Challenge
1st April - sfida mensile - indetta dal gruppo FaceBook “Non solo Sherlock - gruppo
eventi multifandom”
7°
entries
Genere:
introspettivo
Tipo:
flash-fic
Personaggi:
Tooru Oikawa
Rating:
PG, verde
Avvertimenti:
slice of life, malinconico
PoV:
prima persona
Spoiler:
sì, post time skip
Disclaimers:
i personaggi non sono miei, ma di Haruichi Furudate. I personaggi e gli eventi
in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.
Io, Tooru
(7° pagina)
14 giugno 2022
Trovarsi Kuroo Tetsuro davanti all’ingresso
del palazzetto dello sport, in una calda mattina di giugno, è stata davvero una
sorpresa.
Si è macinato migliaia di chilometri e
tantissime ore di volo e pullman per invitarmi ad un evento.
La partita dei prodigi, l’ha chiamata, sta radunando
tutta la generazione dei mostri.
Sono allibito.
Io un prodigio, credevo mi prendesse in giro
ed invece ha insistito, anche quando ha nominato Miya tra i palleggiatori… e
ovviamente Kageyama.
Io non mi sono mai considerato un prodigio
eppure pare che agli occhi di molti, io, lo sia al pari di gente come Tobio.
A volte vorrei vedermi come mi vedono gli altri,
capire quale sia la reale immagine che il mondo percepisce di me, che non è la
stessa che scorgo io allo specchio a quanto pare.
Iwaizumi me lo ha ripetuto milioni vi volte -
Non capisci quello che sei in realtà -
Che cosa sono in realtà?
Un prodigio?
No, sono un uomo che si è costruito una carriera
con lacrime e sudore ogni singolo giorno da quando ho deciso di giocare a pallavolo
(tipo alle elementari)
Chi sono io ora? Dopo tutti questi anni lontano
da casa. Ci tornerò mai a casa, ci voglio tornare?
No, è questa la verità, posso tornare in Giappone
per le manifestazioni sportive come questa indetta da Kuroo e basta.
Dove mi hanno portato, il mio orgoglio, la mia
ambizione, la mia forza, la mia determinazione?
Su tetto del mondo, sulla vetta. Al mio collo
pende l’oro olimpico, ai miei piedi i miei avversari.
Sono soddisfatto?
Lo sono stato per un fugace momento, che se
ne andato quando è scesa l’adrenalina e tutto è tornato quieto e i pensieri
sono tornati a tormentarmi la mente come un tarlo.
Perché?
Perché dovrei indossare la maglia rossa del Giappone
e non quella azzurra e bianca dell’Argentina.
Forse nemmeno questo ha più davvero importanza;
perché ho preso il meglio di quello che hanno da offrire queste due nazioni
meravigliose, non sarei qui ora, se non avessi fatto quella scelta, preso
quella decisione, compiuto quel passo.
La partita dei prodigi… la generazione dei
mostri, ne faccio parte anche io dopo tutto e questo mi da una soddisfazione
immensa più dell’oro olimpico.
Saremo presenti come atleti, giocatori, professionisti,
individui, uomini. La nazionalità non conta, non più.
Forse mi sono focalizzato troppo su quello
che non ero più che su quello che sono.
Conta quello che siamo diventati, che sono
diventato, cresciuto maturato sia professionalmente che personalmente…
Ho sofferto?
Sì, soprattutto i primi anni per la lontananza
e questo senso di non appartenenza.
Se potessi tornare indietro compirei le
stesse decisioni.
Mi conosco abbastanza bene da poter rispondere
affermativamente.
Sono partito dal Giappone che ero un ragazzo,
in Argentina sono diventato un uomo, con i miei pregi e sì anche i miei difetti
(lo so Iwa-chan che gongolerai quando leggerei queste righe) forse sono stato
proprio questi ultimi a farmi crescere di più, cercando di migliorarmi ogni
giorno a superare il mio limite, ad inseguire la perfezione… ma se la si
raggiunge cosa c’è poi…
Essere imperfetti ci spinge ad affinarci, a
sfidarci ogni singolo giorno.
Devo molto alla mia patria di nascita, ci
sono nato e cresciuto, ho conosciuto persone che sono a tutt’oggi nel mio cuore
e ci resteranno come Iwaizumi, altre che hanno fatto scattare in me il senso di
rivalsa, Kageyama e Ushijima e chi ha fatto un percorso simile al mio, Hinata. Però
devo molto a quella di adozione, è stata una sfida continua vivere qui, la mia
squadra, il San Juan che alla fine è diventata una seconda famiglia e Blanco a
cui devo davvero tanto, mi ha ispirato ogni singolo giorno della mia vita.
Sono giunto ad una conclusione (ci ho impiegato
anni, ma meglio tardi che mai): io sono sia giapponese che argentino.
Io sono Tooru Oikawa.
---
Note dell’autrice
E siamo arrivati anche a questa ultima pagina
di diario! Grazie a chi ha seguito questo percorso di Tooru.
A presto!!
Bombay