S stands for "Hope"
Titolo:
S
stands for "Hope"
Autore: My Pride
Fandom: Batman
Tipologia: One-shot
[ 1734 parole fiumidiparole
]
Personaggi: Damian
Bruce Wayne, Clark Kent, Jonathan Samuel Kent
Rating:
Giallo
Genere:
Angst, Malinconico, Introspettivo
Avvertimenti: What
if?, Hurt/Comfort
I giorni della merla:
Accoppiamenti:
Damian Wayne/Clark Kent || Parola Chiave: Pericolo || Prompt:
Personaggio X viene ferito gravemente in un'imboscata
BATMAN
© 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.
Clark
regolò i cristalli della camera di rigenerazione, sentendoli
risuonare fra le pareti di ghiaccio della Fortezza con un tintinnio
simile al rintocco lontano di una campana; con un sospiro che si
condensò dinanzi ai suoi occhi, abbassò infine lo
sguardo
per osservare, al di sotto del sottile strato di vetro temperato, il
volto pallido e insanguinato di Damian.
Era stato tutto così...
improvviso. Sapeva
che il ragazzo - uomo, ormai - era sempre stato uno sconsiderato
esattamente come suo padre, che non si fosse mai tirato indietro nel
momento del bisogno e che per il bene degli altri si fosse sempre
lanciatio in situazioni di estremo pericolo, ma nemmeno lui aveva mai
considerato un'opzione del genere.
Damian aveva sempre avuto buon cuore,
Clark lo
sapeva. Per quanto durante i primi periodi avesse avuto dei sospetti
sul giovane e avesse pensato che potesse avere una pessima influenza su
suo figlio Jonathan, alla fine era riuscito a capirlo e lo aveva visto
crescere e maturare, diventando l'uomo e il Batman che era oggi. Gli
era stato vicino quando aveva perso suo padre e gli aveva assicurato
che per lui ci sarebbe sempre stato, ma mai avrebbe pensato che i due
giovani si sarebbero ritrovati in un'imboscata.
Chiuso nella Fortezza a meditare, Clark
aveva
sentito tutti i sensori attivarsi e aveva spalancato gli occhi nel
rendersi conto che qualcosa si era schiantato a tutta
velocità
proprio davanti all'enorme entrata di ghiaccio, raggiungendola alla
svelta; lì, in un turbinio di polvere di diamanti e fumo,
lampi
rossi che esplodevano tutto intorno e ritmici battiti impazziti...
aveva visto Jon che teneva stretto a sé un fagotto
insanguinato
e Clark aveva faticato a riconoscere che si trattava di Damian. Con la
maschera sciolta a metà sul viso, il mantello strappato e
drappeggiato in parte sulla sua spalla per nascondere il petto
massacrato su cui il simbolo del pipistrello quasi non si vedeva
più, era stato un miracolo che fosse arrivato alla Fortezza
ancora vivo.
Gli ci era voluta tutta la calma del
mondo per
convincere Jon ad allentare la presa e a consegnargli il corpo di
Damian, dato che suo figlio lo aveva stretto a tal punto che, per un
momento, Clark aveva pensato che avesse avuto paura di vederlo
scomparire davanti ai suoi occhi se solo lo avesse lasciato. Anche Jon
aveva subito dei danni e lo stemma S della sua uniforme era l'unica
cosa che ricordava al mondo che adesso era lui Superman dopo il suo
ritiro, ma l'espressione stralunata che aveva sul volto di Jon aveva
stretto il cuore di Clark in una morsa. Il terrore, la paura di perdere
la persona amata, la consapevolezza di poter essere arrivato troppo
tardi... li aveva provati sulla sua pelle, e quando aveva sussurrato a
Jon che avrebbe pensato lui stesso a Damian, che la tecnologia
kryptoniana lo avrebbe aiutato e che doveva lasciare che lo prendesse,
Jon aveva respirato pesantemente, quasi in iperventilazione, e aveva
dovuto cercare di calmare il battito impazzito del suo cuore e di
spegnere letteralmente i suoi occhi, così rossi che Clark
aveva
creduto che gli sarebbero andati in fumo. Solo in seguito aveva ceduto
e aveva lasciato quel corpo, crollando su se stesso nello stesso
istante in cui Clark era sparito all'interno.
Aveva liberato Damian di quel che
restava del suo
costume e lo aveva adagiato nella camera di rigenerazione, ma erano
ormai passati due giorni e i risultati erano stati minimi. Il
macchinario kryptoniano a cui era collegato eseguiva ogni ora
un'analisi diagnostica della sua fisiologia per controllare i suoi
segni vitali e accertasi che il processo rigenerativo della sue cellule
andasse a buon fine, ma era pur sempre tecnlogia aliena e Damian era
solo... umano. Ed era straziante vederlo in quelle condizioni, con il
petto martoriato e una lunga ferita che percorreva il lato destro del
suo viso, tagliandolo completamente a metà; era stata una
fortuna che la lama, o qualunque cosa lo avesse colpito, non avesse
scalfito l'occhio, o avrebbe rischiato di perdere l'uso della vista se
fosse andato più in profondità. Ciononostante, le
sue
condizioni non erano comunque rosee. Kelex stesso aveva dovuto drenare
il sangue nei polmoni e occuparsi di suturarli dall'interno grazie alla
tecnologia di cui era dotato, ma Damian continuava a far fatica a
respirare nonostante il continuo afflusso di ossigeno a cui era
sottoposto.
Per riuscire a curarlo con
tranquillità,
Clark era stato costretto persino a sedare suo figlio Jon. Provato
dalla battaglia, desideroso di vendetta come non lo aveva mai visto e
terrorizzato dal non essere riuscito a capire che si stavano infilando
in un'imboscata a causa del piombo e della vernice alla kryptonite di
cui era rivestito l'edificio, non aveva fatto altro che incolparsi per
le condizioni di Damian e aveva tentato di restare al suo fianco, per
quanto lui stesso non fosse stato al massimo delle sue forze. Clark
aveva curato anche le sue ferite, gli aveva consigliato di riposare
almeno ventiquattr'ore nella capsula di energia radiante per
ricaricarsi e trarre beneficio dal sole giallo, ma Jon non aveva
minimamente voluto saperne e aveva insistito col restare accanto a
Damian, spingendolo via senza tanti riguardi. Ed era stato a quel punto
che Clark, scuotendo il capo, gli aveva conficcato un ago nel braccio e
lo aveva visto crollare a peso morto davanti ai suoi piedi,
trascinandolo infine nella capsula dove ancora si trovava.
Clark sospirò a quei
pensieri. Sapeva
quant'era difficile, lo sapeva fin troppo bene. Ma Damian aveva bisogno
solo... il flusso dei suoi pensieri fu interrotto proprio in
quell'istante, sentendo i sistemi dell'ala medica della Fortezza
risuonare tutti insieme; i cristalli e il ghiaccio delle pareti
cominciarono a brillare di rosso ad intermittenza e un sibilo
prolungato rimbombò in tutta l'area, criogenizzando la
camera. E
fu allora che Clark capì, sgranando gli occhi mentre il gelo
si
impossessava delle sue ossa e del suo cuore.
«No, no, no, ragazzo! Non puoi
lasciarci
proprio adesso!» esclamò in preda al panico,
aprendo in
fretta il portellone per resettare il macchinario collegato al torace
di Damian; aveva smesso di respirare e aveva sentito il suo battito
cessare prima ancora che l'elettrocardiogramma diventasse piatto, e
Clark si affrettò ad urlare a kelex di sterilizzare
nuovamente
l'area prima di chinarsi verso Damian per rianimarlo.
Si rifiutava di vederlo morire come
aveva visto
morire suo padre e tanti altri prima di lui. Si rifiutava di vedere
negli occhi di Jon lo stesso dolore che aveva provato lui quando aveva
perduto Lois, e si rifiutava di lasciare che Damian se ne andasse senza
combattere. Era forte, poteva farcela. Doveva... oh, Rao. Non stava
accadendo davvero. Non poteva accadere.
Imprecando, Clark poggiò le
mani al centro
del torace di Damian e, attento a regolare la sua forza,
cominciò ad applicare una certa pressione verso il basso,
comprimendolo velocemente prima di chiudergli il naso e soffiare aria
nella sua bocca; ripeté ancora e ancora quel passaggio per
due,
tre, quattro volte... ma Damian continuava a non respirare. La Fortezza
stessa stava cercando di mantenere stabili tutti gli altri parametri
vitali, di tenere cosciente il cervello a causa di quella mancanza
d'aria e di prolungare i tempi di recupero il più possibile
ma,
per quanto quella tecnologia aliena stesse cercando di aiutarlo, Clark
non riusciva ancora a sentire il battito cardiaco del giovane che
giaceva immobile e sempre più freddo.
Era finita. Batman... no, Damian li
stava lasciando
e lui non avrebbe potuto fare niente per evitarlo. Avrebbe dovuto
guardarlo morire davanti ai suoi occhi, ordinare a kelex di chiudere
ogni comunicazione con i cristalli della Fortezza e di non proungare
ancora la sua agonia, e poi dargli degna sepoltura insieme al resto dei
suoi cari. Affrontare la cosa con Jon sarebbe stato... straziante. Per
quanto adulto, suo figlio avrebbe smosso mari e monti, pianto tutte le
sue lacrime prima di passare dalla negazione all'accettazione di quanto
accaduto, riversando tutta la sua rabbia e il suo dolore fino a quando
non sarebbe stato troppo esausto anche solo per respirare. E Clark
sapeva quanto poco ne avessero bisogno i kryptoniani.
Stava per darsi per vinto quando lo
udì: un
timido, piccolo battito che cercava in tutti i modi di afferrare la
vita che tentava di scivolare via dalle sue dita, e Clark si
aggrappò a quella speranza, ricominciando quella
rianimazione
cardiopolmonare nello stesso istante in cui la porta di ghiaccio si
spalancò e Jon comparve sulla soglia, gli occhi sgranati e
il
cuore che batteva a mille tanto quanto quello di Clark stesso. Non si
mosse, ma Clark poté benissimo udire la tensione dei suoi
muscoli, il crepitio delle sue ossa e le cellule della sua pelle che
accumulavano ancora energia, per quanto fosse ormai uscito dalla
capsula che avrebbe fornito lui l'approvvigionamento di cui aveva
bisogno.
Clark riusciva a capire benissimo
ciò che
stava provando Jon in quel momento, quanto tormento stesse cercando di
trattenere mentre lui si occupava di rianimare Damian. Sentì
Jon
fare dei passi incerti, sussurrare qualcosa - forse il nome di Damian,
Clark non ne fu molto sicuro - con voce rotta e insicura e con il fiato
che diventava poco a poco sempre più corto, e fu solo quando
il
battito di Damian tornò ad essere costante, stabilizzando
anche
i cristalli a cui era collegato, che nell'intera stanza parve correre
un sospiro di sollievo. Chi di loro lo avesse tratto per primo, poi,
per Clark rimase un mistero.
Riattivò immediatamente la
camera e
riposizionò il vetro temperato dinanzi al corpo di Damian,
che
aveva ricominciato a respirare sotto lo sguardo apprensivo di Jon;
Clark lo vide poggiare entrambe le mani sul vetro, carezzarlo
all'altezza del volto di Damian e mordersi il labbro per evitare di
piangere, e Clark gli cinse le spalle con un braccio, attirandolo a
sé per dargli il conforto di cui necessitava in quel
momento.
Sarebbe andata bene... doveva andare bene. Lui aveva attraversato un
oceano di stelle per trovare Lois... e sapeva che, per Jon, Damian era
il mondo. Avrebbero solo dovuto aspettare.
Damian
riaprì gli occhi solo quattro giorni dopo, allungando
debolmente
una mano per sentire Jon stringerla e baciarla con devozione mentre
calde lacrime scivolavano lungo le sue guance.
E Clark stesso pianse di gioia nel rendersi conto che il gelo non
sarebbe calato nel cuore di Jon.
_Note inconcludenti dell'autrice
Finirò
mai di partecipare a queste
challenge? Direi
proprio di no! Infatti questa storia angst è stata scritta
per la challenge #igiornidellamerla
indetta sul
gruppo facebook Hurt/comfort
Italia.
Per farla breve, ecco cosa prevedeva il bando "Vogliamo
il dramma. Vogliamo l'angst. Vogliamo che il freddo si abbatta sul
vostro povero sick, perché più soffrira,
più
sarà gaia la sua ripresa e guarigione", quindi,
oh, non
è tutta colpa mia questo angst, i prompt sono stati scelti
da
altri e anche l'accoppiamento, così alla fine è
uscita
fuori questa cosa terribilmente angst in cui vediamo gente che a atento
si mantiene in piedi. Ambientata in una sorta di futuro in cui Batman e
Superman sono Damian e Jonathan. Tutti gli altri... boh, morti da
qualche parte o ritirati, non è importante ai fini della
storia
Commenti
e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥
Messaggio
No Profit
Dona l'8% del tuo tempo
alla causa pro-recensioni.
Farai felici milioni di
scrittori.
|