L’idea
di trovarsi di nuovo di fronte al nemico numero uno, fa tremare
Nairobi che cammina lungo un cupo corridoio, avvertendo i sintomi
nervosi del suo corpo e il peso della mente che continua a ricordarle
il male patito negli anni.
“Eccoci”
– è la voce di Palermo a destarla dai pensieri e
riportarla con i
piedi per terra.
Lei
alza il capo, seppure a fatica, e si accorge di essere in
un’ala
del Mariposas decisamente familiare.
“Sono
già stata qui” – precisa lei, nonostante
avesse tentato, invano,
di rimuovere la paura vissuta quando fu condotta lì per
punizione.
“Bene,
allora sarà più facile per te respirare
l’aria della tua nuova
casa” – commenta Berrotti.
“Nuova
casa? Cosa cazzo stai dicendo?”
“Ehi,
questo lessico non mi piace” – la terza persona
presente in
quella sala fa la sua comparsa, con voce divertita ma pur sempre
austera.
I
passi lenti e pesanti sul pavimento sono un suono fin troppo noto
alle orecchie di Agata.
“Sei
tu” – afferma, conscia di avere davanti a
sé il Cliente 13,
rassegnandosi all’imminente confronto.
“Mia
bella Nairobi, finalmente sei tornata…da me”
– ed è allora che
quel po' di luce soffusa lascia intravedere il volto, ora scoperto,
del Signor Dalì.
“Bogotà”
– esclama, inconsapevolmente, la Jimenez, riconoscendovi
molto del
suo compagno. Seppure un ipotetico Bogotà invecchiato di ben
vent’anni, quell’uomo resta pur sempre tanto, fin
troppo, simile
al suo grande amore.
“Eh?”
- ride Martin – “Chi è ora
Bogotà?”
“Silenzio,
Palermo!” - lo zittisce il Boss, leggendo il panico negli
occhi
della gitana ed approfittandone -“Odio vederti
così spaventata”
– le prende la mano, sentendola tremare, e la conduce ad uno
specifico posto, poco più avanti.
“Voglio
vedere Axel” – esige la zingara con insistenza,
ponendo
resistenza al panico fisico che sta avvertendo. Il tutto accade
mentre Carlos Grigoryan, il noto Signor Dalì, cova astio
verso un
bambino divenuto un vero e proprio ostacolo.
“Per
lui faresti ogni cosa, vero?”
“Perfino
morire” – replica Nairobi, senza riflettere al peso
di tali
dichiarazioni.
Il
capo del Night Club sorride, quasi malizioso; poi fa cenno a Palermo
di allontanarsi, per permettergli di parlarle in intimità.
E
quando Agata nota Martin andare via, teme per la sua
incolumità.
“Cosa
vuoi farmi?” - domanda, preoccupata, cercando attorno a
sé delle
vie d’uscita in cui scappare.
“Shhh”
– la placa, sfiorandole il viso con un’inattesa
dolcezza –
“Amore mio, con me sei al sicuro”
Tali
disgustose premure sono segnale che il Signor Dalì ha una
doppia
personalità.
Come
può, dopotutto, essere tanto docile con lei e al contempo
crudele,
pronto a compiere atti malvagi per i suoi scopi?!
Ma
la gitana non cede al suo Capo, piuttosto ostenta determinazione, e
ribadisce - “Voglio mio figlio!!! Adesso,
cazzo!!!!”
Ma
la faccenda di Axel inizia a infastidire ai massimi livelli il noto
Cliente 13 che le avanza una proposta.
“Ho
un’offerta per te”
“Cioè?
L’ennesimo ricatto?”
Carlos
Grigoryan ride sotto i baffi, quasi divertito dalla grinta della
zingara.
“Penso
che a farmi perdere la testa per te sia stato questo...lato
caratteriale che cerca sempre di domare chi gli è
intorno...ma sai
bene che con me è impossibile”
Il
silenzio seguente vede i due fissarsi, con sguardi di diversa
intensità.
Poi
è l’uomo a rompere il ghiaccio dicendole di
seguirlo.
“Dove
mi porti adesso?”
Stavolta
il luogo è illuminato ed è preceduto da un
percorso a scale.
“Dove
stiamo andando?”
Un
susseguirsi di domande, frutto della sua ansia che, seppure ben
celata e domata, sta riuscendo ad emergere con prepotenza.
“Credevi
fosse un locale di piccole dimensioni? Beh, amore mio, ti sbagli di
grosso. Questi anni mi sono serviti anche per ristrutturare
l’area
a seconda delle esigenze di lavoro” – spiega,
vantando la sua
abilità nell’aumentare le grandezze del Night Club.
“Lavoro?”
- commenta a bassa voce la zingara, decisamente contraria nel
definire quello schifo con tale appellativo.
E
Grigoryan finge di non averla udita, evitando discussioni e perdite
di controllo.
“Eccoci”
– esclama un paio di minuti dopo.
Stavolta
ciò che Nairobi vede ha, a tratti, l’immagine di
una setta pronta
a mettere in atto uno dei suoi riti.
“Oh...mio...Dio” –
scioccata, sente le gambe cedere e in un battibaleno perde i sensi,
raccolta immediatamente dal Signor Dalì il quale, forte di
averla
ormai nelle sue mani, dà ordine a un tipo incappucciato
lì di
fianco di prenderla in braccio e accomodarla su una poltrona. Una
poltrona rossa posta ovviamente accanto alla sua.
“Siamo
sicuri che metterla al corrente del nostro Circolo sia la mossa
giusta? E se rendesse pubblico il tutto?”
“Tranquillo,
amico! Lei sarà la mia compagna anche negli affari. Vedrai.
Non
potrà sottrarsi. Ne va della vita di Axel”
– afferrando un
calice di vino rosso, offertogli da un altro dei tipi avvolti dal
mistero, sorseggia e gode del momento da cui è certo
potrà trarne
solo una decisiva e strabiliante vittoria.
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“Dove
mi trovo?” - risvegliatasi dal trauma precedente, Agata si
accorge
di essere circondata da un gruppo, stavolta liberatosi dei cappucci,
col volto coperto dalla stessa maschera che anche il Signor
Dalì era
solito indossare.
“Amore
mio, come ti senti?” - la accarezza, ma stavolta lei si
ritrae.
Quel
continuo “amore mio” è decisamente
snervante e poco realistico.
Lei
non lo ama! E quell’appellativo può sentirlo con
piacere solamente
dalla bocca di Bogotà.
“Che
cazzo volete da me? Cosa è questa merda? Siete una setta che
compie
sacrifici? È questo che avete fatto con Lisbona?
E… e… e dove
avete portato mio figlio? Avete recato male anche a lui? Vi uccido
tutti” – senza ragionare, Nairobi comincia a
parlare e porre
domande insistentemente, mettendosi in piedi per attaccarli. La
debolezza, però, la costringe a sedersi di nuovo.
“Calmati,
è questo che voglio proporti. E per farti la mia offerta,
devo
rivelarti chi siamo. Preparati, perché alcune cose sono
certo non ti
piaceranno”
detto
ciò, Carlos invita i suoi soci a svelare le
identità solo al
termine del racconto.
“Quando
cominciai a frequentare il Mariposas mi fu detto che il proprietario,
Andres De Fonollosa, lo utilizzava come fosse un centro
d’accoglienza
per donne perdute. Lui e Martin Berrotti gestivano un pub e
chiedevano a queste ragazze di servire, di intrattenere, in cambio di
vitto e alloggio. Beh...lasciami dire che trovavo la cosa alquanto
misera. Conoscevo De Fonollosa da anni, ed era indebitato con me ai
massimi livelli”
“Indebitato
per cosa?”
“Io
ho creato un mio impero negli anni che ho vissuto in America. E tanta
gente era alle mie dipendenze. Incluso il tuo caro ex promesso
sposo”
Dopo
un verso di disgusto al pensiero di Berlino con Agata, Carlos
Grigoryan riprende – “Insomma… sta di
fatto che io iniziai a
recarmi al Night Club per controllare e ricevere da lui quanto mi
spettava di diritto. E fu allora che ti vidi. Una donna tanto bella
da farmi cedere le gambe al solo sguardo. Lo presi in disparte e
scelsi il solo modo per chiudere la faccenda dei pagamenti
arretrati”
La
Jimenez sconvolta trae le sue conclusioni.
E
il Signor Dalì conferma – “La sua
libertà in cambio di… TE!”
E
quel “TE” pronunciato con decisione e con possesso
fa
rabbrividire la gitana.
“Come
ho poi preso potere al Mariposas?! Beh… ottenni come sai
bene ciò
che volevo. Eri diventata la mia Farfalla preferita. Così,
pensai di
portarti via con me. Ma lui si rifiutò. Per di
più avevo scoperto,
proprio da te, che lui aveva in programma di sposarti. E questo non
mi andò più bene. Perciò i patti
cambiarono. O la sua libertà...o
il Mariposas. Gli diedi un avvertimento che gli costò alcune
contusioni, poi cedette. Filò via con la coda tra le gambe e
mi
lasciò il suo locale”
“E’...è...assurdo!”
“Non
lo è. Sono affari, bambina mia” – le
dice, sorridendo malizioso.
“E
questa gente chi è? Che combinate nei sotterranei del Night
Club?”
“Io
ho i miei traffici da portare avanti. Non penserai che mi accontento
delle entrate ottenute dal locale?”
“Quindi siete tutti
criminali qui?”
“Siamo
un Circolo, con un Capo che avrai ben
riconosciuto…” - si vanta
del titolo, poi continua - “… e loro sono alla mia
mercé”
“Vorresti
che lo fossi anch’io, dico bene?” - Agata ha fatto
due più due
ed è giunta a conclusoni.
“Bingo!”
- risponde il Boss.
“Io
non sono una di voi. Non commetterò atti criminali per
arricchire le
tue tasche. L’ho fatto per anni. Sono stata la tua bambola di
pezza
troppo a lungo. Ma adesso no, adesso basta!”
Carlos,
di fronte allo sfogo e al netto rifiuto della Jimenez, le ride in
faccia, come se ogni cosa detta da Nairobi fosse una battuta
esilarante da prendere alla leggera.
“Come
puoi trattare la gente da schiava?! E ti permetti anche di
sghignazzare come fosse la situazione più normale del mondo.
Tu sei
pazzo” - Agata tira fuori la sua rabbia, sputandogli in
faccia
odio e rancore.
Intenzionata
ad andare via, conscia che sarebbe stato complicato, la zingara
respira profondamente e lenta si solleva, riuscendo ad allontanarsi
di qualche metro da lui.
Ma
è in tale istante che Carlos tira fuori un’altra
faccenda – “Ho
impedito che sposassi Berlino. Credi che mi costerà tanto
impedirti
di farlo anche con mio figlio?”
Ciò
immobilizza Nairobi.
“Povera
sciocca. Non hai capito che io ottengo sempre quello che voglio? Lo
feci più di quarant’anni fa, quando sposai Leticia
Lopez per
accedere alle sue finanze. Lo feci con la mia carriera criminale. Lo
feci con il Mariposas...e lo feci con te
all’epoca… e anche ora!
Sei mia, Agata Jimenez. E quell’inutile di Santiago ti ha
persa per
sempre quando ha scelto di combattere contro suo padre”
La
porta d’uscita viene chiusa con forza da due tizi, provocando
un
rumore tale da far sussultare la mora.
“Maledetto”
– esclama, stringendo i pugni e trattenendo le lacrime
rabbiose –
“Se osi fargli del male, giuro che me la paghi”
La
difesa di Bogotà colpisce Carlos che, infastidito, prosegue
-
“Aspetta, aspetta, aspetta! Non vuoi dirmi sul serio che ti
sei
innamorata di lui? Di quello sfigato divenuto ispettore per volere
materno!”
“Tu
non sai un cazzo di lui, della sua vita, delle sue scelte, di sua
madre”
“Beh...Leticia
la conoscevo bene” – ridacchia, alludendo ad altro
diverso dai
sentimenti che normalmente un marito nutre per una moglie -
“...la
sciocca perse seriamente la testa per il sottoscritto. Non lo trovate
assurdo?” - dice, rivolgendosi ai soci che, come su comando,
rispondono con risate di gruppo.
Sentendosi
braccata da ogni lato, Nairobi è costretta a tornare al suo
posto.
Ha
una gran voglia di cancellare quel sorrisetto malefico dalla faccia
del suo nemico.
Proprio
allora le salta in mente un’idea che, da un lato potrebbe
causare
una reazione eccessiva nel Signor Dalì, ma
dall’altro servirebbe a
destarlo dalle sue folli idee amorose.
“Puoi
sminuire quanto vuoi ma è reale. Io amo Santiago. Lo amo
più di
qualsiasi altra cosa al mondo. E lo sposerò. Sì,
lo sposerò.
Diventerò sua moglie. E sappi che potrai anche incatenarmi
qui,
tenermi lontana da lui, ma non mi impedirai mai di amarlo”
“Silenzio”
– a quel punto, Carlos inizia ad infastidirsi.
Odia
sentirla parlare con parole sdolcinate di una persona che non
è lui.
“E
invece mi ascolterai. Sai che la prima volta che ci siamo visti siamo
finiti a letto insieme? Già… so che odi
ascoltarlo ma è così.
Una calamita ci ha avvicinati per non staccarci
più”
“Ho
detto basta” – ripete il Cliente 13.
“Abbiamo
fatto l’amore a casa sua...in ogni angolo, ogni volta che
eravamo
vicini non potevamo farne a meno...e mi piaceva, sì mi
piaceva. Non
era sesso. Con lui non lo è mai stato, dopotutto. Ma con te
sì…
notti di fuoco, notti che erano divenute un’agonia per
me...notti
che speravo terminassero quanto prima! E sapere le tue mani sul mio
corpo, il tuo….- esita nel dirlo, a tratti disgustata dal
ricordo
che le torna in mente - “… il tuo…
dentro di me! L’incubo
peggiore… mi hai rovinato la vita, Carlos
Grygorian”
di
fronte a tali dichiarazioni, l’ormai sessantenne non ha
più
risposte.
La
fissa in silenzio, mentre un susseguirsi di emozioni prendono corpo
dentro di lui.
“Allora?
Vuoi sentire altro?” - aggiunge Nairobi –
“Non puoi
costringermi ad amarti”
ma
il Signor Dalì non replica.
“Arrenditi
alla realtà, Carlos!” - forte di averlo
temporaneamente messo
k.o., Agata tenta di darsela a gambe. In fondo nessuno di quei tizi
in maschera sembra muovere un passo per bloccarla.
Può
essere la sua occasione.
Poi,
però, dubbi le saltano alla mente.
Come
mai nessuno la sta fermando?
Come
mai il Capo del Mariposas non batte ciglio?
E
finalmente ne comprende le ragioni.
Il
portone viene aperto all’improvviso e di fronte alla ribelle
gitana
si palesa Palermo. Ma non è da solo stavolta.
Stretto
alla sua mano c’è un bambino. Un bambino i cui
nerissimi capelli
ricci e la carnagione scura sono la conferma che il Cliente 13 non ha
mentito: Axel è davvero lì, a pochi passi, e
Nairobi lo può avere
nella sua vita come ha sempre sognato.
“Beh...vedo
che l’arrivo del piccoletto ti ha zittita,
finalmente”- commenta
il Signor Dalì.
“Axel,
amore mio” – singhiozza Agata, inginocchiandosi di
fronte a lui,
che la fissa stranito e alquanto spaventato.
“Ascoltami
Nairobi…” - la richiama il Boss -
“...fossi in te comincerei a
trattare con rispetto il sottoscritto. E sai
perché?”
Segue
altro silenzio.
Poi
il tipo continua – “Se lo rivuoi con te, non hai
scelta. Dovrai
unirti a noi”
“COSA? Mi stai ricattando...di nuovo?”
“E’
ciò che so fare meglio, l’avrai capito. Ti avrei
concesso più
tempo, se non mi avessi rivelato quelle cose poco fa, sminuendo le
nostre nottate. Perciò...hai 48 ore...potrai trascorrerle
insieme ad
Axel, qui al Mariposas, sotto i miei occhi. Poi pretenderò
una
risposta. Sappi solamente che non mi piacciono i NO! E che ad ogni
azione corrisponderà una mia reazione”
Dopo
aver indicato ad alcuni soci di andare via, il sessantenne chiama a
sé uno in particolare.
“Occupati
tu di tutto. Controllala, non voglio alzate di testa!”
“Si
signore”
“E
non rivelarle la tua identità, chiaro?”
Così,
lasciando il discorso riguardante le persone del Circolo a
metà,
Carlos si chiude nella sua ala buia, preparandosi mentalmente alla
imminente vittoria.
Sa
che Agata non rinuncerebbe mai a suo figlio...questo significa che
presto sarebbe divenuta la sua compagna...la consorte che attende da
anni.
È
solo questione di tempo!
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