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Autore: M a k o    18/05/2022    8 recensioni
• Datastormshipping (Ryoken/Yusaku)
• Raccolta di One Shot AU scritte per la “Datastorm Week 2022: Spring Edition”
• Day 1 {Light green} – (Desiderava solo che quel ragazzo potesse godere di tutte e quattro le stagioni).
• Day 2 {Strawberry} – (Ricollegare i pezzi non sarebbe stata un'impresa ardua, ma in quel momento, mentre avvertiva Yusaku prendere sempre più il sopravvento sulla sua bocca, non poté fare a meno di stupirsi e deliziarsi nel modo più genuino possibile).
• Day 3 {Smell of wet earth} – «Tu non hai colpe,» sussurrò, cercando di sorreggerlo in ogni modo possibile e immaginabile, «hai fatto del tuo meglio. E va bene così».
• Day 4 {Take a walk} – «Ti bacerei per ore intere».
• Day 5 {Having a picnic} – Ryoken sorrise e Yusaku avrebbe voluto sprofondare nell'incurvatura di quelle labbra.
• Day 6 {Colorful post-it} – Yusaku lo amava anche per questo: perché anche nei più piccoli gesti, Ryoken sapeva mostrargli l'amore nelle sue infinite sfumature.
• Day 7 {Rebirth} – Non esisteva altro se non loro due, ancora una volta uniti, pronti a rivivere insieme.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ryoken Kogami/Revolver, Yusaku Fujiki/Playmaker
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Datastorm Week(s)'
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Come ho già accennato nel Day 1, qui nel Day 3 affronto in maniera un po' più dettagliata la questione della meteoropatia e ciò che essa comporta.
Questa è (inutile dirlo) una tra le One Shot che più ho amato scrivere; c'è davvero tanto, tanto, tanto di me.
La parte che manca è una persona come Ryoken che comprende ciò che stai provando e non ti accusa di non fare una cippa dalla mattina alla sera, ma non si può pretendere tutto nella vita.

A ogni modo, spero che questo scritto sia di vostro gradimento.
È un po' come se aveste in mano il mio cuore e la mia emotività – e solo con un'altra storia mi sono esposta così tanto, ovvero con A Mark On My Soul.
Buona lettura!



Day 3: Smell of wet earth
Rating: Giallo
Generi: Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo
Note: Modern!AU, POV Ryoken
Avvertimenti: Accenni a tematiche delicate



After Rain



1

Era una giornata particolarmente pesante. Nonostante avesse smesso di piovere da circa un'ora, le nuvole erano nuovamente cariche di pioggia e talmente nere che, in confronto, una notte senza stelle era solo un pallido riflesso lontano e disperso in un'altra galassia.
Il cielo era affamato: il suo stomaco non faceva altro che gorgogliare come una belva feroce a digiuno da troppi giorni, desiderosa di affondare le zanne nella giugulare di una grossa preda.
A Ryoken in realtà delle condizioni atmosferiche non importava chissà quanto; ciò che gli premeva di più era avere la certezza che Yusaku, durante la tempesta,
    (perché stava per arrivare una vera e propria tempesta)
sarebbe stato bene.

Poi tutto il resto poteva anche scomparire o essere sommerso dall'acqua gelida, non gli interessava neanche un po'.
In quel momento desiderò ardentemente che magie surreali come il teletrasporto esistessero per davvero: così facendo, a quell'ora si sarebbe trovato già a casa da Yusaku anziché davanti a un semaforo rosso che proprio non ne voleva sapere di brillare nuovamente di verde. Avrebbe già fatto ritorno tra quelle quattro mura tanto confortevoli
    (e lo erano soprattutto perché le condivideva con Yusaku)
e si sarebbe beato dei suoi abbracci, dei suoi baci, della sua voce, della sua presenza.
    (Di tutto. Si sarebbe beato di tutto, ogni cosa, ogni più piccolo atomo della sua essenza).
Ryoken non era una persona impaziente, spesso e volentieri era proprio colui che ascoltava il prossimo senza stancarsi mai, oppure era in grado di sostenere discussioni infinite che sembravano non portare da nessuna parte senza che il suo savoir-faire si imbrattasse della negatività che certe parole potevano portare con sé.
Ma in quel momento i suoi nervi erano messi a dura prova: se il semaforo non fosse tornato verde nel giro di tre secondi, avrebbe sicuramente imprecato.


2

Alla fine non aveva imprecato, ma aveva comunque morsicato forte il labbro inferiore per impedire che parole poco garbate uscissero dalla sua bocca. Aveva dovuto attendere un tempo fin troppo dilatato e prolisso prima che il verde tornasse a risplendere qualche metro più su, ma alla fine aveva potuto riprendere il tragitto che di lì a poco lo avrebbe condotto a casa.
Quando giunse dinanzi la propria abitazione, aveva da poco cominciato a piovere. Le goccioline d'acqua parevano piccole, timide, a tratti anche spaventate, così infime e blande che creavano più un senso di fastidio anziché rassegnazione al fatto che in quella giornata di primavera non ci si potesse godere il pomeriggio all'aperto e ci si dovesse rintanare in casa.
Quando Ryoken si chiuse la porta alle spalle, fortunatamente per nulla fradicio e solo un poco infreddolito, fu accolto da Yusaku che con ogni probabilità
    (anzi, ne era certo)
si era svegliato proprio in quel momento, si stava pigramente stropicciando gli occhi e tentava invano di trattenere gli sbadigli dovuti a un risveglio improvviso e del tutto concitato.
I capelli erano arruffati e la tuta comoda che indossava era spiegazzata in più punti, segno che doveva aver riposato o sul divano oppure tentando di trovare una posizione comoda sulla poltrona. Il solo realizzare che molto probabilmente si era sentito così stanco da non avere neanche la forza di salire le scale per raggiungere la camera da letto e coricarsi sotto le coperte confortanti fece scricchiolare qualcosa nei meandri del cuore di Ryoken, un singulto di dispiacere che si diramò lungo tutte le vene e le arterie.
    «Bentornato...» lo salutò Yusaku con lo sguardo spento e abbassato e un tono di voce talmente sottile da risultare quasi inudibile
    (come se un laccio si fosse stretto forte attorno alle corde vocali, spezzandole a metà).
Ryoken percepì immediatamente qualcosa che tra quelle quattro mura non era affatto il benvenuto: il senso di colpa che Yusaku stava provando per essersi concesso delle ore di sonno che dovevano essere invece impiegate nello studio e nelle faccende domestiche o in qualsiasi altra attività ritenuta utile in quella società che non dormiva mai.
Perché secondo la logica generale di chi non era emotivamente sottomesso dalle condizioni atmosferiche, non sarebbe stata certo un po' di pioggia a impedire il corretto funzionamento degli ingranaggi del cervello, e quindi la sovrabbondanza di melatonina non aveva senso di esistere né di intaccare la buona volontà di un individuo nello svolgere il proprio dovere.

    «Ti ringrazio» rispose Ryoken con un sorriso e imprimendo nel tono di voce tutte le proprie intenzioni di non far pesare ulteriormente la situazione a Yusaku. Sapeva che chiedergli come fosse andata la giornata non sarebbe stata la mossa migliore da compiere in quel momento: era conscio del fatto che il peso che Yusaku portava sulle spalle
    (e soprattutto dentro la testa)
sarebbe aumentato ancora di più, affossandolo ulteriormente.
Motivo per il quale decise di puntare su qualcosa che nella sua semplicità e innocenza avrebbe fatto rilassare entrambi.
    «Allora, cosa vuoi mangiare questa sera a cena?» domandò infatti, cercando di stemperare meglio che poté la situazione.
Yusaku si irrigidì e sussultò, stringendo le mani a pugno.
    «Perdonami...» sussurrò, come se parlando a voce più alta rischiasse di risvegliare un'entità pericolosa e maligna. «Immagino sarai stanco dopo tutte quelle ore di lavoro... e magari desideravi solo tornare a casa e rilassarti, e invece... invece non sono stato in grado di combinare nulla, nemmeno di preparare la cena...»
In quel momento Ryoken si diede mentalmente dell'imbecille: aveva completamente rimosso il fatto che quel giorno spettasse a Yusaku preparare la cena. Con quella domanda, Ryoken sperava di risollevare un po' il morale di Yusaku, coinvolgendolo in un'attività domestica e intima che permettesse loro di dialogare e accorciare sempre più le distanze.
    (Ryoken non negava certo che nel corso della preparazione della cena non gli sarebbe dispiaciuto compiere qualche romanticheria nei confronti di Yusaku, come ad esempio cingergli i fianchi e baciargli dolcemente il collo mentre attendevano che l'acqua bollisse oppure assaporare la dolcezza delle sue labbra che avrebbe sostituito qualsiasi tipo di sapore che Yusaku voleva fargli assaggiare per constatare o meno se la cottura e la consistenza degli spaghetti di riso o qualsiasi altro formato di pasta andasse bene).
Fu in quel momento che tornò a udire anche tutti i rumori provenienti dal mondo esterno, il quale era vessato nuovamente dalle intemperie più iraconde. Le gocce di pioggia che si infrangevano contro la loro dimora parevano incattivite da una forza maligna e antica, un potere negativo che altro non faceva se non annichilire ancora di più Yusaku, quasi volesse amputargli qualsiasi tipo di emozione senza prima averlo anestetizzato.
    «Yusaku...»
    «Ci ho provato, davvero... ci ho provato con tutte le mie forze, ma è stato inutile» proseguì Yusaku, che aveva iniziato a tremare. Alzò lo sguardo su Ryoken e i loro occhi si incontrarono per la prima volta dopo ore
    (e no, non era quello il modo in cui Ryoken li ricordava quella mattina, quando l'aveva salutato con un bacio prima di andare al lavoro).
    «Volevo fare tante cose, oggi, come ad esempio ricominciare a studiare per recuperare gli esami che ho lasciato indietro oppure sistemare un po' la casa, soprattutto il salotto nel caso nel fine settimana dovessimo avere ospiti, e poi oggi era il mio turno di preparare la cena ma non sono riuscito a fare niente perché da quando il cielo si è adombrato la prima volta e ha iniziato a piovere, mi sono sentito così stanco, così spossato e... e ora mi sento così inutile perché in tutte queste ore non sono mai riuscito a reagire, ho dormito ma mi sento quasi più stanco di prima. Ti chiedo scusa...»
Era come se Yusaku stesse per sparire da un momento all'altro dal gran che il suo fisico era indebolito ed estenuato. Come se stesse per essere inghiottito da un gigantesco buco nero fatto di nuvole cariche di acqua asettica e lacerante.
Si lasciò sfuggire un piccolo singulto e poi portò la mano davanti la bocca, abbassando nuovamente lo sguardo nel tentativo disperato di non permettere alle lacrime di fuoriuscire, a differenza della pioggia che vessava il mondo esterno senza porsi problema alcuno. Era un pianto caldo e salato, un vero e proprio oceano di dolore e amarezza.
    «Ehi» Ryoken si avvicinò a lui, scostandogli con garbo la mano davanti la bocca, per poi abbracciarlo con amorevole dolcezza. «Tu non hai colpe,» sussurrò, cercando di sorreggerlo in ogni modo possibile e immaginabile, «hai fatto del tuo meglio. E va bene così».
Gli prese il volto tra le mani con garbo e poi con altrettanta delicatezza poggiò le labbra sulle sue, coinvolgendolo in un bacio dal sapore dell'empatia e della comprensione.
Yusaku iniziò pian piano a rilassarsi, a cedere a qualcosa di bello e a perdere poco per volta la rigidità nei muscoli. Alla fine si lasciò andare completamente, trovando anche la sfrontatezza di approfondire quel contatto che si fece ancora più audace e al contempo intimo.
    «Ricordati sempre...» sussurrò Ryoken una volta terminato il bacio, «... che dopo tanta pioggia avremo sempre la fortuna di respirare il profumo della terra bagnata» concluse Yusaku al posto suo, che ormai conosceva quel detto a memoria
    (erano sempre quelle le parole che Ryoken gli sussurrava per farlo stare meglio quando il malessere fisico ed emotivo lo torturava lentamente durante giornate tanto avverse).
    «Esattamente». Ryoken sorrise e Yusaku sorrise con lui.
    «Cuciniamo la cena insieme?» propose poi, baciandolo sulla fronte.
Il sorriso di Yusaku si addolcí ancora di più. «Volentieri».


3

Accadde mentre Ryoken stava lavando i piatti e Yusaku li stava asciugando. Cessò di piovere gradualmente, come se le ultime gocce versate fossero delle ritardatarie croniche che si erano ricordate solo all'ultimo di dover cadere in un punto imprecisato del mondo.
Tutto si quietò, e mentre la pioggia si lasciava andare ai suoi ultimi sospiri e lamenti, sia Ryoken che Yusaku si asciugarono le mani per poi dirigersi verso la finestra in salotto e aprirla senza più temere che delle gocce gelide e maldestre potessero intrufolarsi in casa.
Nel momento in cui l'aria fredda e pungente gli solleticò le gote, Yusaku rabbrividì appena. Fu così che Ryoken lo abbracciò da dietro in modo tale da scaldarlo e stargli accanto, lasciando andare via tutta la pesantezza e il dolore di quella giornata.
Il profumo della terra bagnata punzecchiò loro le narici nel giro di pochi istanti, sostituendosi con garbo all'aria asettica che danzava intorno a loro
    (una carezza amorevole e confortante che si opponeva a tutta la durezza del mondo).
Ryoken sciolse l'abbraccio per permettere a Yusaku di respirare a pieni polmoni il profumo della terra bagnata, un effluvio dalle infinite sfumature di vita.
    (Così come il terreno riacquistava la propria fertilità, allo stesso modo gli occhi verdi di Yusaku si riappropriavano di quel baluginio di forza in grado di non farlo cadere).
Tutto, nell'universo, stava per ritrovare il proprio equilibrio.


4

    «Come stai?» domandò Ryoken mentre chiudeva la finestra.
Yusaku si ridestò dall'intorpidimento che gli avvolgeva le membra ogniqualvolta respirava l'effluvio della terra bagnata.
    «Ora va molto meglio» rispose, iniziando a spostare il peso corporeo da un piede all'altro. Si morse il labbro inferiore, arrossendo appena. «Solo che... ecco... mi abbracci?»
    (Ne ho bisogno).
Ryoken si lasciò andare a un sorriso pregno d'amore. «Tutto il tempo che desideri» disse, prima di stringere forte Yusaku a sé.


5

«Ti amo, lo sai?»
«Lo so. E ti amo anch'io. E giuro che non sarò più un peso–»
«Non dirlo neanche per scherzo. Non sei un peso. Potranno esserci altri mille temporali, ma...»
«... ma alla fine avremo sempre modo di respirare il profumo della terra bagnata».
«Sempre».
«Sempre».
(Per sempre).
   
 
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