I
marinai sulla nave a largo della baia udirono dalla
costa il trambusto indistinto e videro la corsa dei loro compagni alle
barche.
L’ammiraglio che sostituiva Daco al comando aveva
già ordinato agli elfi sotto
di lui di prepararsi a difendersi quando
dall’oscurità emersero due enormi masse
scure dirette verso di loro. Gli elfi rimasero inizialmente impietriti
ma quando
capirono che erano draghi la loro paura si trasformò subito
in stupore e meraviglia.
Li videro eseguire una serie di manovre intorno alla nave per poi
vorticare in
circolo sopra le loro teste.
Dal
dorso di Saphira Eragon prese un profondo respiro e cercò
di mettere da parte il frastuono proveniente dai pensieri e le emozioni
dei
marinai e cercare Arya. Assicurò una migliore presa su
Xavier e aguzzò la vista.
La trovò intenta ad afferrare le funi che erano state calate
per issare le
barche a bordo. Notò che anche Jill e Reafly erano con lei.
Ce
l’abbiamo fatta piccolo mio.
Lo
raggiunse dolcemente la voce di Saphira. Eragon le annuì
mentalmente sollevato.
Anche
per noi è ora di scendere.
Le
disse lanciando un segnale anche a Murtagh e Castigo vicino a loro.
Con
poche manovre i draghi si adagiarono sulla
superficie del mare, permettendo ai loro cavalieri di scendere.
Le squame dei loro manti luccicarono di rosso e d’azzurro
sotto la pallida luce
della luna mentre seguivano i loro compagni di cuore farsi strada sul
ponte. In
quel momento vennero raggiunti da Arya che aveva superato tutti con
ampie ed
elefanti falcate. Eragon ebbe un fremito di pura gioia nel rivederla.
L’elfa
salutò Murtagh con un cenno del capo ma la sua
attenzione era tutta per lui e quando gli fu abbastanza vicino gli tese
le
braccia al collo e lo strinse forte a sé rimanendo
così per alcuni istanti.
–
Sei stato tu a innalzare quel muro d’acqua – la
sentì sussurrare
emozionata al suo orecchio.
Eragon
non l’aveva mai sentita così tesa.
-
Non c’era tempo per fare altro o i Ra’zac
vi
avrebbero raggiunti – le rispose lui di rimando scostandola
appena. Nel farlo notò
lo sguardo di Arya preoccupato. Eragon era appena consapevole del suo
stato
esausto ed emaciato.
-
È stata un’imprudenza – lo
rimproverò lei e i suoi
occhi verdi scintillarono per l’intensità delle
emozioni che stava provando. Eragon
annuì senza riuscire a risponderle subito. Le era
così vicino che poteva sentire
la fragranza di pino che emanavano dai suoi capelli; le
accarezzò la nuca e la
strinse a sé.
- Ora è tutto finito – aggiunse dolcemente.
Conscio degli occhi puntati su di
loro Eragon riportò lentamente la sua attenzione alle
persone che gli stavano intorno.
Riconobbe
immediatamente l’elfo che era fuggito dalla
spiaggia con Arya. Con un solo gesto della mano lo vide portarsi i
ricci biondi
indietro con disinvoltura mentre si avvicinò a loro.
- Siate i ben venuti sulla mia nave Cavalieri. Io sono il capitano Daco
– si
presentò rivolgendosi prima a Murtagh e a Jill, che nel
frattempo li avevano
raggiunti. L’elfo diede a Murtagh una cordiale stretta di
mano, quindi si voltò
verso Eragon. A Daco non era sfuggito come Arya non lo avesse lasciato
un istante
e il suo sguardo indugiò alcuni istanti su di loro prima di
tendergli la mano.
Eragon
gliela prese ma al momento di lasciarla la stretta
del capitano si fece più forte. Daco lo stava sfidando ad un
sorta di braccio
di ferro. Eragon non aveva né la forza né la
voglia di accettare lo scontro. Dissimulò
il disagio dovuto alla estrema stanchezza e gli rivolse un sorriso teso
ma cordiale.
Tutto finì pochi minuti dopo ed Eragon si massaggio lentamente la mano.
-
Immagino devo ringraziare voi per quel muro d’acqua.
–
aggiunse il capitano evidentemente soddisfatto.
-
Provvidenziale, direi. – continuò - Senza il
vostro
intervento quelle creature ci avrebbero di certo raggiunti e allora ci
sarebbe
stato un capitano Daco in meno –
Al
tono goliardico del loro comandate i marinai intorno
a loro esultarono di gioia felici per aver scongiurato un tale evento.
-
Non avevate mai incontrato un Ra’zac prima d’ora,
vero?
– chiese Eragon mantenendo un tono serio, restio a lasciarsi
andare alla
leggerezza con cui il capitano aveva pronunciato quelle parole.
–
No, non ho mai avuto il piacere fino ad ora – rispose
con un sorriso beffardo per poi mostrare un espressione più
seria - Non fraintendetemi,
non sto minimizzando il pericolo che abbiamo corso -
disse cercando Arya con lo sguardo. - Ho
sentito un brivido lungo la schiena quando quelle creature mi hanno
quasi sfiorato.
– Eragon annuì mesto.
-
È così che quei predatori cacciano,
l’oscurità è il
loro mezzo. La sola cosa in grado di fermarli è
l’acqua, la detestano anche il
solo contatto. – aggiunse.
-
Da quello che mi avete detto, ad occhio e croce direi
che abbiamo messo una bel divario tra noi e quei
…Ra’zac, giusto? – concluse il
capitano. Ad Eragon scappò un sorriso condividendo suo
malgrado la gioia del capitano.
-
Lo penso anche io, capitano Daco –
-
Avete sentito? – chiese l’elfo, questa volta
rivolto
ai suoi uomini. – Ciurma, adesso mettiamoci al lavoro e
torniamo a casa! –
Ai
comandi del giovane elfo Eragon constatò come tutti
si mossero all’unisono. Fu allora che venne raggiunto dalla
voce di Murtagh che
chiedeva la sua attenzione.
-
Eragon, vieni subito. Xavier non sta bene –
Il
giovane seguito da Arya e Daco vide Reafly chino sul
corpo del capitano. Il ragazzo si voltò verso di loro
– Perché non si sveglia? –
Eragon
sussultò appena a quella vista non riuscì a
fermare l’ondata di ricordi che riemersero con forza
riempendolo ancora di
orrore: le macerie della fattoria orami distrutta e il corpo bruciato e
privo
di vita dello zio Garrow.
Sentì
la presenza di Saphira avvolgerlo protettiva per
condividere con lui quei ricordi. Stammi vicino Saphira.
L’uomo
non si era ancora ripreso. A parte lo squarcio
lungo la fronte non aveva altre ferite visibili ma notò
preoccupato il volto
corrugato e sofferente dell’uomo. I Ra’zac avevano
la capacità di insinuarsi e
manipolare la mente degli uomini usando le loro paure come arma per
disorientare e rendere le loro prede inermi e incapaci di difendersi da
soli.
In quel momento l’uomo stava combattendo una battaglia contro
i suoi demoni e
la stava perdendo.
–
Una delle loro cavalcature, un Letbrakha lo ha
sorpreso di spalle, Xavier non ha potuto nemmeno difendersi –
disse Eragon corrucciando
la fronte e stringendo i pugni lungo i fianchi. Le sue forze esigue non
gli
avrebbero permesso di guarire nemmeno un piccolo graffio. Anche Murtagh
sembrava risentire dello sforzo compiuto per rispondere
all’attacco di Olivina. Arya sembrò
capire il
loro disagio e chinandosi accanto al capitano delle guardie prese in
mano la
situazione. Allungò la sua mano appena sopra la fronte
dell’uomo e mosse le
labbra proferendo alcune parole dell’antica lingua. Un
bagliore verde sprigionò
dalle sue dita.
Reafly guardò ammaliato l’elfa. Era la prima volta
che vedeva la magia all’opera.
Sotto alla sua mano la fronte del capitano si distese e
l’espressione del suo
volto venne liberato dal dolore che lo attanagliava. Anche la ferita
tornò integra
senza alcuna cicatrice. Era diverso da una semplice guarigione, come se
la ferita
non fosse mai esistita. Arya ricambiò lo sguardo
sorridendogli dolcemente.
- Il tuo amico si riprenderà presto, non temere –
disse dando voce ai suoi
timori inespressi.
Reafly stava ancora tenendo strette a sé il telo con le
dentro le uova di
drago. Allora l’elfa gliele prese dalle mani con gentilezza.
- Cosa ne pensi Reafly se le sistemiamo in luogo sicuro? – il
giovane annuì lasciando
la presa
***
La
nave rientrò nel porto di Artea nel pomeriggio del
giorno dopo.
Re Arold non li accolse nella sala del trono, dove i draghi non
sarebbero
potuti entrare ma nei giardini esterni, abbastanza ampi da ospitare
tutti.
Xavier si era ripreso del tutto, ed ora avanzava con gli altri al
cospetto del
re degli elfi oscuri. Il re fece segno ad Aglaia di venire avanti.
- Sono passati ormai dieci anni da quando sei partita per infiltrarti
alla
corte di Isobel. Dieci lunghi anni in cui hai rischiato la vita per
fornirci preziose
informazioni sulle sue mosse. E ora siamo onorati di riaverti tra noi
–
Aglaia
chinò la testa e lo sguardo del re si posò su un
uomo alla sua destra che a un suo cenno andò da lei.
L’uomo le prese una mano e la fece alzare il volto, Aglaia
vacillò a quella
vista.
- Anche per me è un onore e una gioia rivederti –
ripeté l’uomo prima di
sorriderle e stringerla forte a sé.
- Faramir – sussurrò lei stringendolo a
sé.
Poi il re, compiaciuto, si rivolse agli altri presenti.
- Arya svit-kona, sono loro i tuoi compagni di
viaggio? -
L’Elfa guardò il re e annuì
- Sì, sire, sono loro Eragon e Murtagh, e loro sono Saphira
e Castigo. -
- Venite pure avanti, Cavalieri dei draghi. Vi do il ben venuto a Artea
e saluto
anche voi, potenti creature -
Eragon e Murtagh chinarono appena la testa.
Ditegli che siamo addolorati per la sorte
del loro popolo e che le nostre zanne e i nostri artigli sono pronti a combattere
Isobel dissero Castigo e Saphira ai loro
cavalieri, ed Eragon e Murtagh riferirono al sovrano le parole dei
draghi. Arold
annuì. Il suo viso si fece grave nel guardare i due
cavalieri:
- Avete già avuto modo di costatare la crudeltà
della regina sulla vostra pelle
e avete pagato un alto prezzo. Anche voi amici di Zàkhara. -
Il re spostò il
suo sguardo sul capitano Xavier e il giovane Reafly che fino ad ora
erano rimasti
in disparte.
- Deve essere stato difficile per voi abbandonare la vostra terra
–
Xavier
posò una mano sulla spalla di Reafly dandogli un
breve sguardo prima di rispondere al sovrano.
-
Da anni Isobel piega il mio popolo a una servitù
forzata e fino all'altro giorno ero uno di loro. Ora che sono stato
liberato non
ho intenzione di abbandonare la mia gente. Voglio liberarla e spero nel
vostro
aiuto. –
Xavier
aveva parlato con fermezza e Arold lo ascoltò in silenzio.
Tutti si voltarono verso l’anziano sovrano per sentire come
avrebbe risposto.
-
Le tue parole ti fanno onore capitano Xavier. Non
temere perché le tue speranze sono ben risposte. Abbiamo un
obiettivo comune:
la pace e la convivenza tra i nostri popoli. - Xavier si
girò dando uno sguardo
fugace gli astanti
- Che avete Xavier avete qualcosa da chiedere? – chiese il re
notando la sua
titubanza.
- Sire… - tutti gli occhi dei presenti erano puntati su di
lui.
- Avanti capitano, qui puoi parlare liberamente -
- Ecco, vorrei conoscere quale sarà il mio ruolo.
– Arold aggrottò la fronte senza
capire e Xavier si affrettò a continuare.
-
Arrivo subito al punto, Sire. Ho accettato di aiutare
Aglaia e i due cavalieri perché so che non ci
sarà una vera pace finché Isobel
sarà al potere. A Zàkhara ero capitano delle
guardie reali e con molta probabilità
ho affrontato in battaglia molti dei soldati qui preseti. Temo che
questo dato
di fatto si possa essere un problema per la mia permanenza qui. -
Il re ascoltò il capitano in silenzio, poi guardandolo con
compassione gli
disse:
- Comprendo i tuoi timori Capitano. I nostri popoli si sono battuti per
così
tanto tempo che non c’è più memoria di
quando eravamo in pace e temo dovrà
passare ancora del tempo perché quegli orrori possano
passare.
Ma la vostra presenza qui è il segno che il potere della
Regina non è
infallibile.
La guerra avrà irrigidito i nostri animi ma non ci ha fatto
dimenticare la
sacralità dell’ospite. Tu e Reafly siete i ben
venuti tra noi. Fino a quando
sarò il sovrano vi garantisco che non sarete soggetti a
nessuna rappresaglia. E
perché questo sia chiaro a tutti ti consegno questo anello
con il mio sigillo personale
segno della mia fiducia. –
Eragon
osservò con attenzione Xavier farsi avanti per
ricevere l’anello dal sovrano sotto lo sguardo di tutti. Un
gesto coraggioso
da parte di re Arold. Gli fece notare Saphira. Eragon era
d’accordo con la
dragonessa. Poté avvertire i sentimenti contrastanti
provenire dagli elfi
intoro a loro ma l’autorità del re era abbastanza
forte da far tacere ogni
palese contestazione. Xavier infilò l’anello al
suo dito e chinò la testa in
segno di gratitudine.
- Vi ringrazio, Sire. Le vostre parole mi confortano -
Arold annuì soddisfatto, quindi si rivolse a Saphira e
Castigo.
- Ed ora, se mi è concesso è mio desiderio vedere
le uova di drago. -
I due draghi mossero le loro testa in segno di approvazione. Arya si
girò verso
il capitano Daco e un suo cenno uno dei marinai si fece avanti per
consegnare all’elfa
un panno con all’interno il prezioso carico.
Il telo fu svelato da Arya davanti agli occhi del re che meravigliato
poté così
ammirare il prodigio che si svelava di fronte ai suoi occhi.
- Ditemi come voleva utilizzarle Isobel? – chiese senza
distogliere il suo
sguardo dalla superficie luccicante delle uova.
Il loro popolo conosceva poco della natura dei draghi e del legame con
la loro
razza e quella degli uomini ma era vivido in tutti loro l’eco
delle loro gesta
leggendarie.
Allora Arya, con l'aiuto di Eragon e Murtagh, raccontò al re
parte della storia
dei draghi.
Narrarono di Eragon, il primo Cavaliere, della guerra tra elfi e
draghi, che
culminò con il patto di sangue, che legava elfi umani e
draghi ad un unico
destino.
- Ma i draghi non hanno vissuto solo ad Alagaësia. Saphira ha
scoperto che
altre uova si trovano nella terra di Zàkhara. Una di loro
è già predestinata a
una bambina di Abalon - disse infine Eragon.
- E loro? - domandò
il re riferendosi
alle uova di Saphira.
- Di solito, erano gli stessi draghi a dare almeno una delle loro uova
per
destinarla a un cavaliere. Queste uova e solo loro erano poste davanti
a ogni
bambino umano o elfo che fosse; ma i vostri popoli non fanno parte al
patto di
sangue. Noi non sappiamo cosa potrebbe succedere. - era stato ancora
Eragon a
parlare.
Noi e i nostri cavalieri siamo partiti
alla ricerca di un luogo dove poter far rivivere una nuova stirpe di
draghi. Non
eravamo al corrente della guerra fra i vostri popoli. La magia del
patto
vincola alcuni piccoli a nascere solo quando sentono che il loro
momento è giunto e
aspetteranno anche anni per
nascere nell’attesa di trovarsi davanti al proprio cavaliere.
Eragon riferì le parole di Saphira al re che la
guardò corrucciato.
- Dove si trova ora quella bambina? -
- È al sicuro, mio Sire, da dei miei parenti a Blow, una
città a nord di Abalon
– intervenne Aglaia - Io e Murtagh abbiamo avvertito la madre
del pericolo appena
due giorni prima della nostra fuga. La regina aveva già
intenzione di portarla
al palazzo e tenerla al suo fianco come sua alleata, ma ora le
sarà impossibile
trovarla. –
- La bambina ha solo quattro anni, e finché l’uovo
a lei destinato non sarà
trovato, non è necessario farle correre rischi inutili -
Assicurò infine Murtagh.
Re Arold rivolse a tutti loro uno sguardo grave. Molte questioni erano
state
aperte che chiedevano una risposta ma non era certo quello il momento e
il
luogo per cercarle.
-
Potete tutti andate ora -
***
Fu stabilito di portare le uova nella sala delle udienze, il luogo
più sicuro del
palazzo.
La stanza, infatti, era sigillata ogni volta che il re lasciava la sala
e
nessuno poteva introdursi senza rompere il sigillo.
La
notte era ormai calato su Antara, e in tutto il
palazzo regnava ormai il silenzio.
Nella sua stanza Reafly si svegliò di colpo, qualcosa lo
aveva destato dal
sonno. Scrutò nel buio ma l’oscurità
non gli permise di vedere nulla. Si mise
allora sedere mentre quella sensazione iniziava a scemare. Per un
attimo gli
sembrò che lo avesse abbandonato del tutto ma questa
tornò a colpirlo subito
dopo in maniera più forte.
Cercò
di calmarsi e infilandosi ancora sotto le coperte
provò a riprendere sonno ma senza risultati.
Poi lo sentì, distinto nella sua mente, qualcuno lo
chiamava. Non era una vera e
propria voce, più che altro una sensazione, come di qualcuno
che lo stesse
cercando. Si alzò dal letto, accese un piccolo lume e
uscì fuori della stanza
spinto dalla curiosità di capire se era stato qualcuno
dentro il palazzo.
Percorse il corridoio su cui si affacciavano le stanze degli altri. Le
superò presto
dirigendosi invece verso le scale che portavano al piano inferiore dove
era
l’ala pubblica del palazzo
Una volta sceso, un rumore, questa volta reale, iniziò a
diffondersi nei
corridoi. Un rumore di qualcosa che grattava e si muoveva. Reafly
cercò di
avvicinarsi alla fonte. Dopo pochi passi scoprì con stupore
che proveniva dalla
stanza delle udienze.
Dove sono state portate le uova di drago si
fermò a pensare.
Si avvicinò alla porta e la trovò aperta.
La stanza sarebbe dovuta rimanere chiusa sigillata dai marchi magici ma
in quel
momento Reafly non si mise a pensare a quel particolare e vi
entrò, guidato
solo dall’istinto.
Nel preciso momento in cui varcò quella soglia, Reafly fu
certo che quel rumore
proveniva proprio dalle uova
Queste
erano ancora avvolte dal telo di stoffa, poggiate
su tavolino. Gli si avvicinò e le scoprì: le
quattro uova splendettero alla
luce della luna che filtrava dalle finestre della sala delle udienze.
La loro
superficie era perfettamente liscia e il loro colore brillante era
striato da
lievi sfumature irregolari. Il ragazzo non poté fare a meno
di rimanere
affascinato dalla loro vista.
Il rumore intanto sembrava essere cessato del tutto ma,
nell’osservarle bene,
Reafly si accorse allarmato che una di loro aveva una crepa.
Pese in mano l’uovo danneggiato per poterlo esaminare da
vicino. Lo posò a
terra e in quel momento un tintinnio metallico si propagò
rimbombando per tutta
la sala.
Poi avvenne qualcosa d’inaspettato. Dall’uovo
incominciarono a emergere una
serie di squittii sempre più forti.
Reafly si guardò intorno per vedere se qualcuno, svegliato
da quei rumori, stesse
accorrendo nella stanza ma, con suo sollievo, nelle altre ali del
palazzo il
silenzio doveva regnare sovrano.
Reafly ritornò a guardare in basso. L’uovo aveva
incominciato a muoversi
freneticamente mentre da una piccola fessura iniziale presero a
moltiplicarsi
una serie di minuscole crepature che in poco tempo coprirono
l’intera
superficie, formando una ragnatela che avvolse l’intera
superficie dell’uovo.
Reafly non sapeva più che fare per fermare
quell’escalation di eventi e osservò
impotente il primo frammento di guscio cadere, poi il secondo e il
terzo. Alla
fine, ne emerse un piccolo cucciolo di drago.
La
creatura si leccò via dal corpo l’ultima membrana
del
guscio che lo aveva coperto fino a pochi minuti prima e alzò gli occhi
per fissarli in quelli del
ragazzo.
Il cucciolo di drago si fece istintivamente avanti, sbarellando sulle
zampette,
ancora instabile; contemporaneamente schiuse le sue ali nel tentativo
di
riprendere l’equilibrio. Riuscì a rimanere fermo
un attimo poi crollò a terra
emettendo una serie di pigolii di protesta.
Reafly non riuscì a trattenere un sorriso di tenerezza nel
guardare quel
piccolo essere alle prese con le prime difficoltà della vita.
Quando il drago cercò ancora una volta di alzarsi Reafly si
affrettò ad affiancarlo
per sorreggerlo. Lo aveva appena afferrato quando la mano destra
iniziò a bruciargli;
il sangue gli ribollì nelle vene mentre un senso di torpore
lo invase per tutto
il corpo.
Reafly cadde a terra appena cosciente. Sentì il piccolo
drago venirgli accanto
e la propria anima come staccarsi da sé e unirsi a quella
della piccola
creatura. Il legame che si stava creando tra loro era qualcosa di molto
intimo
e profondo, provocandogli delle sensazioni che non aveva avuto mai
provato con
nessuno.
Lo stupore iniziale si trasformò in terrore quando si
accorse all’improvviso
che quel contatto stava annullando la sua stessa entità.
D’istinto il ragazzo si ritrasse immediatamente rifiutando
quella intmità ma un
lamento del drago lo trattene a metà strada. Reafly poteva
sentire la sua
apprensione come fosse la sua. Le loro coscienze si sfiorarono di nuovo
ma
questa volta in maniera più controllata. Reafly
poté apprezzare la profondità
della sua personalità nonostante la sua giovane
età. Sentì la memoria del
piccolo drago scendere in profondità ma questa volta non
ebbe paura e il
cucciolo lo portò nei lati più reconditi della
sua coscienza.
Lo
stesso fece Reafly con lui. Il piccolo era curioso di
ogni cosa e provò una strana sensazione di sollievo a
condividere con lui le
sue sensazioni. Era qualcosa che non aveva mai fatto con nessuno.
Quando il contatto andò scemando Reafly poté
aprire piano gli occhi e si trovò
quelli del cucciolo fissi che lo scrutavano con le profonde pupille
gialle.
La sensazione lampante di un bruciore alla mano lo fece sussultare.
Alzò il
braccio e volgendogli lo sguardo vide suo palmo una cicatrice che
riluceva di
argento.
Reafly lo aveva visto sui palmi dei due Cavalieri, era il gedwye ignavia, il palmo lucente simbolo
dei Cavalieri dei draghi.
Reafly si scrutò ancora la mano, il cucciolo allora gli
avvicinò e strusciò il
suo muso sul palmo dove c’era la cicatrice. La
leccò con la sua lingua ruvida
facendogli un leggero solletico.
Il ragazzo non poteva crederci, quello che aveva sentito raccontare
quella sera
come una leggenda si era appena realizzata davanti ai suoi occhi.
Reafly fu raggiunto
da un dubbio.
Il patto tra gli elfi e i draghi, patto cui si aggiunsero solo in un
secondo
tempo gli esseri umani, non aveva compreso il suo popolo. Eragon era
stato
chiaro. Come poteva lui essere stato designato come cavaliere? Come
poteva,
lui, essere diventato un cavaliere dei draghi. Non sarebbe dovuto
accadere.
Reafly
guardò fuori della finestra. In quel momento il
cielo cominciò a schiarirsi, segnando l’inizio di
nuovo giorno, e presto il
palazzo si sarebbe risvegliato. Reafly si chiese come avrebbe spiegato
tutto
questo agli altri. Doveva uscire immediatamente da li.
Scostò con delicatezza
il cucciolo dal suo petto. Il piccolo fece una serie di saltelli
scomposti
quando Reafly si tirò in piedi.
Lo prese in braccio e si diresse verso la porta ma con sua sorpresa la
trovò
serrata, chiusa di nuovo dalla magia del sigillo. Reafly non capiva
come poteva
essere possibile, un minuto prima era aperta e gli aveva permesso di
entrare.
Reafly prese allora a forzare la maniglia ma senza alcun risultato. La
porta
era di nuovo sigillata. Il draghetto ai suoi piedi emise una serie di
pigolii,
e guardando il ragazzo aprì la bocca e preso un memo dei
pantaloni e lo
allontanò da lì. Reafly si stupì della
sua forza, anche da cuccioli i draghi
erano pur sempre dei predatori formidabili e il ragazzo
pensò che non se lo
sarebbe mai dovuto dimenticare. Si lasciò quindi guidare dal
suo piccolo
compagno; in ogni caso non sarebbe mai riuscito ad uscire da quella
stanza,
almeno fino a quando la sala delle udienze non fosse stata riaperta e
questo
non poteva accadere prima di qualche ora.
Ritornati
dove erano le altre uova il cucciolo allentò
la presa e a Reafly non rimase che sedersi per terra mentre il piccolo
drago si
sistemava sulle sue gambe.
Reafly si ritrovò ad osservare il cucciolo, aveva chiuso gli
occhi e il suo piccolo
ventre si gonfiava ad intervalli regolari. Le piccole squame dorate
erano
disposte regolarmente su tutti il suo dorso, lasciando un piccolo
incavo tra la
spalla e il collo. Altri bassi pigolii uscirono dalla sua gola.
Ora
sono un cavaliere dei draghi.
Pensò con un certo turbamento, Murtagh ed Eragon lo
avrebbero istruito e
preparato a…
Non riuscì a finire il pensiero.
All’idea di combattere contro il suo stesso popolo Reafly
fremette
d’agitazione, non
lo avrebbe mai fatto. Sentì il piccolo
drago destato
dall’improvvisa forza delle sue emozioni.
Lo so che Isobel
è il male e bisogna distruggerlo. Ma non posso farlo, non
poso combattere.
Il
draghetto gli rispose con una serie di bassi pigolii,
che suo malgrado lo fece sorridere. Si lasciò
così cadere all’indietro, chiuse
un attimo gli occhi, e senza nemmeno accorgersene si
addormentò.
***
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