"Every
man has his secret sorrows which the world knows not;
and
often times we call a man cold when he is only sad."
-
Henry
Wadsworth Longfellow
-
Children
of Gods
Pesante
è la corona, avvelenato il trono.
Stuart
guarda negli occhi la donna che è chiamato a servire - una
ragazza di appena diciannove anni.
"Sushestvovanie."
le risponde, chinando il capo "Una piccola isola sperduta a nord
del regno."
"Un
protettorato della Locusta."
È
gelida la sua voce, vetro rotto e metallo sbeccato.
Stuart
deglutisce, reprime l'istinto di arretrare.
"Sì,
mia signora."
Un
fruscio distante; rosso e nero che grondano
- occhi che lo studiano con un'intensità violenta.
"Perché
sei qui, Stuart?"
"Per
servirla, mia signora."
"Non
ripeterò la mia domanda un'altra volta, vecchio."
Ha
solo dieci anni più di lei, Stuart, ma la vita dell'isola
gliene ha regalati almeno il doppio.
Il
trono è vuoto, ma lei vi siede vicino comunque - alla destra,
il posto della regina.
Stuart
inspira, chiude gli occhi - li riapre.
"Perché
credo nella corona, mia signora."
Silenzio.
Stuart
rialza il capo, la fissa - un uomo che ha già deciso la sua
condanna.
"Perché
la Locusta consuma,
il Serpente uccide:
ma nessuna morte è uguale all'altra."
Alex
tamburella le dita sul bracciolo intarsiato, lo soppesa.
"E
io non ho mai desiderato consumarmi
e
basta, mia signora."
Silenzio.
"Moriresti
per la corona, Stuart?"
"No."
Un
sopracciglio alzato; una scintilla divertita sul fondo di quegli
occhi trasparenti.
"Solo
per lei, mia signora."
Alex
si reclina all'indietro, accavalla le gambe sotto la gonna - sorride.
"Oh,
questo lo vedremo molto
presto, Stuart."
Consegnarsi
alla Serpe è una promessa dalla quale è impossibile
tornare indietro.
Il
ritratto di Spencer lo fissa da una parete umida, in ombra.
Un
viso scavato dalla malattia, scuro sotto gli occhi - cadente.
Stuart
appoggia la mano sulla pietra, la ritrae bagnata e sporca - una
sostanza simile al fango.
"È
l'assenza di luce." lo interrompe la voce di Alex.
Si
volta, e lei è lì - una statua bianca e oro.
Alexandra
Wesker indossa un paio di pantaloni in seta nera, ai piedi cuoio e
argento.
Un
abbigliamento non consono al suo rango, al suo sesso.
In
un mese Stuart ha imparato molto di lei - delle sue abitudini.
Combatte,
Alexandra
Wesker: contro tutti.
Rifiuta
il ruolo imposto per lei, la nicchia in cui la storia vuole
relegarla.
Si
avvicina, incrociando le braccia al petto.
"Uroboro,
lo chiamiamo." e allunga due dita verso il muro "Prende il
suo nome dalla pelle del serpente che popola Raccoon."
Nero
e
nero, la sostanza le cola tra l'indice e il medio - le avvolge,
ne diventa parte.
"Tossica."
continua, e abbozza un sorriso "Si dice che solo chi possiede
sangue di serpente ne sia immune."
Stuart
le rivolge uno sguardo in tralice, ascolta - osserva.
Alex
si volta verso di lui, alza le dita nella sua direzione - le apre,
filamenti
nerastri e appiccicosi, che possiedono una debole luminescenza nella
semioscurità del corridoio.
"Una
leggenda: un mito per rafforzare il potere della corona."
Stuart
la fissa negli occhi - non arretra.
"Tutte
le storie hanno un fondo di verità, mia signora."
Alex
inclina il mento verso destra, indurisce lo sguardo.
"Tutte,
Stuart?"
Un
terreno fragile; scivoloso.
"Tutte,
mia signora."
Alex
chiude la mano a pugno e snuda i denti in un sorriso da lupo.
È
un grumo di segreti, Alexandra Wesker.
È
una donna intensa,
di quelle che fanno tremare le vene nei polsi e distruggono.
Stuart
fissa il letto vuoto - intatto.
Appoggia
il vassoio della colazione sul tavolino vicino, un delicato intreccio
di legno nero e bruno.
Studia
le pellicce ancora piegate sul fondo, le lenzuola perfettamente
stese.
Click.
Si
volta - la vede.
"Mia
signora."
Indossa
ancora gli abiti del giorno prima, Alex; un vestito rosso che
sanguina a ogni passo, lungo il corpetto rubini e fili d'oro.
Capelli
sciolti sulle spalle, sopracciglia aggrottate, Alexandra Wesker
stringe al petto un fagotto di stoffe e pelo, tra le dita una collana
da cui pende la testa del serpente.
"Non
dovresti essere qui."
Stuart
rimane immobile, la osserva camminargli attorno con circospezione -
sospetto.
"Gli
Ashford arriveranno tra un'ora, mia signora; ho pensato fosse meglio
prepararsi."
"Quanto
zelo."
"È
il mio dovere."
Alex
libera una risata asciutta, derisoria.
"Uhm."
replica, e Stuart intravede
-
segni che non dovrebbero esserci, impronte violacee e arrossate lungo
il collo, sulle spalle.
"Il
tuo dovere." ripete, lasciando scivolare le stoffe sul letto -
la sua interula, un velo di mussolina, il mantello scuro.
"Nulla
di più."
Alex
gli rivolge uno sguardo in tralice, e a Stuart sembra quasi di
sentire mani piccole e invisibili che squarciano
-
rovistano e cercano.
Stuart
sposta il peso da un piede all'altro, raddrizza la schiena.
"Posso
mandare a chiamare Cindy, se vuole."
Una
smorfia: una piega irritata che le arriccia le labbra.
"No."
"Dovrebbe
essere ancora nelle cucine."
Alex
solleva lo sguardo, occhi artici - spietati.
"Non
credo."
Stuart
annuisce, china il capo.
Ogni
storia possiede, alla fine, la sua verità.
Stuart
ha incontrato il re più di chiunque altro.
È
sempre al fianco della sorella, un ragazzo
uomo di ventidue anni.
Spalle
larghe, un viso spigoloso, durissimo: Albert Wesker è un re
impopolare, al momento.
Compie
scelte azzardate (il
potere è di chi se lo guadagna, non di chi lo eredita)
e non esita a sporcarsi le mani - a combattere nella rena contro i
suoi oppositori.
"Il
Nord non è dalla sua parte, sire."
Wesker
lo considera a malapena, continua a camminare.
"Sushestvovanie
era già dubbiosa nei suoi confronti prima che partissi, adesso
lo sarà anche di più."
Alex
è un'ombra al suo fianco, un profilo teso e nervoso.
"Carla
chiede quello che Spencer le aveva promesso."
"Simmons,
vuoi dire." intercala Alex.
Stuart
annuisce, si strofina il polso.
"Non
lo avrà." ribatte Wesker, svoltando verso le proprie
camere.
"Potrebbe
scatenare una guerra il suo rifuto, sire."
Gli
occhi del re lo cercano, e sono una tempesta di ghiaccio e acciaio.
"Un
terzo delle nostre terre gli ha promesso quel folle di nostro padre.
Se ci aggiungiamo il matrimonio suggerito con Lansdale - servo
di Simmons, su questo non c'è alcun dubbio - e le miniere noi
non avremo più niente."
Wesker
si ferma, gli alamari in argento che raccolgono la luce dei bracieri.
"La
corona ha pochi uomini, sire."
"E
troppe armi." replica Alex "Ma non siamo ancora in un
vicolo cieco, Stuart."
"Gli
Ashford non sono degni di fiducia."
Alex
abbozza un sorriso, inclina il mento verso di lui.
"Concordo;
ma non stavo parlando di loro."
Stuart
la guarda e comprende.
"E
così il Nord è agitato,
eh?"
William
Birkin: diciannove anni, un pugno di capelli biondi spettinati -
l'irrequietezza del genio negli occhi, lungo le membra.
"Così
pare." lo apostrofa Wesker, e Will sorride, lanciando in alto
una mela e riafferrandola poi a mezz'aria.
"Sai,
non pensavo avresti chiesto il mio aiuto."
Silenzio.
Birkin
ne stacca un pezzo, comincia a masticare rumorosamente.
"Voglio
dire... dopo l'ultima volta che ti ho beccato... ecco... lo
sai."
"Come
sei pudico, Will." ed è Alex a parlare, una piega ambigua
sulle labbra.
"A
fottere
con tua sorella;
puoi anche dirlo, non credo ci sia più alcun bisogno di
nasconderlo."
Will
deglutisce, il boccone di mela che quasi
lo soffoca.
"Dèi,
quanto sei volgare, Alex."
"Dico
solo la verità, Will."
e si sta divertendo, Alex; trova il tutto... esilarante.
Wesker
le rivolge un'occhiata d'ammonizione, viene ignorato.
Birkin
appoggia la mela sul tavolo, si pulisce distrattamente le dita sulla
tunica.
"Avrai
il mio appoggio, Al. E anche quello dell'est, se ti serve. Luciani è
un brav'uomo, in fondo. Limitato, ma abbastanza fedele alla corona da
non tradirla."
"E
cosa mi dici dei Redfield?"
Will
si morde il labbro, grattandosi una tempia.
"È
da poco nata la loro secondogenita; un uccellino rachitico che hanno
chiamato Claire. Il figlio maggiore, Chris, vuole diventare un
cavaliere della Guardia Reale un giorno."
Wesker
ride,
ed è un suono breve, asciutto.
"I
Valentine possiedono pochi uomini, ancora meno terre, ma credono
in quello che stai facendo."
"Ovviamente."
ribatte Alex, sfiorando con gli occhi un pugno di fragole "La
loro unica figlia è femmina; la nuova legge emanata da Albert
permette a chiunque
di
salire al potere, donne comprese. Una questione di merito, non di
sesso, alla fine."
"Una
scelta saggia."
"Una
scelta impopolare al Nord."
Will
si esibisce nella parodia di un inchino, sorride.
"Touché,
mio re."
"L'ovest?"
Will
alza le sopracciglia, emette un verso lamentoso.
"Proprio
in questi giorni si sta combattendo una guerra silenziosa all'interno
della corte degli Alomar; il signore del feudo è morto, ma non
vogliono la moglie come reggente, e la bambina ha solo un anno.
Annette dice che è da stupidi."
"Annette
ha ragione." replica Alex, le dita che tamburellano sul
bracciolo della sedia.
"Lo
so. A proposito: tra due mesi mi sposo, e siete invitati. Un re fa
sempre la sua figura a eventi di questo genere."
"Il
sud?" prosegue Albert, massaggiandosi la fronte.
"Burton?
Ha due figlie femmine, tu cosa dici?"
Alex
si decide a prendere un paio di fragole, sospira.
Wesker
si appoggia con il fianco al bordo del camino, le fiamme che ne
delineano il profilo, la linea fibrosa delle cosce fasciate di nero.
"Ho
la tua parola, Will?"
Birkin
indurisce lo sguardo, e non è più un ragazzino - no,
ma il terribile
uomo che vent'anni dopo distruggerà un regno intero in nome di
quella promessa.
"Sempre,
Al."
Il
destino è un mostro che combatteranno insieme.
Soli:
di nuovo - ancora, sempre.
Alex
osserva le fiamme spegnersi, morire.
Scivola
nel buio la stanza, contro il suo corpo Albert.
"Credo
che Stuart sospetti."
Le
cerca la bocca in un bacio umido, scomposto; affamato.
"E
questo sarebbe un problema, sorella?"
Alex
ride contro il suo petto, lo percorre con la lingua e i denti.
"No."
e scende - blandisce, stringe,
fino
a quando non è umido tra le sue dita, supplicante.
"Vuoi
che se ne vada?"
Che
diventi polvere e nulla?
Alex
sembra rifletterci sopra mentre Wesker le sfiora la linea pulsante
della carotide con le labbra, la piega del seno - morde,
strappandole un guaito sorpreso.
Le
schiude le cosce, percorre la sua voglia con il pollice - movimenti
esigenti, voraci.
"Vuoi,
Alex?" insiste, e preme
-
ascolta i suoi gemiti, li osserva essere soffocati contro la sua
pelle, dalla sua bocca.
La
rovescia tra lenzuola rosse, una curva pallida che si flette,
e lo invita - lo accoglie.
"Potrei
lasciarlo ferito in mezzo alla foresta."
Alex
gli artiglia una spalla, si solleva sui gomiti.
"Potrei
farlo divorare dai lupi."
Pianta
i talloni sul fondo del letto, preme
-
costringe un re alla resa tra le sue cosce, al suo desiderio.
Wesker
intreccia le dita nei capelli umidi della nuca di Alex, strattona
-
percepisce le sue labbra staccarsi dalla spalla e il filo di sangue
che ne segue.
Ed
è selvatica, Alex: un animale in caccia.
È
libera mentre s'inarca all'indietro, i denti candidi scoperti in una
risata senza suono, piena di sangue e voglia.
"Potrei
ucciderlo e basta,
Alex."
Alex
lo fissa da sotto palpebre pesanti e socchiuse, ruota i fianchi - un
movimento improvviso, che lo spinge sempre più vicino, sempre
più lontano.
"Non
ancora." risponde, e non ha vergogna mentre si lascia sollevare
di peso dal letto - la schiena contro la parete nuda della stanza,
che sfrega a ogni
spinta,
ogni
ansito.
"Potrebbe
rivelarsi più utile del previsto." riesce a mormorare
prima che l'orgasmo la spezzi
- la bocca di Albert attorno all'areola che affonda e
morde e
strappa e...
Ah.
Wesker
viene,
cattura il grido di Alex con la mano - lo ascolta spegnersi in un
sospiro languido, quasi indolente.
Un
braccio attorno alla vita, a sostenerla: le sue dita tra le labbra -
a saggiare la propria voglia, la propria indecenza.
Alex
chiude gli occhi e si lascia condurre dal suono di un cuore che batte
allo stesso ritmo del proprio.
Alex
ha compiuto vent'anni.
Non
ha voluto festeggiamenti (il
regno è troppo instabile,
aveva detto) ma Stuart ha colto in lei una fragilità giovane,
nascosta.
Non
si è ancora vestita e rotola dall'altra parte del letto,
ignorandolo.
"Non
mi va."
Stuart
intreccia le dita tra loro, paziente.
"Mia
signora, non vorrei sembrarle pedante..."
"Lo
sei." lo interrompe, ma non c'è cattiveria nella sua voce
- una nota che si era spenta già da un paio di mesi.
"I
Birkin saranno qui tra due ore."
"Mi
hanno visto anche peggio."
"Ma
lei non vuole dare l'impressione di una donna trascurata, no?"
Silenzio.
Alex
sospira, esce dal groviglio di pellicce in cui si era raggomitolata e
si siede sul letto.
"No."
ammette "È che non mi piace molto questo giorno."
"È
uno dei tanti, mia signora."
Alex
lo studia in tralice, si sposta una ciocca di capelli dalla fronte.
Stuart
si siede, composto - si schiarisce la voce.
"A
Sushestvovanie avevamo un'usanza: se era un maschio a compiere gli
anni, venti, nel particolare, lo si lasciava da solo nella fitta
boscaglia per una notte, in attesa che catturasse il suo primo orso."
Alex
incrocia le gambe sotto di sé, lo ascolta.
"Se
era femmina, le si regalava il primo, e unico, probabilmente, vestito
in seta."
Stuart
posa lo sguardo su una ciotola di mandorle, aggrotta le sopracciglia.
"Pochi
facevano ritorno dalla foresta; e ancora meno ragazze superavano
l'inverno per poter indossare l'abito alla primavera successiva."
Alex
stropiccia l'orlo del lenzuolo, si passa la lingua sulle labbra.
"Il
Nord è un problema, Stuart."
Le
rivolge uno sguardo consapevole, quieto.
"Lo
so. Me ne sono andato proprio per questo motivo. Non c'è nulla
al nord che non sia neve e disperazione."
"Lansdale
sta facendo pressioni, e con lui il figlio. Simmons appare
disinteressato, ma so bene che dietro quella brutta faccia c'è
un cervello raffinato."
Alex
emette un verso frustrato, si sfrega il viso con entrambe le mani.
"E
Carla è una stronza tenace, fedele all'uomo che ha scelto di
amare."
Stuart
trattiene un sorriso a quello scoppio di rabbia, perché nel
tempo che ha trascorso al fianco di Lady Alex ha scoperto che
l'imprecazione rientra nel suo vocabolario quotidiano.
"Come
lei, mia signora."
Alex
s'immobilizza, sposta solo gli occhi nella sua direzione, gelidi.
"Come
hai detto, prego?"
Stuart
non si scompone, porgendole invece un bicchiere di latte.
"Come
lei, d'altronde, mia signora. Non ho dubbi che quando troverà
l'uomo giusto - e non un signore deciso dalla politica - gli sarà
fedele fino alla morte."
Alex
assottiglia le labbra, lo soppesa - dubbiosa.
"Uhm."
ribatte, accettando il bicchiere che le porge "Sai che sono
votata ai Cinque Deì, no?"
"Certo,
mia signora."
"E
che solo il re può liberarmi da tale voto."
"Ovviamente,
mia signora."
"E
che il mio corpo è un tempio."
"Il
più sacro, mio signora."
Alex
lo fissa da sopra il bordo del bicchiere, piega un angolo della bocca
verso l'alto.
"Forse
non sei stata una scommessa poi così
azzardata,
Stuart."
Stuart
sorride, china leggermente il capo.
"Lieto
di sentirglielo dire, mia signora."
Alex
beve un sorso di latte e ride.
Carla
è una ragazza nervosa.
Non
deve avere più di qualche anno di Lady Alex, eppure nei suoi
occhi Stuart legge un tormento antico, profondo.
Gambe
magre, un viso tagliato dalla luce morente del sole; Carla Radames
mostra la stessa grazia dell'animale che rappresenta, la Locusta.
Si
strappa le pellicine dalle dita una per una, lascia che sanguinino
sui guanti bianchi.
"Quando
ci riceverà il re?" domanda, ed è acuta la sua
voce, gracchiante sulle ultime sillabe.
"Presto."
la rassicura Stuart, e sposta lo sguardo su Simmons, un giovane uomo
i cui occhi non trovano pace.
Osserva
Derek toccarle appena un braccio, ammonirla.
Carla
annuisce, inclina il mento a destra - pelle sottile, che assomiglia a
pergamena invecchiata.
"Carla
Radames. Derek Simmons."
Entrambi
si voltano, flettendosi sulle ginocchia.
"Sire."
Albert
Wesker prosegue verso il trono, compie un gesto vago con la mano.
"Alzatevi."
dice, e Stuart coglie un moto d'irritazione negli occhi di Carla
quando Alex si siede al suo fianco.
"Dunque?"
chiede, e si reclina leggermente all'indietro "Avete chiesto
udienza per...?"
"La
promessa che ci aveva fatto vostro padre, sire."
Wesker
non mostra nulla, né sorpresa né fastidio.
"Vorremmo
che fosse mantenuta."
"Sulle
basi di cosa, Simmons?"
"La
sua parola. L'onore di un re."
Wesker
arriccia le labbra in un sorriso sgradevole, tamburella con le dita
sul bracciolo.
"Non
esiste documento scritto di ciò che chiedi, Derek."
"Mette
forse in dubbio la mia lealtà, sire?"
Wesker
scopre i denti, brilla
sul
fondo della pupilla una scintilla divertita.
"Mai,
Simmons."
Bugiardo.
"Allora
ciò che dico dovrebbe bastarle."
"Ma
non
può."
Carla
scatta in avanti, compie un mezzo passo.
"Vostro
padre ci aveva assicurato un terzo delle terre attorno a Raccoon."
Derek
la trattiene per un polso, stringe le labbra.
"Carla."
"Lasciatela
parlare." interviene Alex, e si sporge in avanti "È
un suo diritto."
La
Radames strattona,
si massaggia il polso offeso.
"Vogliamo
quelle terre."
"Non
potete averle." replica il re, gelido.
"Ci
sono state promesse."
"Continui
a ripeterlo, ma non ne hai le prove."
"Tu
non
dovresti essere qui."
Silenzio.
Stuart
respira appena, Derek crolla in ginocchio.
"Sire,
perdonatela. La perdita del bambino è stato un lutto terribile
da sopportare per Carla e il medico di corte ha detto..."
Alex
ride.
Simmons
rialza lo sguardo, stordito - incredulo.
Il
re abbozza un sorriso, gli rivolge un'occhiata sardonica.
Alex
ride,
e si spegne in un quieto mormorio quel suono, colpisce
Carla
come uno schiaffo in pieno volto.
"Oh,
Carla." inizia, e si alza, avvicinandosi - dietro di sé
un nastro di sangue e oro.
Alex
la fronteggia senza alcuna paura, alza un sopracciglio - piega le
labbra in una smorfia derisoria.
"Non
avrai quelle terre, locusta:
rassegnati."
Si
rivolge poi a Simmons, le spalle tinte di rosso dal sole morente.
"Riportala
a casa, Derek; tornate nel vostro bel castello, circondati dal
silenzio della neve e dalla sua quiete. Qui non c'è niente per
voi."
"Non
siete la regina." bercia Carla, e Simmons trattiene l'impulso di
assestarle un manrovescio su quella bocca maledetta.
"No."
ne conviene Alex "Ma nemmeno voi."
Derek
cerca gli occhi del re, trova una landa sperduta e fredda - un nulla
che gli svuota il viso.
Arretra
lo Scorpione (per
questa volta)
aspetterà il suo momento (una
cuspide
gonfia di rabbia e livore.)
Il
Serpente si arrotola sulle proprie spire e non mostra alcun timore.
Ogni
mattina Stuart le porta la colazione in camera - latte, a volte
mandorle, fragole.
Ogni
mattina si chiude la porta intarsiata alle spalle e trova un letto
vuoto - intatto.
Ogni
mattina riattizza la brace che langue nel camino, fa finta di non
sentirla rientrare dai corridoi che scivolano sotto la pietra del
castello.
Ogni
mattina Alex butta un groviglio diverso di vestiti sulla poltrona, si
siede al suo fianco e discute delle ultime questioni del regno - a
volte tace, ascoltandolo in silenzio.
Ogni
mattina è una scena che si ripete - una quotidianità
che rassicura entrambi.
"Lady
Alex?"
Stuart
appoggia il vassoio sul tavolino in angolo, si avvicina al letto -
disfatto, bagnato.
"Lady
Alex, cosa...?"
Piegata
a terra, esangue,
Alex ansima - lo guarda con occhi vitrei, lontani.
Stuart
s'inginocchia alla sua altezza, le tocca la fronte, gli zigomi.
Alex
libera un conato strozzato, chiude le dita in pugni chiusi,
incidendosi la pelle tenera del palmo.
Ha
ventidue anni compiuti da tre giorni, Alex, quando la Febbre la
colpisce.
Ha
ventidue anni, e forse non vedrà il prossimo inverno.
"Vado
a chiamare il medico."
Alex
annuisce appena, si pulisce le labbra pallide con il dorso della
mano.
"Mio
fratello." mormora, e lo trattiene per l'orlo della tunica.
"Lo
informerò subito, mia signora."
Alex
tossisce, socchiude le palpebre.
Stuart
la riconosce per quello che è - oltre l'apparenza e la
maschera crudele con la quale attraversa la propria esistenza; una
ragazzina sola e spaventata.
"Non
c'è nulla che possiamo fare."
"Impossibile."
James
arretra leggermente alla furia repressa del re, tormenta la pezza di
cotone che stringe tra le dita.
"La
Febbre è una malattia il cui decorso dipende solo dalla forza
della persona, sire. Possiamo alleviare i sintomi con dell'estratto
di belladonna o la tosse con della bryonia alba, ma poco altro."
James
posa lo sguardo sulla sorella del re, deglutisce.
"Lady
Alex deve superare la crisi da sola, purtroppo."
Wesker
lo congeda con un gesto brusco della mano, gli dà le spalle.
Alex
è un profilo tragicamente pallido tra lenzuola che
assomigliano a un sudario prematuro.
A
Sushestvovanie era pratica comune.
Un'isola
piccola, dimenticata; un pugno di famiglie, sempre le stesse.
Sushestvovanie
si ergeva come un bastione di roccia e neve nel mezzo del mare del
Nord, un grumo denso e scuro di pietra e fitta boscaglia.
Tutto
moriva a Sushestvovanie, ma quello che sopravviveva era spietato
- distorto e feroce.
Stuart
osserva il re sedersi al fianco dellla sorella, ascoltarne il respiro
asimmetrico, debole.
"Ce
la farà."
Il
re tace, lo ignora.
"Lady
Alex non l'abbandonerà."
"Strana
scelta di parole." e ruggisce
la
voce del re, un predatore in gabbia.
"È
quella giusta, tuttavia."
Wesker
si porta le mani chiuse a pugno sotto al mento, gli rivolge
un'occhiata contrariata.
"Hai
la lingua lunga per essere un servo."
"Ho
anche un buon udito, sire."
Wesker
continua a fissarlo, immobile.
"La
corte mormora, sire."
"L'ha
sempre fatto."
"Sono
stati anni difficili. Scelte controverse."
"Il
regno non è mai stato più florido."
"Ricchezza
non sempre è sinonimo di soddisfazione."
Un
tuono scuote l'aria pesante della notte, scioglie
il silenzio.
"Le
casate mi sono fedeli."
"Per
quanto?"
"Il
necessario."
Stuart
inspira, gli porge un panno bagnato quando coglie Lady Alex
lamentarsi nel sonno.
"Il
potere è un fardello pesante, sire."
"È
tutto ciò che serve, Stuart."
Wesker
sfiora la fronte di Alex, le scosta una ciocca di capelli sudati dal
collo.
"Ma
non ha alcun valore se consuma se stesso, sire."
Wesker
si stropiccia le palpebre, libera un sospiro esausto.
"Vado
a prendere altra acqua: e del latte. Sarà una lunga notte."
Fuori,
la pioggia possiede lo stesso rumore del vetro infranto.
La
tempesta prende forza, percuote ormai Raccoon da ore.
Lady
Alex non accenna a migliorare, anzi:
la
febbre si è alzata e il re la veglia con occhi allucinati,
lucidi di sonno e fatica.
"Respira
troppo in fretta." dice, e sparisce nella sua mano quella
esangue di Alex.
"Sta
combattendo la malattia."
"Sta
perdendo."
esala il re, e per un attimo Stuart ha una premonizione - una
terribile
finestra sul futuro.
Lady
Alex, morta.
Il
re, solo.
Un
pugno di ferro implacabile, un cuore così
sfibrato
da distruggere e
stritolare
- un regno ridotto in ginocchio dal dolore di un singolo uomo.
Alex
apre gli occhi, confusi - vitrei.
"Alex."
la chiama il re, e si china verso di lei.
Lo
guarda - lo riconosce.
"Alex."
ripete, e per quanto possa essere imponente in quella lorica rostrata
e scarlatta è indifeso adesso il re, carne viva in cui sarebbe
ridicolmente
facile affondare e strappare.
"Vuole
bere qualcosa, mia signora?" le chiede Stuart, ma Alex lo ignora
- sorride, e mostra fili di sangue tra i denti, sotto la lingua.
"Albert."
mormora, e allunga le dita verso il suo viso - si solleva debolmente
sui gomiti.
Il
re la sostiene, le si aggrappa.
Gli
cerca la bocca Alex, non ha coscienza di dove si trova - di chi c'è
nella stanza oltre lei e suo fratello.
Wesker
intreccia le dita nei suoi capelli, la bacia senza alcuna incertezza
- infrange il suo respiro con il proprio.
Alex
richiude gli occhi, si lascia andare a un'incoscienza rovente e densa
- malata.
Il
re scivola al suo fianco, scostando lenzuola umide di sudore e fatica
- se la porta in grembo, lasciando che riposi contro il suo petto.
Le
accarezza la piega nuda delle spalle, la curva morbida del fianco.
Ha
venticinque anni, Wesker.
Ha
venticinque anni, una corona troppo pesante sul capo - un potere che
lo consumerà senza pietà.
Stuart
appoggia un calice di succo di mela vicino al letto, si siede nella
poltrona occupata prima dal re.
Tra
le sue braccia Alex è la stessa bambina spaventata di quindici
anni prima.
"Ti
farò uccidere." gli dice, è non c'è alcuna
inflessione nella sua voce.
"Lo
so, sire."
"Ma
prima ti romperò le ossa. Ti strapperò la pelle e la
cospargerò di sale. Ti farò mettere una mordacchia e
berrai il tuo stesso sangue fino a vomitare. Ti scioglierò
nell'olio bollente e solo dopo,
se sarai ancora vivo, ti ucciderò cavandoti gli occhi e
soffocandoti con essi."
Stuart
sa
che
il re sta dicendo la verità: può leggerlo nella postura
rilassata del suo corpo, nella morbidezza con la quale continua a
sfiorare la fronte di Alex.
"Una
giusta punizione per un traditore, sire."
Wesker
socchiude le palpebre, inclina appena il viso verso la finestra.
"Chiudi
le tende." gli dice, e Alex è scivolata verso il basso
durante la notte, il capo appoggiato sulle sue cosce "Sta
sorgendo il sole."
Non
voglio che questo giorno me la porti via.
Stuart
si alza, esegue; nel buio della stanza Alex è un respiro
incostante e flebile.
"Come
sta?"
Stuart
si asciuga le mani, inspira.
"Ha
superato la prima notte."
"Ne
servono almeno tre." ribatte Birkin, serafico.
"Lady
Alex è forte."
"La
Febbre di più."
Stuart
batte il palmo della mano sulla pietra, scuote la testa.
"Dovresti
preparare Albert a una simile eventualità."
Stuart
lo fissa - coglie una muta comprensione.
William
incrocia le braccia al petto, divarica le gambe.
"Non
mi freghi, vecchio;
non abbiamo tempo per questi giochetti. Entrambi sappiamo.
È immorale, e sbagliato. Bene, perfetto;
ma
nulla in questa merda di mondo è giusto. O sano,
per quel che mi riguarda."
Il
simbolo del falco cattura il sole del crepuscolo, giace pesante
attorno ai fianchi di Birkin.
"Albert
sta facendo tanto
per questo schifo di città. Scelte scomode, difficili. Le
casse del palazzo non gravano più come un tempo sulla
popolazione, e il potere sta diventando un merito, non un diritto."
Snuda
i denti il Falco, scrolla le piume in un gesto di sdegno.
"Questo..."
e gli porge una fiala piena di un liquido trasparente "Questo
può salvare Alexandra."
Stuart
la stringe tra le dita umide, lo fissa.
William
è un ragazzino che morirà senza invecchiare, un
visionario a cui mostri hanno riempito il cuore, la mente.
"Estratto
di Starway of the Sun."
"È
una pianta velenosa." obietta Stuart, stornando lo sguardo dalla
piccola fiala che riposa nel palmo della sua mano.
"Dipende
da come viene filtrata la sua linfa. Troppo poco, ed è letale.
Troppo, e diventa nulla più che una melma scura e
appiccicosa."
Nembi
grigi artigliano l'orizzonte, ombre che fanno sembrare il viso di
Birkin inumano - feroce.
"Funzionerà."
ripete, e vibra la sua voce - ruggisce.
Il
Falco ha appena sfidato il cielo e la sua legge.
"Merda."
è tutto quello Birkin che riesce a dire.
Alex
si è svegliata solo per ridursi a un grumo di pelle e sangue
piegato oltre il bordo del letto.
"Sta
peggiorando."
Una
voce vuota,
sottile come ghiaccio primaverile - altrettanto pericolosa.
"Un
bicchiere." chiede Birkin, e vi rovescia dentro il contenuto
della fiala.
Wesker
lo fissa compiere l'operazione con sguardo distratto, le mani lungo
la schiena di Alex, tra le sue scapole.
"Deve
berlo."
"Non
riesce."
"Deve."
tuona William, e prende il mento di Alex tra le dita.
Alex
ha occhi lattiginosi, i capillari della sclera spaccati - fili
rossastri che pendono inerti.
"Alex."
la chiama Birkin, ma lei non lo riconosce.
"Sta
morendo." lo interrompe Albert, e dèi,
quella voce - quel nulla
pieno di tutto
che
minaccia di schiacciarlo da un momento all'altro.
"No."
afferma William, rovesciandole la testa all'indietro e stringendole
le guance tra il pollice e l'indice "No, non lo farà,
Al."
Alex
ingoia il contenuto del bicchiere, contrae la gola in un conato -
Birkin è più veloce e le chiude la bocca,
costringendola a deglutire.
Il
corpo di Alex è scosso da uno spasmo che le fa arricciare le
dita dei piedi, un sussulto che la lascia poi inerte tra le lenzuola
disfatte.
Wesker
la fissa, respira in fretta - troppo.
"Se
muore..."
"Non
ho sbagliato." ribatte William, sicuro "Non lo farei mai,
Al."
Alex
sposta la testa prima a destra, poi a sinistra.
"E
adesso?" s'intromette Stuart, le mani congiunte tra loro come in
preghiera.
Birkin
si siede sul tappeto, passandosi le dita tra i capelli arruffati.
"E
adesso aspettiamo, vecchio."
Wesker
è immobile dall'altra parte del letto, copre Alex con una
pelliccia.
La
seconda notte è appena iniziata.
Stuart
si è addormentato.
Un'ora,
non di più; il tempo sufficiente perché quando si
svegli abbia un attimo di smarrimento.
Socchiude
gli occhi, deglutisce - gli sembra d'ingoiare sabbia e vetro.
"La
febbre sta calando."
Il
Falco.
"Il
polso è debole, però."
"Cosa
significa?"
La
Serpe, e la sua cieca furia.
"Non
ne sono sicuro; questa malattia è imprevedibile, Al. Uccide
alcuni, lascia dementi altri. In alcuni casi compromette gli organi
interni in maniera irrimediabile."
Stuart
inspira, espira; cerca di non fare alcun rumore.
"Una
notte. Una notte e sapremo, Al."
Il
destino di Raccoon City è nelle mani di una donna ancora
incosciente.
Il
mattino è impietoso con il re.
Il
Falco si è addormentato contro il bordo del letto, le mani in
grembo, il mantello drappeggiato sul petto.
È
al suo fianco, il re; occhi cerchiati di scuro, la schiena piegata in
avanti.
Stuart
nota qualcosa
muoversi sul fondo dell'iride, un tremolio costante e che ricorda
quello degli animali idrofobi.
"Sire."
e gli porge del pane d'avena "Oggi è previsto l'incontro
con l'erede dei Redfield: i genitori sono da poco morti a causa della
Febbre."
Silenzio.
"So
che preferirebbe evitarlo, ma è suo preciso compito portare
avanti le questioni del regno."
Wesker
tace, stringe la mano di Alex così forte da far sbiancare le
nocche.
"Sire."
lo richiama Stuart, e ottiene solo un'occhiata sfuggente - frenetica.
"Ci
pensiamo noi, Al." s'intromette la voce di Birkin, stanca.
Wesker
sospira tra i denti serrati, lascia andare la mano di Alex.
"Chi
ha preso il potere in assenza dei Redfield?"
"Nessuno,
sire: il figlio maggiore si è imposto alla corte e chiede il
suo beneplacito per mantenere il comando sulle proprie terre."
"Ha
tredici anni." ribatte William "È un bambino."
Wesker
si alza, gli occhi sempre su Alex.
"Un
bambino determinato." replica Stuart.
"Va
bene." li sorprende la risposta di Wesker "Chiamatemi se ci
sono dei cambiamenti."
"Sarà
fatto, sire."
Alex
è un fantasma nella sua stessa pelle.
Chris
Redfield si guarda intorno spaesato, smarrito.
È
tutto troppo
grande,
troppo scuro - così diverso
dal
palazzo dove è nato e cresciuto.
Il
simbolo del serpente spalanca le fauci verso di lui, la coda
arrotolata su se stessa, il corpo teso nell'atto di colpire.
Chris
inspira, si morde le labbra screpolate.
"Redfield."
lo apostrofa una voce pesante.
Chris
sobbalza, dimenticandosi d'inginocchiarsi.
Il
re alza un sopracciglio, aspetta.
Chris
sbatte le palpebre, confuso.
Per
un attimo rimangono così - immobili: il re con le mani lungo i
fianchi, Chris che cerca d'interpretare il suo sguardo, la sua
postura.
Sospira,
Wesker, e s'incammina verso il trono, sedendosi con un'eleganza
stanca.
"Mi
hanno detto che tuoi genitori sono morti."
Chris
annuisce, china il capo.
"Tre
giorni fa."
"Entrambi."
"Prima
mia madre, poi mio padre."
"Condoglianze."
"Grazie,
sire." e adesso
si
ricorda cosa doveva fare, Chris, e scivola in ginocchio - vi
si getta,
sarebbe meglio dire.
Wesker
scuote la testa, preme la radice del naso tra l'indice e il pollice.
"Alzati,
Redfield: è un po' tardi per gli ossequi."
Chris
borbotta una qualche scusa, gesticola frenetico.
"E
quindi hai preso tu il potere." lo incalza Wesker.
"Sì."
"Perché?
Potevi lasciare tutto nelle mani dei tuoi dignitari."
Chris
apre la bocca, la richiude - si schiarisce la voce.
"Non
voglio, sire. È tutto ciò che resta dei miei genitori:
inoltre devo occuparmi di Claire. Ha solo otto anni."
Wesker
annuisce, studia il ragazzino che ha davanti - spalle larghe, gambe
muscolose, un viso aperto, sincero.
"Mossa
ammirevole, Redfield: il potere non è una bestia facile da
conquistare."
"Non
m'interessa il potere, sire; quello che voglio è un futuro per
le mie terre, la mia gente. Mia
sorella."
Wesker
lo valuta per qualche istante, lo studia.
Chris
tace, tormentandosi le mani già indurite dalle armi.
"Va
bene, Redfield: hai il mio beneplacito. Farò preparare i
documenti, e come reggente ti sarà affiancato Burton, un amico
di famiglia, se non sbaglio."
Chris
sgrana gli occhi, incredulo.
"Al
raggiungimento della maggiore età avrai pieno accesso al ruolo
e a ciò che ne consegue; mi sembra un accordo congruo."
Chris
annuisce, gli regala un sorriso disarmante.
È
un ragazzino, Chris.
È
un ragazzino così
diverso
da come era lui, ma c'è qualcosa
che
lo incuriosisce - una forza che anni dopo sarà l'unica cosa
che impedirà a Raccoon di cadere.
È
testardo, e fedele in una maniera che quasi
lo disturba - che minaccia di strappargli una risata nervosa.
Wesker
lo congeda con un cenno del capo, l'osserva prodigarsi in
ringraziamenti e correre - letteralmente
- fuori dalla sala del trono.
Il
destino ha mostrato i suoi primi pedoni.
Alex
riapre gli occhi a fatica, si umetta le labbra - spaccate.
Si
guarda intorno, assorbendo i particolari di una stanza che, per un
istante, non riconosce.
Il
fuoco brucia alto nel camino, e qualcuno le sta bagnando la fronte.
Nella
penombra distingue il profilo di Stuart, alla sua destra quello
infantile di Birkin.
Apre
la bocca, cerca di parlare - le mancano le forze.
"Si
è svegliata." mormora Stuart, sostenendola per la nuca e
invitandola e bere qualcosa - latte, e forse una punta di miele.
"Alex."
la chiama Will, prendendole il polso tra due dita "Come ti
senti?"
"Uno
schifo." ribatte con voce non sua "Quanto tempo è
passato?"
"Due
giorni."
Alex
annuisce debolmente, sospira.
"La
febbre è scomparsa, e non vedo danni rilevanti."
"Che
fortuna." ribatte, e arriccia il naso al suo stesso odore - un
filo sottile di sudore e argan.
"La
debolezza è un inconveniente che ti porterai dietro per un
po', forse qualche settimana, ma ogni giorno andrà meglio."
Alex
sbatte le palpebre, posa lo sguardo sul calice a fianco.
"Ce
l'avete fatta, Lady Alex."
Alex
insiste per afferrare lei il bicchiere, deve stringerlo con entrambe
le mani per riuscire a tenerlo fermo.
"Avrei
fame."
"È
un buon segno; ma non puoi mangiare cose elaborate, non ancora."
Alex
alza gli occhi al cielo, tenta di sollevarsi sui gomiti - viene
aiutata da Stuart a poggiarsi contro la testiera del letto.
"Dov'è
Albert?" chiede, e non sembra avere memoria di quello che è
successo.
"Impegnato
negli obblighi di palazzo. I genitori di Redfield sono mancati
qualche giorno fa, e il figlio è venuto a chiedere il
beneplacito per mantenere il suo ruolo di legittimo erede. Inoltre
Lansdale si è nuovamente proposto, e Albert ha perso più
tempo a non prenderlo a calci in culo che a rispondergli."
Alex
chiude gli occhi, inspira
William
si china verso il suo orecchio, mormora qualcosa.
Alex
riapre gli occhi di scatto, li posa su Stuart - spaventata, ferita.
Stuart
comprende
- vede nella pupilla di Alex un segreto inconfessabile.
"La
Febbre fa compiere strani gesti, mia signora." la rassicura lui,
porgendole una ciotola di more "Fa vedere cose che non ci sono,
scambiare volti per altri. Non è mio compito giudicare."
Alex
continua a fissarlo, Birkin che afferra la ciotola al posto suo e
gliela appoggia vicino.
"La
mia promessa non è venuta meno, Lady Alex."
Alex
si arrotola più strettamente nelle lenzuola e annuisce.
Quando
si risveglia, non ci sono più William o Stuart al suo
capezzale, ma Albert.
È
sdraiato vicino a lei, e dorme - apre gli occhi appena la sente
muoversi.
Alex
si è raggomitolata contro il suo petto, le gambe intrecciate
alle sue, le braccia attorno alla vita.
Le
bacia la fronte, gli zigomi; scende verso la bocca, cercandola con
calma, senza fretta.
Alex
sospira, lasciandosi percorrere dalle sue mani - tiepide, ruvide.
"Stuart
sa."
gli dice.
"Lo
so."
"È
una certezza."
Albert
annuisce, respira tra i suoi capelli.
"Non
ci denuncerà."
Wesker
le massaggia le nuca, la curva del collo.
"No."
"Avevo
ragione io."
gongola, e sorride nascosta dalla sua pelle, contro la sua spalla.
"Sempre,
sorella; sempre."
Alex
chiude gli occhi e lascia che siano i suoi gesti a darle nuova forma.
"Annette
ti manda queste." le indica William, appoggiandole una scatola
in grembo.
Alex
la tocca con la punta dell'indice, ruotandola tra le mani.
Sono
passati cinque giorni da quando la Febbre è scomparsa, e Alex
comincia a diventare irrequieta - vuole alzarsi e fare,
anche solo per qualche ora.
Apre
il cofanetto in legno, ne segue con il pollice le decorazioni.
"Cosa
sono?" gli chiede, prendendo in mano un ovale poco più
grande di un chicco d'uva.
"Fave
del cacao; una pianta che cresce solo nelle terre degli Hunnigan."
Alex
alza un sopracciglio, ne mette in bocca una - contrae le labbra in
una smorfia.
"È...
amara." dice, e ne prende un'altra "Mi piace."
Birkin
sorride, ne prende anche lui una manciata e se le mette in tasca.
"Ehi."
sibila Alex "Erano mie."
William
amplia il sorriso, raccoglie il mantello dallo schienale della
poltrona.
"Sì,
ma io
ho fatto la fatica di portarle fino a qui."
Alex
gli rivolge un'occhiata malevola, ne mastica una terza e poi una
quarta.
"Sono
anche degli energizzanti."
"Proprio
quello di cui ho bisogno."
Birkin
si allaccia gli alamari piumati al collo, le riserva uno sguardo
ironico.
"Oh,
certo; immagino."
Alex
lo fissa in tralice, deglutisce.
"Porco."
Birkin
esce dalla stanza con quel suo stupido
sorriso inciso in faccia, le urla che saluterà
Annette anche da parte sua.
Alex
scuote la testa e chiude la scatola con un tud
morbido.
"L'acqua
è calda, mia signora."
Alex
allunga le dita verso la vasca, le ritrae di scatto.
"È
bollente." puntualizza.
Stuart
si rialza, facendole spazio.
"Non
deve prendere freddo, mia signora."
Alex
si guarda intorno, e avvolta in quella veste rossa più grande
di lei assomiglia a una ragazzina indifesa.
"Posso
cavarmela da sola, Stuart."
"Vuole
che mandi a chiamare una delle serve di suo fratello?"
Alex
arriccia le labbra sui denti, scuote la testa.
"Assolutamente
no:
se ho bisogno posso sempre usare questa."
e indica una campanella in argento poggiata sul tavolino vicino.
Stuart
annuisce, raccoglie le tinozze vuote.
"Come
preferisce; sarò qui fuori per ogni altra richiesta."
Alex
lo osserva uscire dalla stanza in silenzio, i suoi passi che si fanno
sempre più distanti - ovattati.
Sospira,
lasciando cadere a terra la vestaglia e immergendosi nell'acqua.
Brucia,
e per qualche secondo Alex è tentata di saltare fuori e
riavvolgersi nelle coperte, ma poi si ricorda che non
può -
che la febbre l'ha resa un pugno sporco di sudore e sangue - e si
abbassa di colpo, chiudendo gli occhi.
L'acqua
la circonda fino alla gola, le rilassa i muscoli delle gambe, quelli
contratti delle spalle.
Scivola
tra i capelli, lungo le guance, e non la sorprende sentire qualcosa
che
le massaggia la nuca - qualcuno.
Albert
intreccia le dita nei suoi capelli, nell'aria il profumo dell'argan e
del cuoio.
"Stuart
è appena andato via."
"Lo
so." mormora, districandone i nodi "L'ho incrociato nei
corridoi."
Alex
annuisce, si rilassa contro il bordo della vasca.
"William
ha portato un regalo."
"L'ho
visto."
"Gli
devo molto."
"Tutto."
ribatte Wesker, e tra le sue mani scorrono fili dorati.
Alex
distende le gambe verso il basso, si stira all'indietro - sotto la
schiuma Albert intravede la curva del seno, la linea piatta
dell'addome.
"Come
è andata oggi a corte?"
"Lansdale
è tornato in visita per portarti un omaggio di pronta
guarigione."
Alex
aggrotta le sopracciglia, si umetta le labbra.
"Una
collana di zaffiri."
"E...?"
"L'ho
fatta smontare e buttare nelle casse del regno."
Alex
ride, ed è suono leggero - che temeva di non sentire più.
Wesker
continua a lavarle i capelli, scendendo poi verso le spalle, le
braccia.
Il
silenzio è una dimensione confortevole per entrambi, un luogo
in cui possono trovare rifugio.
"L'acqua
si sta raffreddando."
Alex
abbozza un sorriso, apre un occhio.
"Allora
scaldala, fratello."
Wesker
le rovescia la testa all'indietro, il pollice e l'indice nella carne
tenera del collo.
Cerca
la sua bocca, morde
- libera un grumo di paura e rabbia che diventa un gemito affamato.
Alex
si solleva sui gomiti, lo osserva spogliarsi con movimenti precisi,
rapidi; gli stivali, la cintura in cuoio, la camicia in seta.
È
caldo sotto le sue mani, e pesante - o forse è solo lei a
essere più fragile del normale.
Alex
lo accoglie tra la cosce, mormora il suo nome - l'acqua che trema
intorno a loro, colando oltre il bordo della vasca.
Si
schiude tra le sue braccia, Alex, viene
-
quieta, vulnerabile.
Wesker
le sposta il viso verso destra, la costringe a guardarlo - a seguire
i suoi occhi mentre bruciano,
e mostrano ciò che le parole non potranno mai definire.
Alex
nasconde il viso contro il suo petto, ascolta il suo nome ripetuto
come una preghiera - un orgasmo che lascia entrambi piegati, esposti.
L'acqua
è ormai fredda contro la loro pelle, opaca; Albert confessa
sulla sua bocca un sentimento terribile.
"Perché?"
gli chiede una mattinata d'inverno, nel cielo nuvole esangui.
"Perché
sei venuto fino a qui dal nord?"
Stuart
sta leggendo gli ultimi comunicati delle sue spie, una fitta rete di
contatti che ha sviluppano nei sei anni al servizio di Lady Alex.
"È
una domanda che mi ha già posto, mia signora."
Alex
si raccoglie la gonna attorno alle caviglie, si siede di fronte a
lui.
"E
adesso te la sto ripetendo."
Stuart
la guarda, e la trova bellissima.
È
sopravvissuta alla Febbre, Alex, alla crisi della corona e persino
alle dicerie di corte.
Il
regno gode di un fruttuoso momento di stabilità, e nulla
sembra poter minacciare quella quiete.
"Perché
credo in lei."
"Non
mi conoscevi neppure."
"La
voci corrono, mia signora; più veloci persino dei nostri
pensieri."
Alex
tamburella con le dita sul bracciolo, storna lo sguardo.
"Spencer
era un uomo orribile."
"E
un sovrano di ferro."
Alex
annuisce, distratta.
"Nostra
madre una sposa di guerra."
"Lo
so." conferma Stuart, annotandosi qualcosa in un piccolo
taccuino.
"L'ho
uccisa quando sono nata."
"Non
è stata colpa sua."
Alex
abbozza un sorriso triste, descrive piccoli cerchi con l'indice sul
velluto della poltrona.
"Albert
è stata l'unica cosa che contasse per molto tempo."
"E
lo è ancora, mia signora."
Silenzio.
Stuart
intreccia le mani in grembo, inclina appena il capo verso sinistra.
"Di
che cosa ha paura, mia signora?"
Alex
sospira, sfregandosi la fronte.
"I
problemi non sono mai finiti per quelli come noi, Stuart."
"Saprà
affrontarli."
Alex
ha uno scatto improvviso, sbatte la mano aperta sul tavolo.
"Perché
hai questa cieca e incrollabile e
stupida fiducia
in me, perché?"
Stuart
si schiarisce la voce, la fissa.
"A
Sushestvovanie si racconta una leggenda, mia signora; che sulle
montagne dell'isola, quelle più alte, perennemente coperte
dalle nebbia, vivano due serpenti, uno bianco e uno nero."
Alex
lo ascolta, quieta.
"Il
serpente bianco è una femmina, il nero un maschio - suo
fratello."
Il
fuoco scoppietta piano, morbido.
"Il
mito li vuole innamorati, costretti in quella forma da uno stregone -
il sacerdote dalla veste blu. Come serpenti, sono cacciati,
osteggiati, banditi.
Non
possono più godere del tocco l'uno dell'altro, del suono della
loro voce, ma vivere insieme è già abbastanza."
Alex
lo segue con occhi interessati, attenti.
"Un
giorno, però, l'allievo del sacerdote dalla veste blu
s'innamora del serpente bianco - della sua bellezza, della sua
arroganza. La vuole, e per farlo deve prima uccidere il serpente
nero."
Stuart
beve un sorso di vino, si prende un momento per raccogliere i
pensieri.
"C'è
un combattimento, uno scontro; l'allievo riesce a uccidere il
serpente nero, ma quando prova a sfiorare quello bianco esso diventa
polvere tra le sue dita, nulla più di un grumo di sabbia."
Alex
raddrizza le spalle, le dita contratte in pugni chiusi.
"Il
giorno dopo, l'allievo muore. Veleno, il più letale di tutti."
"Glielo
aveva inoculato il serpente nero prima di morire?"
"No,
mia signora; era la condanna che il sacerdote dalla veste blu aveva
scagliato su chi osasse fare loro del male."
"Ma
lo stregone li aveva trasformati in serpenti."
"Perché
potessero mutare sempre, senza morire mai, mia signora. Perché
il serpente bianco potesse essere protetto dal nero mentre combatteva
il Culiebra nella lunga traversata delle anime verso l'oltretomba.
Perché insieme potessero sconfiggere la paura, e liberare i
morti da questo fardello."
Alex
si umetta le labbra, rapita.
"Sono
partito da Sushestvovanie con un'idea ben precisa, mia signora."
Stuart
le cerca gli occhi, incrollabile.
"Nulla
potrà convincermi del contrario."
La
devozione di un martire è la spada più fedele.
Davanti
ai Cinque Dèi Albert è un infedele, un uomo che sfida
la loro volontà ogni giorno.
Li
fissa uno per uno, occhi artici - da lupo.
È
vuoto lo sguardo di Genesis, un dio implacabile e insondabile -
l'Origine, il punto zero.
Sorride
Abyss, signore del Mare e della Terra, si torce nella sua tremenda
forma di rettile e scheletro il Culiebra, Morte e Rinascita.
È
silenzioso Tyrannos, il Potere e il suo prezzo.
Aurelia
non ha forma, occhi nei quali cercarla - la Crisalide e le sue mille
facce.
Albert
ruota l'anello con il sigillo reale che porta all'anulare, storna lo
sguardo su di Lui,
Padre e Madre, Uno e Tutto - Progenitore.
Cinque
Dèi, una sola storia - un destino a cui non intende piegarsi.
Alex
lo affianca, quieta.
Wesker
la fissa, sfiorandone il profilo con lo sguardo.
Le
cerca la mano, stringe
- un bambino sperduto, un uomo ossessionato.
Alex
ricambia la sua stretta senza alcuna esitazione.
Ha
sedici anni Redfield quando viene ammesso come recluta nella Guardia
Reale.
Da
pochi mesi ha assunto il pieno controllo del suo feudo, e Claire ne è
diventata la reggente in sua assenza - una ragazzina di appena undici
anni.
C'è
Burton con lei, e questo gli ha permesso di lasciarla con il cuore un
po' più leggero.
Il
palazzo è ancora come lo ricordava; enorme, e minaccioso.
Guglie
appuntite svettano verso un cielo così azzurro da fare male,
bifore rossastre interrompono la struttura affilata e spigolosa.
Il
serpente lo fissa impassibile, sotto al braccio un fagotto di vestiti
e la sua spada - un'arma imponente e al cui peso è ormai
abituato.
"Chris
Redfield." lo chiama la voce del capitano Marini, una cappa
bianca sulle spalle e sul petto il simbolo dela casata Wesker -
Uroboro
"Vieni; non sei stato scelto per ammirare il panorama."
Sulla
scacchiera della storia l'alfiere ha appena compiuto la sua prima
mossa.
Piove
su Raccoon; gocce dense, piene.
Alex
si distende tra lenzuola sgualcite e pellicce arrotolate, si
raggomitola contro la schiena di Albert.
"Dovrei
alzarmi." le dice "È quasi l'alba."
Alex
respira sulla sua pelle, lo ignora.
Si
volta, Wesker, intrecciando le dita nei suoi capelli.
"Chris
Redfield ha fatto domanda per la Guardia Reale."
Alex
si stiracchia leggermente, disegna figure immaginarie lungo i suoi
fianchi.
"È
stato ammesso giusto l'altro giorno."
"Merito
tuo, immagino."
Albert
libera una risata bassa, vibrante - che si raccoglie tra di loro come
una promessa.
Il
vento scuote la roccia del palazzo, rumoreggia il cielo - un
borbottio che minaccia di peggiorare.
"Ha
talento."
"Uhm."
"Ed
è uno stupido
cane fedele."
"Ora
ti riconosco."
Albert
le bacia la fronte, si allontana dal suo corpo - tiepido,
accogliente.
Alex
lo trattiene per un polso, gli cerca la bocca - lo bacia come farebbe
una donna innamorata
e perduta.
"Faccio
mandare Stuart nelle tue stanze?" le chiede, ma è una
domanda inutile - priva di forza.
Alex
gli risale la curva muscolosa delle cosce, blandisce - trattiene,
e lo riconduce tra le sue braccia, in
lei.
Albert
accetta una resa che ha il sapore di una vittoria.
"Siete
solo una puttana." le grida Lansdale, e Alexandra sorride -
tremenda
nella sua immobilità.
Stuart
giace nell'oscurità degli angoli della sala, ascolta -
calcola.
"Una
puttana che rifiuta una proposta più
che
generosa."
Il
re piega le labbra in una smorfia, si alza - allunga la sua ombra su
Morgan e il regno.
Alex
gli tocca il gomito, un gesto lieve - eloquente.
Wesker
scende i pochi gradini che lo separano da Lansdale, gli appoggia una
mano sulla spalla, magnanimo.
"Siete
stanco, Morgan; provato da lungo viaggio. Tornate a casa, ve lo
consiglio."
E
trema,
Lansdale.
Si
accartoccia su se stesso, improvvisamente piccolo - vecchio,
consumato.
Il
peso delle sue parole lo schiaccia verso il basso, inutile patetica
larva - apre la bocca, la richiude.
Alex
è un figura di sangue e oro seduta a fianco del re, le mani su
entrambi i braccioli del trono, occhi divertiti - crudeli.
"Io..."
"Andate,
Morgan."
e sibila, il Serpente - minaccia
"La
generosità è un dono da non sprecare."
Alex
inclina il mento nella sua direzione, ieratica.
Uno
dei dignitari afferra Morgan per un braccio, lo spinge all'indietro -
la pelle lucida di sudore e paura.
Un
arrocco sbagliato e di Terragrigia non resta altro che una stanca
memoria.
"Non
è finita."
"Lo
so."
Stuart
porge al re un foglio, sopra una sola immagine.
Un
ragno argentato.
Wesker
fissa prima la lettera, poi Stuart.
"Quando?"
"Neil
è già in marcia."
"Da
chi proviene l'informazione?"
Stuart
rivolge ad Alex un'occhiata in tralice, indica ad ovest.
"La
Spia." replica Wesker.
"La
migliore."
Alex
posa lo sguardo sul cielo privo di stelle, la vita stretta da una
pesante cintura in cuoio e bronzo.
"Lansdale
osa
dichiararci guerra."
"Non
sarà l'ultimo." replica Stuart.
Alex
alza un sopracciglio, lo fissa.
Stuart
tace, lascia che la consapevolezza scivoli tra di loro come una lama.
"Forse
no." s'intromette Wesker "Ma possiamo fare in modo che sia
uno splendido
esempio."
Alex
continua a studiare l'orizzonte, snuda i denti in un sorriso
sgradevole.
Stuart
arrotola la pergamena della Wong e lascia che diventi cenere e
castigo.
Chris
è un tenente della Guardia Reale quando Neil si presenta alle
porte di Raccoon - alle sue spalle un esercito di non più di
mille uomini.
Picche
argentate, elmi a mezza maschera; Neil cavalca un palomino inquieto,
che scarta continuamente di lato.
Vuole
le miniere di Raccoon, Neil, ed è stato così sciocco
da pensare che un'esibizione di forza potesse bastare.
Vuole
sentirsi grande, Neil - importante
- e dimostrare che non è più un ragazzo, ma un uomo
che può fronteggiare il re e vincere.
L'esercito
di Raccoon si schiude come una tagliola, lascia passare il re - e sua
sorella.
"Neil."
lo apostrofa Wesker, e Chris lo trova terribile
nell'armatura
rostrata, gli schinieri che hanno lo stesso colore del sangue
coagulato.
Sposta
lo sguardo su Alex, quieta al suo fianco - la corazza un insieme di
placche nerissime e lucide.
"Sono
venuto per restituire l'onore a mio padre."
Il
re tace, alle sue spalle i vessilli del serpente ondeggiano come
nastri di sangue.
"La
mia risposta non cambia, Neil: mia sorella è promessa ai
Cinque Dèi e non intendo recedere tale voto."
Il
viso di Neil si contrae in uno spasmo di rabbia, tira il morso del
suo cavallo verso destra.
"Spencer..."
"Spencer
è morto."
lo apostrofa Alex, e la sua voce risuona limpida nella piana "Da
undici anni, Neil. Le sue promesse non sono quelle di mio fratello."
Neil
sposta lo sguardo prima sul re, poi nuovamente su Alex.
"Non
finirà qui, Neil: non
più."
replica Wesker, Hela uno scalpiccio affamato,
che solleva piccole zolle di terriccio a ogni passo.
Gli
uomini di Neil alzano gli scudi, la Guardia Reale estrae le spade del
fodero.
"Sei
in minoranza; non hai cavalleria, o macchine. Non puoi vincere."
Neil
abbozza un sorriso, strafottente - stupido.
"Un
duello."
Silenzio.
"Per
l'offesa ricevuta, sire:
al primo sangue."
"Ultimo."
ribatte Wesker, inclinando il mento nella sua direzione "Chi
muore, perde,
Neil."
L'erede
di Lansdale sembra soppesare quella proposta, cerca un sostegno -
trova solo un pugno di soldati in attesa.
Il
re scende da cavallo, estrae la spada - lo invita.
"Coraggio,
Neil." e c'è ironia nella sua voce, un'inflessione
derisoria che a Chris ricorda il suono delle ossa che si spezzano "In
fondo, io
posso
perdere un regno intero, tu?"
Neil
lo imita, le dita sul pomolo della spada, dove un ragno mostra i suoi
mille occhi.
Alex
stringe le cosce sui fianchi di Zanor, sorride - un tetro snudar di
denti.
Il
primo colpo gli frantuma un ginocchio, il secondo gli trancia una
mano; al terzo Neil chiede pietà e non ne trova alcuna.
Stuart
aveva aiutato Lady Alex a indossare i paramenti da guerra,
ammirandola mutare pelle sotto i suoi occhi.
Dalla
terrazza principale aveva studiato il terreno di scontro, valutato i
rischi - osservato Neil Fisher cadere a terra come una bambola rotta,
il re una figura che lo sovrastava, schiacciandolo.
Neil
libera un grido spezzato, acuto
- il suono del dolore e della sconfitta.
Il
re ha affondato lo scudo proprio a metà della sua schiena,
spezzandolo
- riducendolo a nulla più che a un sacco di carne intrappolato
in un grumo deformato di metallo.
Lady
Alex sprona Zanor in avanti, indica a Redfield di accerchiare gli
uomini di Neil - un profilo che non concede alcuna clemenza.
Wesker
rinfodera la spada, fissa Neil con occhi disinteressati - vuoti.
"Legatelo."
ordina, ignorando i suoi lamenti e la bocca piena di sangue
"Mantenetelo cosciente, e vigile:
voglio che sia presente a se stesso quando raggiungeremo
Terragrigia."
Alex
scivola sulla figura del fratello, alza lo sguardo verso Stuart - un
cenno brusco del capo, dal quale Stuart comprende,
e
annuisce, solerte.
La
Guardia Reale si mette in marcia, Neil una carcassa che viene
trascinata nella polvere da Zanor.
Stuart
si ritira nel buio del corridoio, nascosto dall'oscurità che
gli regalano le fiaccole ancora spente.
Il
tempo non è mai stato dalla loro parte.
Terragrigia
brucia,
lasciando una terra brulla e piena di sfregi.
Gli
uomini di Lansdale vengono massacrati,
le sue macchine belliche distrutte
- nulla sfugge al veleno del Serpente.
La
voce della disfatta di Lansdale raggiunge presto le altre casate, e
diventa nota come l'Orrore di Terragrigia - corpi bruciati, mura
crollate; un solco nerastro che avrebbe per sempre sfigurato il Nord.
Raccontano
che il re abbia trascinato per cinque giorni e cinque notti il corpo
esangue di Neil, lasciando che la roccia lo spellasse vivo.
Raccontano
che Morgan abbia chiesto pietà, misericordia: che il re stesse
quasi
per
concedergliela, ma che lei,
la Serpe bianca, con il semplice tocco della sua mano gli abbia fatto
cambiare idea.
Raccontano
di un figlio mutilato, un padre spezzato.
Raccontano
delle ingiurie di Carla, del silenzio eloquente di Simmons - una
cuspide sempre più gonfia, gravida.
Raccontano
di un re che
toglie,
e concede con la stessa forza.
Chris
Redfield c'era,
e sa che alcune di queste dicerie sono solo esagerazioni - che Neil
dopo qualche ora era stato slegato e sistemato in una barella,
incapace di sopportare il dolore di una schiena frantumata.
Che
era stato il re a volere che fosse poi trascinato davanti a Lansdale
da Zanor, come monito.
Ma
Chris ha anche visto gli occhi di Alex sciogliersi
-
diventare qualcosa
di
così freddo e crudele da strappargli un brivido.
Ha
visto il gesto con il quale ha sfiorato suo fratello - una carezza
sul polso, nulla di più.
E
ha visto il re trasfigurarsi
-
una bestia indomabile e spietata.
Ha
visto,
Chris, e si concede un sospiro esausto - Claire una grafia
tondeggiante tra le sue mani.
Sul
suo petto il Serpente nero brucia come un'ustione.
È
la prima volta che incontra la dama in rosso.
Ada
Wong è una ragazza di diciassette anni, tra i capelli un corvo
scuro come i suoi occhi.
Il
suo promesso sposo è l'unico erede della casata Kennedy, una
bellezza poetica,
e ben guardarlo.
Insipida.
Ada
lo lascia a discutere con Luciani, s'incammina verso di lui - un
volto liscio, privo d'espressioni.
"Ho
saputo di Terragrigia."
Stuart
annuisce, coglie l'occhiata sfuggente di William.
"Il
suo aiuto è stato fondamentale, Lady Wong."
Ada
lo fissa in silenzio, al polso un intreccio di piume e cuoio.
"Le
mie Ombre sanno fare il loro lavoro."
"Non
ho mai avuto alcun dubbio."
"Ma
anche le tue spie non sono male."
Stuart
china leggermente in capo, la ringrazia con lo sguardo.
Ada
sospira, cogliendo i particolari della sala - i tendaggi azzurri, le
armi appese alle pareti, i mosaici di pietra rosa che compongono
l'impiantito.
"Lansdale
è distrutto."
"Così
doveva essere."
"Ma
non il Nord."
Stuart
le porge un bicchiere di vino, scivola con l'indice lungo la tavolata
in onore della nascita della primogenita di Birkin.
"La
Locusta e lo Scorpione."
Ada
è indecisa tra una coscia di pollo all'anice o un gambero di
fiume, tamburella con le dita sul mento.
"Innocui
quando cade la neve." sottolinea, scegliendo poi il pollo "Ma
è del lupo solitario che mi preoccuperei."
Stuart
opta per una fetta di pernice, continua a camminare al suo fianco.
"La
sua fedeltà non è al momento in discussione."
"Al
momento."
ripete Ada, sorridendo a Leon.
Stuart
si dirige dall'altra parte del tavolo, aggiunge un po' di sale alla
carne - si chiede se vi si sposi meglio la birra o il vino.
"Ne
terrò conto."
Ada
gli sfiora appena una spalla, s'inclina verso il suo orecchio.
"Anche
io, Stuart."
e cade il silenzio nella sala quando il re fa il suo ingresso "Anche
io."
Le
Ombre si ritirano assieme alla loro padrona.
"Non
è bellissima?" si esalta William, e Alex alza un
sopracciglio.
"È
una solo bambina, Will."
"Non
capisci niente." la redarguisce Birkin, liquidando le sue parole
con un gesto seccato della mano.
"Assomiglia
ad Annette, e questo è un bene." intercala Wesker, e Will
esprime il suo disappunto con un guaito offeso.
"Lo
so." lo precede la diretta interessata, prendendo Sherry in
braccio "I Cinque Dèi ci risparmino la tua faccia da
stupido, Will."
Alex
libera una risata irriverente, Albert arriccia appena un angolo delle
labbra.
Will
apre la bocca, la richiude - incrocia le braccia al petto.
"Oh,
ma certo, ridete pure; quando sarà grande vedremo chi di noi
aveva ragione."
Ed
è un bel sogno, quello di Birkin.
È
un'idea che William lasciare cadere lì,
tra una tragedia e una farsa - un'ironia che solo il destino riesce a
comprendere.
Lui,
Annette, Sherry, loro:
un
re che invecchia sul suo trono, al suo fianco una regina bianca - un
erede, forse.
Una
menzogna che diventa verità e non ha più bisogno di
nascondersi.
Pomeriggi
passati a ricordare, a lamentarsi di una ferita di guerra, di una
gamba malandata.
Un
regno in pace, un equilibrio ritrovato.
Annette
accarezza la fronte di Sherry, sorride a un domani dai grani già
marci.
La
collana che le ha regalato il re riposa nella sua culla, diamanti
rossi e oro; Alex si tiene a distanza, spaventata da una realtà
- da
un ruolo -
che non le appartiene (non
ancora.)
William
discute con Albert, lo istiga
- un falco che si è sempre divertito a provocare il serpente.
Nel
futuro non ci sarà spazio per nessuno di loro.
"Perché
morì il serpente bianco?"
Glielo
chiede uno dei primi giorni d'estate, la calura del pomeriggio che le
arriccia i capelli sulla nuca.
"Quale
fu la causa della sua dipartita?" ripete, ed è bella
Alex;
un viso aristocratico, le lunghe gambe fasciate di nero e cuoio.
"Non
lo immagina, mia signora?"
Zanor
ciondola la testa alle loro spalle, quieto - il manto un riflesso
nerissimo e senza sfumature.
Alex
sbatte le palpebre, labbra pallide - le guance arrossate dal sole.
Ha
trentaquattro anni, Alex; una donna vecchia,
per i canoni dell'Umbrella.
Immortale
agli occhi del Serpente nero, una bocca che cerca con la stessa
voglia di quando erano giovani e illusi.
"Sì,
lo immagino."
Stuart
abbozza un sorriso, alza il viso verso il cielo.
"Il
dolore è il più potente veleno, mia signora. Ristagna
nel cuore, nella mente; corrode, e non lascia nulla."
Alex
sfrega le briglie di Zanor tra il pollice e l'indice, lo affianca.
"Solo
cenere e
rimpianto."
Neppure
il Serpente ne sarà immune questa volta.
La
Locusta è stata divorata dallo Scorpione - non esiste più.
Carla
veste i simboli dell'artropode con l'orgoglio della vittime, una
pelle pallida che nasconde un corpo contuso dal rifiuto.
Giace
spezzato il Ragno, silenzioso il Lupo Orbo.
Tace
il Nord, ed è un vuoto che nasconde troppo.
"Sta
per succedere." mormora Ada, e Birkin intreccia le mani dietro
la schiena.
"Stuart
ha ricevuto notizie preoccupanti."
"Anche
le mie Ombre."
Inspira,
William, e scruta l'orizzonte con occhi attenti, vigili - da
falco.
L'aria
ha perso il tepore dell'estate, brucia di freddo e neve.
"Saremo
pronti."
Ada
si sporge oltre la balconata, un fruscio rosso e nero - il Corvo e il
suo terribile
messaggio.
"Lo
spero." e si allontana - scivola nelle ombre di una storia alle
sue ultime pagine.
Sotto
di lui Sherry è l'unica cosa ancora innocente.
Il
tempo è trascorso, ha scritto la sua storia - il suo epilogo.
I
pezzi stanno prendendo il loro posto sulla scacchiera - alfieri e
torri, cavalli e pedoni.
Re
e regine.
È
fiorita la Rosa nelle fertili terre del sud, pronta a vivere - a
morire.
Alex
è un profilo nudo nel buio della stanza, una curva che si
flette per lui - con
lui.
Scivolano
l'uno sull'altro, due serpenti che si arrotolano sulle loro stesse
spire - movimenti precisi, che parlano di un'abitudine che va oltre
il desiderio.
Alex
rovescia la testa all'indietro, gli offre la piega vulnerabile del
collo - geme quando Albert la sfiora con i denti e morde.
Sangue
sotto la lingua, tra i seni - dita che stringono e
tremano e
cercano.
Tracciano
linee cremisi sulle lenzuola aggrovigliate, una trama in cui si
perdono sogni e speranze.
Albert
le blandisce la curva dell'ombelico con la lingua, scende
- un sapore conosciuto, amato.
Il
mondo sta crollando, il destino tagliando il suo
loro ultimo filo - ma nulla
ha
importanza, nulla conta.
Alex
si solleva sui gomiti, le mani di Albert sulle ginocchia - che
aprono,
ed espongono una voglia che brucia,
sempre.
È
paziente, Wesker; segue, blandisce, lecca,
fino a quando non è Alex a invocarlo - a supplicare.
Sorride
contro la sua bocca - un cuore che batte all'unisono con il suo.
La
sovrasta, un uomo di cui Alex conosce ogni cicatrice - una pelle che
non ha segreti, non per lei.
E
c'è sempre quel
momento,
quel fragile istante in cui si guardano - in cui si trovano.
È
un attimo; il tempo di un respiro.
Alex
affonda nei suoi occhi - artici, da lupo - Albert in
lei -
tra le sue cosce, in un'iride trasparente come ghiaccio.
Ed
è tutta lì, la verità.
Tace,
abortita.
Grida,
incapace di prendere altra forma che quella
- un amplesso disinibito e senza filtri, umido d'entrambi.
Albert
nasconde il viso nei suoi capelli, ondeggia tra i suoi fianchi - la
bocca socchiusa contro la sua spalla, un respiro caldo sulla pelle,
lungo la carotide.
Alex
gli artiglia i muscoli della schiena, preme
-
incide, e sanguina il re per
lei.
È
un attimo; un orgasmo che divora
- che li lascia deboli l'uno nelle braccia dell'altro.
Non
ha incertezze il Serpente, crepe, se non quando muta per
lei - con
lei.
Privo
di veleno, spoglio di ogni difesa, il Serpente sa
che
potrebbe essere ucciso - e basterebbe così
poco
per evitarlo; per mettere fine a ogni minaccia.
Alex
gli bacia una tempia, le gambe ancora allacciate alla sua vita,
languide.
Wesker
si chiude attorno al suo corpo - in
lei -
e chiede al destino ciò che ormai non può più
dargli: tempo.
La
clessidra si è rotta.
Ha
vomitato i suoi ultimi grani, e nulla potrà più
ripararla.
È
stato eletto il Cane a tre teste, un mastino implacabile - un
ragazzino orfano e che anni prima si era trovato nella medesima
posizione.
In
ginocchio davanti al Serpente; una sorella a cui pensare, un feudo
per cui combattere.
Il
Falco e il Corvo si guardano, consapevoli.
La
Serpe bianca tace, reca già in sé il seme di una nuova
storia - una nuova vita.
Locusta,
Libellula, Ragno; null'altro che insetti, gonfi
d'odio,
avidi
di
potere - lo Scorpione che domina su tutti loro.
Privo
di branco, solitario: il Lupo Orbo annusa il cielo, chiede alla neve
una risposta - la osserva tingersi di sangue e fuoco.
La
Rosa schiude i suoi petali, profuma già di morte - la
decadenza dell'inganno.
Stuart
è un osservatore silenzioso, una presenza costante.
Un'ombra.
Diciott'anni
prima ha abbandonato tutto quello che conosceva per seguire una
leggenda.
Diciott'anni
prima si è lasciato alle spalle un'isola rocciosa e fredda, un
pugno di case e barche senza alcun valore.
"Sta
arrivando." sussurra qualcuno, e Stuart non ha bisogno di
voltarsi per sapere chi è.
Scivola
un foglio tra le sue dita, ceralacca nera e pergamena pallida.
Il
Corvo.
La
apre, accartocciandola poi in un grumo di scolorito.
Lady
Alex lo cerca con lo sguardo, alza un sopracciglio - dubbiosa.
Stuart
le sorride, china appena il capo - la esorta a continuare.
A
non far cadere la propria maschera nemmeno per un secondo: non qui,
non adesso.
Wesker
estrae la spada, Chris Redfield una figura d'oro e avorio
inginocchiato sul porpora del tappeto che conduce fino al trono.
L'accosta
alla sua spalla, pronuncia le prime parole del giuramento - Lady Alex
un profilo ieratico ed elegante al suo fianco.
Eterno.
Stuart
si volta, diventa un filo invisibile tra tutti loro - un vecchio
a cui nessuno presta attenzione; un volto anonimo, uguale a mille
altri.
Il
nulla a cui consegni tutto.
Quando
la corona cadrà, la sua fedeltà sarà l'unica
cosa che impedirà all'eredità del Serpente di essere
dimenticata e morire.
"We
are each our own Devil and make this world our Hell."
-
Oscar Wilde -
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