Capitolo 18
I figli degli Arcangeli
Alissa, bianca come un lenzuolo, osservava le ali e le
aureole spezzate di Razel e Sael, che vista la situazione avevano
reputato inutile nascondere la loro natura demoniaca.
Razel raggiunse Elena e dopo averla baciata sulla
guancia domandò «Siamo arrivati prima possibile, mi
spiace. So' dietro quella collina vero? Quanti so'?»
Improvvisamente si sentì un rombo e alle spalle
di Razel passò una fiammata rossa.
«Che caspita era quella?» Domandò
Renzo.
«Quella, cosa?» Chiesero Razel e Sael
voltandosi.
«Quella specie di cometa!» rispose Renzo.
«'Na cometa come n'Arcidiavolo incazzato che fa
fuoco e fiamme o come n'Arcangelo de luce? Spiegate meglio, umano!»
«Direi più come un Arcidiavolo incazzato
che fa fuoco e fiamme, per quanto non abbia idea di come sia un
Arcangelo di luce!»
Sael impallidì. «Doveva essere Akenet,
dobbiamo andare Razel, la situazione sta diventando sempre più
pericolosa e non possiamo contare né su mio padre, né
su Gabriel!»
Le sue parole furono seguite da un'enorme fiammata che
si innalzò dietro la collina.
«Mecojoni!» Esclamò Razel
preparandosi a volare in aiuto di Alba e Azaele.
«Potremmo sapere chi siete?» domandò
Yetunde.
«Amici di Alba e Aza, state tranquilli!»
cercò di rassicurarlo Sael aprendo le ali anche lui.
«Ma è vero! Tu sei l'amico di Aza che
abbiamo conosciuto a Roma anni fa, quello che lo aveva aiutato a
rubare il pallone autografato da Gattuso!» Lo riconobbe
Catherine entusiasta.
Sael sudò freddo e si allargò il colletto
della camicia con l'indice della mano destra. «Non era andata
esattamente così!» cercò di giustificarsi.
Razel gli poggiò una manona sulla spalla. «Sono
sicuro che dopo avrai modo de spiegarmi come è andata
“esattamente”» disse con un sorriso minaccioso e
una voce melliflua, «adesso però sbrighiamose a
raggiungere Alba e il riccioletto, sperando di non trovare solo la
loro cenere. Per quanto nun creda che Akenet arrivi ad ammazzare
un'umana che aspetta un bambino, quella fiammata infernale nun m'è
piaciuta per niente»
Sael impallidì al pensiero di quello che
avrebbero potuto trovare al di là della collina.
«Scusa, per caso quando parlavi di un Arcangelo di
luce ti riferivi a quello?» Intervenne ancora Renzo indicando
una sorta di cometa luminosissima che si stava avvicinando
velocemente e dalla quale uscì un potentissimo fascio di luce
bianca a cui seguì un silenzio irreale.
«Direi proprio di sì» annuì
Razel lasciando andare la spalla di Sael che sospirò di
sollievo. «Non poteva essere che Gabriel. Me sa che la
battaglia è finita»
«Sael, prova a chiamare Michele. Se ti risponde,
chiedigli se per caso tuo padre è già lì con
loro» chiese Aurora. Un leggero tremito nella sua voce faceva
intuire la preoccupazione dell'anziana professoressa.
Alissa si rivolse a Yetunde «Suo, padre?»
Yetunde allargò le braccia in un gesto perplesso
mentre Sael componeva il numero di Michele sul cellulare.
Il demone attese con ansia alcuni squilli e poi rispose
sollevato. «Michele, grazie al cielo, state tutti bene? Come
ferito, ma è grave? Ah, ok, meno male. Noi siamo appena
arrivati all'agriturismo; per caso papà è lì con
voi? Merda, è sparito da ieri sera. Ha detto ad Aurora che era
stato richiamato giù con urgenza, ma che sarebbe rientrato
entro la notte e invece non si è più sentito. Aurora è
preoccupata e anche io. Ok, vi aspettiamo».
Sael chiuse la telefonata e scambiò uno sguardo
preoccupato con Aurora. La professoressa stava cercando di mantenere
il controllo, ma i suoi occhi erano lucidi e il viso era teso e
pallido.
Elena la abbracciò e Razel cercò di
consolarla. «Qualunque cosa sia successa, ammesso che sia
successo qualcosa, ricordati che Safet un tempo era un Arcangelo e
pure molto forte. Sa badare a sé stesso e non è così
facile metterlo al tappeto. In ogni modo appena Gabriel e gli altri
arrivano, ci organizziamo pe' anna' a cercarlo e riportarlo qua.
Tranquilla, al posto tuo me preoccuperei di più per chi ha
organizzato la trappola. Nun so se me spiego!» Concluse
intrecciando gli artigli e facendoli schioccare tra loro con uno
sguardo rosso e omicida.
«Forse Akenet e Adel sanno qualcosa, possiamo
chiedere a loro!» disse Sael speranzoso.
«Akenet sta venendo qui con loro?» domandò
Razel.
«Bé, a dire il vero credo lo stia portando
Gabriel. Lo ha abbattuto con quel raggio di luce che abbiamo visto
poco fa, pare che sia svenuto».
«Francamente, nun me sembra una grande idea
portarlo qui. Ha un piccolo problema di gestione della rabbia quel
ragazzo e nun credo proprio che dopo essere stato abbattuto, se
sveglierà con l'umore de Cenerentola de Disney!»
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Qualche minuto dopo erano tutti riuniti nella camera
dove Gabriel aveva portato Akenet, ancora privo di sensi.
L'arcidiavolo era adagiato su un letto matrimoniale e Catherine era
impegnata a curargli la spalla ferita.
Poggiato ad una scrivania, Yetunde osservava ammirato
Gabriel che aveva ancora gli occhi dorati e indossava l'armatura di
titanio. Alla fine non resistendo più domandò. «Quindi
lei è davvero l'Arcangelo Gabriel, cioè proprio
quello?»
«Esatto» rispose l'arcangelo distrattamente,
mentre in piedi e a pochi passi dal letto era intento a scrutare le
reazioni di Akenet. Era preoccupato che si potesse svegliare
all'improvviso e interpretare male la situazione. O per lo meno…
Peggio di quel che era, considerando che era stato sconfitto e preso
prigioniero.
«Ed è anche il padre di Azaele?»
«Mh, mh!»
«Scusi ma suo padre invece chi è?»
domandò Alissa a sua volta.
Gabriel si voltò leggermente e le regalò
uno sguardo dorato che esprimeva chiaramente quanto trovasse idiota
la domanda. Alissa arrossì d'imbarazzo. «Mi scusi, ma
non è che siamo abituati a incontrare Arcangeli ogni fine
settimana!»
Gabriel ridacchiò divertito; la risata gli morì
in gola quando Akenet aprì gli occhi e con uno scatto felino
afferrò il collo di Catherine.
«La stava aiutando signore!» Intervenne
Adel, poggiandogli una mano sulla spalla sana, prima che qualcuno
potesse farsi male. Seduta sul letto a gambe incrociate, anche lei si
era preparata a fermare una probabile reazione violenta da parte
dell’Arcidiavolo.
Akenet emise un gemito di dolore, lasciò il collo
di Catherine e le disse qualcosa in una lingua a lei sconosciuta.
«Mi scusi, Signor Arcidiavolo, ma non la capisco!»
Aenet si rivolse di nuovo a Catherine, questa volta in
italiano. «Ti ho detto grazie, umana!»
Lei ne rimase sorpresa.
Akenet se ne accorse e mugugnò. «E allora?
Sono un Arcidiavolo, mica un buzzurro!»
«Non ho detto nulla!» replicò lei
sorridendo conciliante. «Ora però è meglio che si
riposi, ha perso molto sangue!»
L'Arcidiavolo si guardò intorno e con rammarico
constatò che sia lui che Adel erano stati presi prigionieri.
«State bene?» domandò ad Adel
ricordandosi che con loro c'era anche Kafresh.
«Si, Signore!» rispose lei indicando il
demone idraulico. Akenet gli lanciò un'occhiata e il demone,
seduto un po' in disparte, gli fece un cenno di saluto con la mano.
L'Arcidiavolo annuì e poggiò la testa sui
cuscini.
«Signore, lei per caso sa dove si trova Safet, il
supervisore di Azaele?« domandò Sael preoccupato.
Akenet sbuffò. «Lo so chi è Safet e
comunque perché cazzo dovrei sapere dov'è tuo padre?»
Sael spalancò gli occhi per la sorpresa, non aveva idea che
Akenet sapesse del suo legame di parentela con Safet.
«Non riusciamo a contattarlo da ieri sera. Kenni,
sei sicuro di non aver niente a che fare con la sua sparizione?»
domandò Gabriel.
Akenet lo guardò con gli occhi velati dal dolore
e rispose debolmente. «Non rompere, zio Gabriel, lasciami
riposare!» Dopodiché svenne di nuovo.
Adel rispose per lui. «Mi dispiace, ma ha detto la
verità, qualunque cosa sia successo a Lord Safet, lui non
c'entra. Credo che sia tutto frutto del piano di Krastet e Zoel!»
Gabriel sospirò preoccupato poi si accorse che
gli sguardi di tutti erano rivolti verso di lui.
«Bé, che c'è?» domandò
imbarazzato.
«Kenni, zio Gabriel?» Chiese Azaele
perplesso.
L'Arcangelo sbatté le ali imbarazzato prendendo
in pieno un tavolino del 1600 su cui era poggiato un grazioso vaso di
terracotta realizzato a mano da una nota artista del luogo. Il vaso
decise di approfittarne per alzarsi in volo e visitare il lato
opposto della stanza. Il suo afflato di libertà però si
frantumò contro il muro. I bellissimi fiori che conteneva, i
cocci di terracotta e l'acqua, si sparsero per tutto il pavimento.
Renzo osservò costernato il disastro «Mia
sorella mi ammazzerà»
«Chiedo scusa, metto subito tutto a posto»
rispose l'Arcangelo alzando come al solito indice e medio della mano
destra e rimettendo tutto in ordine.
«Papà, mi spieghi cosa intendeva Akenet con
“zio Gabriel” e poi cos'era quel Kenni?» insistette
Azaele.
«Ecco…» borbottò suo padre.
«Intendeva che i sette guerrieri so' nati tutti
insieme da una mano del padre e quindi si considerano fratelli»
rispose per lui Razel.
«Stai dicendo che praticamente siamo cugini e che
oltretutto Akenet ha sempre saputo di essere un nato pure lui?»
disse Azaele.
«Esattamente…» rispose Gabriel a
disagio.
«E come fa a sapere di essere figlio di uno dei
sette Guerrieri? Insomma perché a lui lo avete detto e a me,
no?» lo incalzò nervosamente Azaele.
«Non è andata così, ranocchietto»
sospirò suo padre.
«Be, e allora perché non ci racconti com'è
andata?» Rispose Azaele piuttosto irritato.
Tutti si accomodarono per sentire la storia, tranne
Razel, che già sapeva tutto e incrociò le braccia
sospirando anche lui. «Famo 'na cosa veloce, so' preoccupato
per Safet».
Gabriel gli fece un cenno di assenso e si sedette sul
letto accanto a suo nipote. «Akenet è il più
grande di tutti voi, Aza; vi ha visti nascere, ma non ha mai saputo a
chi siete stati affidati. Ed è anche l'unico ad aver vissuto
abbastanza a lungo con i suoi genitori da non aver dimenticato chi
fossero».
«Ha sempre saputo chi sono i suoi genitori?»
esclamò Sael esterrefatto.
Gabriel annuì rattristato.
«Papà, ma è una cosa terribile!»
esclamò Azaele sconvolto.
«Credi che non lo sappia?» Rispose affranto
Gabriel «Io e tua madre abbiamo cercato in tutti i modi di
convincere i suoi genitori a non abbandonarlo, ma loro non vollero
sentire ragioni. Dissero che non sarebbe stato corretto verso i nuovi
nati e che secondo loro Akenet non ne avrebbe sofferto perché
la tutrice che avevano scelto era molto in gamba e dolce. Ovviamente
non fu così; Akenet non li ha mai perdonati per averlo
abbandonato in quel modo. Io, Galadriel e Safet abbiamo cercato di
stargli vicino e anche la sua tutrice ha cercato in tutti i modi di
aiutarlo ma non è servito a nulla, è cresciuto pieno
di rabbia e di rancore. Per questo si è schierato con i
ribelli».
«Se poi aggiungiamo il problema della "sorellina"…
» intervenne Razel.
«Aveva anche una sorellina?» Domandò
sorpresa Adel.
«No, era solo la più piccola dei nati.
Akenet essendo il più grande, faceva da baby sitter un po' a
tutti loro, quando noi eravamo troppo impegnati con il lavoro. Alla
più piccola si era legato in modo particolare e la considerava
una sorellina, per quanto non avessero un vero legame di parentela. Quando fu votato di affidarvi a dei tutori, chiese di poter fare da tutore alla "sorellina", ma siccome le identità di tutti i nati dovevano rimanere segrete, gli fu negato anche queso. Lui prese quel rifiuto molto, molto male.».
«Scusate, non capisco, se tutti i nati sono stati
affidati a dei tutori, non era ovvio che fossero vostri figli? Voglio
dire, se solo loro sono stati “bambini” e poi sono stati
affidati ad un tutore, come poteva essere possibile nascondere le
loro identità?» domandò Catherine perplessa.
«Chi ha detto, che solo i nati fossero affidati a
dei tutori?» Rispose un po' irritato Razel. «Ragazza, in
Paradiso non c'erano genitori prima che fosse data la possibilità
di avere figli a noi Arcangeli! Ogni volta che il Padre creava dei
putti, li affidava a degli angeli più maturi».
Catherine stava per fare un'altra domanda, ma Gabriel la
precedette. «Noi sette fratelli della mano destra e subito dopo
gli altri dieci Arcangeli, tra cui Safael, siamo stati creati già adulti, per quanto giovani. Quindi i primi ad assumere il ruolo di tutori per i putti creati dal padre, siamo stati noi. Poi quando ci sono stati abbastanza angeli minori "maturi", il compito di fare i tutori dei nuovi putti è passato a loro. Successivamente il Padre ha pensato di dare a noi Arcangeli la possibilità di avere dei figli nostri!»
«E se devo dì, l'avete sprecata…»
Intervenne Razel, «per cui nun è che Akenet abbia avuto
tanto torto a incazzarsi, se poi ci aggiungiamo che nun gli è
stato concesso nemmeno di occuparsi della “sorellina” e che alla fine chi l’ha fatto precipitare giù è stata… »
«Ora basta, Razel!» Lo fermò Gabriel,
con gli occhi lucidi. «Abbiamo già detto anche troppo.
Non abbiamo il diritto di raccontare il passato doloroso di Akenet
senza il suo permesso» lo interruppe Gabriel.
«Lei gli vuole bene! Ecco perché prima non
l'ha ammazzato malgrado avrebbe potuto farlo facilmente!»
esclamò stupito Kafresh.
«È mio nipote, certo che gli voglio bene!»
rispose Gabriel dando una pacchetta affettuosa su una gamba di
Akenet. Poi scrutò Kafresh rendendosi conto solo in quel
momento che non aveva idea di chi fosse né di come fosse
arrivato tra loro, quel demone dai capelli castani con le meshes
bionde naturali e gli occhi azzurro chiaro. «E tu da dove salti
fuori?»
Kafresh alzò le mani «Sono arrivato con
Akenet e non ho intenzioni ostili».
«Lo spero per te, come ti chiami?»
«Kafresh, Signore, sono il demone idraulico del
nono Girone»
«Ma veramente all'inferno c'è bisogno
dell'idraulico?» Domandò Alissa incredula.
«Il fiume Cocito, quando si riversa nel Nono
girone, deve ghiacciare per poter formare il
Lago Cocito che deve essere mantenuto
costantemente alla temperatura di 0 C°, quindi vedi tu se serve
un esperto in materia!» Rispose Kafresh con un certo orgoglio.
«Scusate, ma dove sono finiti Azaele, Yetunde e
Michele?» Domandò improvvisamente Alba. Alla domanda
seguì un momento di silenzio in cui tutti si guardarono
intorno. Effettivamente erano spariti tutti e tre.
«Temo di immaginarlo… e la cosa non mi
piace per nulla!» sospirò Gabriel preoccupato.
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Azaele si sporse sulla voragine dentro la quale erano
saltati i demoni portando con loro Eymerich. Al suo fianco Yetunde
osservava perplesso il cratere.
«Non sono sicuro che sia una buona idea. E se la
voragine si chiude mentre siamo laggiù?»
«Ma no, tranquillo, se non si è chiusa
finora, non si chiude più»
«Ma come fai a esserne così sicuro?»
domandò il ragazzo poco convinto.
«Perché sono un diavolo infernale, mi
sembra ovvio!» Rispose Azaele.
«Scusa ma non potevi chiedere a Michele?»
«Assolutamente no, sarebbe troppo pericoloso per
lui. Agli angeli è proibito entrare all'Inferno».
«E invece agli umani è permesso?»
domandò, polemico, l’amico.
«Bé, Dante ci è entrato no?»
Rispose il demone.
«Dai muoviamoci!»
«Aza, non pensarci neppure per un istante, sei
impazzito?» Lo fermò Michele sbucando da dietro le
rocce.
«Michele, per favore, sono preoccupato per Safet!»
«Siamo tutti preoccupati per Safet, ma agire in
modo irrazionale non aiuterà a risolvere le cose. E ancora
meno coinvolgere un umano nei tuoi piani demenziali!»
«Ecco, diglielo anche tu che non ha senso che io
vada laggiù solo per essere sicuri che mi possa chiamare con
il suo cellulare! Posso benissimo rimanere vicino alla voragine!»
Azaele alzò gli occhi al cielo. «Ti ho già
spiegato che il cellulare prende pochissimo giù all’Inferno
e se rimani fuori ho paura di perdere il contatto; se ho bisogno di
rinforzi poi come faccio a chiamarvi?»
«E prima come facevi, scusa?»
«E che palle, Yet! Stai diventando peggio di
Catherine con queste domande! Prima non mi ero mai posto il problema
perché non avevo una fidanzata umana in attesa di un figlio e
il supervisore nella merda fino al collo, ok?»
Yetunde si sentì in colpa. «Scusa, hai
ragione, tu mi hai sempre aiutato senza pensarci nemmeo un istante!»
«Ecco, appunto!»
«Azaele, per favore, ti rendi conto di quanto sia
assurdo e pericoloso questo piano? Non puoi andare da solo
all’Inferno a cercare Safet!» intervenne Michele nella
speranza di far ragionare l’amico.
«Perché dovrebbe essere pericoloso, scusa,
ci vado tutti i giorni, non so se te lo ricordi ma io lavoro lì!»
«Santa pazienza, Aza! Ti rendi conto che da oggi è
tutto cambiato? Non è più sicuro per te andare laggiù,
da solo!»
«Oh, basta Michele, io vado. Yetunde tu fai come
ti pare!» Tagliò corto il demone lanciandosi nella
voragine.
Yetunde dopo un primo momento di esitazione si sporse e
chiamò Azaele «Ma dove vai, devo scendere anche io!»
Azaele tornò indietro e gli strinse una mano per
portarlo giù con sé. Michele lo afferrò e il
demone sbatté le ali per liberarsi dando uno strattone così
forte da far perdere l’equilibrio a entrambi e farli
precipitare dentro la voragine. Yetunde, che stringeva ancora la mano
di Azaele, fu trascinato con loro nella caduta. Tutti e tre
rotolarono disordinatamente lungo un pendio particolarmente scosceso.
La loro caduta terminò su una piccola una spianata al limite
di uno burrone di cui non si vedeva il fondo.
«Santo Cielo, ci siamo fermati appena in tempo!»
balbettò Yetunde osservando lo strapiombo sotto di lui.
Michele si alzò dolorante e aprì le ali
per tornare in superficie. Ma proprio in quell’istante la terra
tremò e sopra di loro la voragine si chiuse con un rombo
assordante, lasciandoli completamente immersi nel buio.
«Ops!» commento Azaele.
«Adesso si che ci hai messo nella merda, Aza!»
Si lamentò Michele sconsolato.
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