Capitolo 17
La furia di Akenet
Akenet osservava Adel
esterrefatto. Nella sua lunga vita, nessuno aveva mai osato dargli
dello stronzo e men che meno dello stronzo totale. Per non parlare
del fatto che la demonietta aveva avuto il coraggio di sbattergli in
faccia la pura verità senza tanti giri di parole. Perché
in fondo, dentro di sé, Akenet sapeva che assassinare la
compagna umana di Azaele per rapire la creatura che ancora portava in
grembo, era una porcheria indicibile.
Allo stupore poi si
aggiunse la scoperta di non provare alcun desiderio di incenerirla.
Al contrario vederla tenergli testa con gli occhi fiammeggianti di
rabbia, il labbro inferiore spinto in fuori a formare un broncio
delizioso e le piccole mani strette a pugno, gli stava provocando un
inconsueto sfarfallio allo stomaco e l'irresistibile desiderio di
strapparsi di dosso i jeans, sdraiarla sul divano, riempirla di baci
e scoparla come se non ci fosse stato un domani, abbandonando al loro
destino Krastet, Zoel e l'Alfiere del male di cui in quel preciso
momento non poteva fregargliene di meno.
L'orgoglio di Arcidiavolo
però ebbe la meglio. «Ti
consiglio di uscire da qui prima che sia troppo tardi»
suggerì con una calma che spaventò Adel.
Ignara dei veri
sentimenti dell'Arcidiavolo la demonietta arretrò di un passo,
ma prima di arrendersi del tutto volle fare un ultimo tentativo per
convincere il suo superiore ad agire. «C'è
un'altra cosa che deve sapere.
I
demoni mandati da Krastet e Zoel sono comandati da uno dei suoi
utenti, l'inquisitore di nome Eymerich!»
Se Adel avesse lanciato
una bomba incendiaria sul basso elettrico di Akenet, probabilmente
avrebbe provocato una reazione solo di poco più furiosa: il
suo volto divenne terreo, gli occhi si strinsero fino a ridursi a due
lame rosse, le mani si trasformarono in artigli neri. «Cosa.
Stai. Dicendo?»
Sibilò con una voce demoniaca che Adel non gli aveva mai
sentito prima.
«È
la verità. Eowynziel era presente all'attacco e lo ha visto!»
Ribatté lei cercando di non abbassare lo sguardo, non era il
momento di mostrarsi impaurita o insicura
L'Arcidiavolo si alzò
dal divano, afferrò i suoi anfibi, li infilò, si
diresse con una calma solo apparente alla scrivania, accese il
portatile e cercò il nome dell'utente Eymerich sul gestionale
che controllava i movimenti dei dannati. Ci fu un attimo di
silenzio, poi emise un ringhio terrificante e con un gesto della mano
spalancò la porta d'ingresso.
«Seguimi!»
ruggì.
La demone non se lo fece
ripetere.
Akenet volò fino
alla posizione del dannato NE - 6.990.999.999, atterrò e
verificò attentamente il ghiaccio che ricopriva la prigione.
«È
recente… qualcuno ha sciolto il ghiaccio e richiuso dopo aver
fatto uscire Eymerich, e dal momento che non sono stato io, può
essere stato soltanto un altro!»
Sentenziò.
Adel provò un
brivido di paura, nel viso di Akenet si leggeva chiaramente il
tragico destino del demone idraulico.
#
Kafresh era intento a
mettere in ordine la grotta “magazzino utensili”, quando
sentì Akenet chiamare il suo nome. Uscì e nel vedere
l'Arcidiavolo precipitarsi su di lui, capì all'istante di
essere stato scoperto. Impallidì sentendosi perduto ma non
fuggì, nella speranza che non mostrarsi codardo lo avrebbe
aiutato a ottenere un minimo di pietà. Ma Akenet era troppo
furioso per apprezzare il moto d'orgoglio del demone idraulico, la
sua rabbia devastante travolse il povero Kafresh crocifiggendolo
contro il muro della grotta mentre tutte le sue attrezzature
prendevano fuoco in un turbinio di fiamme e scintille.
«Tu,
lurido traditore!»
ringhiò l'Arcidiavolo, fuori di sé dalla rabbia,
schioccando le dita e avvolgendo il demone in un fiotto di lava
infernale.
Kafresh urlò di
dolore e terrore mentre la lava bruciava ogni centimetro del suo
corpo.
Adel terrorizzata si
lanciò in mezzo al fuoco e si frappose tra il demone e Akenet.
«La
prego signore torturando Kafresh non otterrà nulla, a parte
farci arrivare in ritardo!»
Akenet che ancora non
ragionava, strinse il collo di Adel in una morsa terribile e senza
rendersene conto diede fuoco anche a lei.
Le urla di Adel si
unirono a quelle di Kafresh. «Mi
lasci Signore, mi sta uccidendo!»
Akenet a quelle parole
riprese il controllo di sé, le lasciò andare il collo e
spense le fiamme che la circondavano risanandola completamente.
Adel cadde a terra priva
di forze. L'arcidivolo, preoccupato, si inginocchiò davanti a
lei e le poggiò una mano sulla guancia rigata di lacrime. Si
sentiva terribilmente in colpa per aver perso il controllo al punto
di rischiare di ucciderla.
«Stai
bene?»
Domandò preoccupato.
Lei annuì, poi non
riuscendo più a sopportare i lamenti strazianti del collega,
cercò di riportarlo del tutto alla ragione. «Kafresh
era un buon guerriero. La imploro, Signore, gli permetta di riparare
al suo errore portandolo con noi. Farlo soffrire così, non ci
aiuterà a recuperare Eymerich!»
Forse furono le lacrime
di Adel, o forse la verità contenuta nelle sue parole o magari
entrambe le cose. Fatto sta che Kafresh si ritrovò
improvvisamente a terra, libero dal fuoco e dal dolore.
Akenet lo afferrò
per i capelli e lo tirò su avvicinando il suo volto a quello
pallido e terrorizzato del demone.
«Non
avrai un'altra possibilità, lo sai vero?»
«Si,
Signore!»
Akenet lo lasciò
andare.
«Muovetevi!»
Ordinò dirigendosi verso l'uscita della grotta senza riuscire
a guardare Adel negli occhi.
Kafresh le rivolse uno
sguardo grato. «Come
hai fatto?»
Sussurrò debolmente.
«Non
lo so. A volte mi ascolta!»
rispose lei ancora pallida.
#
Azaele era molto
preoccupato per Alba che cominciava ad essere stanca, era evidente
dalle palle di fuoco che lanciava contro i demoni ormai diminuite sia
di grandezza che di potenza. Anche la sua mira era peggiorata e a
causa di questo era stata costretta a salire sopra le mura del
fortino di roccia improvvisato da Azaele, uscendo pericolosamente
allo scoperto pur di continuare a colpire i nemici che non sembravano
ancora stufi di attaccarli malgrado continuassero ad essere respinti.
Anche lui era
notevolmente stanco perché, oltre a difendere se stesso, più
di una volta era dovuto intervenire per allontanare i demoni che
cercavano di sorprendere Michele alle spalle. Quei codardi lo
attaccavano sempre in due o tre contemporaneamente e l'angelo ormai
iniziava a dare segni di cedimento.
Quanto a Sakmeel, era
stato ferito e anche se riusciva ancora a tenere in mano la spada,
non era più in grado di combattere come prima.
Azaele prese in
considerazione l'idea di sorprendere il nemico tentando una sortita
dal fortino di pietra e stava per comunicare la sua decisione a
Michele quando la situazione precipitò di colpo. I demoni,
obbedendo a un ordine dell'incappucciato, si riunirono e attaccarono
Alba tutti insieme circondandola prima che Azaele, Michele e Sakmeel
avessero il tempo di impedirlo.
Azaele si lanciò
in difesa di Alba, ma fu spinto contro le rocce da un turbine di
fuoco e fiamme che tranciò in due il piccolo esercito di
demoni e raggiunse Alba in meno di un secondo.
La giovane strega
scomparve tra le ali di un demone alto, nero e furibondo che Azaele
riconobbe immediatamente. «Ohmmerda,
quello
è...».
Una mano lo trattenne
stringendogli una spalla. «Non
aver paura per lei, ora ci pensa Akenet»
cercò di rassicurarlo Adel.
Azaele però non si
sentiva affatto rassicurato dall'idea della sua ragazza stretta tra
gli artigli di uno degli Arcidiavoli più forti dell'Inferno.
#
Alba non si accorse di
Akenet finché non si ritrovò stretta in mezzo alle sue
ali e con un artiglio nero che le copriva la pancia. Per un attimo
il pensiero che le avrebbe squarciato il ventre la terrorizzò
e provò a divincolarsi.
Il demone la strinse più
forte, facendo attenzione a non far male né a lei né
alla creatura che aveva dentro di sé. «Stai
calma!» le ordinò
con un tono di voce fermo e tutto sommato rassicurante, poi ruggì
degli ordini in una lingua incomprensibile. I demoni interruppero
l'attacco confusi e indecisi.
L'incappucciato imprecò
contro di loro e frustò il cavallo con cattiveria per
spingerlo ad avvicinarsi alle rocce in modo da trovarsi di fronte
all'Arcidiavolo.
«Come
osi proteggere la strega e il suo abominio? Lasciala andare
immediatamente, ho ordini precisi da parte di Krastet e Zoel: la
strega deve morire!».
Akenet si fece una
risata. «Come
al solito non hai capito niente, Eymerich! Io, sono l'Arcidiavolo
Responsabile del Nono girone, quello più vicino a Lucifero.
Questo significa che dopo di lui, sono il più alto in comando,
per cui me ne sbatto altamente di quello che ti hanno ordinato quei
due imbecilli. Ti è chiaro?»
I demoni neri
circondarono silenziosamente Eymerich.
«Mi
è chiaro il motivo per cui sei al comando del Nono girone: non
solo sei un traditore di Dio, ma anche dei tuoi simili! E ora
spostati e fammi portare a termine la missione!»
osò replicare Eymerich per nulla impressionato.
«Fottiti,
merda umana, e la prossima volta ricordati che è proibito
chiamarLo in causa invano!»
Rispose
Akenet schioccando le dita e dandogli fuoco.
Il cavallo nero,
terrorizzato malgrado il fuoco l'avesse risparmiato, si imbizzarrì
disarcionando l'inquisitore che rotolò a terra. I demoni si
gettarono su di lui cercando inutilmente di spegnere le fiamme che lo
stavano divorando. In quel momento si aprì una voragine
infernale che permise loro di fuggire portandosi dietro l'inquisitore
e sparendo alla vista di Akenet.
Un istante dopo un lampo
di luce angelica trafisse la spalla sinistra dell'Arcidiavolo
facendolo urlare di dolore.
Akenet lasciò
andare Alba e prima di riuscire a capire come fosse potuto succedere,
si ritrovò inchiodato a terra da un ginocchio di Gabriel che
gli premeva sullo sterno. L'arcangelo sguainò la spada e
gliela puntò alla gola.
«Non
fare niente di stupido, vorrei evitare di staccarti la testa, se
possibile!»
Akenet era un guerriero
di grande esperienza e sapeva valutare quando era il momento di
arrendersi. Malgrado il dolore lancinante e l'orgoglio ferito per
essersi fatto prendere di sorpresa, allargò le braccia in
segno di resa .
«Sei stato
scorretto a usare il fascio di luce angelica» polemizzò
notando che gli occhi dorati dell'Arcangelo brillavano ancora di una
luce innaturale.
Gabriel si strinse nelle
spalle. «Se è per questo, tu sei stato molto più
scorretto ad attaccare un'umana in attesa di un bambino».
Adel atterrò
dietro Akenet e si inginocchiò di fronte a Gabriel. «La
prego Signore, non lo uccida! Non volevamo fare del male ad Alba,
volevamo aiutarvi a proteggerla!»
«È
vero?»
domandò Gabriel.
«No,
volevo solo recuperare il mio dannato!»
ammise Akenet.
Adel si sentì
morire, possibile che il suo capo dovesse essere sempre così
cocciuto e orgoglioso?
Fortunatamente Gabriel
apprezzò la sincerità della risposta. «Bé,
almeno sei onesto!»
L'Arcidiavolo sbuffò,
la ferita gli faceva molto male e si sentiva sempre più
debole. «Comunque,
grazie
a te e al tuo intervento a gamba tesa, quello stronzo è
riuscito a scappare».
«Sai
com'è, avevi un artiglio sulla pancia di mia nuora…»
«Se
avessi voluto ammazzarla adesso non se ne starebbe lì a
guardarci, non credi?»
rispose l'Arcidiavolo indicando Alba che nel frattempo si era
avvicinata ad Adel, seguita da Azaele, Michele e uno stremato
Sakmeel.
«Indubbiamente.
Però ti faccio notare che quando sono arrivato, i demoni
mandati da Krastet e Zoel erano già spariti dentro la voragine
infernale. Per questo ti ho attaccato, pensavo che stessi per
lanciarti dentro anche tu per portarti via Alba».
«Stai dicendo che
neanche loro ti avevano visto? Allora è peggio di quello che
credevo...» mormorò Akenet perdendo i sensi.
«Oh, no! La prego
non muoia, Signore!» Si disperò Adel vedendo il corpo
immobile del suo responsabile.
Gabriel rinfoderò
la spada e le poggiò una mano sulla testa. «Non
preoccuparti, è solo svenuto per la ferita alla spalla, non mi
piace ammazzare la gente a tradimento, neanche un Arcidiavolo».
Adel scoppiò in un
pianto dirotto. «Mi dispiace tanto, chiedo scusa a tutti per
non avervi detto la verità su di me e per avervi spiato tutti
questi mesi, sono stata inqualificabile e disonesta. Però vi
posso giurare che Akenet, anche se non lo ammetterà mai,
voleva davvero proteggere Alba. Lui non c'entra con il piano orribile
di Krastet e Zoel».
Alba si dispiacque nel
vedere Adel così affranta, si avvicinò e le passò
un braccio intorno alle spalle. «Non
piangere, in fondo stavi solo facendo il tuo lavoro e poi è
vero che Akenet mi ha protetto, avrebbe potuto uccidermi facilmente,
invece è stato addirittura molto attento a non ferirmi».
La demone la abbracciò
grata, ma non riuscì a smettere di singhiozzare.
Azaele si avvicinò
e cercò di consolarla anche lui. «Dai, Adel, calmati. In
fondo dobbiamo ringraziarti, se non avessi lavorato per Akenet, non
avresti potuto avvertirlo di quello che stava succedendo, lui non
sarebbe potuto intervenire e probabilmente mio padre non sarebbe
arrivato in tempo per evitare il peggio!»
Gabriel lo guardò
un po' offeso e avrebbe voluto fornire la sua opinione, riguardo al
suo presunto ritardo, ma Azaele gli fece un cenno come dire «E
dai, papà!»
L'Arcangelo alzò
un sopracciglio e rispose altrettanto silenziosamente con
un'espressione che significava «E va bene, sto zitto, ma solo
perché sta piangendo!»
Il cellulare di Michele
squillò, facendo sobbalzare un po' tutti. L'angelo rispose e
subito la sua espressione si fece preoccupata. Appena chiusa la
telefonata spiegò che Sael, Razel e gli altri li aspettavano
al Bad & Breakfast, e che era il caso di sbrigarsi a raggiungerli
perché non solo Sakmeel e Akenet avevano bisogno di cure, ma
nessuno, nemmeno Aurora, era riuscito a contattare Safet che sembrava
sparito nel nulla.
«Che significa
sparito nel nulla?» domandò Gabriel preoccupato per il
suo migliore amico.
«Non ne ho idea, so
solo che il suo cellulare è muto e che Aurora è molto
preoccupata. A quanto pare ieri sera Safet le ha detto che doveva
tornare urgentemente all'Inferno, ma che avrebbe cercato di rientrare
entro stanotte e invece da allora non lo ha più sentito!»
«Merda, non mi
piace affatto!» commentò Azaele.
«Neanche a me.
Michele ha ragione, muoviamoci!» Li esortò Gabriel,
prendendo tra le braccia Akenet, ancora svenuto, e innalzandosi in
volo seguito da tutti gli altri, compreso Kafresh che si era tenuto
in disparte fin dal momento in cui aveva incrociato Michele e al
primo accenno di attacco da parte dell'angelo si era limitato ad
alzare le mani e arrendersi senza fiatare.
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Renzo Galletti era stato
accompagnato da misteriose visioni fin dai primi mesi di vita, quando
se ne stava a fissare il nulla e poi rideva oppure piangeva a seconda
di ciò che gli appariva davanti.
I suoi genitori però
avevano cominciato a preoccuparsi seriamente per quello strano
comportamento solo quando intorno ai cinque anni, aveva iniziato a
raccontare gli eventi di una vita passata in cui un altro papà,
molto cattivo, aveva venduto sua mamma e sua sorella a degli uomini
crudeli e lui aveva deciso di abbandonarlo al suo destino per
cercare fortuna in giro per l'Italia.
La loro preoccupazione
era aumentata quando, mentre passeggiavano per Roma, aveva iniziato a
fare strane domande tipo se avevano notato quei buffi mostri che
sporgevano dalle chiese, prendere vita e chiacchierare tra loro.
Alla fine era stato
mandato da uno psichiatra e aveva capito, a sue spese, che era meglio
tenere per sé sia le visioni che i ricordi di quella vita
passata estremante avventurosa. Dedicarsi allo sport lo aveva aiutato
a focalizzarsi su obiettivi concreti e a relegare in un angolo della
mente le sue “stranezze” riuscendo a convincere i suoi
genitori di essere guarito.
Non aveva più
parlato con nessuno delle sue esperienze fino a quando aveva
conosciuto sua moglie, l'unica persona alla quale si era fidato di
raccontare che in realtà le visioni non lo avevano mai
abbandonato del tutto. Quando lei era stata sconfitta dalla malattia
però, il dolore era stato così grande che ogni altra
cosa era passata in secondo piano fino a quando aveva compreso che
malgrado lei gli mancasse come l'aria, doveva cercare di ricostruire
la sua esistenza, un pezzo alla volta. E così, esattamente
come quando si era dedicato alla pallanuoto, aveva nuovamente messo
da parte quel lato di se così difficile da gestire.
E c'era riuscito
abbastanza bene, almeno finché non aveva iniziato a fare
amicizia con Alba. Da quel momento infatti, i ricordi della vita
passata erano tornati a fargli visita con la frequenza di un tempo e
con essi le visioni.
Come per esempio quella
in cui poco lontano dal Bad & Breakfast, delle enormi palle di
fuoco si innalzavano da dietro la collina per poi scoppiare
accompagnate da enormi boati.
Renzo diede un'occhiata a
sua sorella, che era impegnata a pulire il pavimento della sala da
pranzo e non sembrava essersi accorta di nulla.
«Senti, Chiara.
Perché non vai adesso a Roma, a fare la spesa? Ci penso io ai
Clienti» le propose, convinto che fosse meglio mandarla il più
lontano possibile.
Lei
approvò subito. «Va, bene. Mi sembra un'ottima idea. Io
sono più brava a fare la spesa e tu a gestire gli ospiti!»
Stava accendendo la macchina quando vide Yetunde e le altre ospiti
correre a perdifiato lungo uno dei sentieri che portavano al Bed &
Breakfast. «Certo che a volte i clienti sono strani, va bene
fare un po' di movimento, ma mettersi a correre in quel modo subito
dopo colazione non mi sembra tanto salutare» gridò a
Renzo ridendo.
Lui
sorrise e la salutò con finta noncuranza. Aspettò che
gli amici di Azaele raggiungessero il portico e si fermassero a
respirare, quindi uscì e incrociando le braccia domandò
con tono deciso. «Ok, adesso spiegatemi che cazzo sta
succedendo dietro quella collina, e non voglio vedere facce
fintamente sorprese né sentire risposte tipo: Perché
cosa sta succedendo?
Chiaro?»
Yetunde scambiò
una sguardo con Elena e disse ansimando come un mantice «A te
l'onore».
Elena sbuffò
imbarazzata. «Bè... ecco... Ma tu esattamente cosa
vedi?» domandò senza accorgersi che una panda 4X4 era
entrata nel parcheggio del Bed & Breakfast.
«Delle enormi palle
di fuoco che esplodono dietro la collina e una signora di circa
sessant'anni che è appena scesa da una Panda, accompagnata da
tre demoni di cui due dai capelli rossi e uno completamente nero!»
rispose lui.
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