«Qui,
TK?» chiese la più piccola di casa Yagami con un
sorrisetto malizioso. Takeru l’ avvolse in uno dei suoi
abbracci speciali, quelli che riservava appositamente per “la
sua Hika-chan”, come diceva lui.
«Concediamoci
una pazzia» rispose, dandole dei piccoli baci sul collo.
Lei lo
lasciò fare. «C’è mio
fratello. E anche il tuo» gli ricordò
«Chi
se ne frega» rispose il biondino, spostandole una ciocca
prepotente dal suo candido viso «E’ importante per
noi. Non ci dissuaderanno tanto facilmente»
Kari gli
aveva concesso un sorriso. Quel ragazzo era adorabile.
«Adesso
vieni» la prese per mano e la trascinò dietro un
muretto nascosto dalla vista di tutti.
«Qui
non ci beccheranno» fece TK «A meno che qualcuno di
noi due non faccia la spia»
Ridacchiarono
per quell’ assurdità e pian piano incominciarono a
distendersi sulla sabbia.
I baci di
TK si fecero più irruenti e Kari sentì
il suo corpo appoggiato al proprio.
Un brivido
le percorse la schiena.
Non aveva
mai fatto l’ amore prima di allora, ma di una cosa era certa:
era lui quello giusto.
Lo capiva
da come la toccava, da come la baciava. Era il suo ragazzo,
era suo.
Lo strinse
di più, lasciandosi scappare un piccolo gemito.
«Che
c’è amore?» chiese premuroso lui.
«Ti...
Ti amo» Hikari non aveva assolutamente pensato di dirlo.
Era stato
il suo cuore a parlare, a sprigionare i suoi sentimenti.
La
verità era che lo amava da sempre.
Fin dai tempi di Digiworld.
Un
sorrisetto compiaciuto s’increspò sulle labbra del
giovane «Anch’ io e non sai quanto»
«Oh,
merdaccia!» esclamò un ragazzo occhialuto
«Quei due tra poco si scopano! Meglio levare le
tende»
Joe
scappò via da dietro quel muretto dove era andato a spiarli.
Takeru e
Hikari, due ragazzini.
I fratelli
dei temuti Yamato e Taichi.
La coppia
per eccellenza.
La speranza
e la luce.
Okay, avete
capito. Stavano facendo cose poco caste... Era... era...
Era
assolutamente inaudito! Insomma, lui, Joe,
diciannove anni, un partito di classe, per la miseria!
Lui non
aveva fatto sesso con nessuno.
Uffa, che
cav- inciampò come un salame sui suoi stessi piedi prima di
riuscire a pensare ad altro.
«Santo
Gomamon papa!» imprecò tenendosi da un barca in
modo tale da rimettersi in piedi «Non me ne va bene una!
Prima non scopo, poi cado, poi...»
«Uhm,
Izzy»
Il ragazzo
si zittì in un istante, abbassandosi.
«Izzy,
ti prego continua»
Il blu si
grattò la testa. La voce proveniva da quella barca che se
non errava era la sua. Insomma quelle iniziali “ J.K”
ne erano la prova.
La voce
femminile inoltre non gli era nuova, sembrava quella di...
«Frankie»
pigolò qualcuno.
Ma,
allora… Frankie e Izzy?
Izzy e
Frankie?
Koushiro e
Frajiko?
«NO!»
esclamò rimettendosi immediatamente in piedi «Ce
l’ avete tutti con me, non è giusto!»
«Ma-»
«BASTA!»
urlò, correndo a più non posso «Sempre
a fare le cose zozze! Io non vi sopporto più!»
«Joe,
amore! Sono qui, vieni a prendermi»
Luchia gli sbarrò però la strada con il pezzo di
sopra del bikini slacciato «Guarda che bocce,
tesoro! Con queste, sperimenteremo l’ arte
dell’ amour»
«Lasciami
stare con questi amour e arti!
Voglio tornare a casa da Shin!» si dimenava lui, mentre la
ragazza lo trainava dietro una barca.
Le urla si
affievolirono dopo circa cinque minuti, sostituiti da delle grida di
piacere.
Okay, forse
il signorino doveva ricredersi.
E
tiè, non era più extra-vergine!
Izzy e
Frankie alzarono la testa perplessi.
«Chi
caccia queste urla disumane?» chiese lei.
«Boh,
nessuno d’ importante»
«Okay,
allora» La biondina ammiccò, baciandogli la
schiena nuda «Stavamo facendo?»
Lo fece
stendere sulla barca posizionandosi di sopra, mentre lui gettava
qualche mugolio.
«Un
momento, fammi finire la partita al flipper!»
«Lyna!
Tyna! Venite qua!» urlava Daisuke, alzando in aria la
bottiglia di birra a mo’ di trofeo.
Le due
sorelle imbucate si lanciarono uno sguardo perplesso.
Cody
sospirò. «Possibile tu debba andare sempre su di
giri? Non basta quando sei sobrio?»
«Sta’
zitto, nano!» Sbottò però quello
«Piuttosto, che ne dici se ce le scambiamo, eh?»
«No,
a me va benissimo Lyna» Rispose Cody, voltando la testa
dall’ altra parte «Prenditi ciò che
è tuo»
«Infatti!»
sbottò Davis, prepotente «Perciò Lyna
adesso è mia» Le mise una mano in spalla,
sorridendogli.
La ragazza
alzò le spalle, mentre Tyna le rivolgeva uno sguardo di
fuoco.
Per
diamine, Cody era più basso di lei!
«Ebbene, sai
perché mi faccio chiamare ‘ Davis ’
?» domandò il finto amaranto all’ altra
ragazza che volgeva sguardi d’ aiuto verso la sorella.
Ma
perché cavolo avevano accettato la corte di quei due? Almeno
Cody, era più tranquillo.
«No,
ma-»
«Perché
io adoro categoricamente Miles Davis, il compositore e trombettista
jazz degli Stati Uniti! Un vero mito! Vieni, ti racconto la
storia»
«No,
io-»
«Dunque»
si schiarì la voce «Miles Davis nacque ad Alton,
il 26 Maggio del 1926. Aspetta, non ricordo quand’
è morto, però!» Si mise a rimuginare,
dopodichè arrivò alla conclusione «Bah.
“Per me la musica e la vita sono tutta una questione di
stile”. Questo era il suo e mio
motto! Sono un mito, lo so»
Cody
sospirò. «Il fatto che si facesse chiamare
‘ Davis ’ per un compositore, questa ancora non la
sapevo»
Cosa
combinava quel pazzo di Daisuke? Venne da pensare a Mimi, sentendo le
sue urla in lontananza.
Aveva il
costume slacciato e gli occhi socchiusi.
Stavano
veramente per farlo.
Il suo
capriccioso desiderio stava per essere realizzato.
Tentò
di alzare la testa in modo tale da scorgere Sora o qualcun’
altro dei suoi amici, ma Tai le oscurava la vista.
Riabbandonò
la testa sopra la tovaglia e con un braccio accarezzò i
capelli umidi del ragazzo.
Adorabili
quei capelli, così al vento, così frizzanti.
Di
soppiatto, Tai sollevò la testa dal suo collo afferrando
un’ altra tovaglia poco distante dalla borsa di Mimi.
Lei lo
guardò interrogativo. Che avesse freddo?
Il ragazzo
l’ aprì e con un movimento delle braccia la
poggiò sopra di loro. La tovaglia era abbastanza ampia e li
custodiva come due tesori nascosti dietro delle barche.
Le
bloccò le mani e risalì sul suo corpo.
Riprese a
baciarle il seno e la pancia, senza mollarle i polsi.
Il fatto
che lui la stesse dominando fece
scattare un senso di protezione nei
confronti di Mimi.
Socchiuse
nuovamente gli occhi, scossa da un brivido di piacere e si
lasciò dominare dolcemente.
Tai pian
piano risalì con la bocca fino al suo collo. Lo
sfiorò con tanti piccoli baci e, lasciandole libero un
polso, accarezzò il suo seno.
Mimi si
morse la lingua.
Liberò
la stretta dell’ altro polso e racchiuse le mani dietro la
sua schiena, attirandolo a sé con maggior vigore.
«Oh,
Tai» pigolò, scorgendo i suoi occhi nocciola
«Fallo adesso. Ti prego, fallo
adesso!»
«Non
vuoi aspettare un-»
«NO!»
lo supplicò prendendogli una mano e portandola
inaspettatamente verso il basso «Lo voglio ora. Ora!»
Rimasto
attonito per qualche secondo, il ragazzo accarezzò con due
dita la sua femminilità.
La castana,
scossa da un fremito, lanciò un mugolio.
«Rendimi
la ragazza più felice di questa spiaggia» disse
baciandolo a fior di labbra.
Il ragazzo
non esitò. Lei era lì, con la sua espressione
persa e i suoi occhi semichiusi, incorniciati dai capelli arruffati,
sparsi nella tovaglia... Lei era sotto di lui, bella
e vogliosa.
Cacciò
via le dita, preparando una nuova entrata, una nuova penetrazione.
Quando per
la prima volta entrò dentro di lei, Mimi cacciò
le unghie, lasciando dei segni profondi sulla schiena di lui.
Si
lasciò scappare un gemito. «Dio... Non sai da
quando ho desiderato sentirti dentro di me... Tai... Tai...»
Il suo nome
appariva così bello pronunciato
con quella nota di piacere. Sembrava un’ invocazione.
La sua
invocazione.
Mordendosi
le labbra, spinse ancora di più mentre il bacino di lei si
contraeva.
«Per-perché
non me l’ hai mai detto?» domandò,
offuscato da una certa eccitazione.
Il suo
corpo stava andando in tilt.
I movimenti
erano ormai regolari e i respiri di entrambi si erano appesantiti
notevolmente.
La ragazza
esitò qualche secondo prima di rispondere.
«Io...
Non posso più fare a meno di te.
Perché ti amo tanto e
non vorrei passare come quella che...»
«Sssh!»
la interruppe lui con un sorrisino meravigliato
«Ripetilo»
Si
scrutarono una attimo occhi negli occhi.
Nocciola su
nocciola.
«Io...
Tai... Ti amo, sì»
ripeté con la testa che le girava. Poggiò il viso
sopra la sua spalla, quasi vergognandosi per aver detto ciò
che pensava in due parole.
Voleva
sentirselo dire da tempo.
Voleva
capire se effettivamente anche lei l’ amava.
E adesso
che l’ aveva udito con le proprie orecchie, poteva
definirsi felice.
Era strano,
no? Prima sei preoccupato per la tua fidanzata e poi
scopri che lei ti ama davvero e che tu sei un idiota paranoico,
venne da pensare a Taichi.
Continuò
a muoversi a ritmi più veloci, spostando una mano della
ragazza da sopra la sua spalla.
La strinse
nella sua ogni qualvolta che un gemito volava via dalle loro bocche.
Erano in
giorni come quelli che il tempo doveva fermarsi.
Ma
prontamente eccoli lì che volava via, trascinando con
sé la gioia di essersi finalmente uniti.
In riva al
mare, sdraiati completamente l’ uno sopra l’ altra,
vivevano nella loro bolla.
Okay,
dovevano chiarire, dovevano discutere. Dovevano capire se c’
era veramente qualcosa che non andava.
Invece, il
loro istinto li aveva condotti a strapparsi i costumi di dosso e a
baciarsi quasi violentemente.
Credeva di
toccare il cielo.
Era questo
che pensava Sora ogni volta che il ragazzo le sfiorava una parte del
corpo.
Gli fece
una carezza e alzò gli occhi al cielo.
Non aveva
visto nessuna stella cadente fino ad ora. L’ anno precedente
ne aveva beccate sette!
Ma
l’ anno precedente non era con Matt, che categoricamente era
migliore di tutte le stelle del firmamento.
I suoi
occhi cerulei bastavano per completare quel pezzetto di cielo coperto, si disse.
Brillavano.
Così
come i suoi capelli d’ oro.
Come suo
solito fare, li accarezzò lievemente, spettinandoli
più di quanto non lo fossero.
Sorrise
guardandolo con gli occhi dischiusi ed il volto più roseo
del solito.
La baciava
con una certa confidenza e con una voglia irrefrenabile di averla. Per
questo adesso le stava slacciando il costume e le
stava accarezzando i seni.
Seno pomposo, la
chiamava lui.
«Questo
seno è sempre più pomposo»
commentò sogghignando.
«Scemo»
gli accarezzò le gote e si lasciò trasportare
dall’ indole di piacere che Matt le stava procurando.
Pian piano,
le mani vagavano sotto la pancia. Accarezzavano le sue gambe lisce e
vellutate.
Sì,
decisamente era una brava estetista.
La mano
destra del ragazzo si inoltrò più affondo
adiacente al suo sesso.
Tuttavia
non entrò. Si abbassò per
baciare la parte esterna dell’inguine, penetrandola con la
lingua.
Sora si
aggrappò a lui cacciando un gridolino.
Oddio, se
l’ avessero vista!
Lui la
stava assaggiando, assaporando.
Nessuno poteva interrompere la sua cena.
Si
sentì come una docile preda
nelle grinfie del temibile cacciatore.
Il suo bel
cacciatore.
«Oh,
Matt» gemette, mentre il biondino risaliva a baciarle il
collo.
Tracciò
linee immaginare sulla sua schiena e tentò di slacciargli il
bermuda blu.
Possedeva
la sua preda.
«Narciso
non avrà mai tutto questo» puntualizzò
Matt, abbassandole le mutande del bikini fino alle caviglie.
«Sì»
ansimò Sora subito dopo che la penetrò.
«E
sei solo mia»
ripeté, mentre si muoveva dentro di lei sempre
più forte.
«Sì»
Il viso della ragazza s’ increspò in un
incantevole sorriso, mentre buttava la testa all’ indietro,
godendosi il piacere che stava percependo.
«Un
ultima cosa»
La ramata
trattenne il fiato.
«Anche
io ti amo. E lo sai per certo
anche tu, amore mio»
Come
leggendola nel pensiero, il ragazzo le sfiorò la fronte con
un bacio.
Grazie a
quelle parole non avevano più dubbi da risolvere.
Il tempo
era l’ unico testimone del loro amore.
«UNA
STELLA CADENTE!» urlò Joe scattando in piedi
«Guarda Luchia, una stella cadente!»
La mora
alzò lo sguardo dalla barca in cui si erano appartati e
sbuffò pesantemente.
«Cielo,
tesoro! Cosa vuoi che sia un piccolo raggio di luce!»
Joe la
guardò stralunato.
Una
vecchiaccia di ventott’anni che se l’ era appena
fatta con lui e che non adorava le stelle cadenti?
E lui
desiderava passare il resto della sua vita con quella?
Si
grattò incerto la testolina, mentre Luchia fumava due
Marlboro contemporaneamente.
Ma certo
che no!
Voglio
essere figo, espresse
chiudendo gli occhi.
Dopo che li
riaprì, un palloncino d’ acqua lo colpì
in pieno viso facendogli cascare gli occhiali.
«CHI
CAZZOLINA E’ STATO?!» urlò, tentando di
scorgere gli occhiali.
Poco male,
erano le quattro di notte e non si vedeva un acca.
«Tieni,
eccoli» Luchia gettò le sigarette e porse la
montatura al blu inferocito.
«Da’
qua, vecchia decrepita!» glieli tolse di mano poco
gentilmente e se li riportò al viso.
«Chi
diavolo-»
«Mio
caro dalla chioma blu» lo fermò da un piede la
donna, facendolo cascare con la testa sulla sabbia.
«FanFi
Fumi!» tossicchiò il ragazzo, sputando la sabbia
dalla bocca «Che accidente fai?!»
«Su,
mon amour» disse quella saltandogli addosso
«Sperimentiamo l’ arte del fiki-fiki!»
«No,
il fiki-fiki, no! Porca vacca zozza!
AIUTO!» urlò agitando il braccio
«Dannate stelle cadenti! VE LA FARO’
PAGARE!»
|