DataSpring3
• As
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•
Come ho già accennato nel Day 1, qui nel Day 3 affronto in
maniera un po' più dettagliata la questione della meteoropatia e
ciò che essa comporta.
Questa è (inutile dirlo) una tra le One Shot che
più ho amato scrivere; c'è davvero tanto, tanto,
tanto di me.
La parte che
manca è una persona come Ryoken che comprende ciò
che stai provando e non ti accusa di non fare una cippa dalla mattina
alla sera, ma non si può pretendere tutto nella vita.
• A
ogni modo, spero che questo scritto sia di vostro gradimento.
È un po' come se aveste in mano il mio cuore e la mia
emotività – e solo con un'altra storia mi sono
esposta così tanto, ovvero con A
Mark On My Soul.
Buona lettura!
Day 3: Smell
of wet earth
Rating:
Giallo
Generi:
Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo
Note:
Modern!AU, POV Ryoken
Avvertimenti:
Accenni a tematiche delicate
After Rain
1
Era
una giornata particolarmente pesante. Nonostante avesse smesso di
piovere da circa un'ora, le nuvole erano nuovamente cariche di pioggia
e talmente nere che, in confronto, una notte senza stelle era solo un
pallido riflesso lontano e disperso in un'altra galassia.
Il
cielo era affamato: il suo stomaco non faceva altro che gorgogliare
come una belva feroce a digiuno da troppi giorni, desiderosa di
affondare le zanne nella giugulare di una grossa preda.
A
Ryoken in realtà delle condizioni atmosferiche non importava
chissà quanto; ciò che gli premeva di
più era avere la certezza che Yusaku, durante la tempesta,
(perché stava per arrivare una vera e propria tempesta)
sarebbe stato bene.
Poi
tutto il resto poteva anche scomparire o essere sommerso dall'acqua
gelida, non gli interessava neanche un po'.
In
quel momento desiderò ardentemente che magie surreali come
il teletrasporto esistessero per davvero: così facendo, a
quell'ora si sarebbe trovato già a casa da Yusaku
anziché davanti a un semaforo rosso che proprio non ne
voleva sapere di brillare nuovamente di verde. Avrebbe già
fatto ritorno tra quelle quattro mura tanto confortevoli
(e lo erano soprattutto perché le condivideva con Yusaku)
e
si sarebbe beato dei suoi abbracci, dei suoi baci, della sua voce,
della sua presenza.
(Di tutto. Si sarebbe
beato di tutto, ogni cosa, ogni più piccolo atomo della sua
essenza).
Ryoken
non era una persona impaziente, spesso e volentieri era proprio colui
che ascoltava il prossimo senza stancarsi mai, oppure era in grado di
sostenere discussioni infinite che sembravano non portare da nessuna
parte senza che il suo savoir-faire si imbrattasse della negatività che certe
parole potevano portare con sé.
Ma
in quel momento i suoi nervi erano messi a dura prova: se il semaforo
non fosse tornato verde nel giro di tre secondi, avrebbe sicuramente
imprecato.
2
Alla
fine non aveva imprecato, ma aveva comunque morsicato forte il labbro
inferiore per impedire che parole poco garbate uscissero dalla sua
bocca. Aveva dovuto attendere un tempo fin troppo dilatato e prolisso
prima che il verde tornasse a risplendere qualche metro più
su, ma alla fine aveva potuto riprendere il tragitto che di
lì a poco lo avrebbe condotto a casa.
Quando
giunse dinanzi la propria abitazione, aveva da poco cominciato a
piovere. Le goccioline d'acqua parevano piccole, timide, a tratti anche
spaventate, così infime e blande che creavano più
un senso di fastidio anziché rassegnazione al fatto che in
quella giornata di primavera non ci si potesse godere il pomeriggio
all'aperto e ci si dovesse rintanare in casa.
Quando
Ryoken si chiuse la porta alle spalle, fortunatamente per nulla
fradicio e solo un poco infreddolito, fu accolto da Yusaku che con ogni
probabilità
(anzi, ne era certo)
si
era svegliato proprio in quel momento, si stava pigramente
stropicciando gli occhi e tentava invano di trattenere gli sbadigli
dovuti a un risveglio improvviso e del tutto concitato.
I
capelli erano arruffati e la tuta comoda che indossava era spiegazzata
in più punti, segno che doveva aver riposato o sul divano
oppure tentando di trovare una posizione comoda sulla poltrona. Il solo
realizzare che molto probabilmente si era sentito così
stanco da non avere neanche la forza di salire le scale per raggiungere
la camera da letto e coricarsi sotto le coperte confortanti fece
scricchiolare qualcosa nei meandri del cuore di Ryoken, un singulto di
dispiacere che si diramò lungo tutte le vene e le arterie.
«Bentornato...» lo salutò Yusaku con lo
sguardo spento e abbassato e un tono di voce talmente sottile da
risultare quasi inudibile
(come se un laccio si fosse stretto forte attorno alle corde vocali,
spezzandole a metà).
Ryoken
percepì immediatamente qualcosa che tra quelle quattro mura
non era affatto il benvenuto: il senso di colpa che Yusaku stava
provando per essersi concesso delle ore di sonno che dovevano essere invece
impiegate nello studio e nelle faccende domestiche o in qualsiasi altra
attività ritenuta utile in quella società che non
dormiva mai.
Perché secondo la logica generale di chi non era
emotivamente sottomesso dalle condizioni atmosferiche, non sarebbe
stata certo un po' di
pioggia a impedire il corretto funzionamento degli
ingranaggi del cervello, e quindi la sovrabbondanza di melatonina non
aveva senso di esistere né di intaccare la buona
volontà di un individuo nello svolgere il proprio dovere.
«Ti ringrazio» rispose Ryoken con un sorriso e
imprimendo nel tono di voce tutte le proprie intenzioni di non far
pesare ulteriormente la situazione a Yusaku. Sapeva che chiedergli come
fosse andata la giornata non sarebbe stata la mossa migliore da
compiere in quel momento: era conscio del fatto che il peso che Yusaku
portava sulle spalle
(e soprattutto dentro la testa)
sarebbe
aumentato ancora di più, affossandolo ulteriormente.
Motivo
per il quale decise di puntare su qualcosa che nella sua
semplicità e innocenza avrebbe fatto rilassare entrambi.
«Allora, cosa vuoi mangiare questa sera a cena?»
domandò infatti, cercando di stemperare meglio che
poté la situazione.
Yusaku
si irrigidì e sussultò, stringendo le mani a
pugno.
«Perdonami...» sussurrò, come se
parlando a voce più alta rischiasse di risvegliare
un'entità pericolosa e maligna. «Immagino sarai
stanco dopo tutte quelle ore di lavoro... e magari desideravi solo
tornare a casa e rilassarti, e invece... invece non sono stato in
grado di combinare nulla, nemmeno di preparare la cena...»
In
quel momento Ryoken si diede mentalmente dell'imbecille: aveva
completamente rimosso il fatto che quel giorno spettasse a Yusaku
preparare la cena. Con quella domanda, Ryoken sperava di risollevare un
po' il morale di Yusaku, coinvolgendolo in un'attività
domestica e intima che permettesse loro di dialogare e accorciare
sempre più le distanze.
(Ryoken non negava certo che nel corso della preparazione della cena
non gli sarebbe dispiaciuto compiere qualche romanticheria nei
confronti di Yusaku, come ad esempio cingergli i fianchi e baciargli
dolcemente il collo mentre attendevano che l'acqua bollisse oppure
assaporare la dolcezza delle sue labbra che avrebbe sostituito
qualsiasi tipo di sapore che Yusaku voleva fargli assaggiare per
constatare o meno se la cottura e la consistenza degli spaghetti di
riso o qualsiasi altro formato di pasta andasse bene).
Fu
in quel momento che tornò a udire anche tutti i rumori
provenienti dal mondo esterno, il quale era vessato nuovamente dalle
intemperie più iraconde. Le gocce di pioggia che si
infrangevano contro la loro dimora parevano incattivite da una forza
maligna e antica, un potere negativo che altro non faceva se non
annichilire ancora di più Yusaku, quasi volesse amputargli
qualsiasi tipo di emozione senza prima averlo anestetizzato.
«Yusaku...»
«Ci ho provato, davvero... ci ho provato con tutte le mie
forze, ma è stato inutile» proseguì Yusaku, che
aveva iniziato a tremare. Alzò lo sguardo su Ryoken e i loro
occhi si incontrarono per la prima volta dopo ore
(e no, non era quello il
modo in cui Ryoken li ricordava quella mattina, quando l'aveva salutato
con un bacio prima di andare al lavoro).
«Volevo fare tante cose, oggi, come ad esempio ricominciare a
studiare per recuperare gli esami che ho lasciato indietro oppure
sistemare un po' la casa, soprattutto il salotto nel caso nel fine
settimana dovessimo avere ospiti, e poi oggi era il mio turno di
preparare la cena ma non sono riuscito a fare niente perché
da quando il cielo si è adombrato la prima volta e ha
iniziato a piovere, mi sono sentito così stanco,
così spossato e... e ora mi sento così inutile
perché in tutte queste ore non sono mai riuscito a reagire,
ho dormito ma mi sento quasi più stanco di prima. Ti chiedo
scusa...»
Era
come se Yusaku stesse per sparire da un momento all'altro
dal gran che il suo fisico era indebolito ed estenuato. Come se stesse
per essere inghiottito da un gigantesco buco nero fatto di nuvole
cariche di acqua asettica e lacerante.
Si
lasciò sfuggire un piccolo singulto e poi portò la mano
davanti la bocca, abbassando nuovamente lo sguardo nel tentativo
disperato di non permettere alle lacrime di fuoriuscire, a differenza della
pioggia che vessava il mondo esterno senza porsi problema alcuno. Era
un pianto caldo e salato, un vero e proprio oceano di dolore e amarezza.
«Ehi» Ryoken si avvicinò a lui,
scostandogli con garbo la mano davanti la bocca, per poi abbracciarlo
con amorevole dolcezza. «Tu non hai colpe,»
sussurrò, cercando di sorreggerlo in ogni modo possibile e
immaginabile, «hai
fatto del tuo meglio. E va bene così».
Gli
prese il volto tra le mani con garbo e poi con altrettanta delicatezza
poggiò le labbra sulle sue, coinvolgendolo in un bacio dal
sapore dell'empatia e della comprensione.
Yusaku
iniziò pian piano a rilassarsi, a cedere a qualcosa di bello
e a perdere poco per volta la rigidità nei muscoli. Alla
fine si lasciò andare completamente, trovando anche la
sfrontatezza di approfondire quel contatto che si fece ancora
più audace e al contempo intimo.
«Ricordati sempre...» sussurrò Ryoken
una volta terminato il bacio, «...
che dopo tanta pioggia avremo sempre la fortuna di respirare il profumo
della terra bagnata» concluse Yusaku al posto
suo, che ormai conosceva quel detto a memoria
(erano sempre quelle le parole che Ryoken gli sussurrava per farlo
stare meglio quando il malessere fisico ed emotivo lo torturava
lentamente durante giornate tanto avverse).
«Esattamente». Ryoken sorrise e Yusaku sorrise con
lui.
«Cuciniamo la cena insieme?» propose poi,
baciandolo sulla fronte.
Il
sorriso di Yusaku si addolcí ancora di più.
«Volentieri».
3
Accadde
mentre Ryoken stava lavando i piatti e Yusaku li stava asciugando.
Cessò di piovere gradualmente, come se le ultime gocce
versate fossero delle ritardatarie croniche che si erano ricordate solo
all'ultimo di dover cadere in un punto imprecisato del mondo.
Tutto
si quietò, e mentre la pioggia si lasciava andare ai suoi
ultimi sospiri e lamenti, sia Ryoken che Yusaku si asciugarono le mani
per poi dirigersi verso la finestra in salotto e aprirla senza
più temere che delle gocce gelide e maldestre potessero
intrufolarsi in casa.
Nel
momento in cui l'aria fredda e pungente gli solleticò le
gote, Yusaku rabbrividì appena. Fu così che
Ryoken lo abbracciò da dietro in modo tale da scaldarlo e
stargli accanto, lasciando andare via tutta la pesantezza e il dolore
di quella giornata.
Il
profumo della terra bagnata punzecchiò loro le narici nel
giro di pochi istanti, sostituendosi con garbo all'aria asettica che
danzava intorno a loro
(una carezza amorevole e
confortante che si opponeva a tutta la durezza del mondo).
Ryoken
sciolse l'abbraccio per permettere a Yusaku di respirare a pieni
polmoni il profumo della terra bagnata, un effluvio dalle infinite
sfumature di vita.
(Così come il
terreno riacquistava la propria fertilità, allo stesso modo
gli occhi verdi di Yusaku si riappropriavano di quel baluginio di forza
in grado di non farlo cadere).
Tutto,
nell'universo, stava per ritrovare il proprio equilibrio.
4
«Come stai?» domandò Ryoken mentre
chiudeva la finestra.
Yusaku
si ridestò dall'intorpidimento che gli avvolgeva le membra
ogniqualvolta respirava l'effluvio della terra bagnata.
«Ora va molto meglio» rispose, iniziando a spostare
il peso corporeo da un piede all'altro. Si morse il labbro inferiore,
arrossendo appena. «Solo che... ecco... mi abbracci?»
(Ne ho bisogno).
Ryoken
si lasciò andare a un sorriso pregno d'amore.
«Tutto il tempo che desideri» disse, prima di
stringere forte Yusaku a sé.
5
«Ti
amo, lo sai?»
«Lo
so. E ti amo anch'io. E giuro che non sarò più un
peso–»
«Non
dirlo neanche per scherzo. Non sei un peso. Potranno esserci altri
mille temporali, ma...»
«...
ma alla fine avremo sempre modo di respirare il profumo della terra
bagnata».
«Sempre».
«Sempre».
(Per
sempre).
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