Sabato
Venerdì,
sabato e domenica
3
– Domenica
Erano
arrivati a casa talmente tardi e talmente stanchi che
erano riusciti a mangiare solo qualche morso di omurice
e poi erano andati tutti a letto. Hinata aveva insistito
affinché Kageyama
prendesse il suo letto, ma alla fine vi si era sistemato con Aki, che
già
dormiva profondamente. Kageyama aveva disteso il suo futon
a poca distanza dal letto e gli aveva detto quasi subito:
“Buonanotte.”
Ma
dopo mezz'ora ancora non sentiva il suo respiro farsi pesante.
“Kageyama”
mormorò, allora, voltandosi sul fianco verso di
lui. L'altro grugnì per fargli capire che era sveglio.
Hinata, allora,
sgattaiolò via dal suo letto e si infilò sotto le
coperte accanto a lui,
avvicinandoglisi più che poteva. Senza dire nulla, Kageyama
lo strinse forte a
sé.
Fecero
l'amore in silenzio, nascosti sotto le coperte,
cercando di non svegliare Aki. Alla fine, Hinata gli stampò
un bacio
sull'avambraccio sinistro e si distese sulla schiena, il viso al
soffitto per
non guardarlo negli occhi. Anche Kageyama stava guardando il soffitto,
la mente
sgombra da qualunque pensiero. Due soldati nemici stesi uno accanto
all’altro nello
stesso letto d'ospedale.
“Cosa
c'è, Hinata?”
La
voce di Kageyama gli giunse particolarmente soffice
all'orecchio. Sembrava preoccupato, ma tremendamente
impegnato a non
dimostrarlo.
“Te
l'ho detto, Natsu.” mormorò Hinata in risposta.
L'altro
sospirò.
“L'hai
sentita, è andato tutto bene, ha vinto. Domani
passerà
anche a prendere Aki-chan.”
“Sì
però...” La voce di Hinata, troppo nasale, si
spense
sull'orlo di una lamentela.
“Hai
paura che Shinichi non torni più?” gli chiese
Kageyama
dando voce alla sua preoccupazione.
Hinata
annuì con un verso sordo, poi continuò in tono
lamentoso: “Non me ne ha più parlato... Non voglio
che resti da sola come me.”
Kageyama
si irrigidì nel futon.
“Noi non siamo Natsu e
Shinichi, Hinata!” esclamò dopo qualche
secondo a voce troppo alta.
Istintivamente, Hinata si voltò per guardarlo: giratosi
verso di lui, Kageyama era
furente e respirava appena. “Io non
me ne
andrò per non tornare più.”
Shoyo
si strinse nelle spalle, sentendosi minuscolo rispetto
a lui.
“Lo
so, ma speravo che riuscissimo a vederci di più da quando
sono rientrato in Giappone.” replicò con voce
piatta “Per questo sono tornato.”
In
quel momento tutto fu chiaro. Gli occhi di Kageyama
lampeggiarono solo per un attimo e la sua mano corse subito alla
schiena di
Hinata, attirandolo con forza a sé. Poteva sentire il
respiro cadenzato del suo
fidanzato, gelido sulla punta del naso. Hinata non aveva paura,
sembrava solo
sorpreso e in attesa. Avevano entrambi troppe domande da farsi, troppe
idee differenti
di cui convincersi l'un l'altro, mille soluzioni da esplorare. Hinata
aveva
provato a farlo lasciando San Paolo e cercando di raggiungerlo; in quel
momento
toccava a lui.
“Pensi
che io non senta la tua mancanza?” gli chiese,
perentorio, cercando di non lasciare trasparire l'ansia che stava
provando.
Sentì le dita di Hinata stringersi forti attorno alla base
della sua schiena
nell'ennesima, muta richiesta di aiuto della giornata.
“La
sento.” ripeté senza distogliere lo sguardo dai
suoi
occhi, che continuavano a cambiare colore quando la luce lunare che
filtrava
dalla finestra li colpiva. “Ma è difficile
vedersi, con le partite e tutto il
resto.”
Inaspettatamente,
Hinata strinse le labbra ed annuì con la
testa, l’aria colpevole.
“Lo
so.” replicò mestamente. I suoi occhi
scintillavano. “Lo
sapevo anche quando ho deciso di tornare. Solo che ultimamente mi pesa
un po'
di più.”
Era
quella la realtà; nelle sue parole non c'erano lamentele
o pentimenti sulla vita che si erano scelti, soltanto consapevolezza. E
conseguenze che forse non avevano potuto predire quando avevano fatto
quella
scelta. Riflettendo inquieto su quelle parole, Kageyama gli
allungò le braccia
intorno al collo e lo strinse forte contro il suo petto. I capelli di
Hinata
attiravano pericolosamente la sua attenzione mentre cercava di pensare
velocemente a qualcosa di utile, distogliendolo dai mille pensieri in
fila che
gli affollavano la
mente.
Forse
non era quello il momento giusto. O forse sì.
“Domani
diciamo a Natsu di cambiare la serratura di casa sua.”
disse all'improvviso in un grugnito.
Dall'altezza
del suo petto giunse una risata soffocata che
gli scaldò le mani ghiacciate.
“Non
ti sembra un po' estremo?” gli chiese Hinata. Sorridendo,
l'avrebbe potuto giurare.
“È
solo quello che è necessario.” fu la sua replica
atona “Poi
penseremo a noi.”
Hinata
trattenne il respiro contro il suo petto, soffiando
fuori aria gelida all'improvviso. La sua testa sgusciò di
colpo dalle sue
braccia e i suoi occhi lo fissarono proprio come avrebbe fatto Aki-chan
in
attesa di una tavoletta di cioccolato.
“Possiamo
chiedere a Yamaguchi e Tsukishima come-” cominciò,
ma Kageyama lo interruppe rispingendogli la testa tra le sue braccia e
seppellendola ancora nel suo petto.
“Non
voglio chiedere nulla a Tsukishima.”
“Ci
avrei giurato!” ribatté Hinata, divertito. Si
strinse più
forte contro il suo corpo scoprendo un calore che non provava da troppo
tempo.
Soltanto
in quel momento riuscirono, finalmente, a prendere
sonno.
“Shoyo!”
Natsu
gli saltò addosso stringendolo forte come
non aveva mai fatto. Shoyo sollevò gli occhi, ansioso, ma
vide che non c'erano
ancora tracce di mascara sulle guance di sua sorella.
Natsu
non aveva ancora pianto. Più fiducioso, si separò
da
lei con una pacca sulla schiena per lasciarle lo spazio di salutare
Kageyama.
Il
suo fidanzato si lasciò stringere in un abbraccio restando
rigido sul posto e fu l'ultimo a seguirli in soggiorno dopo che lei si
era
tolta le scarpe da ginnastica.
Seduti
al tavolo, cominciarono a fare colazione. Aki dormiva
ancora mentre i croissant scoppiettavano nel forno.
“Grazie
di cuore per aver badato ad Aki! Spero si sia
comportata bene!”
“È
andato tutto bene, tranne quando ha chiesto a Kageyama di
giocare alla parrucchiera!” replicò Shoyo con un
sorrisetto. Vide il suo
fidanzato fulminarlo con lo sguardo e si lasciò finalmente
andare ad una risata
con Natsu.
“Mi
dispiace da morire, Tobio-kun!” esclamò la ragazza
giungendo le mani in segno di scusa “Aki delle volte
è così insistente...”
“Non
preoccuparti, è stato divertente!”
replicò Shoyo “Quando
vuoi...”
Kageyama
lanciò al fidanzato uno sguardo tagliente e disse
all'improvviso: “Devi cambiare la serratura di casa tua,
Natsu.”
La
ragazza lo guardò con gli occhi spalancati, come se le
avessero appena rovesciato un secchio pieno d'acqua gelida addosso.
“Scu-scusami?”
“Devi
cambiare la serratura, Natsu.” le ripeté
senza scomporsi “Non puoi continuare così, non va
bene per te e per Aki.”
Senza
dire nulla, gli occhi della ragazza si riempirono ancora
di lacrime trasparenti: quella mattina non indossava neppure il mascara.
“Ma
se Shinichi...” disse in un soffio, guardando Shoyo
in cerca di supporto. Suo fratello boccheggiò, incapace di
respirare, ma
Kageyama lo anticipò: “Lascia stare tuo fratello,
è un inguaribile ottimista...
Non hai bisogno di Shinichi. Tu sei forte. Hai la tua carriera, puoi
farcela da
sola. Tua madre capirà.”
“E
io ci sarò sempre.” riuscì finalmente a
dire Shoyo, prendendole
le mani tra le sue sopra il tavolo. Si sentiva svuotato, impaurito, ma
le
strinse forte per dimostrarle che non stava dicendo bugie, che le
sarebbe stato
davvero accanto, anche nei momenti più difficili, anche
nelle decisioni più
atroci ed odiose. “Quando avrai bisogno di me, ci
sarò sempre. Shinichi non ti
merita. Non ti merita davvero.”
Natsu
pianse, pianse e pianse finché il profumo dei croissant
al cioccolato non invase la casa ed il timer del forno
trillò. Poi si
asciugò gli occhi con la manica della felpa e
andò a svegliare Aki.
Finirono
di fare colazione tutti insieme mangiando i
croissant, mentre Aki sbriciolava dappertutto sul divano e loro
discutevano
della partita che Natsu aveva giocato a Tokyo la sera prima: se avesse
vinto le
quattro partite che mancavano alla fine del campionato, la squadra di
Natsu
avrebbe dovuto disputare i play off per poter accedere alla Lega V1.
Poi,
inaspettatamente com'erano arrivate, Natsu e Aki se andarono
con la promessa di rivedersi presto.
All'improvviso
la casa era tornata silenziosa e i piatti
sulla tavola e le briciole sul divano sembravano fuori posto
nell'appartamento
di un ragazzo di quasi trent'anni che viveva da solo.
Ripulirono
in fretta e si lasciarono cadere sul divano. Erano
già le undici della domenica mattina e il fine settimana era
quasi terminato.
Presto Kageyama sarebbe tornato a Tokyo con la promessa di rivedersi
appena il
calendario della Lega V1 l'avesse permesso. Ma quella settimana era
diverso.
“Potremmo
cercare di vederci anche per un giorno solo quando
giochiamo entrambi di sabato o di domenica.” propose Kageyama
passandogli un
braccio attorno alla vita. Le gambe incrociate e la schiena affondata
nello
schienale del divano, Hnata si perse per un attimo nella sua
espressione
concentrata, poi si lasciò trascinare verso di lui. Kageyama
lo strinse a sé e
continuò: “Alla fine sono solo due ore e mezzo di
treno. Se ci svegliamo
presto...”
“Perché
non chiediamo a Yamaguchi?” propose nuovamente
Hinata, vincendo l'ennesima
occhiataccia
del weekend.
“Ti
ho detto che non chiedo nulla a Tsukishima.”
borbottò
l'altro in risposta.
“Ma
possiamo parlarne anche solo con Yamaguchi! Magari
possono darci qualche suggerimento. Anche loro sono stati lontani,
finora!”
Senza
aspettare una risposta che sarebbe stata certamente
negativa, Hinata allungò il braccio per afferrare il
cellulare e cercò
velocemente il contatto di Yamaguchi su Line.
L'amico gli rispose quasi subito con un largo sorriso a illuminargli le
lentiggini.
“Hinata!
Da quanto tempo! Come stai? Ma c’è Kageyama
accanto
a te? Ciao Kageyama!”
Mentre
si avvicinava di malavoglia allo schermo per i saluti,
Kageyama sbuffò sonoramente per non essersi riuscito a
nascondere per tempo.
“Guarda
Kei, c'è anche Kageyama con Hinata!”
esclamò
Yamaguchi, entusiasta. Intravidero nell'angolo in alto a sinistra dello
schermo
un ciuffo di capelli biondi e sentirono chiaramente Tsukishima dire,
infastidito: “Non vengo al telefono, Tadashi.”
mentre l'altro rideva. Ormai si
chiavano per nome, notò Hinata, e sembrava qualcosa di
così strano da associare
a loro due. Come il loro matrimonio ormai prossimo.
“Qui
tutto bene!” esclamò Hinata con un sorriso.
“Da voi?
Procede il trasloco?”
Yamaguchi
annuì sorridendo un po' meno visibilmente.
“Diciamo.
Siamo un po' in ritardo sulla tabella di marcia, ma
speriamo di poterci trasferire al più presto, dobbiamo
lasciare questo
appartamento alla fine del mese!”
“E
il matrimonio?”
“Forse
abbiamo trovato un tempio a Sapporo che celebra il
matrimonio religioso!”
“Ma
è fantastico!” ruggì Hinata rimbalzando
sul
divano “Ci saremo a costo di venire in bicicletta!”
Yamaguchi
sorrise passandosi una mano nei capelli,
imbarazzato e grato.
“Non
ce ne sarà bisogno! Sceglieremo una data che permetta a
tutti di esserci!”
Hinata
sorrise largamente.
“Che
sollievo! A proposito di questo” Lanciò uno
sguardo
fugace a Kageyama, ancora in silenzio e imbronciato accanto a lui, e si
fece
coraggio. “Se avete un minuto vorremo chiedervi qualche
suggerimento.”
“Certo!
Su cosa?”
La
voce di Hinata esitò soltanto un momento appena
cominciò a
parlare.
“Come... Come vi
siete organizzati quando Tsukishima era a Sendai e tu lavoravi vicino a
scuola?
Riuscivate a vedervi?”
“Aaaaaaah.”
Yamaguchi si morse un labbro, cominciando a
pensare ad alta voce. “Immagino che per voi sia
più difficile, conciliare il
tempo insieme con le partite e tutto il resto… Sendai
è dietro l'angolo
rispetto a Tokyo, e spesso ho avuto la possibilità di
raggiungere Kei e
lavorare da casa sua... Anche adesso, io ho potuto trasferirmi, ma
capisco per
voi non sia così facile... Però non rinunciate
alle vostre carriere, siete
arrivati così lontano! Sono certo che troverete un
modo!”
Hinata
strinse le labbra senza riuscire a nascondere la
delusione, poi cercò di sorridere. Aveva perso il conto di
tutte le volte che
Kageyama l'aveva fulminato con lo sguardo, mentre parlava con Yamaguchi.
“Ci
proveremo.” disse alla fine, cercando di convincersene.
Yamaguchi gli sorrise, incoraggiante.
“Sono
certo che ce la farete.”
“Neanch'io
avevo mai pensato di arrivare al matrimonio,
eppure eccomi qua.” disse all'improvviso Tsukishima dietro di
lui, la voce più
sostenuta del solito.
“Non
dirlo sembrando così disinteressato, Tsukki!”
Non
riusciva a vederlo nello schermo, ma Shoyo era certo che
la mano di Tsukishima stesse stringendo il fianco del suo futuro
marito,
proprio come Kageyama stava facendo con lui. La sua presa si era fatta
all’improvviso
più salda quando Tsukishima aveva parlato. Quelle parole non
erano casuali,
perché Tsukishima parlava poco e mai senza un motivo, e
anche Kageyama l’aveva
capito. Ma in quel momento, perso tra ansie e speranze, Hinata non
riusciva a connettere
cause ed effetti.
Salutò
Yamaguchi e Tsukishima con un cenno della mano e
bloccò lo schermo del telefono per chiudere la chiamata.
Ancora stringendolo in
mano, alzò gli occhi e incrociò lo sguardo di
Kageyama: aveva gli occhi fissi
su di lui, l'espressione imperscrutabile.
“Anche
se lo sapevo, è sempre brutto sentirselo dire.”
disse
con un mezzo sospiro. Sapeva che la loro situazione era difficile, che
la
distanza tra loro non si poteva colmare così facilmente, che
si erano spinti
troppo avanti per poter anche solo immaginare di cambiare idea con la
pallavolo. Non che ci avesse mai pensato, ed era certo che neppure
Kageyama
l'avesse mai fatto, che la sua strada potesse essere lontana dalla rete
che divideva
il campo con il parquet: la pallavolo era stata gran parte della sua
vita,
quasi tutta la sua vita prima di conoscere a fondo Kageyama.
In
fondo, se non avesse cominciato a giocare a pallavolo forse
non si sarebbero neppure mai incontrati, nulla di quello che stavano
vivendo sarebbe
mai accaduto.
“Te
l'avevo detto che non era una buona idea parlare con
Tsukishima.” replicò Kageyama, ancora infastidito.
“Speravo
potessero suggerirci qualcosa...”
Kageyama
non gli disse nulla mentre la sua voce si spegneva:
sapeva che non era mai stato un tipo espansivo. I loro amici
continuavano a
dire che da quando stavano insieme l'aveva reso un po' più
loquace, ma lui non
notava la differenza, perché parlare in maniera franca tra
loro non era mai
stato un problema, anche se poi finivano per discutere anche per le
cose più
stupide.
“Dammi
il telefono.” gli ordinò all'improvviso. Stupito,
Hinata
glielo consegnò.
Kageyama
cominciò a smanettare su Google e scaricò un file
PDF. Lo aprì davanti ai suoi occhi: era il calendario della
Lega V1 maschile.
“Guarda.”
Puntò il dito sullo schermo all'altezza del mese di
febbraio. “Per questo mese, giochiamo sempre in giornate
separate, quindi ci
sentiremo per telefono e basta. Però possiamo organizzarci
per fare una
videochiamata prima e dopo gli allenamenti. Invece, per
marzo” Fece scivolare
il dito sul calendario del mese successivo. “La prima partita
del mese è per
entrambi di sabato, però io gioco di pomeriggio, quindi puoi
venire tu da me
appena finisci di giocare, prima di pranzo. L'ultima partita invece
è di
domenica, ma voi starete ancora lottando per non retrocedere, quindi
è meglio
che venga io qui a Mino.”
Hinata
gli lanciò un'occhiata infuocata che voleva
significare: “Non perderemo!”, ma Kageyama lo
ignorò e continuò:” Per aprile
penso che avrò qualche settimana di stop degli
allenamenti, a Roma erano due prima di
riprendere la preparazione... Quindi se tu dovrai giocare i play out
posso
venire io da te. E dobbiamo incastrarci anche il matrimonio a
Sapporo.”
Hinata
lo guardò ammirato, dimentico dell'affronto appena
subito.
“Ah!
Vuoi dirmi” esclamo, emozionato “che per tutto
questo
tempo stavi pensando a questo! Sei
così intelligente, Kageyama!”
Il
ragazzo lo fulminò con lo sguardo.
“Dato
che tu sei impegnato a deprimerti, qualcuno deve pur
farlo!” ribatté, corrucciato. Dopo aver udito le
parole di Tsukishima, si era
sentito stranamente irritato: non poteva perdere contro di lui. Lui e
Yamaguchi
stavano per sposarsi; loro non sarebbero stati da meno. Ce
l’avrebbe messa
tutta per farcela.
“Non
mi stavo deprimendo!” Hinata spinse il viso verso il suo,
fissandolo con gli occhi ancora scintillanti.
“Vincerò tutte le partite che
mancano così non giocheremo i play off e ad aprile potremo
stare insieme due
settimane! Prenotiamo i biglietti dello shinkansen?”
propose, e gli sfiorò le labbra con le sue, ancora il segno
di un sorriso sul
viso.
Forse
non avrebbero potuto condividere a breve un
appartamento, sicuramente non lo avrebbe avuto in ogni momento al suo
fianco,
ma ce l'avrebbe messa tutta per poterlo raggiungere a Tokyo.
Entrambi
volevano vincere.
Epilogo
“Congratulazioni,
Natsu!”
Dall'altro
lato dello schermo, scarmigliata, rossa in viso,
ma con il mascara intatto, sua sorella lo guardò sorridendo
fieramente. La
prima partita dei play off era appena terminata e la vittoria era stata
schiacciante: 25-18 e 25-16, con un totale di venticinque punti
conquistati
grazie alle sue schiacciate.
“Grazie
mille Shoyo! Ma mancano ancora due partite per
conquistare la Lega V1!”
“Una
partita alla volta.” disse distrattamente Kageyama
facendo capolino nello schermo mentre era intento a sistemarsi il
farfallino
che aveva al collo.
La
cerimonia di Yamaguchi e Tsukishima era il giorno
seguente, ma Shoyo aveva insistito perché provassero i
vestiti appena arrivati
nel ryokan dove avrebbero alloggiato tutti gli ospiti. L'indomani ci
sarebbero
stati proprio tutti, persino Nishinoya e Asahi-san avevano abbandonato
per
qualche giorno il loro viaggio attorno al mondo che andava avanti ormai
senza
pause da cinque anni.
“Come
sempre, Tobio-kun. Sei proprio carino con il
farfallino!”
“Vero?
Gliel'ho regalato io!” Shoyo riportò di scatto il
cellulare davanti al proprio viso, inquadrando soltanto il suo sorriso
a
trentadue denti. “Aki-chan è lì con
te?”
“Ho
chiesto alla mamma di restare a casa con lei, ero troppo
nervosa!” confessò Natsu lievemente imbarazzata
“Però adesso me ne sono
pentita! Avrei fatto una bella figura!”
Shoyo
scoppiò a ridere, ma Kageyama distrusse il suo
entusiasmo con un perentorio: “Non ridere, la prossima
settimana tocca a te!”
Alla
fine i Suntory Birds non erano riusciti a fare tutti i
punti necessari per mantenere in maniera diretta al categoria e il
sabato
successivo sarebbero cominciati i play out.
Shoyo aveva già deciso che, a prescindere dal risultato,
alla fine della
stagione avrebbe lasciato la squadra. Avrebbe combattuto con tutto se
stesso
per non retrocedere nella Lega V2 e poi avrebbe cercato una nuova
squadra. Con
un po' di fortuna e mandando a segno molte schiacciate, anche delle
squadre di
più alta classifica avrebbero potuto notarlo.
Magari
sarebbe arrivato fino a Tokyo.
“Non
ricordarmelo, è la prima volta che gioco i play
out!” sì
lamentò ad alta voce, ma Kageyama
ormai gli
stava più prestando attenzione: in piedi davanti allo
specchio della camera, si
stava osservando girato di fianco, indugiando sulle proprie scarpe
eleganti.
Quasi
non sembrava venerdì.
Di
solito il fine settimana passava tra sudore, scarpe da
ginnastica strette ai piedi e palloni che scivolavano sul parquet e,
negli
ultimi tempi, tra spasmodici viaggi in treno e malinconici rientri. Ma
quella
mattina il viaggio verso Sapporo era trascorso veloce, nonostante la
grande
distanza percorsa. Non lo aveva accompagnato la solita smania di
arrivare, ma
una gratitudine e una felicità inaspettate per poter essere
diretto dai suoi
amici con il braccio di Kageyama disteso sul bracciolo, proprio
attaccato al
suo.
“C'è
la puoi fare, Shoyo!” gridò Natsu portandosi le
mani
intono alla bocca, e quel tifo gli scaldò il cuore.
“Anche
tu! Adesso riposati!”
“E
voi divertitevi! Salutami Tobio-kun!”
Il
viso di Natsu scomparve, ancora sorridendo, dallo schermo.
Come Kageyama aveva previsto, Shinichi non era più tornato,
ma sua sorella
stava lottando meglio del previsto. Sua mamma si era trasferita per un
po’ da
lei e le stava dando una mano con Aki. Fischiettando, Shoyo
posò il telefono
sul letto e si voltò verso lo specchio.
Era
davvero strano non vedere Kageyama in maglietta,
pantaloncini e scarpe da ginnastica o in tuta nel fine settimana. Il
suo
fidanzato lo guardò, interrogativo, ma lui si
limitò ad alzare le spalle con un
sorrisetto. Kageyama lo fulminò con lo sguardo e
cominciò a sfilarsi i vestiti
da cerimonia per rimettersi la t-shirt.
Era
un venerdì diverso, ma sabato e domenica sarebbero stati
più
simili del solito: li avrebbero trascorsi insieme, anche se erano a
nord del
Giappone.
Era
aprile, e, nonostante il freddo, anche a Sapporo stavano
cominciando a sbocciare i fiori di ciliegio.
FINE
Note
dell’autrice:
Scusandomi
per l’immenso ritardo, metto finalmente la parola
fine a questa fic. *festeggia*
So
che è trascorso un sacco di tempo dall’ultimo
aggiornamento e che ormai nessuno si ricorderà
più di questa fic, ma questo
capitolo è stato particolarmente ostico da scrivere per
poter rendere al meglio
le emozioni dei personaggi. Spero di averli tratteggiati in maniera
degna delle
controparti originali, ma nel contempo di essere riuscita a dare
qualche
“sfumatura dark” in più agli stupendi
Hinata e Kageyama, che amo e shippo oltre
ogni cosa.
Spero
che chi passi di qui possa gradire questo capitolo e
questa storia almeno un po’, come, nonostante tutte le
difficoltà, io stessa ho
amato scriverla.
Vi
annuncio che sto lavorando ad un po’ di spin
off/sequel/prequel/boh ispirati a
questa fic, che spero di pubblicare presto!
Nel
mentre, vi lascio il link di una
vecchia raccolta KageHina
scritta ormai lo scorso anno, in cui i capitoli, 6 e 7
sono ambientati in questo “universo
futuro”.
Grazie
alla gentilissima Scarlet
Jeager per avermi lasciato
un parere, è stato graditissimo! *_* Risponderò
quanto prima alla recensione, lo
prometto! E grazie a chi ha inserito la storia tra le preferite,
seguite,
ricordate, nonché a chi mi legge silenziosamente.
Grazie
di cuore.
Vi
lascio con un ultimo pensiero. :D
Nell’ultima
frase, i fiori di ciliegio, oltre a rappresentare
la rinascita della natura, vogliono rappresentare anche un messaggio di
speranza per tutte le cose belle che stanno accadendo ai nostri
personaggi, la
riunione di Hinata e Kageyama, la nuova vita di Natsu e Aki,
l’accettazione
della loro mamma, il matrimonio di Tsukki e Yamaguchi e la rimpatriata
tra
tutti i personaggi. Scusatemi se sono stata troppo criptica XD
Alla prossima,
Ayumi
Letto giapponese che si ripiega
quando non serve più.
Line è il Whatsapp giapponese.
Al momento della prima stesura
della fic, il tribunale di Sapporo ha appena definito che il divieto di
matrimonio tra persone delle stesso sesso è incostituzionale
(https://www.repubblica.it/esteri/2021/03/17/news/giappone_giudice_divieto_matrimoni_gay_anticostituzionale-292612601/)
Treno ad
alta velocità giapponese.
Al momento della prima stesura
della fic, al contrario delle esigenze di trama, i Suntory Birds sono
primi in
classica e il FC Tokyo è agli ultimi posti della classifica.
Gomen nasai :)
|