E siamo arrivati
alla quarta oneshot con una coppia, questa si, completamente fuori di
testa! Ma ho trovato davvero divertente scrivere di loro due, e
ancora una volta devo ringraziare Taiyou_no_Himiko per avermi fatto
da beta reader <3
A tutti voi invece
auguro buona lettura!
Karl Heisenberg se
le ricordava bene, le feste che venivano organizzate in
quell'entroterra infernale in cui era stato costretto a crescere.
Erano almeno tre le ricorrenze che si seguivano nel villaggio
governato un tempo da Madre Miranda, quasi tutte nate con lo scopo di
rendere omaggio alla sua persona, e lui era sempre stato contrario a
presenziarle anche solo una volta durante la sua permanenza
involontaria.
Troppo impegnato a
farsi gli affari propri – così erano spinti a
credere l'ignaro
popolino che dimorava in quel villaggio senza nome – per
occuparsi
di gente e tradizioni che alla fin fine disprezzava proprio per
quella loro vicinanza a Miranda.
Una situazione non
dissimile da quella che si mostrò quel tardo pomeriggio ai
suoi
occhi, con il sole appena tramontato a ovest e i lampioni da poco
accesi ad attirare le prime falene notturne, attraverso le colonne di
una vecchia struttura in cemento che faceva da porticato ad una festa
aperta a tutti. Il suono degli strumenti musicali ben accordati e il
gran chiacchiericcio della gente ammassata nella pittoresca piazza
principale intenta a bere e a divertirsi lo lasciarono per lo
più
con un vago senso di noia addosso, ma la curiosità lo
prevalse
comunque, conscio che quella festa non era dedicata ad un falso dio o
ai suoi blasfemi signori.
“Tsk, ecco
spiegato perché in questo cazzo di paese non c'è
neppure una stanza
d'albergo libera...”
Due settimane fa
aveva lasciato la sua piccola guida alle amorevoli cure di un
convento di suore ortodosse non appena aveva toccato il suolo russo,
dicendo loro una mezza verità sull'aver trovato quella
ragazzina
ferita come unica sopravvissuta ad un attacco incrociato di briganti
giù al confine con l'Azerbaigian. Venne ben accolta da
quelle donne
di fede timorose e l'ingegnere fu adeguatamente ricompensato con una
scorta di viveri per il suo viaggio.
Non avendo altro da
fare in quel paesello di confine, decise di accettare quell'umile
dono e di continuare a girovagare senza meta piuttosto soddisfatto di
come alla fine le cose stavano andando per lui. I suoi poteri si
stavano rafforzando ogni giorno, sapendo di dover dipendere da quel
mostriciattolo che aveva in petto ancora per molto e, nonostante il
consueto velo di inquietudine che tale riflessione portava, non
poteva fare a meno di sentirsi ora più completo. Se in pochi
secondi
era riuscito a sterminare un intero drappello di briganti –
anche
se, tecnicamente parlando, lui non aveva toccato nessuno, né
premuto
nessun grilletto – chissà cos'altro avrebbe potuto
fare nell'arco
di altre due o tre settimane, se non addirittura un anno intero speso
a perfezionarsi... avrebbe trovato un nuovo scopo per sfruttare i
propri poteri o li avrebbe limitati per evitare possibili effetti
collaterali?
“Magari potrei
limitarmi a trovare da mangiare per il mio gallo.
Non sarebbe
una cattiva idea!”
Il suo flusso di
pensieri gloriosi venne sostituito da altri decisamente più
impuri,
ma perfettamente normali per un uomo ancora nel pieno dei suoi anni.
Dopo essersi lasciato alle spalle il paesello di confine, aveva
continuato a galoppare per altre due settimane in totale solitudine
fino a giungere in una cittadina piuttosto grande e nel mezzo di una
festa tanto colorata quanto sentita, ma a parte quel piccolo
dettaglio era da quando aveva lasciato la Romania che non aveva
ancora avuto il piacere di godersi la compagnia femminile. Quindi
magari quella sera poteva prendere due piccioni con una fava se
avesse giocato bene le sue carte, per quanto gli facessero schifo
sagre e festeggiamenti vari.
Doveva trattarsi di
un festival o qualcosa del genere, dato che i vari cartelloni
pubblicitari in giro per le strade semi deserte parlavano di
un’organizzazione non governativa – una certa
‘Terra Safe’ di
cui Heisenberg non aveva mai sentito nominare – che avrebbe
presenziato all'evento, ma francamente non poteva importagliene
niente.
Aveva altri progetti
in mente che non prevedevano di trascinarsi dietro uno stallone che
non ne voleva più sapere di essere tirato per le briglie.
L'idea di dormire
sotto le stelle o dentro una stalla per l'ennesima volta non lo
entusiasmava troppo, ma quello era il prezzo da pagare per essere
arrivati alle sette di sera in una cazzo di cittadina nel bel mezzo
di una festa; tuttavia i suoi occhi chiari intravidero qualcosa di
potenzialmente interessante ai bordi di quella calca di gente
colorata intenta a divertirsi.
Vicino alle colonne
di cemento erano stati disposti alcuni tavolini da esterno –
tutti
appartenenti ad una bettola lì vicina che stava vedendo
aumentare i
suoi incassi quella notte – e nell'angolo più in
ombra,
distanziata dagli altri come a volersi estraniare dal resto
dell'allegra calca, una donna vestita di rosso se ne stava in
disparte versandosi vodka nel bicchiere come se fosse acqua.
L'abito semplice ed
elegante le arrivava fino alle ginocchia in un'ampia gonna ad
armonica, mentre le scarpe dal tacco basso che la donna portava ai
piedi tamburellavano al ritmo di quella musica popolare che a quanto
pareva non disprezzava del tutto. Non era più giovanissima,
Heisenberg gliele avrebbe dato una quarantina d'anni, ma ai suoi
occhi restava comunque attraente. Lui non era un uomo con la puzza
sotto il naso, gli bastava semplicemente che non fossero più
alte di
lui.
Lasciò le briglie
del cavallo e quest’ultimo si limitò a scrollare
la sua candida
criniera e ad avviarsi a brucare in un parchetto vicino –
dove i
primi avventori della festa si erano già accasciati
sull’erba alta
a smaltire una precoce sbornia – mentre l’uomo si
dirigeva con
passo spavaldo verso la sua piacevole conquista.
“Se continui a
bere così, poi andrai a fare compagnia agli ubriaconi
dall'altra
parte della strada e la serata è appena
cominciata.”
Si presentò a lei
con un tono di voce abbastanza alto affinché la donna
potesse
notarlo, venendo accolto da uno sguardo sorpreso oscurato solo in
parte da un velo di irritazione che fece capolino sul suo viso.
Emozione che durò poco, poiché fu subito
sostituita da una
curiosità crescente per quel nuovo forestiero audace e
pittoresco.
La donna lo squadrò da capo a piedi con i suoi occhi azzurri
ancora
vispi, nonostante l’età, e una cosa le era chiara
sin dalla prima
occhiata: non era un uomo del posto.
“Magari è quello
il mio obiettivo.” fece la donna, osservando con un
sopracciglio
alzato quel vagabondo prendere posto sulla sedia di fronte a lei
senza che le avesse chiesto il permesso. “Ma visto che sei
qui...ti
va di farmi compagnia, cowboy? Se vuoi, anche il tuo cavallo
può
partecipare.”
Sullo sfondo di quel
piccolo siparietto comico, un nitrito simile a una risata
colpì i
timpani sensibili di Heisenberg, seguita da una più breve e
soffocata della donna che stava cercando di abbordare. A quanto
pareva, quella creatura stagionata non era poi così persa
nei suoi
pensieri se si era accorta del suo arrivo ancora prima che gli
venisse in mente di importunarla. Si ripromise mentalmente di mandare
al mattatoio quel fottuto cavallo una volta che non avrebbe
più
avuto bisogno di lui.
“Sembro davvero un
pesce fuor d’acqua? Eppure mi sembra di avere un aspetto
alquanto
vissuto!” Si dette una scrollata al proprio trench consumato
raddrizzando la schiena da bravo galletto qual era, portando comunque
il buonumore all’annoiata straniera.
“Direi che non sei
il solo a essere fuori posto qui, tante chiacchiere su un palco e ora
l'unica cosa che voglio fare è bere, cosa che, senza ombra
di
dubbio, mi avrebbe dato un risultato più concreto.”
Heisenberg non poté
fare a meno di percepire una nota di amarezza nella voce della donna
in rosso, intuendo che era parte integrante della sceneggiata
allestita per quella sera. Un impegno preso in gioventù con
molto
entusiasmo si era trasformato, dopo decadi, in un miraggio
malinconico. Un’illusione per quella che era una missione
impossibile già in partenza, lasciando il posto alla
disillusione e
ai finti sorrisi di circostanza. Ma in fin dei conti non era stato
così anche per lo stesso Karl?
“Sai, ero del tuo
stesso parere fino a non molto tempo fa.” Si tolse gli
occhiali da
sole, mostrandole uno sguardo straordinariamente serio giusto per un
momento. “Ti direi di non perdere la speranza e altre cazzate
simili...ma mentirei se ti dicessi che non ho mai avuto il bisogno di
scolarmi una bottiglia di vodka in tutta la mia vita.”
Indicò il
bicchiere in mano alla sua interlocutrice con un cenno del dito
indice avvolto da un guanto di pelle consunto, prima di incrociare di
nuovo lo sguardo della donna che ora tradiva una leggera stanchezza
sia fisica che mentale.
Ci fu un breve ma
intenso silenzio tra i due, interrotto da un’allegra ballata
popolare suonata da una banda di musicisti, prima che il sorriso
ancora perfetto si riaffacciasse sulle labbra della donna che
girò
la testa per quel che basta per attirare l'attenzione di un cameriere
intento a servire altri tavoli.
“Allora che ne
dici di scolarcela assieme, mister cowboy?”
Un invito che
Heisenberg non poteva proprio rifiutare, essendo ben conscio che i
suoi desideri reconditi dovevano essere gli stessi della donna dal
triste sorriso.
[…]
“Quindi mi stai
dicendo che non ti è mai capitato di salire su un palco da
ubriaca?
Stento a crederlo.”
“No, però mi
è
capitato di ridere come una scema quando mi sono immaginata l'intera
platea in mutande!”
La roca risata di
Heisenberg si fece sentire in quella strada deserta divisa tra la
campagna e l’ambiente cittadino, immaginandosi –
tra i fumi
dell'alcool – come sarebbe stato fantasticare sulla sua
discutibile
famiglia con indosso solo biancheria intima durante una delle loro
occasionali riunioni. Probabilmente avrebbe riso così forte
che la
stessa Madre Miranda lo avrebbe cacciato via per aver rovinato un
evento così sacro. Avesse saputo prima che esisteva un
metodo così
semplice per stemperare l’atmosfera, l’avrebbe
sicuramente già
usato soltanto per far perdere le staffe alla gigantesca Alcina
Dimitrescu!
Forse era l'alcool a
renderlo così spensierato, o forse era il caldo che lo stava
portando a sventagliarsi con il suo stesso cappello, ma in quel
momento avrebbe continuato all'infinito ad ascoltare le disavventure
di una donna che condivideva gli stessi sentimenti del suo
accompagnatore alticcio.
Non avevano bevuto
eccessivamente quella notte, almeno non così tanto da
perdere la
testa, dal momento che erano ancora capaci di avere una discussione
logica – seppur interrotta ogni tanto da risate fragorose
–
riuscendo a camminare sulle loro gambe senza barcollare ad ogni passo
strascicato. Erano rimasti a quel tavolo più o meno per un
paio
d'ore, spese a finirsi una bottiglia intera di vodka per poi
cominciarne un'altra, bottiglia che ora era tenuta tra le mani della
donna che aveva deciso di togliersi le scomode scarpe eleganti per
poter camminare meglio, prima di decidere di lasciare il paese per
schiarirsi meglio le idee nel motel in cui la sua piacevolissima
organizzazione aveva preso alloggio.
Un luogo abbastanza
isolato, vicino a quella che era una stazione dei treni trafficata
più che altro da vagoni merci arrugginiti, ma piuttosto
comodo se si
voleva prendere il treno puntualmente ogni mattina.
“E tu, mister
Herbert?” domandò lei con la
falsa identità che Heisenberg
le aveva dato. Si umettò le labbra per il modo forse un po'
troppo
sensuale con cui lo pronunciò. “Non c'è
davvero mai stato un
momento davvero imbarazzante della tua vita?”
Heisenberg la guardò
ridacchiando, con la mente rivolta alle stupide storie che le aveva
raccontato riguardanti la sua infanzia tra i Carpazi senza mai
specificare per intero nomi di persone e luoghi, modificandoli per
convenienza, ma dato che le cose stavano cominciando a prendere una
piega a dir poco piacevole, decise di raccontarle un episodio
avvenuto all'incirca una decina d’anni prima.
“Bè, in effetti
sì. Devi sapere che mia sorella Alice,
la riccona dal culo
grosso di cui ti ho parlato, aveva un fottuto teatro dentro la sua
magione. Almeno una volta alla settimana allestiva spettacoli
teatrali a cui tutta la famiglia doveva assistere ed erano talmente
noiosi che il più delle volte mi addormentavo. E il fatto di
essere
confinato nella piccionaia non aiutava a seguire quella
merda.”
Tolse di mano la bottiglia di vodka dalla sua accompagnatrice e ne
diede un lungo sorso per aiutarsi a riordinare meglio le idee.
“Tuttavia, ehm, era garantito agli ospiti un servizio
impeccabile
da parte della servitù di quella stronza e... ti ho
già detto che
le sue cameriere erano tutte giovanissime donne?”
Un sorrisetto
piuttosto ambiguo si formò sulla sua barba incolta,
attirando
l'attenzione della donna in rosso che si fermò per un
istante a
guardarlo a bocca aperta tra lo sconcerto teatrale e un crescente
divertimento che la stava facendo sentire sempre più la
pancia
andarle a fuoco. Intuì che l’uomo aveva trovato un
modo per
divertirsi lo stesso durante quegli spettacoli tediosi, anche se
ovviamente l’aveva fatto con la complicità di
cameriere più o
meno consenzienti.
“Sei decisamente
un pessimo fratello per aver fatto una cosa del genere!” Il
suo
tono di voce rasentava un’indignazione volutamente falsa, dal
momento che era genuinamente intrigata dal racconto. “Ma di
certo
sei più divertente del mio.”
“È davvero un
uomo così noioso?”
“Quando ci si
mette sì, soprattutto da quando ha letteralmente sposato il
suo
lavoro.”
La voce della donna
si incupì momentaneamente nel rivangare episodi di un
passato
tutt’altro che sereno, poi strappò di mano al suo
interlocutore –
tra l’altro con una rapidità sorprendente
– l'appiccicosa
bottiglia di vodka per finirne il contenuto. A due passi dalla porta
che portava a una provvisoria dimora in quel modesto motel
decisamente fuori mano, i due si fermarono sul marciapiede,
consapevoli di essere perfettamente arrivati al punto di svolta di
una serata fuori dagli schemi. Le prossime battute sarebbero state
cruciali, in quanto potevano decretare una gloriosa vittoria per
entrambi o una cocente sconfitta che avrebbe condotto alla
provvidenziale sbornia dal sapore triste.
Con le spalle
appoggiate alla porta di legno – dalla verniciatura simile al
colore del vestito che indossava – la donna fissò
con occhi
languidi l’uomo che non tardò a farsi
pericolosamente più vicino
con uno sguardo decisamente predatorio, incorniciato dai capelli
argentati che gli coprivano parzialmente il viso. Un viso a suo dire
bello, nonostante le misteriose cicatrici presenti su di esso,
trovandosi ancora una volta a desiderare di mordicchiargli quella sul
labbro inferiore, totalmente incurante di quanto fosse sbagliato
quello che stava per fare. Ma dopotutto, come aveva sperimentato
negli ultimi vent’anni o quasi, la vita era troppo breve per
non
volersela godere appieno.
“Sai, mi stavo
chiedendo una cosa.”
“Hmm, vai
avanti.” fece lui con tono basso, poggiando le mani guantate
sulla
ruvida superficie della porta ai lati della testa della sua preda. Il
volto sempre più vicino a quello della donna dalle guance
arrossate
e dallo sguardo bruciante di desiderio nato – in parte
– anche
dall'abuso di alcool. Le punte dei rispettivi nasi quasi si
sfioravano e tutto il linguaggio del corpo di Heisenberg lasciava
intendere intenzioni potenzialmente pericolose.
“Potresti essere
così gentile da mostrarmi l'esatta dinamica
su come hai
intrattenuto quelle giovani cameriere o è chiedere
troppo?”
Un invito tutt'altro
che sottile – certamente l'ex ingegnere non si era
risparmiato
certe oscenità gratuite sotto il tetto di
un’ignara “sorella”
durante quegli spettacoli pallosi – a cui non seppe dare
risposta,
poiché furono i suoi stessi gesti a parlare per lui, mossi
da una
fame ancestrale che non riuscì più a trattenere.
Oltre a quel punto
non c'era più autocontrollo e non si sarebbe fermato
– neanche se
quella donna provocante lo avesse supplicato ormai sopraffatta dalla
sua potenza – finché non si sarebbe sentito
appagato.
Agguantò il volto
della sua nuova amante avvicinandolo al suo, facendo aderire le sue
labbra sfigurate a quelle ben più delicate di una donna
famelica
quanto lui, le cui mani sottili, già impegnate ad andare in
esplorazione sotto il pesante trench di un uomo disperato di contatto
carnale, stuzzicarono il punto giusto quando riuscirono a infilarsi
sotto la sua camicia, mentre il fuoco divampava nel suo basso ventre,
alimentato dalla danza selvaggia delle loro rispettive lingue. E per
quanto amasse ogni singolo momento che stava assaporando, era ben
conscia di dover consumare quel lauto pasto nell’ombra
discreta
della sua semplice stanza.
A malincuore la
donna dovette temporaneamente staccarsi da quell’abbraccio
primordiale e lussurioso, sentendo il suo compagno protestare con un
basso ringhio risentito mentre rovistava in fretta e furia nell'unica
tasca del suo vestito estivo in cerca delle chiavi. Un indumento
già
pesantemente stropicciato a causa delle audaci carezze di un
Heisenberg piuttosto bestiale – incapace di trattenersi dal
toccarle le cosce anche in un momento simile – la cui
eccitazione
era già evidente attraverso il tessuto dei pantaloni da
lavoro.
Fu poi con un
sospiro di sollievo – o forse di estasi quando il suo amante
le
accarezzò un punto particolarmente sensibile – che
la donna riuscì
a spalancare le porte di casa e a trascinarsi dietro un uomo ancora
affamato delle sue fresche labbra.
Sarebbe stata una
lunga notte e sarebbe stata tutta per loro.
[…]
Lui e il mal di
testa erano amici di vecchia data. Spesso, anni prima, esagerava con
il rum durante il suo lavoro notturno in fabbrica e quando poi gli
capitava di dormire sopra i suoi intricati progetti e appunti
disordinati, ecco che il fantomatico cerchio alla testa arrivava
puntuale.
Quindi sì, anche
quel mattino avvertì quel proverbiale fastidio alle tempie
che lo
portò a borbottare maldicenze e a toccarsi l'attaccatura del
naso
con il pollice e l'indice destro, prima di constatare che quel lieve
mal di testa era dovuto unicamente all'abuso di alcool, mentre il
resto del suo corpo era avvolto da un’incredibile sensazione
di
benessere, come sollevato da diversi chili che non pensava di avere.
Lenzuola ancora
umide coprivano delicatamente le sue membra rilassate e l'odore
inconfondibile del sesso gli colpì le narici ancor prima del
suono
di un respiro ritmico e profondo che veniva dal lato destro del
letto. Ricordava bene quello che era successo la notte scorsa e, a
parte il classico minuto di smarrimento mattutino, non poté
fare a
meno di ammirare la donna ancora immersa nel mondo dei sogni. Quattro
round in una sola notte era qualcosa che nessuna persona sana di
mente si sarebbe mai aspettata da una tipetta come lei; ma il bello
delle donne mature era quello di possedere una certa esperienza e una
forza che le portavano a trattare bene anche uomini esigenti come
lui, senza togliere nulla alla freschezza delle fanciulle.
Quest’ultime Heisenberg le paragonava ai confetti.
Tuttavia la sua
compagna si era dimostrata a momenti più famelica di lui,
arrivando
quasi a prosciugarlo di ogni energia lasciandogli il ricordo
piacevole di una nottata spesa letteralmente a combattere tra le
lenzuola sfatte e macchiate di sudore e di altri fluidi corporei.
Mugugnando con fare compiaciuto, scivolò accanto a lei,
scostando le
lenzuola dalle sue spalle per ammirare meglio quel capolavoro di
succhiotti e di lividi causati da morsi che lui stesso le aveva
lasciato su quella pelle ancora tonica – dal collo fino alle
scapole, premurandosi di lasciarne alcuni anche in mezzo alle gambe
–
e si chinò a baciarli uno ad uno con una delicatezza
estrema,
solleticandole la pelle con la sua ruvida barba. Gesto che la fece
svegliare con calma in un abbraccio che non tardò ad
arrivare,
osservando il suo amante con uno sguardo stanco e contornato da
occhiaie.
“Hmm...hai un
aspetto orribile.”
“Allora siamo in
due, principessa!”
Gli scappò una
risata a quel bizzarro buongiorno, non perdendo tempo a cercare di
nuovo quelle labbra simili a boccioli di rosa per poterle depredare
meglio. La tentazione di entrambi era, ovviamente, quella di
concedersi un altro momento di intimità insieme prima che le
loro
strade si separassero definitivamente.
L’incantesimo tra
i due si ruppe quando ad un certo punto qualcosa di molto grosso
bussò l'unica finestra presente in camera, non una ma ben
quattro
volte, costringendoli a sciogliere il loro abbraccio e a sussultare
colti completamente alla sprovvista. Non sembravano colpi di nocche o
di un oggetto contundente, era impossibile saperlo con certezza in
quanto una pesante tenda scura ne copriva i vetri appannati, ma tanto
bastò ad Heisenberg per imprecare infastidito e saltare
fuori dal
letto ancora caldo.
“Herbert... che
succede?”
“Di tutti i
rompicoglioni esistenti sulla Terra...” camminò ad
ampie falcate,
nudo come un verme, verso la giacca buttata sul pavimento,
rovistandoci dentro velocemente. “dovevo essere proprio
accompagnato...” Da una tasca estrasse una scatolina in legno
e con
una certa irritazione spostò le pesanti tende
affinché potesse
confrontarsi con il suo peggior nemico. “dal cavallo
più
rompicoglioni cagato dal culo di una giumenta in calore!”
Con somma sorpresa
della donna che si rannicchiò istintivamente nel letto
avvolgendosi
con le lenzuola stropicciate, ecco che dai vetri di una finestra
ormai spalancata dal suo amante furioso apparve il grosso muso di
quello che in effetti pareva proprio essere un cavallo di notevoli
dimensioni.
“Oh... è il tuo
cavallo? Perché è qui?”
La donna ricordava
vagamente la presenza della bestia la sera prima, il rumore dei suoi
zoccoli sull'asfalto usurato mentre l’animale li seguiva in
silenzio a pochi metri da loro ascoltando la loro vivace e frivola
conversazione. Una creatura che, a quanto pareva, sembrava avere
più
di un motivo per essere arrabbiato con il suo padrone – a
giudicare
dal modo in cui scosse la testa e colpì il muro con gli
zoccoli
anteriori mettendo ben in vista le briglie che non gli erano state
tolte, si direbbe che fosse proprio così – ma
questi decise di
chiedergli scusa, per così dire, estraendo dalla scatola
consunta un
sigaro cubano per ficcarglielo direttamente tra le labbra sporgenti.
“E va bene! Mi
dispiace non averti tolto l'attrezzatura ieri sera.” Sotto
gli
occhi esterrefatti della donna, Heisenberg accese il sigaro in bocca
dell'animale senza neppure far ruotare la rotella dell'accendino in
acciaio, ma grazie al cielo nessuno se ne accorse e il cavallo
cominciò a fumare, nel vero senso della parola, con gusto.
“Per
farmi perdonare oggi porto io la sella, ok? E ora smamma!”
Finalmente
soddisfatto, l'imponente cavallo decise di levare le tende
continuando a fumare il sigaro in santa pace. Cosa che fece anche il
suo padrone, il quale se ne accese uno per calmare i nervi.
“Scusami per
prima.” disse lui, sbuffando una nuvola di vapore che si
perse
nell’aria della mattinata grigia, non suonando propriamente
imbarazzato, ma solo molto scocciato per una situazione di cui si
stava già scordando.
“Uh, penso sia ok.
Solo che, sai, non avevo mai visto un cavallo fumare.”
La donna si rilassò,
iniziò a connettere i neuroni e si tirò su a
sedere sul bordo del
letto massaggiandosi le tempie e cercando di sistemarsi i capelli
castani spettinati. In tutta risposta l'uomo fece spallucce –
ruotando le scapole delle spalle ancora umide di sudore e schioccando
le ossa del collo in un modo che fece rabbrividire un poco la donna.
“Questo perché
sono un coglione, ho provato a fargliene fumare uno per gioco e ora
quel figlio di un'asina scellerata ha sviluppato una sorta di
dipendenza e almeno una volta al giorno gliene do uno.”
Una cosa talmente
assurda che in un primo momento la donna stentò quasi a
credere,
poi, dopo aver capito che razza di uomo fosse, scoppiò in
una risata
divertita, cosa che non sembrò infastidire il suo amante,
anzi anche
lui colse l'occasione di ridere della sua stessa idiozia di aver
avviato al tabagismo uno stupido cavallo.
“Ohi Claire,
perché diavolo quel cavallo si è allontanato
dalla tua finestra con
un sigaro in bocca? Voglio dire–ma che cazzo?!”
Come se quella
mattina non fosse già iniziata in modo bizzarro, ora si
poteva dire
che stesse proseguendo sempre peggio a causa di un nuovo arrivato che
portò Claire Redfield – cognome non pervenuto al
povero Karl –
ad emettere uno squittio sorpreso e a balzare in piedi con tutte le
lenzuola appiccicate al suo corpo come un sudario. Il volto di Claire
divenne paonazzo per l’imbarazzo nel constatare che dalla
finestra
aperta la sua sboccata vice, Moira Burton, stava fissando con aria
sconvolta ora lei, ora il suo imperturbabile amante.
Anzi, a dirla tutta
lo sguardo dell'ex ingegnere era un misto di noia e fastidio per la
comparsa di quello stridulo folletto, continuando a starsene
beatamente nudo davanti alla finestra vestito solo del sigaro e la
sua rada peluria scura che attraversava alcune zone del suo corpo.
“Sciacquati la
bocca, ragazzino!” sbottò lui,
sbuffando in faccia alla
povera Moira una nuvola di tabacco dalle sfumature violacee.
“Sei
in presenza di adulti, qui!”
“Sono una ragazza,
coglione!” fece imperterrita lei, tossendo
ripetutamente con
le lacrime agli occhi. “E stai sventolando il cazzo davanti
a–”
“Se sei una
ragazza ancora peggio, perché alla tua età
dovresti già sapere
com'è fatto il corpo di un uomo, quindi vedi di non rompere
i
coglioni al tuo capo se ha deciso di divertirsi con l'esemplare
migliore della specie!”
Agli occhi di Claire
era come assistere ad un battibecco tra due adolescenti, sebbene
entrambi fossero ormai adulti – almeno fisicamente,
trovandolo
divertente e seccante allo stesso tempo. Essere la presidentessa di
Terra Safe poteva essere davvero estenuante alle volte,
perciò Moira
non se la sentiva di biasimare Claire se per una volta aveva deciso
di scaricare la tensione con il primo sconosciuto che aveva
abbordato.
“Uff... Moira, per
favore. Possiamo parlarne quando mi sarò fatta una doccia? A
proposito, che ora è?”
“Le sette e
mezza.” rispose Moira, ingoiando il rospo e irrigidendosi
nella
postura. “Il treno ci aspetta per le nove!
Quindi–”
“Sentito, bimba?
Abbiamo una doccia che ci attende.”
Con il più
mellifluo dei sorrisi, Heisenberg soffiò quelle ultime
parole
addosso ad una sbigottita Moira, prima di chiuderle le ante della
finestra in faccia. Qualunque fosse stato il problema, avrebbe dovuto
aspettare i loro comodi, per cui Moira non poté fare altro
che
ruotare gli occhi e tornare in camera sua per preparare le valigie.
“Tsk! E poi la
ragazzina sarei io!”
[…]
Non c'era nulla da
dire sulla stazione ferroviaria della grossa cittadina abbandonata in
mezzo alle campagne russe se non forse per la sua architettura che
rievocava i fasti dell'Unione Sovietica, così come buona
parte degli
edifici pubblici ancora rimasti in piedi decadi dopo dalla caduta del
Comunismo. Un nostalgico senso di potere, fasti antichi ormai
sgretolati come il regno morente di Madre Miranda portarono
Heisenberg ad osservare quelle strutture in cemento e metallo con un
moderato interesse.
Con la pesante sella
in cuoio calata sulla spalla destra e le briglie strette nella mano
sinistra, Heisenberg fu abbastanza galantuomo da accompagnare la sua
amante fino al bordo della banchina di carico dove un pesante treno
passeggeri era fermo in attesa del cambio del macchinista.
“Sei stato molto
gentile a volermi accompagnare.” fece titubante Claire, ora
con
indosso degli abiti più consoni e un maglione color porpora
che
copriva i segni della nottata di passione trascorsa insieme ancora
presenti sulle spalle, avvertendo una nota di nostalgia per un addio
inevitabile. “Sai, se tu avessi avuto un cellulare, magari
avremmo
potuto–”
“Scambiarci i
numeri? Eh, molto carino, tesoro! Ma questo vecchio vagabondo non
è
molto avvezzo alla tecnologia.” disse Heisenberg con un gran
sorriso, ma era chiaro che forse, in fin dei conti, era meglio
così.
Del resto lui stesso era consapevole di avere dei limiti nelle
relazioni umane. “Mi basta sapere che mi terrai nel cuore a
lungo e
che penserai a me ogni volta che sarai tra le braccia di un altro
uomo.”
La sua “modestia”
fece arrossire Claire che tentò di soffocare una risata
così
fragorosa che avrebbe potuto attirare l’attenzione di una
Moira che
non aveva smesso di essere sospettosa nei confronti di
quell'eccentrico barbone, ma ciò che era successo quella
notte era
stato più di una semplice scopata e a modo suo voleva
conservarne un
ricordo da tenere tutto per sé.
“Bè, almeno ti va
di fare una foto insieme? Un ricordo che non condividerei con
nessun’altro al mondo.”
Il sorriso
strafottente di Heisenberg si spense per lasciare spazio ad
un’espressione più seria e leggermente
contrariata; il pensiero
che una sua foto potesse circolare liberamente non lo aggradava
più
di tanto, ma qualcosa nello sguardo da cerbiatta della donna gli
diceva che non era rimasta tanto indifferente al suo fascino
magnetico.
“Hmmm, non pensavo
di piacerti così tanto, ranuncolo.”
“Potrei dire lo
stesso di te, sai? Certi segni sulla pelle non si lasciano per
nulla.”
Claire l’aveva
preso un po' alla sprovvista, doveva ammetterlo, e nonostante il buon
senso gli stesse suggerendo di dissuaderla anche a costo di
insultarla e di strapparle di mano il cellulare, proprio non ce la
faceva ad essere cattivo con lei. Una situazione certamente non priva
di rischi, ma neppure lo stesso Heisenberg voleva che si dimenticasse
tanto facilmente di lui. O forse qualcosa dentro di lui stava
finalmente cambiando, ma questo non poteva ancora saperlo.
“Tsk, non riesco
proprio a dire di no ad una donna.” sospirò lui,
sul cui volto
tornò il suo caratteristico sorriso strafottente a
incurvargli
lievemente gli angoli della bocca. Decise quindi di accontentare la
sua amante togliendosi il cappello e gli occhiali anche per questioni
prettamente strategiche. Nessuno, neppure i militari che avevano
cercato di assaltare la sua fabbrica, sapeva che aspetto avesse al di
fuori dei suoi orpelli, senza i quali forse sarebbe stato
più
irriconoscibile. “Molto bene, principessa! Facciamoci questa
foto,
ma mi devi promettere che la terrai sempre vicino al tuo cuore,
intesi?”
Con un sorriso dolce
come il miele, l'ignara Redfield estrasse da una tasca del trolley
uno smartphone che maneggiò con pochi semplici gesti. Una
foto che
li ritraeva assieme nell'atto di sorridere all'obiettivo di una
fotocamera digitale come due vecchi amici, seguita da un bacio rubato
da parte dello stesso Heisenberg che decise così di
congedarsi.
“Addio,
principessa! E mi raccomando, vedi di stare attenta agli
sconosciuti!”
Una battuta di
spirito rivolta soprattutto al modo in cui si erano conosciuti,
quanto bastò per strappare una risatina sarcastica alla
donna
intenta a salire sul pesante treno fumante. Un ultimo saluto da parte
sua dal mezzo in movimento prima di sparire dentro il finestrino,
probabilmente richiamata dalla sua petulante assistente.
Heisenberg rimase
sulla banchina di imbarco ancora per un po’ di tempo
finché il
treno non scomparve all'orizzonte, dopodiché si rimise il
capello e
gli occhiali sorridendo tra sé nel ripensare a
quell’avventura
che, fra tutte, era di certo quella che gli sarebbe mancata di
più.