai rubato dalle cucine dei capitani?!»
«Volevo trovare il modo di scusarmi per stamattina» spiegò Beatris, assumendo un'espressione costernata. 
«Facendomi finire di nuovo nei guai?!» la fulminò Reiner, più agitato che compiaciuto dal regalo. Beatris sobbalzò, come se si fosse resa conto solo in quel momento del tremendo errore commesso, e si strinse il tovagliolo al ventre. Si guardò di nuovo attorno, più agitata che mai, e infine spinse il bottino a Reiner. «Mangialo! Svelto, prima che qualcuno ti veda!»
«È bollente, come pretendi che ci riesca?!»
«Ci soffio un po' sopra» disse Beatris, aprendo il tovagliolo e cominciando a soffiare sulla carne fumante. Ma questa la espose di nuovo all'aria aperta, rischiando di farli scoprire nuovamente. «Ferma!» Reiner afferrò in un colpo carne, tovagliolo e mani di Beatris, strinse il tutto e richiuse il bottino. «Fa un odore incredibile! Lo sentiranno tutti!»
«Tienilo da parte, la mangi non appena si raffredda» e spalancò poco dopo gli occhi, colta da un’idea: «La tengo nascosta per te fino a stasera, te la porto più tardi al dormitorio».
«Credi sia meno sospetto vederti venire nel dormitorio maschile, di questo?!» la rimproverò Reiner. Beatris prese a spingere nuovamente la carne verso di lui, opponendosi alla presa delle sue mani. «E allora mangiala adesso, sbrigati!»
«Non voglio mangiarla! Mi farai finire nei pasticci di nuovo!»
«Non ti ho chiesto io di difendermi, stamattina, smetti di rinfacciarmelo!»
«Non voglio rinfacciartelo, sto solo cercando di farti ragionare».
«E io sto solo cercando di essere carina con te, ti dispiacerebbe accettare e basta?! Hai idea del rischio che ho corso?» lo disse innocentemente, ma per qualche motivo riuscì a zittire Reiner. Una ragazza stava cercando di essere carina con lui e aveva fatto una follia solo per compiacerlo: era qualcosa di assolutamente nuovo e inaspettato. Soprattutto in un posto come quello, soprattutto da chi per anni era stato abituato a chiamare "demone". Beh, forse un po' lo era davvero, visto che non faceva che portare guai, ma non era niente di tremendo... e soprattutto era stato qualcosa di assolutamente apprezzato. La pancia gli brontolava ancora di più, sentendo l'odore delizioso del pezzo di carne nascosto nel tovagliolo, e lei aveva rischiato di finire in guai veramente grossi solo per lui. Non conosceva Beatris, non era abituato ai suoi modi di fare quasi sempre dolci e premurosi, qualcun altro -magari Armin- non si sarebbe sorpreso tanto ma sarebbe riuscito a razionalizzare di più l'accaduto. Capire che lei l'avrebbe forse fatto per chiunque e certo non vedeva Reiner in qualche modo speciale, ma continuava a restare il fatto che sapere che qualcuno aveva fatto qualcosa di tanto spericolato e generoso solo per lui era... in qualche modo piacevole. Decisamente molto piacevole. 
Esitò e arrossì addirittura, ma fu lieve, tanto che Beatris neanche se ne accorse. Rimase a fissarla per qualche istante negli occhi, riuscendo addirittura a scorgere nel suo azzurro le venature verdi che non aveva notato prima. Era un bel colore, magnetico, e riuscì di nuovo a trasportarlo indietro di un paio d'anni, quando l'aveva vista correre sorridente tra i moribondi e i disperati, sprigionando solarità come un angelo sceso in terra. Gli tornò in mente persino la canzone che lei aveva cantato alla sorella, per farla addormentare, e di come fosse riuscita a distendere persino i suoi di muscoli, nonostante la tremenda situazione in cui si trovava. Era riuscita a calmarlo allora, inconsapevole della sua esistenza, ed era riuscita a distenderlo di nuovo con pochissimo, a distanza di anni. 
«Gr...» mormorò, pronto a ringraziarla, ma la voce di Connie li sorprese alle spalle. 
«Che combinate voi due?! Siete sospetti, lo sapete?» 
Entrambi sobbalzarono in preda al terrore e Beatris fu la più veloce dei due nel reagire. Approfittando delle loro spalle che nascondeva a Connie il bottino che lei aveva rubato poco prima, spinse il tovagliolo addosso a Reiner, gli sollevò la maglietta e ce lo infilò sotto, prima che lui avesse potuto reagire e impedirglielo. La rigidità di spalle di Reiner si fece ancora più intensa, così come il rossore sul suo volto, ma questa volta l'imbarazzo e l'emozione c'entravano ben poco. 
«Brucia» sussurrò, sentendosi il ventre andare in fiamme al contatto con la carne ancora bollente. Ma restò immobile, impassibile, a sopportare per il bene della loro copertura. 
«Stavo raccontando a Reiner un segreto» disse Beatris, voltandosi verso Connie. Gli fece un gesto con la mano, per scacciarlo via. «Vai via, non posso certo dirlo a tutti quanti! Fatti gli affari tuoi».
«Come sarebbe a dire?! È qualcosa di losco?» la fulminò, accusatorio, e Beatris iniziò visibilmente ad agitarsi. «No, assolutamente!»
«Che hai combinato adesso, eh?» sghignazzò Connie. La conosceva da veramente troppo poco, eppure sembrava aver capito perfettamente che tipo di persona avesse davanti. O forse Mikasa gli aveva raccontato qualcosa, il che era probabile. «O forse vuoi solo restare sola con lui?» insisté Connie, sogghignando con un'espressione diabolica. 
«Ma che dici?!» arrossì Beatris, e forse quella fu la prima volta in tutta la sua vita. «Gli stavo dicendo un segreto! Vattene, non sei il benvenuto! È un'informazione riservata».
«Che segreto? Dai, voglio saperlo anche io» insisté Connie, avvicinandosi ai due quatto quatto.
«Non posso dirtelo» si agitò ancora di più Beatris ed era ovvio che non sapesse che pesci prendere. Per cercare di salvare la situazione, non aveva fatto in realtà che peggiorarla, e ora non sapeva come uscirne. Era decisamente terribile a inventare scuse, le si leggeva in faccia che stava dicendo una bugia. Era incredibile, qualsiasi cosa facesse sembrava attirare su di sé i guai come fosse ricoperta di miele e buttata dentro un recinto d'animali. Fu naturale per Reiner chiedersi come avesse fatto a sopravvivere fino a quel momento, ma non fu difficile provare a indovinare che se era ancora tutta intera poteva solo essere grazie alla vicinanza di Mikasa. Aveva parlato con Eren e Armin, la sera prima, si erano raccontati un po' di cose e loro non avevano fatto altro che ribadire quanto Mikasa fosse forte e riuscisse così a tirare sempre tutti fuori dai guai, proteggendoli. Era la loro guardia del corpo... e vedendo come Beatris affrontava la vita sembrava essere il tipo di persona che aveva decisamente bisogno di qualcuno che la salvasse.
«Sasha ha rubato della carne dalla cucina dei capitani» disse lui, a voce sostenuta, così da farsi sentire solo da Connie e Beatris.
«Cosa?!» urlò il ragazzo, sconvolto. 
«Non dirlo troppo in giro, o la farai finire nei guai» disse Reiner e Connie iniziò a guardarsi compulsivamente intorno. «Quella ragazza...» disse, cercandola. «Come può fare una cosa simile e non condividere con i suoi compagni!»
E brontolando, infine, si allontanò. 
Beatris tirò un sospiro di sollievo, non appena si sentì al sicuro. «Meno male, sei riuscito a mandarlo via».
«Sei terribile a inventare scuse» le fece notare Reiner. 
«Già» ridacchiò, solare, e si diede un colpetto impacciato sulla testa. «Meno male ci hai pensato tu. Mi hai salvato di nuovo, Reiner».
«Hai avuto bisogno dell'aiuto di Sasha per rubare questa carne, del mio aiuto per uscire dai guai e mi è stato detto che innumerevoli volte Mikasa ti ha salvato da delle brutte situazioni. Dovresti imparare a badare un po' più a te stessa». 
Disse distrattamente, riprendendo a mangiare i legumi all'interno del proprio piatto. Aveva ancora la carne sotto la maglietta, ma probabilmente non l'avrebbe tirata più fuori finché fosse stato a rischio. E non sembrava nemmeno essere più intenzionato a restituirla... non l'aveva detto apertamente, ma alla fine si era rassegnato all'idea di accettare quel dono, per quanto pericoloso. Si accorse della risposta che non arrivò solo quando il silenzio cominciò a essere forse fin troppo imbarazzante. Si voltò a guardarla, chiedendosi cosa stesse combinando, e si sorprese di trovarla ancora sorridente. Assorta nei suoi pensieri, ma sorridente, dello stesso sorriso aveva mandato Shadis in bestia. E ora riusciva a capire il perché: non sembrava reale. Era così dolce, candido, così perfetto da essere sicuro fosse stato costruito ad hoc. Sorrideva per nascondere qualcosa. 
«Hai ragione» disse, infine. «Spero che questo posto possa aiutarmi a imparare. Sai, tra tutti i miei amici sono quella che forse qui dentro ci sta più stretta. Eren ha una volontà di ferro, Armin sogni indistruttibili, Mikasa... beh, Mikasa è Mikasa» ridacchiò. «Io avrei fatto meglio ad andare nei campi».
«Perché sei venuta qui?» chiese, stranamente curioso. Beatris alzò le spalle. «Perché no? Cosa avrei avuto da perdere?»
«Il mestiere del soldato non è qualcosa da prendere alla leggera» quasi la rimproverò, ma non fu duro con lei.
«Lo so» e sembrava sincera, anche se tornò a sorridere di quel confortante sorriso. Ora che lo vedeva meglio, poté scorgere forse le intenzioni che aveva, o una delle sfumature. Era finto, riusciva a riconoscerlo, ma era profondamente scaldante lo stesso. Si ricordò improvvisamente del sorriso che lei aveva rivolto alla sorella, dentro la cattedrale di due anni prima... era esattamente uguale. Era lo stesso identico sorriso che aveva dato alla bambina, mentre le diceva falsamente che tutto sarebbe andato bene. Avevano visto morire i loro genitori, Beatris si era fatta carico della sorellina che oltretutto non stava molto bene allora, ma non era sembrata appartenente a quel luogo di disperazione. In mezzo ai pianti e al dolore, lei aveva sorriso così intensamente che era riuscita a far addormentare con dolcezza la sua sorellina. Quel sorriso era come un abbraccio che dava a chi aveva a fianco, forte abbastanza da nascondere il proprio dolore e quello degli altri.
«Ma tanto questo mondo farebbe schifo in qualunque modo, e allora tanto vale provare a fare qualcosa per cambiarlo, no? Evitare di vivere passivamente...» si strinse nelle spalle con timidezza, diventando come una piccola bambolina. Poi si distese e cambiò di nuovo espressione, tornando a essere più spensierata e serena. «E tu perché sei qui?»
«Io...» mormorò Reiner, tornando a guardare il proprio pasto. «Voglio salvare l'umanità».
«Davvero?!» Beatris si appoggiò al tavolo e si sporse più verso di lui, curiosa di guardarlo in volto. «Incredibile!» disse con sincera ammirazione. 
«Lo trovi così incredibile? Sono in molti qui dentro a dire una cosa simile» ridacchiò Reiner, continuando a mangiare.
«Sì, ma è la prima volta che qualcuno lo pensa davvero».
«Come fai a dire che io lo pensi davvero?»
Ancor Beatris alzò le spalle: «Te lo leggo negli occhi. Hai qualcosa che ti brucia dentro, al contrario di molti che sono qui».
«Non credo di essere così diverso da loro». 
«Sì, invece... la maggior parte qui dentro lo dice solo perché è ciò che ci viene insegnato fin da piccoli, che i soldati hanno il compito di salvare l'umanità. È ciò che ci dicono per spingerci ad arruolarci, ma nessuno lo crede davvero. Tutti, nel loro piccolo, sono mossi solo dall'egoismo di provare a diventare qualcuno ed essere rispettati... o magari sono pazzi psicopatici che credono di poter uccidere tutti i giganti a mani nude» ridacchiò, prima di chiedere: «Hai conosciuto, Eren, no?»
«Ha una bella determinazione, non dovresti denigrarlo».
«Non lo sto denigrando! Ma è pazzo lo stesso... noi abbiamo visto con i nostri occhi ciò che fanno i titani, eppure questo l'ha reso più determinato di prima. Io, sinceramente, ne sono abbastanza terrorizzata».
«Hai paura dei titani?»
«Mi fanno venire gli incubi» e rabbrividì, platealmente.
«Mi chiedo ancora perché tu sia qui...» e, senza volerlo, gli scappò un sorriso. Era tutto una contraddizione, ma non riusciva a leggere in lei nessun tipo di malizia. Sembrava solo una profonda ingenuità, di quelle genuine, di quelle piacevoli. 
«Me lo chiedo anche io, forse sono pazza pure io, chissà» alzò le spalle e scoppiò a ridere, divertita. 
«Per che cosa state ridendo?» chiese Bertholdt, raggiungendo i due in quel momento. Si sedette di fronte a Reiner, e iniziò a mangiare la propria porzione in loro compagnia. 
«Stavamo prendendo in giro Eren» spiegò Beatris, allegra come una bambina.
«E perchè?» chiese Bertholdt, sorpreso. 
«Per le craniate che ha tirato in terra stamattina! L'hai visto?!»
«Ho visto anche le tue di craniate, se è per questo» sogghignò Bertholdt, divertito nel sentirla ridere degli stessi drammi che anche lei aveva vissuto. 
«Oh, dai!» sbuffò lei. «Reiner non c'era, non le ha viste, non farmi passare per un idiota». 
«Le ho viste» disse Reiner, mangiandosi l'ultimo boccone di pane. 
«Cosa?! Come hai fatto? Stavi facendo il percorso di Shadis».
«Posso allenarmi e guardarmi intorno contemporaneamente, sai?»
«Oh, no, che figuraccia...» mormorò lei, inclinando la testa verso il basso.
«Te ne preoccupi solo ora? Di quello che hanno pensato anche il resto dei cadetti, fino a poco fa non sembrava interessarti» disse Bertholdt. 
«Bertholdt invece sembrava a suo agio» sospirò Beatris, cambiando il soggetto delle loro attenzioni. 
«Non è stato facile nemmeno per me».
«Però non sei caduto nemmeno una volta».
«E tu, Reiner? Sei riuscito a restare in equilibrio?» chiese Bertholdt e Reiner semplicemente annuì.
«Anche tu?!» chiese Beatris sorpresa, prima di sospirare e abbattersi. «Sembra che io sia l'unica incompetente qui dentro, insieme a scemo-Eren».
«Non devi abbatterti subito, era solo la prima lezione, hai tempo per esercitarti» provò a rincuorarla Reiner. «L'importante è andare sempre avanti, se ti fermi subito non arriverai mai da nessuna parte. Cerca di imparare da Eren a essere determinata come lui».
«D'accordo! Ci proverò» e ancora sembrò assurdamente sincera. Era davvero bastato così poco a tirarle su il morale? Non si era impegnato nemmeno troppo, erano bastate poche parole. Quanto poteva essere così genuina?
«Hai visto, Beatris? La giornata di digiuno non ha intaccato minimamente Reiner» le fece notare Bertholdt, prima di voltarsi verso il compagno e spiegare: «Era preoccupata per te, oggi».
Reiner non rispose, ma ancora sentì quella piacevole e bizzarra sensazione di calore nascergli dal petto e invaderlo completamente. 
«Il nostro Reiner è una vera roccia, è difficile riuscire a buttarlo giù» disse Bertholdt.
«Incredibile» disse ancora lei, tornando a guardare il ragazzo con una vivace ammirazione. Sobbalzò appena, ricordandosi di qualcosa, poi si sporse verso Reiner e portandosi una mano intorno alla bocca per non farsi leggere il labiale da Bertholdt gli sussurrò vicino a un orecchio: «Ora sarà fredda. Se vuoi distraggo Bertholdt così puoi tirare un morso a quella carne».
Reiner sgranò gli occhi, preoccupato su quale altro pasticcio avrebbe improvvisato, e si voltò a guardarla pronto ad ammonirla. Ma lei non aspettò alcuna risposta. 
«Bertholdt!» disse a gran voce, prima di salire sul tavolo. Gattonò in mezzo ai due ragazzi, in modo da nascondere Reiner dietro la sua schiena, e si sedette lì, sul tavolo, a gambe incrociate. 
«Che fai?!» le chiese Bertholdt allarmato. 
«Ascoltami! Tu hai mai sentito parlare della megera del nord?»
«Di chi?» storse il naso Bertholdt. «Scendi dal tavolo, prima che ti vedano!»
«La megera del nord! Te la racconto io, è una bella storia!» si portò una mano dietro la schiena e mostrò a Reiner il pollice alzato, a dargli l'ok. Puntò lo sguardo in quello di Bertholdt e iniziò a raccontare: «Dunque, c'era una volta...» ci pensò pochi istanti, poi disse decisa: «Una donna dai lunghi capelli corvini e lo sguardo freddo come il ghiaccio».
«Stai parlando di Mikasa?»  chiese Bertholdt, increspando le sopracciglia. Beatris sobbalzò e arrossì lievemente, imbarazzata per essere stata scoperta. Ma doveva prendere tempo, perciò insisté: «No! Ascolta! C'era questa donna dalla bellezza sopraffina a la forza di un titano che un giorno arrivò a casa di un uomo scemo e incoscente. La strega del nord era abituata a fare maledizioni, ma quella volta fu lei ad essere maledetta! Rimase completamente stregata dal fascino dell'uomo scemo, per chissà quale ragione, e da allora iniziò a seguirlo come un'ombra».
«Non so perché tu mi voglia raccontare questa storia, ma dovresti davvero scendere dal tavolo» provò a insistere Bertholdt, preoccupato che Shadis avesse potuto scoprirla e tentare di punirla ancora. 
«Aspetta! Ascoltami attentamente...» 
Bertholdt, sempre più confuso, si sporse oltre Beatris per cercare lo sguardo di Reiner, ma lei fu rapida nel mettersi di nuovo in mezzo, sporgendosi dallo stesso lato. «Lo sai che in realtà le strega del sud era una ragazzina?» insisté.
«Non era la megera del nord?»
«Si spostava!» provò a rispondere lei, arrossendo di nuovo per la gaffe. Sentì del movimento alle sue spalle e Reiner si sollevò dalla panca. Mise una mano sulla testa di Beatris, spingendola più verso il tavolo così da riuscire ad aprirsi una breccia verso Bertholdt, e si sporse in avanti. Allungò l'altro braccio verso di lui e gli posò davanti un tovagliolo che avvolgeva qualcosa. «Sei davvero terribile a inventare scuse» le disse, prima di aggiungere: «Tieni, Bertholdt. È un regalo da parte sua, non farlo vedere a nessuno».
«Ma era un regalo per te!» sobbalzò Beatris, cercando di guardare Reiner da oltre la propria spalla. Bertholdt aprì il tovagliolo e trovò un pezzo di carne ormai tiepido ad aspettarlo. Sobbalzò, richiuse il tutto e se lo nascose al petto. «Dove l'hai presa?» sussurrò preoccupato.
«Dove non doveva prenderla» rispose Reiner, per lei. «Ma ormai metà è già dentro al mio stomaco, tanto vale farla sparire del tutto».
«Ti è piaciuta?» chiese Beatris, illuminandosi nello scoprire che Reiner aveva veramente approfittato del suo diversivo per gustarsi il suo regalo, almeno in parte. 
«Cielo, non mangiavo carne da una vita» sospirò Reiner, tornando a sedersi al suo posto. Non era stata una vera risposta, ma era bastata a far capire a Beatris che aveva decisamente apprezzato. Questo la riempì ancora più di felicità, per quanto fosse potuto essere possibile. «Allora, mi perdoni per questa mattina?»
«Non avevi niente da farti perdonare, è stata una mia scelta quella di proteggerti. Ti eri beccata una punizione già il giorno prima, non sarebbe stato conveniente per te prendertene un'altra».
«Sei davvero molto gentile, Reiner» gli sorrise ancora, ma questa volta non sembrò uno di quei sorrisi finti utili solo a rincuorare chi aveva accanto. Si era raddolcita, gli occhi le splendevano, era veramente grata e sincera. E fu proprio questo a scuotere ancora l'animo di Reiner... lui davvero poteva sembrare una persona gentile? Proprio lui?
«Beh, immagino che non ci sia altra scelta adesso se non farla sparire» commentò Bertholdt, nascondendo il fagottino sotto la propria maglietta.
«Ti conviene mangiarla ora, o dopo sarà troppo fredda» gli suggerì Beatris.
«Ora c'è troppa gente intorno, non voglio cacciarmi nei guai come voi due».
«Ti copro io!» disse ancora Beatris e Bertholdt sussultò: «No! Non importa! Grazie».
«Anche tu pensi che non sia capace di inventare buone scuse?» si rattristì, ma Bertholdt non le rispose, semplicemente ridacchiò imbarazzato. 
«Il tuo pezzo sei già riuscita a mangiarlo?» chiese Reiner, curioso. 
«Ah, no, io non l'ho mangiata» rispose lei. 
«Hai reso me l'unico peccatore?!» sussultò Reiner.
«Possiamo dividerla, te ne do un pezzo di questo» propose Bertholdt ma Beatris lo fermò e gli rivolse uno dei suoi finti sorrisi di conforto. «No, io non la voglio. Tenetela per voi».
Non fa niente, non ho fame.
La stessa identica scusa che aveva rivolto a Mikasa, quando aveva rifiutato il pane per lasciarne il più possibile ai suoi amici. Allora, non aveva dato tempo a Mikasa di aggiungere altro, di rispondere, ed era fuggita via. Si aspettò che lo facesse di nuovo, non sapeva perché, eppure andò proprio così.
«Ora che ci penso non ho ancora cenato! Vado a vedere se è rimasto qualcosa nelle cucine» e saltò giù dal tavolo, rapida, prima di scappare via e non dar tempo a loro di aggiungere altro. Non era capace di inventare scuse, ma sapeva fuggire via prima che qualcuno la spingesse a provare a farlo. Era comunque una buona tattica, anche se lasciava un po' con l'amaro in bocca. Non dava neanche modo di provare a parlarci. 
Reiner incrociò le braccia al petto e tornò nuovamente serio e pensieroso. Bertholdt, di fronte a lui, guardò per un po' Beatris che si allontanava prima di rivolgere uno sguardo preoccupato all'amico di fronte a lui. «Sei sicuro di quello che stai facendo?» gli chiese, restando sul vago, dato il luogo in cui si trovavano. 
Quella Beatris si era aperta un varco tra loro, aveva provato a familiarizzare e Reiner sembrava disposto ad accoglierla a braccia aperte. L'aveva assecondata molto, fin da quella mattina, non era certo che fosse la scelta migliore visto il fardello che si portavano sulle spalle.
«Fare qualche amicizia ci aiuterà a familiarizzare con questo posto. Ci renderà il soggiorno più facile».
Bertholdt sospirò ancora, poi annuì. Sapeva cosa stava cercando di dirgli Reiner: dovevano confondersi con i demoni di Paradis, fingere di essere come loro, fingere di essere due di loro, così da riuscire ad arrivare alle informazioni che cercavano e portare a termine la loro missione. Familiarizzare con quei demoni li avrebbe resi invisibili, avrebbe destato meno sospetti, sapeva che aveva ragione. Ma sarebbe stato comunque molto difficile, un singolo passo falso li avrebbe fatti scoprire subito. Dovevano fare attenzione, anche se quella Beatris sembrava abbastanza ingenua. Probabilmente non sarebbe mai stata un pericolo, non avrebbe scoperto le loro reali identità neanche se ce le avesse avute davanti... forse per quello Reiner l'aveva scelta. Decise perciò di fidarsi. Avrebbe provato anche lui a diventarle amico, così da non destare troppi sospetti. Era la cosa migliore.



   
 
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