6.
La nomina del nuovo sceriffo è sempre stato un
evento per l’alta società di Piltover; un momento
di passaggio di testimone importante, di nuove speranze e prospettive
per la città e i suoi cittadini.
Che la sala dei congressi fosse gremita di persone non sorprese Caitlyn
proprio per questo motivo. Alla vista di quel pubblico numeroso
ricordò quando, qualche anno prima, assistette alla
cerimonia di Marcus dopo la morte improvvisa del suo predecessore,
Grayson. A quel tempo era ancora un’adolescente indecisa sul
suo futuro, sotto pressione sia dalle aspettative dei suoi pari e sia
quelle di sua madre; seduta in prima fila, ebbe l’occasione
di vedere per la prima volta la cerimonia.
Il ricordo era ancora estremamente vivido. Donne, uomini e yordle in
alta uniforme erano seduti attorno a lei e stavano guardando con
ammirazione il collega tenere il suo discorso sotto le luci abbaglianti
dei riflettori. Quel discorso fu lungo e toccante, intriso di belle
parole e affermazioni forti che ispirarono la piccola Caitlyn.
Non si sarebbe mai aspettata che un giorno avrebbe rivissuto la stessa
esperienza a parti inverse, e che quel giorno era arrivato troppo in
fretta e lei non era nemmeno lontanamente pronta. Si pentì
di aver preso in giro Jayce quando, nella stessa posizione in cui sti
trovava lei in quel momento, avrebbe dovuto parlare dei suoi progetti
hextech alla fine del Giorno Del Progresso; quasi lo ammirò
per il coraggio, perché ciò che le aspettava la
stava facendo sudare freddo.
Si sistemò il cappello e la gonna, nel tentativo di
discostare i suoi pensieri altrove. In quel momento avrebbe desiderato
con tutta sé stessa che dietro le quinte del palco ci fosse
uno specchio per controllare lo stato della sua faccia: sapeva che
prima o poi le sarebbero venute delle rughe profondissime sulla fronte,
per il tempo che passava ad avere un’espressione corrucciata.
Buttò un occhio sul pubblico: tutti erano presenti, dai suoi
colleghi, Jayce, sua madre e suo padre seduti in prima fila, tutti
allegri e parlottanti tra loro. Caitlyn cercò con gli occhi
una persona in particolare, e data la sua chioma sgargiante non sarebbe
stato difficile trovarla, se solo fosse stata lì.
Caitlyn prese un lungo sospiro, per poi tornare a concentrarsi su
qualsiasi cosa non fosse il suo discorso. Nei giorni precedenti alla
cerimonia, la piltoviana aveva parlato estensivamente delle sue
preoccupazioni a Vi, e lei aveva fatto del suo meglio per darle
supporto. Ovviamente a modo suo.
Le parole non erano il punto forte di Violet, e quando provò
ad aiutarla a scrivere un pezzo del discorso su carta, le due finirono
per battibeccare su quanto sia appropriato l’uso di parolacce
in un documento ufficiale.
“Come pensi di raggiungere le persone con tutti questi
paroloni? Vai diretta al punto!”
“Violet sii ragionevole, non posso dire fanculo i
chembarons.”
“Ma è quello che pensi!”
Per quanto Vi fosse carente nel dipartimento comunicazione diplomatica,
recuperava tutto in gesti e piccole accortezze nei suoi confronti. Ad
esempio, come aveva imparato soltanto osservandola prepararlo ogni
mattina, la sua miscela di tè preferita: un cucchiaio del
barattolo verde, mezzo da quello di rame, due zollette di zucchero e un
po’ di latte intero. Glielo aveva servito quella mattina
stessa a letto, con un paio di biscotti, assicurandosi che finisse
tutto.
O quando, per far staccare Caitlyn dalla scrivania la sera tarda,
l’afferrasse di peso come un sacco per lanciarla sul letto; e
lo faceva ogni volta, con così tanta determinazione che da
un po’ Caitlyn non si opponeva più.
O come, dopo ogni doccia, Vi le chiedeva se potesse pettinarle i
capelli. La prima volta che glielo chiese la piltoviana si stranii, ma
le porse comunque la spazzola, incuriosita. Da quel momento era
diventato un loro rito, dove in silenzio la zaunita pettinava con cura
i suoi lunghi capelli scuri, con delicatezza districava ogni nodo.
“Hai dei capelli meravigliosi, lo sai?” le diceva
ogni volta, e ogni volta Caitlyn sorrideva come una ragazzina
innamorata.
Perché alla fine dei conti quella era la questione. Se
all’inizio era un desiderio di protezione, di affetto genuino
dato dall’esperienze traumatiche vissute insieme, anche un
certo senso di responsabilità, si era trasformato presto in
altro. Violet non aveva mai nascosto l’attrazione che provava
per lei, e Caitlyn ci aveva messo un po’ per scendere a patti
con le battute e gli ammiccamenti scherzosi.
Poi sono subentrate le preoccupazioni, le carezze, gli sguardi intrisi
di mille parole impossibili da dire. Lentamente, senza fretta, Caitlyn
si era innamorata perdutamente di Violet: di ogni sua singola
sfaccettatura, espressione, cicatrice, sorriso, lentiggine …
Caitlyn scosse la testa vigorosamente per ridestarsi dai quei pensieri.
Non era il momento più adatto per pensare queste cose, non
lo era per nulla, ma non poteva fare a meno di desiderare che Vi fosse
di fianco a lei prima della cerimonia. La sera prima glielo aveva
chiesto ma lei era titubante, qualcosa tra un volerle lasciare spazio
per godersi il suo momento e tra “piltoviani”
stretto tra i denti. Aveva detto che ci avrebbe pensato su e Caitlyn
sperò fino all’ultimo momento che le sarebbe
apparsa alle spalle.
Ma quel momento non arrivò. Il suo nome venne annunciato a
gran voce dal microfono del podio illuminato a giorno e il
chiacchiericcio del pubblico scemò, in attesa. Si
sistemò un’ultima volta l’uniforme,
prese un lungo respiro e camminò per la prima volta su quel
palco, con ogni passo che riecheggiava nel completo silenzio.
Arrivata dietro il podio, sistemò il microfono e
tirò fuori da una delle sue tasche un foglio ripiegato, lo
sistemò davanti a sé e cominciò.
Sentì su di sé tutti gli sguardi dei presenti.
“Cittadini di Piltover” disse, alzando lo sguardo
dal foglio “è con estremo onore e gratitudine che
vi annuncio che da oggi in poi ricoprirò la carica di
Sceriffo. Il consiglio ha espresso questa volontà nei
difficili mesi che abbiamo vissuto, e accetto questa
responsabilità con grande gioia” guardò
nuovamente in basso, leggendo le parole che aveva scritto con
velocità.
“Come ben sapete, la nostra amata città sta
attraversando una delle più violente crisi della nostra
storia. Non nego che sarà un lavoro difficile, ma
farò del mio meglio per reinstaurare sicurezza nelle nostre
strade” si fermò. Quelle parole le sembravano
così poco, così vuote. Sapeva che avrebbe dovuto
dire di più, ma le mancò il coraggio.
Guardò la platea, ampia e affollata: i suoi occhi guizzavano
da una parte all’altra, alla ricerca di una testa in
particolare.
E la vide. Non l’aveva vista prima perché aveva il
cappuccio, ecco perché. Era seduta nel centro, e la
riconobbe dai suoi occhi grigi scintillanti, fissi su di lei. Il cuore
di Caitlyn si riempì di qualcosa che non seppe descrivere.
Le sue dita tremolanti presero il foglio e lo girarono, quelle parole
scritte nei giorni precedenti diventarono improvvisamente inadeguate e
nella sua testa ne fluirono, come un fiume in piena, altre
più importanti. Caitlyn dimenticò di essere
davanti a tutte quelle persone, e la tribuna divenne vuota, con solo
Violet al centro.
“Tuttavia,” riprese, “tutti noi dovremmo
fare un profondo esame di coscienza. Quanto, ognuno di noi, ha fatto
per evitare questo? Quanti occhi abbiamo abbassato, quante volte
abbiamo fatto finta di essere sordi quando la realtà invece
era così rumorosa?” si alzò un mormorio
leggerò, ma che non la fermò.
“Le cose cambieranno, e i primi a cambiare dovremmo essere
noi. Noi piltoviani. Mettere la nostra bravura a servizio di tutti e
non dei più abbienti. Dedicare un domani sicuro ad ogni
bambino, ad ogni persona, e soprattutto un domani libero”
aveva alzato il tono della voce, ormai divenuto arrabbiato, accusatorio
“noi abbiamo il potere per farlo. Il mio lavoro
sarà assicurarmi che accada, per Piltover, per Zaun, per
tutti” e finì.
Caitlyn si sentì come se avesse appena vomitato. Aveva la
testa leggera, una fitta allo stomaco che l’avrebbe piegata
in due dal dolore se non fosse stata su quel palco. Il pubblico, con la
fine del suo discorso, tornò nel silenzio. Alcuni si
scambiarono occhiate dubbie, chi aveva un’espressione
disgustata, chi invece gli occhi lucidi.
A Caitlyn non importava nessun dei precedenti. Aspettava soltanto la
reazione di Violet, perché erano per lei quelle parole, era
per lei tutta la speranza, erano per lei tutte le scuse che si meritava
per quello che aveva passato.
Nel silenzio più totale parti un fischio, e poi un applauso.
Vi si era alzata, si era tolta il cappuccio, e in piedi sul sedile
aveva cominciato ad applaudire e cantare il suo nome. Gli altri,
timidamente, vennero ispirati dalla zaunita e la imitarono,
finché il silenzio non fu rimpiazzato da un lungo scroscio
d’applausi.
All’uscita del palazzo, i suoi colleghi la stavano aspettando
in riga e sull’attenti e, quando il sergente Harknor, agente
senior di Piltover, le applico lo stemma di Sceriffo sul petto, ottenne
un ulteriore applauso. Di Vi però non c’era
nemmeno l’ombra, era arrivata ed era sparita in un attimo,
senza che la piltoviana potesse intercettarla.
I suoi genitori la riaccompagnarono a casa alla conclusione della
cerimonia e Caitlyn non vedeva l’ora di tornare. Rimase per
tutto il breve viaggio pensierosa, rispondendo a monosillabi a sua
madre, che stava esprimendo la sua opinione riguardante il discorso.
Appena Caitlyn arrivò all’entrata del condominio,
corse in fretta per le rampe di scale e spalancò la porta di
casa. Trovò Violet che l’aspettava appoggiata al
tavolo della cucina, un sorriso a trentadue denti stampato in faccia;
appena vide Caitlyn, allargò le braccia.
“Ehilà, sceriffo.”
Caitlyn si gettò in quell’abbraccio con
così tanta veemenza che per poco non sarebbero capitombolate
a terra entrambe. Si strinsero con forza, entrambe felicissime, poi
Vi la sollevò dalle gambe per alzarla e farla
roteare nel mezzo del salotto, ridendo entrambe a crepapelle.
Dopo che il cappello di Caitlyn volò rovinosamente oltre il
divano, Violet la poggiò a terra, stringendola ancora a
sé.
“Non hai idea di quanto sia stata felice di vederti
lì” disse, “davvero. Pensavo non saresti
venuta.”
“Ho dovuto pensarci un po’, scusami” Vi
le prese la mano e le posò un lieve bacio sulle dita,
“cambiare idea è stata la scelta migliore che
potessi fare.”
“Quindi ti è piaciuto il discorso?”
“Scherzi? Sei stata incredibile, cupcake. Hai rimesso tutti
quei palloni gonfiati al loro posto, avresti dovuto vedere le loro
facce” disse, per poi scimmiottare uno degli spettatori che
le erano seduti di fianco. Caitlyn rise di gusto, immaginandosi
perfettamente la persona in questione.
Era valsa la pena angustiarsi così tanto su quel discorso se
il risultato era vedere Vi felice. Il suo viso contratto in una risata,
con il naso arricciato e gli occhi lucidi, era la cosa più
bella e armoniosa che i suoi occhi abbiano mai avuto il privilegio di
ammirare.
“T’ho detto che sei nata per essere al comando,
Cait. Non ho visto così tanti discorsi nella mia vita, ma
per Janna sei non hai sbagliato una virgola. Non vedo l’ora
di vederti in azione, a mettere in riga tutti quegli agenti del cazzo
che se la credono. Sei perfetta.”
Caitlyn strabuzzò gli occhi, per ricevere come risposta
dall’altra un mezzo ghigno con una linguaccia. La piltoviana
s’inclinò in avanti per un bacio, che ricevette
senza esitazioni. Poi altri a seguirsi, sempre più veloci e
affannati. Erano in casa ormai da un quarto d’ora e non si
erano separate ancora da quell’abbraccio.
Vi poggiò il pollice sul labbro inferiore di Caitlyn,
carezzandolo appena.
“Quindi,” sottolineò giocosamente,
“come vuoi festeggiare questo lieto evento?”
La piltoviana inclinò la testa, incuriosita.
“Bottiglia di vino?
“Uh-uh, l’abbiamo finito l’altra sera,
ricordi?” schioccò la lingua sulle labbra,
“puoi chiedere qualsiasi cosa, sceriffo.”
“Qualsiasi cosa?” ripeté, per poi
avvicinarsi all’orecchio di Vi e sussurrare qualcosa a bassa
voce. Quello che ne seguì fu prevedibile: la zaunita riprese
in braccio l’altra per le cosce e senza interrompere la
raffica di baci rumorosi, andò maldestramente verso la
camera da letto e chiuse con un calcio la porta dietro di sé.
Il giorno in cui Caitlyn diventò Sceriffo fu il giorno in
cui fece molte cose per la prima volta.
Per la prima volta, aveva detto ciò che pensava davvero
davanti chi le faceva più paura; per la prima volta
sentì che aveva fatto il passo giusto verso un futuro
migliore per la sua città; per la prima volta si era sentita
fiera di sé stessa, e per la prima volta aveva amato senza
remore, senza freni, la donna più importante della sua vita.
E non vedeva l’ora di svegliarsi per averla al suo fianco,
domani.
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