Quando sentii rincasare John e
Sherlock, ero nella mia camera. La
giornata era stata pesante, infilai il vecchio pigiama svogliata e mi
lasciai
andare nel letto. Mi voltai a fissare la lampada accesa sul comodino.
La mente
mi restituì impietosa le immagini delle mani ferite di
Mycroft, il tormento del
suo volto, la devastante confessione delle torture.
Le lacrime scesero lente, il mio
corpo avvertì le sevizie che avevo patito in Italia. Sentii
il dolore delle
costrizioni. Lo schifo che avevo subito. Mi resi conto che Malvest
aveva fatto
lo stesso con lui, lo aveva devastato fisicamente e moralmente. Ero
certa che
se non fosse riuscito a decomprimere il suo calvario, non mi avrebbe
permesso
di avvicinarlo e la nostra storia sarebbe finita.
Con la testa affondata nel
cuscino, soffocai un singhiozzo. "Ti amo, stupido uomo di ghiaccio,
come
puoi non capire?"
Mi addormentai spossata e mi
svegliai il mattino seguente nella stessa posizione. Iniziava un'altra
giornata
da portare a casa.
Assonnata indossai i miei jeans
preferiti, una camicia colorata e un comodo maglione blu.
Quando scesi cercai con lo sguardo
Mycroft. La porta della sua stanza era chiusa, evidentemente riposava
ancora.
Sherlock stava accudendo Rosie nella sua cameretta.
John mi guardò
incuriosito mentre
preparava la colazione.
"Allora, Laura, come è
andata
ieri?" Gli raccontai della serata decente che avevamo passato, della
piccola apertura che mi aveva concesso. Del suo comportamento
altalenante.
"Penso che i farmaci non lo
aiutino molto. Ha sbalzi di umore troppo rapidi." Watson
annuì. Poteva
capire che il suo comportamento non fosse normale, perché lo
conosceva bene.
"John aiutalo tu, io devo
lavorare, cerca di farlo riposare."
Si rigirò fra le dita
l'orologio
da polso mentre lo allacciava. "Laura, va tranquilla, ma sai
quant'è
testardo." Mi versò del caffè.
"Scusami, sono troppo
apprensiva, ma vederlo così mi fa male."
Arrivò Lestrade, vidi
l'auto sotto
casa. Buttai giù il caffè, indossai il cappotto e
scesi rapida.
"Ciao, Lorenzi, sali."
Era alla guida di un'auto anonima. Aprii e mi accomodai al suo fianco.
"Come stai? Brutta storia con
Malvest. Sherlock ha detto che se ne occuperà, intanto ti
tengo d'occhio."
Lo guardai divertita. Aveva quel piglio deciso e alla mano che era
esattamente
il contrario di quello di Holmes.
"Sto bene, ma se non puoi
venire vedo di tornare con qualcuno." Brontolò. "Abbiamo
altre auto
di servizio per proteggerti, non c'è solo il British
Government."
"Ok, ti prendo in
parola." Lo rassicurai stringendogli la mano sulla spalla e sorrisi
vedendolo guidare preoccupato.
Il viaggio fu breve, lo salutai e
mi avviai al san Bart. Ligio al suo compito aspettò che
entrassi. Era una brava
persona, la sua schiettezza era disarmante.
Molly era già al lavoro,
un caso
importante la trattenne per oltre due ore, la aiutai e immagazzinai
tutto
quello che potevo. Era la più giovane patologa di Londra,
preparata e
competente.
Non potevo che ammirarla.
"Crescerai Laura, la stoffa
la possiedi. Abbi più fiducia in te stessa." L'abbracciai
riconoscente.
"Grazie Molly." Mi chiese di Mycroft. Le raccontai lo stretto
necessario, tralasciando gli abusi.
Uscimmo per pranzare insieme, ne
approfittai per non rimanere da sola.
Solo nel primo pomeriggio, Hooper
dovette andare a Scotland Yard per una consulenza.
Non dissi nulla di Malvest per non
preoccuparla. Ma quando tornai, mi chiusi inquieta dentro al
laboratorio.
Stare sola non mi piaceva, ma
presa dal lavoro presto l'ansia mi abbandonò.
Sembrava una giornata tranquilla,
quasi noiosa.
E invece.... tutto
precipitò
quando verso le tre del pomeriggio, sentii bussare alla vetrata e vidi
comparire Mycroft. Si reggeva pesantemente sulle due stampelle. Aveva
il volto
indurito, la maschera che usava con le persone che detestava.
Gli aprii sorpresa. "Ma che
fai qui? La parola riposo non ti dice nulla? Vuoi compromettere il
ginocchio?"
Fissai Anthea che lo seguiva
defilata, la faccia più scura di quella del suo capo, la
mano che tamburellava
sul cellulare. Allargò le braccia.
"Avanti, Laura, sto bene, non
farmi la paternale! Devo andare in quella specie di ufficio." Mi
superò senza
darmi il tempo di spostarmi, sospettai che fosse arrabbiato e che ce
l'avesse
proprio con me.
Mi assalì una
frustrazione
profonda, fui acida e lo rimproverai.
"Vediamo come finisce
stasera, quando il ginocchio ti presenterà il conto! Guarda,
Mycroft, fai pure
quello che credi, ma non aiuti nessuno a comportarti così.
Sei presuntuoso e
arrogante." Non riuscii a controllarmi e me ne pentii immediatamente.
Mi guardò velenoso,
accennò un
movimento con le labbra, ma si trattenne. Si voltò, strinse
le mani sulle
stampelle così forte che le nocche sbiancarono.
Lo avevo offeso, zoppicò
indignato
fino al suo ufficio. Provai un rancore profondo per quel suo
comportamento
irresponsabile.
Anthea mi appoggiò la
mano sul
braccio solidale. "Ha una brutta giornata. Gli hanno consegnato dei
rapporti che lo hanno messo di cattivo umore. E ha voluto venire al san
Bart."
Lo accompagnò nel suo
studio e se
ne andò mezzora dopo, contrariata, lanciandomi uno sguardo
confuso.
Non avevo prestato molta
attenzione alle loro discussioni. Certo qualcosa era successo. Per un
secondo
ebbi la sensazione che lui sapesse di Malvest.
Un presentimento che si
avverò
pochi minuti dopo. Mycroft si avvicinò alla porta del
piccolo ufficio, con
un'aria che non lasciava intendere nulla di buono.
Mi chiamò perentorio
come fossi un
suo sottoposto. "Lorenzi vieni, voglio parlarti."
Fui infastidita che mi avesse
chiamato con il mio cognome, sospettai che fossero guai.
Non riusciva a stare in piedi, si
sedette dietro alla scrivania appoggiando le mani fasciate ai braccioli.
"Che c'è? Non sono
più
Laura?" Mi stringevo nel camice, cercando un'inutile protezione. "Mi
devi sgridare?"
Faticava a trattenersi, la sua
voce fu brusca e sgarbata.
"Non provare più ad
offendermi davanti ad Anthea! Bada Laura, non prenderti delle
libertà che non
hai."
Rimasi senza respiro, era adirato,
ma ancora si conteneva.
Non era il mio Mycroft. Mi
balzò
il cuore in gola, il suo modo di fare canzonatorio era sparito, la sua
ironia
aveva lasciato il posto alla crudeltà dei suoi occhi. Ebbi
paura e mi tenni
distante.
"Scusami." Sussurrai
pentita, mantenendo un tono distensivo.
Lui non si acquietò.
"Lorenzi, se non hai capito, sono un uomo con delle
responsabilità! Non
trattarmi come uno stupido bambino! Non sono il tuo giocattolo da
ragazzina
viziata. Ti ho concesso la mia attenzione, non farmene pentire!"
Non risposi, impreparata dalla sua
sfuriata.
Persi la fiducia, tutta la
sicurezza che avevo riposto in lui sparì bruciata in pochi
secondi. Arretrai di
un passo. Se ne avvide, ma non si fermò.
Non riusciva a contenere la sua
ira, lui che sapeva gestire così bene le emozioni era
totalmente fuori
controllo.
"Perché non mi racconti
di
Sir Malvest? Visto che sei così dannatamente presuntuosa da
avermelo tenuto
nascosto. E hai assurdamente coinvolto mio fratello, trascinandoti
dietro anche
Lestrade." Alzò troppo la voce, lo sguardo fisso su di me.
Balbettai allo sbando. "Non
so come tu lo abbia saputo."
"Le telecamere, ti
ricordi?" Portò il busto in avanti irritato da tanta
ignoranza. I gomiti
piantati sulla scrivania, le mani giunte.
Il suo comportamento pacato e
misurato era totalmente assente. Non era l'uomo che mi aveva
teneramente
baciato settimane prima.
Dovevo reagire, correre qualche
rischio, vedere fin dove potevo spingerlo. "Allora, Myc, se hai visto
le
registrazioni, sai cosa è successo!"
Sbuffò e si
riappoggiò allo
schienale. "Ma non so cosa ti ha detto!" Aveva allentato la presa.
Dovevo trascinarlo dove volevo io,
metterlo davanti alla verità. "Perché dovrei
dirtelo? Visto che non l'hai
tolto di mezzo e mi hai gettato fra le sue viscide braccia."
"Laura!" Batté le mani
fasciate sul tavolo, incurante del dolore che gli provocarono. Gli
occhi grigi
erano diventati scuri.
"Non si tratta di te,
Mycroft! Vuole me adesso. In tutti i sensi." Sibilai rabbiosa, mentre
mi
sentivo sprofondare in quella lite che ci allontanava sempre di
più.
Lo vidi annaspare, ma si riprese
subito. "Non fare la stupida, sa che ti frequento ancora,
perché dovrebbe
intromettersi?"
"Mi vuole allontanare da
te." Mi fermai, sapendo che lo avrei ferito rivelandogli quello che mi
aveva fatto intendere Malvest. Ma ero stanca di trovarmi coinvolta in
una
situazione pericolosa, dove suo malgrado, mi aveva trascinato anche
lui.
"Non fare lo sprovveduto Myc, sai bene quello che mi ha detto. Non hai
la
fama di Smart One?"
Socchiuse gli occhi, le labbra
strette. Le mani gli tremarono, le nascose rapido sotto la scrivania.
Aveva capito.
Era percorso dal rancore, sia
verso di me che non lo assecondavo, che dall'umiliazione che gli aveva
imposto
Malvest. Faticava a reggere tutto insieme. Cercai di essere
più dolce.
"Mycroft, ti ha fatto
seviziare per vendetta personale nel suo contorto ragionamento che ti
avrei
lasciato e avrei cercato la sua protezione."
Cercava di ragionare velocemente,
di capire dove aveva sbagliato, le mani ferite erano aggrappate ai
braccioli
della poltrona. Rincarai le accuse, sentendomi lacerata per la sua
assenza.
"Hai fatto il suo gioco, mi hai allontanato. E mi hai tolto la
sorveglianza."
Lui tossì, prese un
respiro
profondo.
Abbassò la testa,
sibilò a denti
stretti. "Quindi ieri sera sapevi già tutto, e non hai detto
nulla."
Annuii, decisa a continuare.
"Sì, dovevo rispettare i tuoi tempi. Dovevi essere tu a
dirmelo."
Cercai di addolcirlo e replicai prontamente.
"E' questo il
motivo per cui mi hai allontanato?"
Alzò la testa, esitava,
si passò
la mano fasciata sulla fronte. Gli tremò la voce. "Tu hai
bisogno di un
uomo al tuo fianco. Dopo le torture che ho subito, non sono
più quello che
conoscevi."
Esplosi seccata, incapace di
capire i suoi contorti ragionamenti da maschio.
"Chissà
perché tutti e due pensate
che mi dovete scopare: tu che ti logori perché non riesci, e
lui per la sua
perversione."
"Laura, sei volgare, non
è da
te." Sbraitò indignato, ma sapeva che era vero.
"Per Dio, Mycroft! Mi hai
allontanata soltanto perché non puoi soddisfarmi
sessualmente. È
incredibile." Mi avvicinai affranta. "Te l'ho mai chiesto? Ti ho
forse detto che era indispensabile il sesso per continuare a
frequentarci?"
Si sollevò inclinandosi
in avanti,
ribadì tutta la sua convinzione. "Una coppia lo desidera,
come puoi pensare
che io limiterei la tua vita con la mia impotenza."
"Basta Myc! Sapevi quello che
avevo patito in Italia. Non ti ho mai chiesto notti di fuoco, ma amore,
rispetto, tenerezza e condivisione." Esasperata, al limite della
sopportazione, persi il controllo.
"Non sei diverso da Malvest!
Mi volete possedere come fossi un oggetto! Sono Laura, guardami."
Era immobile, ansimò
scomposto
incapace di riprendere un minimo di equilibrio mentale.
Ci fu un silenzio aspro, nessuno
dei due continuò.
Io tremavo nella concitazione
della mia difesa, sembravo una scolaretta in punizione di fronte alla
sua
scrivania.
Mycroft ebbe un moto di disgusto,
le mani nervose stropicciavano i fogli davanti a sé, che
probabilmente erano il
resoconto di quello che i suoi agenti avevano scritto sui miei
movimenti.
Avrebbe potuto abbozzare, invece
non era soddisfatto, mi attaccò nuovamente.
Ero consapevole che non riusciva a
perdonarsi di essere tornato cambiato fisicamente e di aver fallito con
Edwin.
Riprese quel tono asciutto,
indispettito, che non mi piaceva.
"Disobbedire è una tua
costante! Dovevi dirmi subito quello che era successo! Ma sei stata
presuntuosa. Se sono qui a penare con il mio ginocchio è
perché non potevo
affrontarti a Baker Street e farti fare la figura della stupida."
Lanciò i
fogli sulla scrivania che si sparsero ovunque.
Ero stanca, quella discussione non
ci portava a nulla. Mi passai la mano sulla fronte, cercando di
ritrovare un
minimo di forza.
"Non volevo obbligarti a
riprendere un rapporto che non volevi continuare! Ne volevo che ti
sentissi
forzato a proteggermi."
Ero dritta in piedi al centro del
piccolo ufficio, feci un piccolo passo in avanti, ma lui era glaciale...
"Laura, non ti avevo promesso
nulla, ero stato chiaro!" Sbottò acido.
"È vero, ma avremmo
potuto
ricominciare. Myc, mi hai ostinatamente ignorato senza spiegarmi nulla."
"Te l'ho detto, non c'era
nessun obbligo tra noi. Tu correvi troppo velocemente." La sua voce mi
feriva, eppure continuavo a difendere quel poco che restava di noi.
"E quei baci che ci siamo
scambiati? Non dirmi che non sentivi nulla! Hai ammesso che mi amavi."
"È stato prima che
partissi,
ora è tutto diverso, sai quello che ho patito e quello che
penso del nostro
rapporto." Fu leggermente morbido.
"Quindi mi allontani per la
tua virilità? Non pensi che posso amarti così
come sei?" Mi sentii
umiliata e incompresa.
"Io ti ho concesso il mio
amore incondizionato, quando sapevi bene che non sono integra come le
altre
donne che ti sei sbattuto!" Gridai furiosa, pensando che tutto si
riduceva
alle lenzuola arruffate di un letto.
"Non sei diverso da quel
porco schifoso di Malvest, non ti salvi nemmeno tu, Mycroft, che ti
ritieni
così intelligente." Rimasi immobile aspettando la sua
reazione.
Si alzò trascinato dalla
rabbia,
non prese nemmeno le stampelle. Zoppicò fino a me.
Arretrai, il suo viso non era
quello che conoscevo, dolce e amorevole. Raramente si lasciava
trasportare
dalla collera, feci un passo indietro, arrivai con le spalle al muro,
impaurita
dal suo sguardo pieno di rancore. Ormai mi sovrastava.
"Laura, non offendermi
ancora, la mia pazienza ha un limite!" Le sue mani erano contratte,
strette in due pugni pericolosi. Lo sentivo vibrare di rabbia repressa.
Era troppo vicino. Ero
terrorizzata, delusa, smarrita dal suo attacco. Eppure gli tenni testa
decisa a
spingerlo al limite. Volevo capire se si sarebbe fermato. O lo avrei
perso per
sempre.
Fui tagliente, le mie braccia
vibravano distese lungo i fianchi. "Il tuo non può essere
amore. Ho
sbagliato a fidarmi di te. Non mi importa del sesso e non mi
ripeterò più. Ti
amo per quello che sei ora. Non ho bisogno d'altro."
Eravamo così vicini da
sfiorarci,
il suo corpo teso a pochi centimetri dal mio.
"Colpiscimi Mycroft! Non
farò
nulla per difendermi se questo fa accrescere il tuo ego maschile.
Infondo sono
abituata alla violenza degli uomini che non hanno avuto rispetto della
ragazza
innocente che ero."
Le lacrime mi scesero dolorose e
impetuose, ero in suo potere.
Non avevo difese, gemetti
rassegnata. "Avanti, Ice Man, fammi vedere come si addomestica una
stupida
ragazza che ti ha dato il suo cuore."
Rimasi paralizzata, pronta subire
come era successo anni prima, quando ero diventata un oggetto nelle
mani dei
miei aguzzini...
Mycroft si era fatto pallido, era
pietrificato di fronte a me. Un silenzio irreale pulsava con i nostri
cuori,
avvertivamo i nostri respiri che ansimavano e crescevano, intrecciando
strisce
di dolore che riempivano la stanza e ci costringevano a guardarci
dentro.
Come se un'onda di deliro fosse
passata su di noi a lambirci entrambi, lui tremò,
sussultò, abbassò lo sguardo.
Allargò le mani come se si risvegliasse da un sogno. Le
fasciature saltate e
insanguinate.
"Dio, cosa mi sta
succedendo!" Gli rotolò sulle labbra una presa di coscienza
devastante,
cercò aria, si portò le mani sul volto.
Singhiozzò, si voltò e barcollò fino
alla scrivania dove si resse letteralmente.
"Io non sono questo, io non
sono così..." Balbettò incespicando in quelle
poche parole. Le mani aperte
sul tavolo, la testa china, tutto il peso del corpo sulle braccia.
Tossì e
tossì, cercando aria.
Ero troppo sconvolta per
avvicinarlo, benché lo vedessi in difficoltà, la
tensione mi fece crollare in
un pianto disperato. La paura che avevo provato mi gettò
letteralmente nel
panico.
Lo lasciai da solo e corsi in
bagno.
Mi rinfrescai il viso sotto
l'acqua fresca, mentre piangevo senza freno. Crollai sul pavimento con
l'angoscia nel cuore, la testa vuota.
Avevo concesso la mia fiducia, i
miei ricordi, la mia stessa vita ad uno sconosciuto.
Stupida, ero stata
stupida!
Certo avevo avuto le mie colpe, ma
non avrei mai immaginato di avere paura di Mycroft Holmes.
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