When the time will come
Good or bad ways
«Hai un aspetto orribile.»
«Che bel buongiorno, grazie.»
Jungkook tirò su col naso massaggiandosi la tempia: ricercava una qualsiasi
traccia di calore avvolto in una felpa dal grigio anonimo di un paio di taglie
più grandi, residuo da fondo armadio di tanti allenamenti passati. Se l’era
ritrovata al mattino, posata sul piumone del letto che aveva occupato la notte
precedente, assieme a dei pantaloni di tuta aderenti.
E ad un bigliettino che non aveva avuto nemmeno il coraggio di leggere. Aveva
soltanto riconosciuto la calligrafia con la coda nell’occhio prima di rendersi
conto di essere rimasto solo nella stanza.
«Nottataccia?» Yoongi lo sapeva benissimo, lo leggeva nelle iridi stanche
dell’amico. Oltre ad aver parlato con Jimin poco tempo prima, approfittando
dell’assenza dell’altro e di Jin.
«Sono stato meglio.» Aveva la bocca impastata, la testa pulsava terribilmente e
il bisogno di bere stava spegnendo ogni altro segnale da parte del cervello. Si
versò con mano tremante del caffè in una tazzina di ceramica, imprecando
silenziosamente all’incapacità di portare a compimento un gesto così semplice senza
fare danno.
«Tranquillo, faccio io.» Yoongi si sporse mordendosi il labbro, tentava di
trattenere le domande che gli stavano divorando lo stomaco dal momento in cui
Jimin gli aveva riferito dello stato attuale delle cose, aggiornato a qualche
ora prima. Oltre a chiedere avrebbe voluto anche dargli uno scossone, e non
soltanto retorico. Si sarebbe trattenuto ancora per un po’, probabilmente
l’amico avrebbe reagito in maniera pacata, considerando le sue condizioni.
«Mangia qualcosa, ti conviene. Non dovresti prendere qualche medicina, o roba
simile?»
«Penso di sì, ma è Jin che sa quando le ho mandate giù. Le odio, mi sento la testa
dentro a una bolla piena d’acqua…»
L’altro gli sfiorò la pelle con le dita, constatando come fosse calda. «Guarda
che hai ancora la febbre, ti consiglio di mangiare qualcosa e tornare a
stenderti. Riposa finché puoi.»
«E se mi venisse il mal di pancia?»
«E se la smettessi di farti domande così stupide adesso? Dai, ti preparo
qualcosa. Tu aspetta qui tranquillo e cerca di mandare giù quella brodaglia
tiepida che Taehyung ha spacciato per caffè stamattina.»
Jungkook si soffermò sulla parola “stamattina”, non sapeva nemmeno che ora
fosse. Non presto di sicuro. Focalizzò lo sguardo sull’orologio da parete: era
passata l’ora di pranzo, e spostandosi verso la finestra della cucina notò
quanto stesse piovendo fuori. Un brivido gelido attraversò i muscoli ed i nervi
scatenandogli la pelle d’oca su tutto il corpo: si strinse nella felpa
massaggiandosi le braccia e sollevando il cappuccio fino a coprirsi
completamente il capo.
Avvertiva la febbre lavorargli da dentro e sfinirlo ad ogni momento di più. La
voce di Yoongi lo riportò al presente, assorbito com’era dal maltempo e dal
costante ticchettare delle gocce violente sui vetri.
«Non sarà molto, ma è caldo, fidati. L’aveva preparato Jin ieri, io l’ho
riscaldato. Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro, è perfetto già così
com’è. Adesso siediti e mangia.»
Yoongi lo lasciò tranquillo, seduto sullo sgabello ed appoggiato coi gomiti
alla penisola in legno levigato, mentre mangiava scomposto e con le palpebre
abbassate. Si richiuse la porta alle spalle, contattando qualcuno al telefono
con una certa impazienza.
«Allora, Jin, quanto ti ci vuole ancora?»
All’altro capo del telefono il ragazzo rispose con tono visibilmente scocciato.
«Ho quasi finito, lasciami stare. Sono stato in farmacia, adesso sono al
supermercato e poi devo passare al negozio di elettronica.»
«Jungkook sa che stai facendo tutto questo per lui?»
Jin non rispose, semplicemente sospirò.
«Giuro che non ti capirò mai. Lasciatelo dire, io non sono come Taehyung che sa
stare zitto solo quando vuole, o come Jimin e il suo non farsi mai i cazzi
suoi. Se non ti muovi, ci vado io da Jungkook, e sappi che non ti piacerà
quello che ho intenzione di dirgli.»
Le parole arrivarono appena sussurrate: «e cosa dovresti dirgli scusa? Credevo
non ti saresti mai intromesso… Jimin gli ha già detto tra quanto partirò.»
«Che sei innamorato di lui, stupido.» E chiuse la conversazione. Infilò il
telefono in tasca evitando di rispondere alle nuove chiamate ricevute, tre di
seguito per la precisione. Aveva stipulato un tacito accordo con se stesso qualche tempo prima: non si sarebbe dovuto intrufolare
negli affari di cuore degli altri, ma la cosa ormai rasentava il ridicolo.
Jungkook era palese come non mai, e già aveva avuto modo di renderglielo noto,
ma con Jin era diverso: non aveva negato.
Anche quando glielo aveva chiesto, non aveva detto no: doveva farli muovere,
con le buone o con le cattive.