Birds (K)nights
Titolo: Birds (K)nights
Autore: My Pride
Fandom: Batman
Tipologia: One-shot [ 2460 parole fiumidiparole
]
Personaggi: Damian Wayne, Tim
Drake
Rating: Giallo
Genere: Generale, Malinconico
Avvertimenti: What if?,
Hurt/Comfort
Writeptember: 1. X fatica a farsi
fare una determinata cosa da Y || 2. Fiori
BATMAN
© 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.
Non
era certo di che ore fossero quando era tornato alla batcaverna in
sella alla sua moto, con la manica destra del costume completamente
strappata e il sangue che colava da profondi tagli da artiglio che gli
erano stati inferti, ma per Damian era stato già un miracolo essere
riuscito a tornare vivo.
La serata non si era svolta esattamente come ne
migliore dei suoi piani. Non era uscito per andare di pattuglia, era
sincero; si era visto con Colin per passare un po' di tempo insieme e
Jon avrebbe dovuto raggiungerli, ma era stato incastrato in una serata
alla fattoria e non era riuscito a disdire, poiché i suoi genitori
avevano fatto leva sul senso di colpa riguardante il poco tempo che
ultimamente passavano con i nonni, e Jon, che aveva già disdetto tre
volte, non se l'era sentita di farlo ancora; lui e Colin gli avevano
assicurato che capivano e accennato che si sarebbero visti un'altra
volta e, dopo qualche sbaciucchiamento via messaggio - Colin aveva
punzecchiato Damian su quanto fossero carucci, usando proprio quella
fastidiosa parola -, Jon aveva accennato che si sarebbe fatto perdonare
e avevano sentito il boom sonico passare sopra Gotham una trentina di
secondi dopo.
Gettandosi una rapida occhiata, avevano accennato un
sorrisetto e avevano vagato fra le strade di Gotham senza una vera e
propria meta, salvo poi ritrovarsi a rispondere ad una richiesta di
aiuto proveniente da un negozio all'angolo dal quale avevano visto
scappare un paio di rapinatori; senza pensarci due volte, Wilkes si era
trasformato e aveva rincorso quei due con la sua enorme stazza,
acciuffandoli per far sì che Damian li legasse prima di lasciarli
appesi ad un lampione e riprendere la loro pattuglia una volta
recuperato il mal tolto; avevano continuato ad occuparsi dei crimini
quasi per tutta la notte, salvo poi ritrovarsi separati quando Colin
era stato costretto a rientrare e Damian, accennandogli che avrebbe
fatto un ultimo giro prima di rientrare a sua volta, aveva continuato
da solo.
Era stato a quel punto che era incappato in un nido.
Un residuo della vecchia Gotham, stanze polverose che erano appartenute
alla temuta Corte dei Gufi che Damian aveva affrontato in passato
insieme alla sua famiglia edi cui non se n'era più trovata traccia per
anni e anni... almeno fino a quel momento. L'aveva trovato per caso,
cadendo letteralmente dal tetto marcio di quella casa tra calcinacci e
assi di legno, tossendo e sputacchiando mentre lo guardo correva veloce
fra tutte le cianfrusaglie presenti, finché qualcuno non aveva aperto
la porta e lo aveva scoperto. Così, semplicemente per errore, qualcosa
che non si era andato a cercare e che o aveva costretto a combattere,
ed era stato fin troppo facile atterrare quei criminali senza far
cadere emmeno una goccia di sudore; pronto a raccattare ogni cosa e a
chiamare Grayson per far sì che se ne occupassero, era stato però
colpito alla testa e, scombussolato, ci aveva messo un secondo di
troppo a capire che quello che lo aveva sovrastato era un Artiglio e
che un altro aveva sfoderato i coltelli per lanciarglieli contro.
La lotta che era susseguita era stata... estenuante.
Damian aveva cercato di parare i loro colpi il più possibile, aveva
contrattaccato ed era rimasto ferito, ma alla fine era riuscito ad
atterrarne uno e ad uscire da quella trappola che era poi esplosa in
aria, venendo però inseguito dall'altro Artiglio che non lo aveva
mollato nemmeno per un attimo. Tagliargli la testa era stata solo una
conseguenza di come quel fottuto zombie avesse continuato a
perseguitarlo. Ma, nonostante la sua vittoria e il suo rientro alla
base, Damian aveva dei lividi sul viso e zoppicava, si sentiva fiacco e
si reggeva in piedi a stento, ma nonostante tutto reggeva nella mano
sinistra la maschera spaccata di un gufo, con un pugnale conficcato
nelle lenti e completamente sporca di sangue.
Con la vista annebbiata, si strappò quel che restava della manica con
un'imprecazione e si tolse il casco, lanciandolo violentemente a terra
per zoppicare verso l'infermeria e occuparsi da solo delle proprie
ferite, almeno per quanto concessogli. Era certo che se lo avesse
medicato Alfred in meno di mezz'ora lo avrebbe saputo il padre
nonostante si trovasse oltre continente, e proprio non voleva che
pensasse che si era comportato come uno sprovveduto quando invece stava
solo--
«Che diavolo hai fatto?»
Damian quasi sussultò alla voce, probabilmente per i
riflessi un po' dimezzati non si era minimamente accorto di
un'ulteriore presenza, e volse lo sguardo in direzione di quella voce
nel tentativo di focalizzare al di sotto della maschera a chi
appartenesse, imprecando a denti stretti quando la figura di Drake
prese forma davanti al suo sguardo oscurato. Tra tutti i fratelli che
potevano capitargli a tiro... proprio Red Robin? «Il mio lavoro»,
affermò nell'abbandonare anche il suo piccolo trofeo sul tavolino per
togliersi anche la maschera, passando al resto del costume sotto lo
sguardo stralunato di Tim.
«Il tuo lavoro? Guarda come ti sei ridotto, piccolo
idiota. Dick ti aveva detto di non uscire da solo e--» si interruppe,
sgranando gli occhi alla vista di quella testa bellamente esposta prima
di indicarla. «--e che diavolo è quello?!» esclamò sconcertato, ma
Damian non gli diede minimante peso.
«Non mi risulta che sia tu a dare ordini», affermò
nell'ignorare palesemente la domanda e, quando Tim gli poggiò una mano
su una spalla per costringerlo a voltarsi, Damian gliela allontanò con
un gesto stizzito. «Non toccarmi».
«Hai ricominciato ad uccidere?»
Quella domanda fatta così a bruciapelo fece male
come un paletto conficcato nel cuore. «No», rispose schietto, levatosi
la parte superiore del costume per prendersi un attimo di respiro.
«Anzi, sono offeso dal fatto che tu me lo abbia chiesto, Drake».
«Ti presenti qui con una testa umana, come pretendi
che--»
Damian non gli fece nemmeno terminare la frase,
afferrò quella testa per lanciargliela letteralmente contro e, mentre
Tim la afferrava al volo ad occhi sgranati, esordì con «È la testa di
un Artiglio», lasciando il fratello ancora più perplesso e ad
osservarlo come se avesse appena parlato in una lingua sconosciuta.
«Ce ne sono ancora?»
«Ora non più», affermò nel prendere almeno del
disinfettante con la mano del braccio che funzionava meglio,
comprendendo lo stupore di quella domanda. Erano anni che a Gotham non
si avevano notizie della Corte dei Gufi, per quanto qualche piccolo
gruppo che si fingeva loro affiliato spuntasse fuori di tanto in tanto.
Fino a quel momento, però, nessuno di loro aveva avuto libero accesso
ad uno degli Artigli ed era stata una fortuna nella sfortuna che fosse
capitato in quella base proprio quella notte.
Tim ridusse le labbra in una linea sottile e cercò
di mantenere la calma. «Non hai proprio intenzione di spiegarmi che
cosa è successo, vero?» chiese e, vedendo Damian guardare altrove e
tacere, roteò gli occhi. «Ora sdraiati e sta' fermo se non vuoi che
chiami Alfred», gli disse di rimando, ricevendo un'occhiataccia da
parte di Damian.
«Non azzardarti a chiamare Pennyworth, Drake. È solo
qualche graffio», asserì nel voler tenere il punto, per quanto la
ferita al braccio e quella al polpaccio sembrassero tutt'altro che
graffietti
«Qualche graffio?! Sembri un pezzo di sashimi,
Damian!» sbraitò stralunato. «Anche se non levi i pantaloni, vedo
benissimo come sgorga il sangue e i tagli che hai sul braccio non
passano di certo inosservati». Tim si massaggiò le tempie, scuotendo la
testa prima di allungare una mano per afferrare le forbici. «Avresti
dovuto chiamare rinforzi, farci sapere che eri nei guai... farlo non
significa essere deboli, ma essere certi di sopravvivere. O ti fa così
schifo arrivare a compiere diciassette anni?»
«Ero un po' troppo impegnato per chiamare alcun
chi», rimbeccò Damian con un grugnito nel massaggiarsi dolorosamente il
collo prima di provare a sollevare la gamba del pantalone,
rinunciandoci. «Ma non facciamola tanto lunga. Sono solo un po'
ammaccato, no? Il mio amichetto non è stato così fortunato», disse nel
tirar fuori dalla lente della maschera quel coltello per puntarlo verso
l'altro prima di posarlo accanto al volto dell'artiglio prima di
sdraiarsi con un gemito doloroso. «La prossima volta ci penseranno due
volte ad attaccarmi».
«Graffio un accidenti», si risentì Tim nell'alzargli
lui stesso la gamba con attenzione per tagliare i pantaloni, ignorando
le rimostranze di Damian a riguardo; aveva solo sibilato un po' , ma
aveva stretto i denti e tenuto duro per limitarsi a ricambiare il suo
sguardo. «Persino Dick te ne dirà quattro quando ti vedrà ridotto in
questo stato. Sei più intelligente di così, Damian».
«Mi stai facendo un complimento, Drake? Forse allora
sono moribondo davvero», disse un scettico nel reclinare il capo e
coprirsi il viso con entrambe le mani, cominciando a sentire la testa
pesante per il sangue perso. «Ma non avevo programmato di... non era...
non dovevo».
Tim sospirò pesantemente, afferrando del
disinfettante per cominciare a pulire la ferita con quana delicatezza
possibile, dato com'era ridotto. «Sta' zitto, okay? Posso ricucirti e
trattare i graffi e i tagli che hai sul braccio, ma la ferita alla
gamba è troppo grossa per essere trattata in modo superficiale. Alfred
dovrebbe--».
«No», lo interruppe immediatamente. «Se ci pensasse
Pennyworth, verrebbe a saperlo anche mio padre. Ci stai pensando tu a
curarmi e va più che bene».
«Non essere stupido, Bruce verrà a saperlo in ogni
caso e non la prenderebbe bene se venisse a sapere che ti sei
imbattutto in Artigli superstiti». Tim posò il disinfettante e afferrò
ago e filo, guardandolo seriamente. «Devi farti dare una controllata e
fare qualche lastra, bisogna accertarsi che non sia rotta».
«Ho guidato la moto fin qui e sulla gamba ci ho
camminato sopra. Fa fottutamente male, ma credo che non sia rotta...
non proprio», sussurrò nel far scivolare le mani lungo il viso, anche
se non si riusciva bene a capire se stesse straparlando oppure no, data
la perdita di sangue. «Sono stanco, Drake... stanco di dover far capire
che valgo qualcosa e che non sono solo un'inutile zavorra, stanco di
sentirmi dare ordini, di essere sballottato sulla linea del giusto e
sbagliato e di avere versioni contrastanti sul fare o non fare. Mio
padre non deve... non deve saperlo», insistette con quanta lucidità
possibile, e Tim, dopo averlo ascoltato con estrema attenzione,
sospirò.Damian aveva avuto i propri trascorsi ed era stato una vittima
della Corte, aveva pensato di sacrificarsi per un bene più grande e si
era unito a loro nella speranza di porre fine alla guerra dei Robin...
poteva quindi capire la sua ritrosia nel far sapere a Bruce ciò che era
successo.
«Se sei stanco di queste cose, allora dimostra di
saper usare il cervello e porta pazienza».
«Non... non volevo combatterli. Ero in compagnia di
Wilkes, stavo tornando, sono... li ho trovati per caso», cominciò,
abbassando un po' le palpebre come se stesse per perdere i sensi, e Tim
si affrettò a dargli uno schiaffetto sul volto per tenerlo sveglio.
«Resta sveglio e parlami, Damian, dimmi che è
successo», lo spronò mentre gli ricuciva quelle ferite, vedendo Damian
faticare non poco a tenere gli occhi aperti.
«Avevo... avevo finito la ronda, stavo rientrando a
casa». Damian si umettò le labbra, deglutendo rumorosamente più e più
volte con la testa sempre più leggera, senza quasi accorgersi dei
tocchi di Drake. «Sono atterrato su un vecchio edificio... il tetto è
crollato... sono caduto per un paio di metri nel sottoscala, c'erano...
cianfrusaglie ovunque, oggetti pieni di polvere e vecchie maschere di
porcellana. Poi... poi li ho visti. Un paio di tizi con le maschere da
gufo. Li ho attrrati, pensavo fosse finita... ma sono arrivati loro».
Si strofinò un occhio, tossendo pesantemente prima di indicare la testa
dell'Artiglio che si era portato con sé. «Ho provato a scappare, uno
l'ho disattivato... l'altro... l'altro mi ha inseguito, non si fermava,
ho dovuto--»
«Ricordi come sei tornato qui?»
La domanda suonò strana, ma Damian si sforzò di
rispondere mentre boccheggiava, reclinando un po' il capo all'indietro.
«La moto... no? Te l'ho detto... io... mi sono iniettato un po' di
adrenalina per riuscire a tornare e... adesso sta finendo».
«Noto che anche tu hai sgraffinato l'adrenalina di
Bruce, mhn». Tim scosse la testa, ercando di fasciargli la ferita prima
di occuparsi anche del braccio. «Fai sparire quella testa, è già
grottesco che tu l'abbia portata fin qui; e, che tu lo voglia o no,
Bruce saprà cos'è successo non appena ti vedrà, sarà difficile
nascondergli le tue condizioni». Nel guardare gli occhi di Damian,
annebbiati dal dolore e dalla perdita di sangue, Tim sospirò per
l'ennesima volta in quella serata. «Ma... cercheremo di non essere noi
a dirgli qualcosa», soggiunse, notando il breve sorriso che parve
dipingersi sulle labbra del fratello minore prima che svenisse.
Quando riprese i sensi parecchio tempo dopo, Damian
non si stupì di trovarsi in camera sua né di avere la gamba ingessata,
arricciando le labbra nel rendersi conto che alla fine
quell'uccellaccio di Drake aveva cantato ed era andato a chiamare
Pennyworth per quella maledetta lastra. Forse avrebbe dovuto dirgliene
quattro, aveva ben messo in chiaro che non avrebbe dovuto parlargliene
e che avrebbe fatto fatica a farsi curare da lui per timore che venisse
a saperlo suo padre ma, a quanto sembrava, Drake aveva trovato molto
più saggio pensare alla sua gamba per il suo stesso bene.
Damian provò a raddrizzarsi sul materasso con un
grugnito, ma sbatté le papebre nel rendersi conto di un peso e,
scostando un po' le coperte dal naso, si accigliò nel notare che il suo
letto era stato preso d'assalto non solo da Tito, ma anche da Jon e
Drake che, forse aspettando che si svegliasse, si erano bellamente
addormentati con le braccia incrociate sul letto; Jon aveva persino un
piccolo filo di bava ad un angolo della bocca e mugugnava tra sé e sé,
mentre Tim aveva affondato il viso nel piumone e spalancato le braccia.
Da quanto erano lì quei due? Non aveva idea di quanto tempo fosse
passato ma, a giudicare dalla brocca di caffé mezza vuota sul comodino
dal lato di Drake, doveva essere un bel po' di tempo.
Fu proprio nel voltarsi, però, che Damian si
accigliò e poi sorrise. Sul comodino alla sua destra, in un vaso dal
vetro colorato che creava fantastici giochi di luce grazie al timido
raggio di sole che filtrava attraverso le tende, c'era il mazzo di
fiori più bello che Damian avesse mai visto, con un biglietto scritto
nella grafia ordinata di Jason e le firme di tutti i suoi fratelli,
incluse le zampe di gallina di Jon e Colin.
“Rimettiti in
fretta, piccoletto”.
_Note inconcludenti dell'autrice
Scritta per il ventiseiesimo giorno del #writeptember sul
gruppo facebook Hurt/comfort
Italia
Sono risorta
dalle mie ceneri dopo essere stata male (no, davvero, qua mi sa che a
botta di scrivere di gente che si ferisce, sta male e si becca
polmoniti, ci finisco pure io su un letto di ospedale in una delle mie
stesse storie) e torno ad infestare questi lidi con la stessa frequenza
di un fantasma ad Halloween. Siamo pure quasi in tema quindi, ehi,
andiamo per gradi
Qui viene presentata una fazione (chiamiamola così) che non ho quasi
mai nominato nel resto delle storie, poiché appartiene ad una run che
prendo poco in considerazione. Comunque. Chi ha visto la serie tv
Gotham sa di che cosa sto parlando, è una società segreta che governa
nelle viscere di Gotham da secoli. Ecco
Commenti
e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥
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scrittori.
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