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The water's clean
I see that it's full of dimes
For every wish, I wonder why
Why all I want
Is something beautiful
A place to rest
I never felt better now
La pioggia batte fuori dalla mia finestra e i miei occhi ne
seguono il quieto scorrere.
Rigagnoli di acqua pulita, limpida, pura.
Come non sono io.
Io che mi sento sporco, inutile, frustrato.
Eppure non potrei stare meglio: le mie pupille rincorrono quei
fiumi in miniatura fino alla pozzanghera più grande, proprio al centro del vialetto.
Nessuno potrebbe sporcarla.
Nessuno passa di qui da un po’.
Nessuno si preoccupa di cercare il mio sguardo spento oltre
i vetri opachi della finestra.
Io stesso non mi ricerco più.
Il ticchettio delle gocce è rilassante, mi culla come
l’abbraccio che desidero da tempo e che non avrò mai.
È l’unico istante in cui l’ansia scivola via dal mio petto e
la pace se ne impossessa.
Tutto ciò che voglio è stare qui a osservare la pioggia,
perché improvvisamente questo è il posto più bello del mondo, il momento perfetto.
Don't want your help
Don't need your help
Don't want your help
Don't need your help
Non ho bisogno di aiuto.
Non lo voglio, non me ne faccio niente.
In questo momento sento un intenso calore dentro il petto,
sono tranquillo e in pace.
Continuo a fissare la pozzanghera al centro del vialetto e
un sorriso crepa le mie labbra.
Fanno male, ma non potrei stare meglio.
È una pace effimera, durerà il tempo di questo acquazzone.
Ma ho imparato a prenderla tutta, accoglierla nel petto e
conservarla gelosamente fino all’ultima stilla.
Finché il sole non tornerà a splendere e i demoni busseranno
ancora una volta alla mia porta, facendola cigolare, ostile.
Le gocce, con il loro ostinato corso, trovano da sole la
strada verso la pozzanghera.
Se qualcuno guardasse oltre i vetri della mia finestra,
troverebbe il mio sguardo implorante.
Aiutami, ti prego.
Questo direbbero i miei occhi, perché questo è l’unico
momento in cui mi sento in pace e pronto a lasciarmi leggere dentro.
Ma non c’è nessuno, nessuno passa di qui.
La pozzanghera è limpida, riflette il grigiore del cielo.
Nessun piede sporco di fango distruggerà questa perfezione.
You found a way to
make me say, help me please
[Helpless, Faith
No More]
§
Waiting for someone
to save me
But everyone just runs away
Waiting for someone to change me
But no one ever comes
Mi sento triste e solo.
Vorrei soltanto che qualcuno venisse a trovarmi.
Non saprei cosa dirgli, in verità non ho niente da offrire a
un eventuale ospite e questa casa è un disastro.
Però sento che i miei amici non baderebbero a certe
stronzate.
A volte ripenso a Titti, vorrei vederla.
Ripenso alla mia vita con lei, al sole di Bologna e a quella
gente che mi faceva sentire vivo.
Vivo come ora non mi sento più.
Mi accuccio sotto le coperte e aspetto.
È buffo: quando voglio essere lasciato solo, qualcuno bussa
alla porta o suona il campanello. Perfino i vicini con cui non ho mai parlato
ogni tanto vengono a disturbarmi, sempre quando non sono in vena.
Oggi invece vorrei incrociare uno sguardo amico, perché
l’ansia mi sta mangiando e la solitudine è l’unica compagnia che posso
permettermi.
Dovrei soltanto alzarmi, fare una doccia e, con dei vestiti
puliti addosso, uscire di casa.
Da quanto tempo sono chiuso qui dentro?
Qualcuno mi spedisce del cibo ogni giorno, immancabile il biglietto
allegato al sacchetto fragrante che spesso ignoro e mi fa rivoltare lo stomaco.
Non sto mangiando tanto, non mi va.
I foglietti invece li leggo in continuazione.
Ormai attendo il momento della consegna come fosse l’unico
evento rilevante nella mia vita.
A volte lancio sguardi supplichevoli al fattorino, sperando
che mi riveli l’identità di chi mi compra da mangiare. Ho provato a
chiederglielo, ma non ha mai saputo rispondermi.
A mezzogiorno eccolo arrivare, un cartone in mano e un
sorriso di circostanza stampato sul viso troppo giovane.
Chissà cosa pensa di me, chissà se gli faccio pena o lo
disgusto.
Non potrei biasimarlo, mi sento così smarrito che avverto
perfino la tentazione di aggrapparmi a lui e pregarlo di salvarmi.
Tutti se ne sono andati, ormai nessuno pensa più a me.
Li ho fatti scappare con i miei silenzi e la mia freddezza.
Li ho terrorizzati con la mia vuotezza.
Eppure qualcuno ancora si preoccupa: mi manda del cibo e mi
ricorda qual era la mia vita, quali erano le mie idee e le mie passioni,
trascrivendo le mie stesse parole su dei bigliettini.
Mi ricorda chi sono anche quando vorrei soltanto
dimenticarlo.
Come oggi, che mi sento tanto triste e solo e vorrei
soltanto che qualcuno mi tendesse una mano gentile.
Sono in trappola e non so come uscirne, mi guardo intorno e
ci sono soltanto le solite mura ostili che vorrei distruggere.
Oggi desidero riprendere la mia libertà, o semplicemente che
tutto questo finisca.
Mi guardo intorno e ogni cosa sembra fuori posto. L’ambiente
è sempre più ostile, quasi mi sussurra di andarmene.
Poi l’ansia mi assale e sento di non potercela fare.
Appartengo a queste mura, a questo sole accecante che
accresce le mie paure, al caos nella mia testa.
Mi basterebbe soltanto un po’ di pioggia per ritrovare la
pace.
I'm breaking down the walls that cage me
But nothing ever falls in place
Waiting for the end to take me
Blinded by the sun
[Darkness Settles In,
Five Finger Death Punch]
§
Rain, rain, rain,
take this hand of sorrow
Take away my darkest days
Quando la pioggia accarezza i vetri delle mie finestre,
tutta l’ansia mi abbandona.
Ormai è un processo a cui sono abituato, un momento che
attendo e mi conforta nel profondo.
Ecco perché quando Trevor viene a trovarmi, sono piuttosto
calmo.
Rilassato.
Non riesco a distogliere gli occhi dalle gocce che scivolano
giù dal cielo, è un movimento ipnotico ed estremamente capace di farmi sentire
in pace.
«Ehi!» Il mio amico si piazza di fronte a me, impedendomi di
continuare a godermi lo spettacolo che scroscia fuori dalla mia finestra.
Sbatto le palpebre e sento la rabbia montarmi dentro: perché
vuole rubarmi l’unico istante di tranquillità che mi è rimasto? Non ne ha alcun
diritto.
Sollevo il capo e sto per dire qualcosa, quando i suoi occhi
scuri si scontrano con i miei. E, come al solito, ho come l’impressione che
possa leggermi dentro.
Mi conosce fin troppo bene, ma stavolta non ho la minima
idea di cosa possa trovare nel mio sguardo – io mi sento totalmente svuotato.
Rimane a scrutarmi in silenzio, poi una delle sue mani si
posa cauta sulla mia spalla.
Scatto come una molla e mi ritraggo, sfidandolo con occhiate
di fuoco. Non voglio che qualcuno mi tocchi, non voglio compassione, non voglio
essere disturbato durante un giorno di pioggia.
Non potrei stare meglio, ho bisogno di godermelo, è così
difficile da capire?
Eppure pensavo che Trevor mi conoscesse…
«Mike…» Il suo è un sibilo strozzato, accompagnato da due
occhi che si fanno grandi e pieni di paura.
Perché mai dovrebbe essere spaventato? Ho un aspetto tanto
orribile?
Non mi importa.
Voglio solo che la pioggia porti via i miei giorni più bui,
da solo e senza interferenze.
«Vattene, va bene? Qui è tutto a posto, davvero. Non vedi
quanto sono tranquillo?» Mi rivolgo a Trevor in tono piatto, non ho alcuna
voglia di fare conversazione.
Oggi meno che mai.
«Volevo solo… sono preoccupato» ammette con estrema
schiettezza, accovacciandosi di fronte a me.
Da quando è arrivato, non mi sono mosso dalla poltrona davanti
alla finestra.
Ora che si è abbassato, ho nuovamente la visuale libera e
posso godermi ancora una volta lo spettacolo della pioggia che inonda il
vialetto, la strada, le auto…
Un altro tocco, stavolta sulla mano.
Trevor mi sfiora la sinistra, sa perfettamente che così
posso accorgermi del contatto. Vuole attirare la mia attenzione.
Quel gesto è talmente lieve e caldo che non trovo la forza
di ritrarmi.
Stacco lo sguardo dalle gocce che crollano dal cielo e lo
riporto in quello scuro e preoccupato del mio ospite indesiderato.
Un sussulto mi scuote appena il petto e questo mi
terrorizza.
«Che ne hai fatto di quella testa di cazzo del mio amico?»
sussurra Trevor.
Sembra sempre più piccolo, ingobbito, schiacciato da chissà
quale peso invisibile. Forse è colpa mia se sta così, ma io non so proprio come
aiutarlo.
«Sono qui, non mi vedi?» rispondo con semplicità, scostando
la mano sinistra dalla sua.
È a quel punto che lui si mette di nuovo in piedi. È a quel
punto che evita categoricamente di guardarmi negli occhi. È a quel punto che
scuote il capo e si avvia alla porta.
L’unica cosa che riesco a pensare, mentre lo osservo andar
via, è che finalmente ho ottenuto ciò che volevo fin dall’esatto istante in cui
Trevor ha suonato il campanello.
Non so neanche quanto tempo sia passato.
Torno a concentrarmi sulla pioggia e noto la figura del mio
amico che attraversa il vialetto e si dirige verso la propria auto.
Poco prima di salire a bordo, si volta nuovamente nella mia
direzione.
La pioggia accarezza anche lui, lo porta via come uno dei
miei peggiori incubi.
Ha le guance bagnate.
Rain, rain, rain, take away my darkest days
Return me for I feel they’re here to stay
[Darkest Days,
Black Label Society]
§
Il fattorino arriva
puntuale, come ogni giorno.
Consegna il pranzo al
solito indirizzo.
In allegato un
biglietto, scritto al computer e anonimo.
There are so many
ideas that I have in my mind, of projects that I would love to tackle, people I
would love to work with, genres I would love to experiment with, and sounds
that don't fit any of my previous projects that I need to find a home for.
[Mike Patton]
NOTE:
In questo capito compare Trevor Dunn, bassista e co-fondatore
insieme a Mike dei Mr. Bungle e suo amico da quando erano bambini. I due sono
cresciuti insieme a Eureka, cittadina nel Nord della California.
Viene inoltre menzionata Titti Zuccatosta, l’ex moglie
bolognese di Mike; il cantante ha vissuto per un buon periodo a Bologna e ha
imparato l’italiano, mai nascondendo il suo apprezzamento per la città emiliana
e per l’accoglienza che ha sempre ricevuto.
Quando Trevor tocca la mano sinistra di Mike per attirare la
sua attenzione, ho voluto fare un piccolo riferimento a un incidente che Mike
ebbe all’inizio degli anni Novanta, durante una delle primissime date con i
Faith No More; il cantante, infatti, si ferì con una bottiglia di vetro che rese
la sua mano destra praticamente insensibile.
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