Bogotà
siede accanto alla Jimenez, ancora addormentata in seguito
all’ennesima, e
fortunatamente ultima, operazione di salvezza, e ascolta quel respiro,
come
fosse la sua canzone preferita, mentre il suo cuore batte
all’impazzata… quel
tipico batticuore di chi scopre l’amore per la prima volta.
Con
delicatezza, le accarezza il viso, cibando i suoi occhi della bellezza
di una
donna dalla tempra invidiabile, il cui corpo porta ferite di una guerra
vera e
propria, e che, nonostante ciò, è lì,
sana e salva.
“Amore
mio, mi sei mancata da morire!” – le sussurra
all’orecchio, emozionato.
Niente
e nessuno potrà più separarlo dalla sua fonte
vitale, dalla sua Nairobi.
E
così, con lo sguardo fisso sulla falsaria, diventata la Boss
non solo dei suoi
uomini ma anche del suo cuore, Bogotà adagia il capo sul
bordo del letto e si
lascia andare ad un pianto liberatorio.
Finalmente
può sfogare le ansie, le tensioni varie, e quei mille timori
di un non ritorno.
Finalmente può far scivolare quante lacrime possibili,
perché sa che l’altra
metà del suo cuore è al suo fianco… ed
è viva!
“Non
appena tutta questa storia sarà finita, ti
porterò via con me e la prima cosa
che farò sarà sposarti. Voglio che tu diventi mia
moglie, voglio iniziare una
nuova vita, sapendoti ogni mattino nel mio letto, stretta tra le mie
braccia.
Voglio ridere delle tue battute, voglio vederti ballare come solo tu
sai fare,
voglio regalarti notti magiche, unirmi a te, prepararti la colazione,
magari
cantandoti canzoni d’amore...” –
Bogotà mostra un lato di sé sconosciuto, che
non sapeva di possedere, pronunciando parole pensate e mai dette,
estremamente
romantiche, di quelle sempre sognate da Nairobi –
“… voglio essere il compagno
perfetto, l’amico perfetto, l’amante
perfetto… ed esaudire ogni tuo desiderio”
Impossibile
non resistere di fronte a tanta tenerezza. Così, mentre il
saldatore continua a
immaginare il futuro con Agata, fissandole la mano martoriata dalle
torture di
Gandia, è proprio la Jimenez, con un filo di voce, a
manifestare la gratitudine
per un amore smisurato nei suoi confronti. E nel farlo, abbandona il
lato da
guerriera, manifestando solo quel desiderio di essere finalmente
avvolta da
braccia possenti, pronte a difenderla da qualsiasi avversità.
Per
anni ha dovuto difendere se stessa dal dolore e dai
pericoli… ora basta! È il
momento di sentirsi protetta, protetta fino in fondo.
“Come
ho potuto non innamorarmi di te, sin da subito”
La
sua voce fa sobbalzare Bogotà, accortosi del risveglio della
falsaria.
Solleva
lo sguardo, spostandolo su quello di Nairobi.
La
gitana gli sorride con gli occhi, mentre la sua mano intreccia quella
dell’uomo.
“Perché
mi sono nascosto dietro l’immagine che si era creata di me, o
meglio, che io ho
creato di me stesso” – confessa, avvicinandosi
sempre di più al viso della
Jimenez.
Perso
negli occhi di lei, così come nei momenti dentro la banca,
quando la curò dopo
la prima operazione, le sfiora le labbra, voglioso di assaporarle.
E
lei risponde - “Cosa aspetti a baciarmi?”
– mordicchiandosi il labbro inferiore.
Bogotà,
arrossendo, non esita. Con la delicatezza che lo contraddistingue,
adagia la
sua bocca sul collo della falsaria, che sente il corpo gemere, e
stavolta non
per il dolore.
Dal
collo, Bogotà sale su accarezzando, con la punta del naso, i
lineamenti del
viso di Nairobi.
La
Jimenez avverte un forte calore dal basso ventre, felice di poter
finalmente
tornare a vivere di piaceri che per anni non ha vissuto.
Anche
il saldatore è visibilmente accaldato, perciò
decide di placare i bollenti
spiriti prima che questi riuscissero a dominarlo. Teneramente
dà un bacio a
stampo alla sua donna per poi ritrarsi.
“Tutto
qua?” – domanda lei, quasi scontenta del risultato
– “Tutti questi preamboli per
un rapido bacetto?”
“Ehm,
non so se riesco a trattenermi” – si imbarazza
l’omone grande e grosso.
Quella
risposta fa ridere Agata che, ormai certa di aver trovato
l’uomo della sua
vita, commenta – “Sei la persona che stavo
cercando. Sai rispettarmi e amarmi
con premura, ed è ciò che un vero uomo fa per la
sua compagna!”
“E
tu sei la donna che mi ha fatto conoscere l’amore con la a
maiuscola. Io vivevo
di relazioni brevi e puramente sessuali. Ho avuto sette figli. Nessuna
di
quelle sette ragazze, ha saputo rapirmi come mi hai rapito tu”
“E’
il bello di essere rapinatori, tesoro mio!” –
ridacchia Nairobi. Lentamente si
solleva dal letto e per la prima volta, dopo tanto tempo, di fronte ad
una mano
pronta a sostenerla, si aggrappa e si fa forza per mettersi in piedi.
Sorretta
da Bogotà, con le braccia attorno al collo di lui, gli
sorride.
“Mi
fa impazzire quando sorridi, sai?” – confessa
l’uomo, lasciando da parte ogni
forma di imbarazzo.
La
Jimenez si accuccia al suo petto, ascoltando il battito di un cuore
all’unisono
con il suo.
Soli
e uniti, sostenuti uno dalla presenza dell’altra, si isolano
da ciò che accade nella
realtà.
“Appena
tutto questo sarà finito…” –
dice il saldatore, pronto a riferire i suoi sogni
futuri – “… vorrei che tu..”
“Diventassi
tua moglie?” – termina lei, spiazzandolo -
“Non stupirti, prima credevi che io
dormissi. Ero sveglia, avevo solo gli occhi chiusi, amore mio. Ho
resistito il
più possibile dal non parlarti appena ho riconosciuto la tua
voce. Però sentire
le tue parole, mi ha talmente emozionata che sono state la medicina e
la cura
che attendevo con ansia. Quindi, sì…sì
e mille volte sì” – allegra e radiosa,
nonostante il malessere fisico, Nairobi si apre ad un nuovo brillante
inizio.
Bogotà,
senza parole, si limita a ricevere la risposta attesa e, crollando per
la forte
emozione, si inginocchia di fronte alla gitana.
Asciuga
le lacrime con il lembo della tuta rossa ed è proprio dal
taschino della famosa
divisa de “La resistenza”, tira fuori un anello
d’oro puro.
Non
serve dire nulla. Agata, commossa, indossa il simbolo della loro
prossima e
definitiva unione.
“E’
bellissimo!” – dice, guardando l’opera
d’arte del compagno.
“L’ho
realizzato sapendoti fuori dalla Banca, pensandoti ogni minuto,
immaginandoti e
ricordandoti mentre davi ordini ai saldatori, mentre gli invogliavi a
non avere
paura, mentre li spronavi con una grinta tale da fare invidia ai
maggiori
leader mondiali!”
La
gitana, lusingata, siede sul ginocchio di Bogotà e si
avvinghia al suo collo.
“Non
ti sembra di esagerare?”
“Mai!”
– risponde, sincero.
“E
allora sono io adesso a raccontarti una cosa. Quando ho dormito, dopo
la prima
operazione, dentro la Banca di Spagna, ho fatto un sogno strano.
Indovina chi c’era
in quel sogno?”
“Chi?”
– chiede, curioso, l’uomo, spostandole un ciuffo di
capelli dal viso – “Axel?”
“C’eri
tu!” – confessa, sconvolgendo Bogotà.
“Io?”
– ripete lui – “Devo essere diventato una
presenza insopportabile, se mi hai
addirittura sognato durante un incubo!” – banalizza
Bogotà, non trovando spiegazione
razionale al bizzarro sogno.
“Amore
mio, non ho mai detto che si trattava di un incubo. Direi che non lo
era affatto”
“Ah
no?”
“No,
ricordo poco se non il tuo viso. Però è stato
solo allora che ho cominciato a
vederti diversamente. Mi sono accorta che, subito dopo lo sparo, tu mi
sei
stato accanto in ogni momento. Ho sentito la tua premura e il tuo
affetto Per me
quella era la prova del tuo essere diverso da come credevo. Sei un
grande uomo,
Bogotà!”
“Tu
avresti fatto lo stesso, ne ho la certezza assoluta!”
Dopo
uno sguardo complice e innamorato, la Jimenez nota un dettaglio e lo fa
presente – “Ehi, aspetta…io non so
neppure il tuo nome vero. Tu conosci il mio,
conosci quello di mio figlio. Ed io ho ascoltato i sette dei tuoi figli
sparsi
nel mondo. Però di te resta il mistero. Mi piacerebbe
conoscere l’identità dell’uomo
di cui mi sono innamorata!”
Sentendo
quella richiesta, è il saldatore stesso a fare una piccola
precisazione – “Ti
sei innamorata di Bogotà. Non di un nome di
persona”
Una
riflessione intelligente che spiazza la gitana.
“Hai
ragione, dopotutto lo stesso vale per me. Dimentica Agata Jimenez. Io
sono
Nairobi e rimarrò per sempre Nairobi”
“La mia Nairobi” – aggiunge il saldatore,
avvicinandosi alle sue labbra per la
seconda volta.
Stavolta
niente dolcezza.
Stavolta,
ricaricate le pile, è la falsaria a dominare le circostanze.
Invita
il compagno a prendere posto sul letto e, si siede a cavalcioni su di
lui.
“Sicura
di volerlo fare? Sei ancora deboluccia”
“Tesoro…basta
parlare! Tienimi stretta tra le tue braccia e baciami. Non chiedo
altro”
“Niente
sesso fino a quando la situazione non finirà con
l’happy ending” – propone
Bogotà,
seppure a malincuore.
“Ok,
ok, e pensare che credevo di essere io quella che avrebbe messo i
puntini sulle
i” – ridacchia la zingara.
Così,
tenendo fuori da quella stanza il resto del mondo, si dedicano dei
minuti di
intense coccole, accarezzandosi, scoprendosi, senza consumare nulla,
confermando
ugualmente dei sentimenti fortissimi e divenuti con il tempo una roccia
inscalfibile.
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“La
situazione è la seguente! Dobbiamo agire quanto
prima” – afferma Palermo,
comunicando ai serbi quanto di grave sta accadendo.
“Che
fine ha fatto Bogotà?” – chiede Denver,
accortosi da un po' dell’assenza del
compagno di squadra.
“Lasciamolo
in pace per un po'. Ha bisogno di vedere Nairobi” –
interviene Tokyo.
“Già,
credo che l’unico risvolto positivo di questa rapina, oltre
al salvataggio di
Rio, sia stata la nascita di un amore” – commenta
la romantica Stoccolma.
“Un
grande amore!” – aggiunge Helsinki, con occhi
lucidi, felice per l’amica – “Quei
due sono innamoratissimi. Meglio no intromettersi”
Dopo
il momento di tenerezza, i Dalì tornano alla missione.
Vanno
salvati Lisbona e il Professore quanto prima!
E
mentre in quella sala si pensa a come intervenire, nella stanza da
letto la coppia
pensa ad un piano diverso, un piano di vita dai colori luminosi, un
piano che sa
di futuro.
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