Capitolo 21
Ohh,
ne è passato di tempo! Mi scuso con chi abbia iniziato a seguire
questa mia fic, da più di due mesi non aggiorno. Ne approfitto per
fare a tutte voi gli auguri per questo nuovo anno :-)
Dov'eravamo
rimasti?
Andrè
dirige il giornale al posto di Mossy, il proprietario arrestato a
seguito della repressione antirivoluzionaria del conte di Caraman,
definita dalla stampa l'affare Tourette, e proprio al termine di una
giornata di lavoro, lo vediamo salire su una misteriosa carrozza...
Capitolo
21
Cercò
di seguire il percorso della carrozza, guardando oltre la tenda della
finestrella, ma la poca luce a disposizione non gli permetteva di
prevederne la destinazione. Sovrastando il rumore delle ruote sul
selciato, gli arrivarono prima il vociare di donne che rientravano a
casa, stringendosi negli scialli, poi le grida sguaiate che si
riversavano nei vicoli, quando passava accanto alle porte sgangherate
di qualche osteria; infine i rumori si attutirono, come se si
stessero inoltrando in un quartiere deserto.
Istintivamente
ripensò alle circostanze dell'arresto di Mossy: erano venuti in
quattro, tutti militari, e lo avevano prelevato da casa sua all'alba,
legandogli le mani dietro la schiena...no, era certo che non si
trattasse della stessa situazione.
Finalmente
la carrozza diminuì l'andatura e lentamente si fermò. Il vetturino
spalancò la portiera ed aiutò Andrè a scendere. Il sole era ormai
tramontato, e il giovane sciolse lentamente la fascia di tulle nero
che proteggeva l'occhio destro. Lo sconosciuto gli indicò l'ingresso
di una chiesa, prima di risalire a cassetta e ripartire, senza
pronunciare una sola parola.
Andrè
si guardò attorno, cercando dettagli famigliari.
Mentre
lentamente si componeva l'immagine che aveva davanti agli occhi,
riconobbe la facciata della basilica di St. Marie Madeleine des
Chartreux, con la caratteristica fila di otto colonne in stile
ionico, illuminate dal fuoco delle torce, già accese.
Sapeva
che il monastero dei frati certosini era stato confiscato alcuni mesi
prima e venduto a lotti al miglior offerente, dopo aver allontanato i
religiosi che vi abitavano.
Percorse
la lunga navata, tra le fila di panche in rovere che nessuno aveva
ancora portato via, in un silenzio assoluto, interrotto unicamente
dal rumore dei suoi passi. Solo quando giunse all'altare, illuminato
dalle fiammelle tremolanti degli ultimi lumi votivi accesi dai
fedeli, vide la sagoma di un uomo seduto in prima fila. Ne scorgeva i
boccoli della parrucca, candidi di cipria, tra il tricorno ed il
bavero del mantello.
“Prego
accomodatevi, monsieur Grandier” disse questi, senza distogliere lo
sguardo dall'altare maggiore.
Andrè
si sedette nella panca accanto. Percepì un profumo noto, essenza di
agrumi e mirra dolce, l'opera di un profumiere abile come Fargeon*.
“A
cosa debbo l'onore di questo invito, conte di Caraman?” disse,
senza voltarsi.
* Profumiere personale di Maria Antonietta e di buona parte dell'aristocrazia di Versailles
Sorseggiava
la cioccolata che Marie le aveva premurosamente preparato, fissando
oltre il vetro del terrazzo, lungo la strada. Ma non vedeva alcun
movimento all'esterno, solo scie di nebbia che sospinte dalla brezza
del mare si diffondevano per le vie del quartiere, come dita
impalpabili che si allungavano, sfiorando i muri e le porte, per poi
dissolversi al calore delle torce che illuminavano la strada.
“Perchè
sostate qui, madame? Spostatevi in cucina, dove il camino è già
acceso, questa umidità non giova alla vostra salute”
La
raccomandazione di Cirillo non provocò in lei la minima reazione.
Rivolse invece lo sguardo alla pendola in bronzo dorato che
troneggiava su un tavolino alle sue spalle.
Stava
pensando che Andrè non era ancora rientrato, anche se la tipografia
era chiusa da almeno un paio d'ore, anche se ormai era buio. Lui
rientrava sempre prima, le tenebre accuivano le sue difficoltà con
la vista. E lei sentiva il pericolo, impalpabile ma reale, come la
foschia che avvolgeva le case ed la città, oltre quella vetrata.
“Non
siate preoccupata per Monsieur Grandier! E' vero, di solito a
quest'ora è già rincasato, ma c'è sicuramente una spiegazione alla
sua assenza. Forse ha trovato un amico, si è fermato in qualche
locanda, o aveva una commissione...Insomma, non significa che sia in
pericolo...” concluse, pentito di aver usato proprio quel termine.
“Andrè
è puntuale, consapevole dei limiti della sua vista, con questo
clima- intervenne Oscar, la voce ferma e lo sguardo fisso oltre il
vetro - e anche del fatto che un suo ritardo metterebbe in allarme
sua nonna..e me”
“Suvvia,
madame! Una donna razionale come voi!” la spronò l'uomo.
Oscar
bevve un sorso di cioccolata e non rispose. Capiva il pensiero di
Cirillo, concreto ed ancorato alla ragione. Ma sapeva che, a dispetto
della logica e del raziocinio, esisteva un universo di sensazioni ed
intuito, che poteva esprimersi attraverso “segni premonitori”, un
mondo sommerso, che sussisteva anche se trascurato. Fissò la tazza
che stringeva tra le mani, e ne ricordò un'altra, andata in frantumi
sotto il colpo di becco di un corvo nero, davanti ad un cielo
infuocato. Allora aveva avvertito il pericolo e lo aveva ignorato,
come un' improbabile suggestione. Ma nella notte che aveva fatto
seguito a quel tramonto, la sua vita e quella di Andrè erano
cambiate irrimediabilmente.
Cirillo
la raggiunse davanti alla finestra.
“Vado
a cercarlo” disse, prima di allontanarsi.
“No,
andrò io, con Gilbert.”
Oscar,
a un passo dalla porta, si voltò di scatto. Le parole del medico
suonavano come un ordine.
“Oggi
vi siete stancata anche troppo” continuò, assumendo un tono più
dolce.
“Vi
ringrazio, Monsieur Cirillo, ma...se Andrè avesse bisogno di
aiuto...” lasciò la frase sospesa, mentre estraeva
una pistola dal cassetto del suo secretaire di
mogano e la infilava nella cintola.
Sentì
il braccio dell'uomo posarsi sul suo.
“Non
è detto che Andrè abbia bisogno di quel genere di aiuto...e se sarà
necessario, verrò a chiamarvi. Ma per ora...restate qui. Date ai vostri
amici la possibilità di dimostrarsi tali”
Oscar
esitò un istante, poi richiuse il cassetto. Dopo una manciata di
minuti vide i due uomini dirigersi verso il centro della città.
C'era
una locanda, proprio a metà strada tra il porto e la tipografia,
dove Andrè si trovava spesso con Mossy, prima che lo arrestassero.
Nelle giornate fredde o piovose fungeva da luogo di incontro per
discutere degli articoli da pubblicare e per la consegna dei
manoscritti. Cirillo si diresse subito lì, nella speranza che Andrè
si fosse fermato a conversare con qualcuno e avesse perso la
cognizione del tempo.
Il
locale era affollato, da una parte uomini stanchi dopo una giornata
di duro lavoro, che convertivano parte della loro paga in un momento
di svago, prima di rientrare a casa, dall'altra giovani borghesi,
infervorati dalle idee rivoluzionarie, discutevano animatamente delle
ultime voci che circolavano in città. Tra i vari tavoli, si
muovevano, non senza difficoltà, i quattro figli del locandiere,
sollevando i vassoi sopra la testa per non urtare gli avventori.
Cirillo
si tolse il tricorno e rimase qualche istante all'ingresso, per
abituare la vista alla poca luce e all'aria pregna di fumo di tabacco
e di odore di cera bruciata. Quando intravide uno degli operai della
stamperia, lasciò Gilbert vicino all'uscio e si diresse deciso in
direzione del tavolo al quale era seduto. Il ragazzo lo vide chinarsi
e scambiare poche parole con l'uomo, poi tornò da lui.
Lo
vide voltarsi verso l'interno dell'osteria, prima di calarsi
nuovamente il cappello in testa, quasi a prendere tempo.
“Cosa
vi ha detto Monsieur Cirillo? Su, parlate!” lo esortò.
“Lo
hanno visto salire su di una carrozza, al termine della giornata di
lavoro...”
“Una
carrozza?” ripetè Gilbert, senza capire.
L'uomo
poggiò entrambe le mani sulle sue spalle.
“Ascolta...mi
è venuta un'idea...riguardo alla destinazione di Monsieur Grandier,
ma potrei sbagliarmi. E' meglio se ci dividiamo: tu rimani qui, alla
locanda, nel caso passasse di qui. Quando sentirai le campane
battere otto volte, fai ritorno a casa”
Lo
accompagnò al bancone e diede all'oste alcune monete.
“Una
birra per il mio giovane amico”disse, prima di dirigersi
all'uscita.
“Ma...monsieur
Cirillo, cosa devo dire a Oscar se dovessi rientrare da solo?”
“Questo
non accadrà, stai tranquillo”
Gilbert
avvertì urgenza nel tono di voce del medico e forse la volontà di
non esporlo al pericolo, ordinandogli di restare alla locanda.
Non
ebbe tempo di trovare ulteriori obiezioni: la porta si spalancò e in
un attimo Cirillo uscì e si avviò verso le luci del porto, a passo
spedito.
Caraman
sussultò visibilmente, all'udire il suo nome, mentre Andrè
sorrideva, nascosto dal buio. Pensava al vantaggio che in quella
circostanza gli veniva dall'essere stato l'attendente del comandante
delle Guardie Reali, a Versailles. In veste di semplice servitore,
passava inosservato, nessuno rammentava il suo nome o il suo volto,
mentre lui era tenuto a riconoscere tutti i membri dell'aristocrazia
che a vario titolo entravano nella vita dei sovrani, a rammentarne i
nomi, a individuarne la presenza in pochi attimi, spesso a
raccogliere informazioni su di loro.
Questa
posizione di svantaggio infastidì il comandante, che si voltò
stizzito verso di lui.
“Chi
diavolo siete? Come avete potuto riconoscermi?”
“Sono
un semplice cittadino, vostra signoria. E a Marsiglia chiunque
conosce il vostro nome”
“Già...ma
in pochi saprebbero riconoscermi, senza la divisa, alla fioca luce
delle candele...se non mi avessero già visto altrove!”
Andrè
tacque e l'uomo sospirò.
“Un
semplice cittadino, dite? Però vivete a Chateau Magenta, dove dimora
l'ex comandante delle Guardie Reali... che afferma di essere a
Marsiglia per motivi di salute. E questo spiegherebbe perchè la si
trovi spesso in compagnia di un noto archiatra italiano...”
Andrè
non fece alcun cenno di reazione alle sue parole.
Quindi
il vostro interesse è rivolto a lei...
L'uomo
riprese il discorso, con tono più pacato.
“Il
mio compito è quello di mettere insieme i tasselli di un mosaico
del quale, fino ad ora, non ho compreso il disegno. Da quando Oscar
Francoise de Jarajyes è arrivata in città, l'estate scorsa, ho
cercato conferme a quanto mi aveva riferito. Ma i suoi servitori non
si lasciano scucire nemmeno un pettegolezzo, ho dovuto trovare un
altro modo per ottenere informazioni e l'ho fatta seguire.”
Fece
una pausa, quasi si aspettasse un intervento da parte di Andrè.
“E
i miei uomini mi hanno riferito di passeggiate in riva al mare e di
una vita piuttosto ritirata, ben diversa da quella che conduceva a
Parigi. Certamente consona ad una persona malata, tuttavia...”
Attese
nuovamente una reazione, inutilmente.
“Tuttavia
si è trasferita a Marsiglia, una città che offre molte opportunità
ma che certamente non vanta un clima particolarmente salubre, atto a
migliorare una salute cagionevole. Vive in una dimora che le è stata
offerta dal sindaco, noto commerciante, a cui si è rivolta, non
appena giunta in città, invece di frequentare le famiglie
aristocratiche del luogo....”
“Continuo
a non comprendere perchè abbiate voluto incontrarmi, e perchè farlo
qui” lo interruppe Andrè.
“Perchè
voi siete il tassello mancante, monsieur Grandier. Vivete sotto lo
stesso tetto, ma non siete un servitore né un parente, non siete un
medico o un farmacista. Da qualche mese poi vi occupate della
tipografia di Mossy...”
Andrè
si irrigidì: nonostante la discrezione dei domestici e le
precauzioni che avevano sempre seguito, Caraman era riuscito a
scoprire molto, non abbastanza per mollare la presa su di loro.
Pensò
che forse la verità sarebbe stata la risposta migliore: non tanto su
ciò che faceva, ma su chi fosse lui, nella vita di Oscar.
“La
donna che avete fatto seguire è madame Grandier, mia moglie” disse
pacatamente.
Caraman
si voltò di scatto.
“Badate
a voi, monsieur Grandier, ad abusare della mia tolleranza! Se il
conte de Jarjayes vi sentisse parlare di lei in termini così
degradanti, vi farebbe saggiare la lama della sua spada!”
Andrè
si alzò e gli si mise innanzi.
“Correrò
questo rischio, conte di Caraman. Ma la persona di cui parlate ha
rinunciato al proprio titolo nobiliare e ha deciso di sposarsi per
amore. Lo so che può sembrare incredibile, lo penso spesso anch'io,
eppure è accaduto.”
Caraman
scoppiò a ridere, e il suono della sua risata rimbombò lungo le
volte della basilica.
“E
io che credevo fosse lei la penna che si firma Glacè Marron!”
Andrè
sentì un brivido di freddo all'udire quel nome.
“Un
giornalista diverso da tutti quelli che sono obbligato a leggere, che
ha fatto la sua comparsa sul Courier de Marseille
dall'estate scorsa, proprio come madamigella Oscar è comparsa in
città. Un giornalista che scrive con garbo, senza incitare alla
violenza, riportando sì le protratte inadempienze dei sovrani, ma
ricordando a tutti i lettori le origini tanto diverse del re e della
regina, la loro vita beata ma segregata, all'interno della mura di
Versailles, l'influenza nefasta di tanti approfittatori... Solo chi
abbia vissuto alla reggia, a lungo, può descrivere con tanta
famigliarità questi aspetti della condotta e del carattere dei
sovrani...”
“Perchè
vi interessa questo giornalista? Ha fatto qualcosa per cui merita di
essere arrestato?” chiese Andrè.
“No,
non avete capito. Le intenzioni di questo Glacè Marron non mi
riguardano: sono i piani del conte de Jarjayes che mi interessano. In
questa nostra società ci sono nobili che si spendono per la causa
rivoluzionaria...ed altri che rimangono fedeli alla nostra monarchia,
anche se dimostrano il contrario. I primi sono indegni, traditori del
loro stesso sangue, mentre i secondi...sono la speranza per la
Francia”
Andrè
si coprì il volto con le mani. Caraman non credeva ad una sola delle
sue parole: quando pensava ad Oscar rivedeva il comandante delle
Guardie Reali, come l'aveva conosciuta anni prima, durante i lavori
per restaurare il Petit Trianon...l'ombra di Maria Antonietta, fedele
alla sovrana, in qualsiasi caso. Pensava scrivesse sul Courier de
Marseille per portare avanti una campagna di informazione in
apparenza filorivoluzionaria, nella sostanza fedele alle ragioni
della monarchia. Era di questo che cercava conferme. Che Oscar fosse,
al di là della apparenze, schierata dalla sua stessa parte.
Si
alzò e si pose davanti al conte.
“Non
sono d'accordo con voi, conte di Caraman. In questa nostra società
coesistono molti pensieri e schieramenti, non c'è solo chi è a
favore o contrario alla monarchia. Per questo potete leggere parole
come quelle di Glacè Marron, ed altre più accese e violente.
Ma
la donna che voi vi ostinate a chiamare madamigella Oscar, non è da
tempo tra le Guardie Reali, ha lasciato l'esercito e la sua famiglia.
Lotta per un mondo equo, senza distinzioni di classe, a fianco di chi
vuole costruire una nuova società, quanto lo vuole lei.
E se
davvero vi interessa conoscere il giornalista che si firma Glacè
Marron...beh, l'avete davanti agli occhi”
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