Eragon
strinse a sé il prezioso uovo che teneva in mano e, alzando
la sua mano destra,
fece sfavillare il suo gedwey-ignasia sulle tenebre
che lo circondavano.
Le creature fecero un solo passo indietro, ringhiando, ma intente a non
cedere
il campo.
Se nella foresta le loro intenzioni erano state solo quelle di
osservarlo,
attirate dalla sua magia, ora la situazione era completamente
ribaltata.
Invadendo il loro territorio Eragon si era trasformato ai loro occhi in
un
nemico, che stava sottraendo loro il prelibato cibo rubato con tanta
fatica ai
draghi.
Non sarebbe bastato mostrargli il suo potere per poterle mandare via,
ora era
una questione di sopravvivenza. Si sarebbero battute fino alla fine per
difendere il loro onore e quello del loro branco.
Avanzando
nuovamente
minacciose, le tre arpie entrarono nel tenue cono di luce, permettendo
ad
Eragon di poter vedere come erano fatte.
Molto
simili ai draghi, ma in
miniatura, avevano un muso allungato, come quello di enorme lucertola,
con due
occhi piccoli e crudeli che si muovevano frenetici privi di palpebre e
una
potente fila di denti acuminati da cui fuoriusciva una sottile lingua
che
sembrava anche lei poter ferire. Le creature poggiavano sulle loro
gambe
posteriori, muscolose e robuste, mentre quelle anteriori,
più corte e piccole,
ma fornite di tre artigli ricurvi, erano pronte a ferire e dilaniare
tutto
quello che gli si paravano di fronte. La loro lunga coda a lancia, dava
loro
l'equilibrio, permettendogli di sbilanciare tutto il corpo in avanti, e
trasformandosi in una perfetta macchina di morte.
Eragon allargò la sua mente, per sondare quella delle tre
creature, come nella
tecnica adottata dai draghi anche le tre arpie avevano legato le loro
menti in
una sola, formando così una formidabile barriera.
Saphira aiutami!
Sono qui Eragon gli rispose pronta Saphira, che
unì così la sua mente a
quella del suo cavaliere, ma in quel momento le creature attaccarono
all'unisono, Eragon riuscì a schivare con uno scatto gli
artigli di una, e
fermare con la magia quelli la seconda, ma la terza riuscì a
colpirlo alla
coscia destra. Eragon vacillò appena, mantenendo intatta la
sua presa
sull'uovo, e facendo sibilare frustrate le bestie che si misero
così a giragli
intorno con rapidità.
La ferita alla coscia gli pulsava terribilmente, e poteva sentire il
sangue
caldo, colare giù lungo la gamba.
Eragon! Non puoi combattere così, ti distruggeranno!
Lo so, ma non posso lasciare l'uovo. Lasciarlo a terra sarebbe troppo rischioso.
A meno che…
Cosa hai intenzione di fare?
Ora vedrai. Tieniti pronta Saphira.
Prima che potessero attaccarlo di nuovo, Eragon
alzò in aria l'uovo.
Il mantello che lo ricopriva scivolò sopra la superficie
liscia, facendolo brillare
alla tenue luce proveniente dal soffitto.
Le tre bestie guardarono l'uovo, pronte a scattare per afferrarlo dalle
sue
mani, ma Eragon pronunciò rapido alcune parole e una luce
accecante esplose
dalla sua mano, facendole stridere di dolore.
Quando la luce si dissolse l'uovo era sparito.
Saphira
poté sentire le energie di Eragon abbandonare rapidamente il
suo corpo, poi
nello stesso istante, una luce scoppiare a poche iarde da lei, per far
ricadere
sull'erba morbida un oggetto. Saphira si voltò all'erta con
la coda alzata, per
trovarsi di fronte all'uovo di drago tanto agognato dalle arpie. Poco
lontano
le altre tre dragonesse videro la scena e avvertita la presenza del
loro
nemico, si precipitarono senza nemmeno pensarci, ad avvertire subito
Sigmar
dell'accaduto.
Eragon
respirava con affanno, barcollando sulle
gambe si guardò intorno con aria guardinga.
Le
bestie erano state più inferocite che mai
adesso, alla ricerca con i loro occhi della loro preda, soffiarono a
Eragon
minacciose.
Ma
adesso Eragon era pronto. Estratta
rapidamente la spada dalla mano sinistra, si mise in posizione di
difesa e
attese.
Sei
stato imprudente a non avvertirmi prima!
lo rimproverò Saphira nella sua mente, preoccupata
nel sentire l'ondata di dolore, da parte di Eragon, dove le arpie lo
avevano
ferito.
L'uovo
sta bene? E' con te?
chiese rapido Eragon
Si
è qui.
Bene.
Ed ora Saphira dovrai sostenermi, non
posso farcela da solo. Trasportare l'uovo mi ha privato di molte
energie. La
risposta di Saphira non arrivò mai all'orecchio di
Eragon, perché le tre arpie attaccarono di nuovo, tutte
insieme. Ma la sua
presenza accanto alla sua mente bastò al cavaliere per
capire che la dragonessa
lo avrebbe sostenuto fino alla fine.
Scattando
di lato per schivare un loro artiglio.
-
Skolir!
- gridò e la grotta venne di nuovo illuminata
dalla luce
della magia, e uno scudo rotondo, circondato di ardenti fiamme blu,
comparve
dal nulla ricoprendo il suo avambraccio.
La
perdita di energia per mantenere lo scudo
era molta, e di sua
spontanea volontà
Saphira intensificò il suo legame.
Con
lo scudo Eragon riuscì a pararsi dai loro
attacchi, e avvicinarsi a una di loro tanto da arrivare a ferirla al
ventre, il
sangue zampillò e la bestia si accasciò a terra,
morente; le altre due arpie
indietreggiarono subito, abbassando le loro difese, atterrite. Eragon
ne
approfittò per immobilizzarle.
-
Letta - latrò.
Sentì
le loro menti ormai prese dal panico,
abbassare ogni difesa, Eragon non ebbe difficoltà a
prenderne il controllo.
Un
flusso
improvviso di immagine travolse la mente del cavaliere come un fiume in
piena,
ed Eragon venne sommerso di i ricordi delle due arpie: la
loro vita da
cuccioli all'interno del branco, poi l'emarginazione dal gruppo, il
vagabondaggio per terre desolate, sole e senza cibo, la fame che le
attanagliava; loro così orgogliose e fiere, ridotte a
cacciare piccoli ratti e
insetti. Poi l'arrivo nella terra dei draghi, a loro interdetta da
molto tempo
ormai. La paura di essere sorprese in un territorio proibito. Poi la
scoperta
della uova, la decisione del loro furto, e lo scontro con i draghi. La
fuga
disperata dentro la boscaglia dove per i loro inseguitori sarebbe stato
impossibile scovarli.
Un interrotto vagare nel sottobosco, aspettando il momento opportuno
per poter
uscire dalla valle inosservate. Il tempo che passava, poi le immagini
delle
uova rotte e dei piccoli che ne uscivano divorati all'istante
riempirono di
orrore gli occhi di Eragon. Nessun rimorso si poteva leggere nelle loro
menti
per il loro gesto afferrato, anzi Eragon poté sentire una
certa soddisfazione
nell'essersi procacciati del cibo prelibato in modo così
facile.
Saphira
è terribile!
Davanti
a lui le due creature si dimenavano
dalla rabbia, per finire in un ululato di puro dolore, quando
uscì infine dalle
loro menti.
Nuovamente
in sé Eragon si apprestò senza esitare a
pronunciare una delle sette
parole di morte.
Ma
il colpo finale non arrivò. Nonostante fosse consapevole
che una condanna a morte fosse una sentenza giusta, Eragon rimase fermo
dinanzi ai due
animali bloccati e inermi, incapaci ormai di difendersi,
colpito improvvisamente dalla cruda verità.
Cosa
c'è Eragon? Cos'è che non va?
Domandò Saphira, che aveva percepito il suo
sconcerto.
Non
possono più farmi nulla ormai. Se le
uccidessi ora, diventerei come loro.
Sono
delle assassine Eragon, non puoi
cambiare la loro natura. Uccidendole impedirai solo che facciano del
male ad
altri esseri viventi.
Quello
che dici è vero Saphira, secondo i
criteri umani il loro gesto meriterebbe la morte.
disse Eragon a denti stretti, Saphira lasciò sfuggire
un ringhio di approvazione.
Ma
è nostro diritto giudicare le loro azioni?
Sono state spinte dalla fame. È stato il loro istinto a
guidarle, un istinto
che a noi appare crudele, ma che per loro rientra nella
normalità. Come hai
detto tu stessa è la loro natura. Aggiunse,
infine, osservando la paura che ora traspariva dai loro occhi.
Perdonami
Saphira, ma non posso farlo. C'è
solo un'altra strada ed è quella di lasciare la decisione
della loro sorte al
consiglio dei draghi. Le
disse Eragon.
Saphira
rimase in silenzio per una serie di
minuti, mentre la rabbia per ciò che aveva visto fare alle
uova, scemava,
stemperata dalla verità delle parole appena pronunciate dal
suo cavaliere.
Il
consiglio dei draghi li condannerebbe
senza appello Eragon.
disse soltanto,
improvvisamente consapevole di quello che era giusto fare.
Ne
sei certa Saphira?
mormorò lui di rimando. La dragonessa prese un lungo
respiro.
Si
Piccolo mio, più che sicura.
E
così, con sguardo serio e deciso, Eragon si
rivolse alle due arpie, per parlargli un'ultima volta alle loro menti.
Saphira
era al suo fianco.
Potrei
uccidervi all'istante, se solo lo
volessi.
Iniziò a parlargli con voce
ferma e decisa. Eragon strinse con la magia sulle loro gole, quasi a
soffocarle, e le bestie smisero di dimenarsi e stettero a sentirlo.
Ma
vi darò la possibilità di andarvene, se
accetterete di non fare più ritorno in queste terre!
Comprendendo
che gli stava venendo risparmiata
la vita, una delle due arpie assentì, seguita subito dopo
dall'altra, che
sibilando furenti per la sconfitta appena subita, la imitò
riluttante.
Poi
fu un attimo. Eragon aveva appena rilasciò
la magia sulla seconda arpia, quando questa gli si rivoltò
improvvisamente
contro. Eragon ebbe appena il tempo di alzare la spada, ma era stato
troppo lento, e
non poté far altro che osservare impotente l'artiglio della
bestia calare
inesorabilmente su di lui. Il corpo dell'altra arpia fece
inaspettatamente da
scudo, mentre l'artiglio andò a colpire fatalmente la gola
dell'animale, che
cadde a terra con un lamento.
Eragon!
Ripresosi
rapidamente dalla velocità degli
eventi, Eragon non esitò a rompere le barriere della magia,
per usarla contro
la creatura, che ora stava per attaccarlo di nuovo. Ma prima che
potesse anche
solo muovere un muscolo verso di lui, stramazzò a terra,
morta.
Quando
la grotta ritornò di nuovo silenziosa,
Eragon rilasciò un sospiro. Una fitta alla gamba gli
ricordò della ferita. Era
profonda e bruciava terribilmente.
Stai
bene?
Sentì pronta la voce di Saphira.
Credo
di sì.
Le rispose lui solo dopo qualche secondo, osservando
i corpi delle tre arpie che giacevano a terra, una di loro si mosse.
Era
l'arpia che aveva tentato di difenderlo dal suo compagno.
Eragon
le si avvicinò piano, e gli si chinò
accanto. Respirava ancora, ma le sue forze vitali erano molto deboli.
Con un
solo sguardo Eragon seppe che non c'era nulla che avrebbe potuto fare
per lei
ora; ma non avrebbe lasciato che soffrisse inutilmente, e raggiungendo
il suo
cuore con la propria mente, ne prese possesso e lo aiutò a
fermarsi.
La
creatura spirò e rimase immobile sul terreno.
Nessuno
di noi è mai del tutto buono o del
tutto cattivo.
No
Eragon, ma l'errore di queste tre arpie
poteva condannare la loro intera razza. Se è vero che sono
state solo loro a rubare
le uova, allora i draghi devono sapere la verità.
Se
vorranno accettarla da me. Sigmar non ha
molta simpatia nei miei confronti.
Lo
dovranno fare, dopo aver visto l'uovo.
Le rispose subito Saphira
Ma
Eragon alzò il volto per guardare l'apertura
sul soffitto. Non aveva le energie sufficienti per potersi curare e
uscire da lì
insieme; quindi, strappò con una smorfia la manica della sua
tunica, e
improvvisando una fasciatura di fortuna, fermò la ferita
alla gamba. Poi
riportò la sua attenzione in alto.
Ce
la puoi fare piccolo mio. lo
incoraggiò allora Saphira.
Grazie.
le sorrise Eragon, dopodiché le parole nell'antica lingua
affiorarono alle sue
labbra, e il cavaliere sentì i propri piedi staccarsi dal
terreno e con lo
sguardo rivolto in alto, vide l'uscita farsi sempre più
vicina.
La
tiepida luce del pomeriggio, filtrata dalle
fronde degli alberi, accolse il suo ritorno in superficie.
Una
volta fuori, incurante della stanchezza,
riprese faticosamente la sua strada verso l'uscita.
Ogni
passo era un'ondata di dolore, ma il
pensiero di avvicinarsi a Saphira lo fece resistere, e andare avanti.
Dopo un
tempo che gli parve eterno, Eragon intravide infine una luce
più forte
proveniente dal fondo, e seppe che era arrivato. Spinto dal desiderio
di rivedere
la sua dragonessa, il cavaliere accelerò il passo
più che poté, fino a quando
la luce del sole non lo investì in pieno volto ed Eragon
poté scorgere una
sagoma zaffiro accucciata a terra.
Eragon
le andò incontro correndo, per arrivare a
pochi passi da lei e bloccarsi di colpo.
-
Saphira! -
I
loro sguardi si ritrovarono l'uno nell'altra
un'altra volta, dopo tanto tempo. Il loro cuori esplosero di gioia,
fino a
quando Eragon non ruppe quel silenzio, e si gettò addosso al
suo collo,
stringendola a sé, accarezzando le squame e strofinando il
suo viso sul muso
della dragonessa. Rimasero fermi in quella posizione per minuti interi,
mentre
calde lacrime di gioia sgorgavano dai suoi occhi
-
Mi sei mancata così tanto Saphira! - sussurrò
piano.
Anche
a me piccolo mio.
Scostandosi
appena Eragon inclinò di poco la
testa, poi incrociando i suoi grande occhi, Eragon di staccò
del tutto.
Sono
fiera di te Eragon, per il modo in cui
ti sei comportato poco fa con le arpie.
Eragon
scrollò le spalle.
Non
è servito a salvarle.
Sono
state loro a scegliere il destino loro
destino non tu.
Eragon
assentì debolmente, per dirigersi verso
l'uovo, seguito da Saphira, che da dietro allungò il collo
per osservarlo anche
lei.
Sigmar
è in grande debito con te ora Eragon, come
tutti i draghi di questa valle.
Sai
a chi appartiene?
Si
Eragon, è l'ultimo uovo che la compagna di
Sigmar aveva deposto prima di morire.
Eragon
rimase a guardare l'uovo senza dire
nient'altro. Poi salì sul dorso di Saphira adagio, senza una
sella, strinse
l'uovo con un braccio, e con l'altro si aggrappò a una delle
squame alla base
del suo collo.
Sono
pronto
dolcezza gli disse con gioia.
Senti i muscoli della dragonesse gonfiarsi sotto di lui, il ventre
vibrò di eccitazione, poi le ali si aprirono e Saphira
spiccò un potente balzo
per librarsi in aria con eleganza.
Giunsero
in tempo alle rupi, per vedere un
nutrito gruppo di draghi prepararsi per partire.
Appena
scorsero Saphira, ruggiti di sorpresa
accolsero il suo atterraggio.
Sigmar
in mezzo a loro si fece vanti, e grande
fu il suo stupore nel vedere Eragon sul suo dorso.
In
qualche maniera quel ragazzo era riuscito a
penetrare le loro barriere protettive, pensò irritato, e
contro tutti i suoi
presagi aveva stabilito il suo contatto con Saphira.
In
un moto di orgoglio Sigmar si rifiutò di
incrociare il suo sguardo, e ignorandolo apertamente si rivolse
direttamente a
Saphira
Flora, Serenity e Gea, mi hanno
riferito che
sei stata attacca, e di una luce che è esplosa. Cosa
è successo? chiese con tono
autorevole.
La
risposta di Saphira arrivò fredda e velata di
ostilità
Tutto
a
suo tempo Sigmar e non prima che il mio cavaliere possa scendere e
riprendere
fiato.
Gli rispose sottolineando a
tutti loro la presenza di Eragon.
Ignorando
il grugnito proveniente da Sigmar,
Saphira si voltò quindi verso Eragon.
Il
cavaliere si lasciò scappare un sorriso,
Saphira che non era mai stata tanto protettiva con lui come in quel
momento, e
questo pensiero li procurò un piacevole calore che lo fece
sentire meglio.
Attenta
a non tirare troppo la corda con lui
Saphira, o rischi di farlo arrabbiare sul serio. La
stuzzicò Eragon bonariamente.
Deve
portarti più rispetto Eragon, o dovrà
presto pentirsi per averti trattato in questo modo. Gli
rispose Saphira più seria che mai, lasciandolo
stupito.
Te
ne sono grata, ma spero che non sarà
necessario.
Anche
io piccolo mio, ma nessuno deve più
dubitare di noi due.
Abbassandosi
sulle sue gambe posteriori e
stendendo il collo lungo il terreno Saphira permise a Eragon di
scendere
comodamente da lei, sotto l'occhio curioso di tutti i draghi.
Il
cavaliere fece una leggera smorfia quando
poggiò a terra la gamba ferita, e le sue membra tremarono un
poco, ma la presa
sull'oggetto avvolto nel mantello rimase ferma.
Sigma,
notò contrariato la reazione del
cavaliere, e chiese con fastidio:
Cosa
ha fatto l'umano alla gamba? e cosa è
quello che porta con tanta cura?
Saphira
si voltò verso di lui, furente.
Sigmar
stava per replicare quando Eragon si fece
inaspettatamente avanti, ponendosi tra lui e Saphira:
Saphira,
lascia pure che si a io a rispondere.
disse con voce deciso, ma senza essere scortese.
Sono
stato ferito dagli artigli di una arpie,
e che mi hanno attaccato dopo aver sottratto a loro questa.
Disse mentre rivelava l'oggetto celato sotto il
mantello.
La
vista
dell'uovo lasciò tutti senza parole per alcuni secondi. Poi
Sigmar fece due
passi in avanti, avvicinandosi a Eragon, e piegando il collo
andò a toccare con
il muso l'uovo che il cavaliere teneva in mano. Le labbra arricciate di
Sigmar
sfiorarono la superficie liscia dell'uovo, il suo respiro caldo
investì Eragon
che rimase immobile sul posto senza indietreggire; dietro di lui
sentì Saphira farsi
più vicina non fidandosi ancora delle intenzioni del drago
argentato.
Credo
che tu sappia già cosa esso sia. Vero?
chiese Sigmar con tono velato da profonda emozione.
La sua non era stata una domanda ma Eragon annuì lo stesso
con la testa. Sigmar
assentì a sua volta.
Non
andare oltre Sigmar.
Tuonò una
voce nelle menti di tutti, mentre tra i ranghi dei draghi emergeva una
anziana
dragonessa bruna. Le sue vecchie squame erano state testimoni di molte
albe, e
un silenzio reverenziale calò tra gli latri draghi, mentre
si affiancava con
sicurezza a Sigmar.
Senza
alcuna traccia di arroganza, rivolse ad
Eragon e Saphira il suo sguardo profondo.
Eragon
rimase colpito nel vedere Saphira
ricambiarlo con un sordo mormorio.
È
palese agli occhi di tutti che il giovane
umano è riuscito a superare la sua prova Sigmar. Non
c'è alcun motivo per
continuare a dubitare di lui. Metti da parte i tuoi timori, e lascia
che
racconti cosa è accaduto, e come è arrivato a
trovare il luogo deve
le arpie tenevano l'uovo. Forse saremo in grado di conoscere quale
è stata la
sorte del resto della nostra cova.
Le
parole della dragonessa trovarono il
consenso di tutti i draghi, e Sigmar non poté fare atro che
annuire.
Eragon,
è questo il tuo nome? Ti prego parla
pure. Ti ascoltiamo.
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