June
• Questa One Shot mi ha prosciugata.
Il caldo sta avendo la meglio, tanto che se non aggiornerò entro
settimana prossima ancora non sarò in pari con la Raccolta, poi
se ci aggiungiamo il fatto che io AMO le Soulmates!AU ma tendo comunque
a farcirle con un bel po' di Angst, salta fuori che impiego il doppio
del tempo per scriverle.
• Di positivo c'è
sicuramente il fatto che per fortuna non la reputo fatica sprecata
perché il risultato finale mi soddisfa molto, spero sia lo
stesso anche per voi.
Come sempre vi lascio di seguito lo specchietto e poi vi aspetto a fine
storia; prima di salutarvi, vi dico solo che il titolo è ripreso
da un verso di Ovunque Sarai di Irama e che troverete alcune strofe della suddetta canzone all'interno dello scritto.
Vi auguro buona lettura!
June: Soulmates!AU
Prompt forum: Ho abbracciato l'alba d'estate. (Arthur Rimbaud) (Themed Challenge – Summer Edition)
Rating: Giallo
Generi: Angst, Introspettivo, Sentimentale
Note: Modern(&Soulmates)!AU, POV Yusaku
Avvertimenti: Tematiche delicate (accennate)
Io ti aspetterò
1
E se sarai tempo
Ti aspetterò
Per sempre
Si era addormentato. Non vi era altra spiegazione, perché altrimenti non si sarebbe trovato lì.
Si era addormentato e con ogni probabilità aveva interrotto lo
svolgimento delle equazioni di secondo grado, ma in quel momento erano
decisamente l'ultimo dei suoi pensieri.
Il cuore iniziò a
battere celere e un'ondata di desiderio lo avvolse, scaldandolo da capo
a piedi. Un fremito gli percorse la spina dorsale quando iniziò
a percorrere il lungo sentiero contornato da migliaia e migliaia di
fiori diversi e colorati, impreziositi ancora di più dal placido
splendore della luna piena.
Sapeva che lui si trovava lì, da qualche parte, forse a metà sentiero, e che lo stava aspettando e cielo, non vedeva l'ora di ricordare il suo nome.
I passi si fecero via via sempre più concitati, quasi volesse
cominciare a correre una lunga maratona tanto l'emozione di rivederlo
lo stava mandando su di giri; si impose un contegno che faticò a
riconquistare, quantomeno in un primo momento.
Poi fece dei profondi respiri e proseguì lungo quella viuzza
sconosciuta che non gli incuteva alcun timore. Nel sogno precedente si
erano incontrati in riva al mare e per tutto il tempo non aveva fatto
altro che ammirare i bellissimi occhi azzurri di quel ragazzo
(gli sfuggiva ancora il nome)
senza prestare attenzione al cielo stellato riflesso sulla superficie cristallina della distesa d'acqua.
Quante volte aveva vagato
per la città alla ricerca di quegli occhi azzurri; quante volte
aveva osservato labbra incurvarsi in sorrisi anonimi, che a lui non
trasmettevano nulla se non il fatto di non averlo ancora trovato;
quante volte aveva sperato che un nome risuonasse nell'aria e partisse lo scatto, quel guizzo che gli permettesse di ricollegare i pezzi e realizzare di trovarsi a pochi passi da lui.
Non era ancora capitato.
Dopo mesi, in realtà, non era cambiato proprio nulla dal primo
sogno, da quelle prime presentazioni un po' impacciate che poi finivano
irrimediabilmente nel dimenticatoio. Ma anche se il suo cuore
scricchiolava già da un po', divorato dal dolore e dalla paura
di ricevere una nuova delusione, continuava a sperare che ogni nuovo
incontro fosse finalmente quello giusto, proprio come ora.
Avanzò
(e avanzò e avanzò e avanzò)
e dopo quelli che parvero chilometri di impazienza e fatica lo trovò.
Quando i loro occhi si
incastrarono in quel contatto visivo che solo loro riuscivano a
instaurare, un migliaio di luci simili a piccole lucciole esagitate
sfarfallarono tutte in una volta, rendendo ancora più grazioso
il sentiero nel quale si trovavano.
«Ryoken…» modulò piano, in un sussurro quasi
impercettibile. Il suo nome, ora che lo ricordava, gli invase il cuore,
le vene e il cervello e fece muovere le gambe verso di lui, verso il
ragazzo dei suoi sogni, bellissimo e perfetto, che diventava sempre
più reale a ogni passo che li avvicinava.
Ryoken aprì le
braccia con un sorriso e lo strinse forte a sé, poggiandogli una
mano sulla schiena e una sulla nuca, facendo così affondare le
lunghe dita tra i capelli blu.
«Yusaku» lo chiamò, una punta di sollievo nel tono
di voce e un sospiro che aveva tutta l'aria di essere liberatorio.
«Sono felice che tu sia qui».
«Anche io».
Non ne potevo più di studiare, pensò, ma quello lo tenne per sé.
«Anche questa volta ti sei addormentato prima di me?»
domandò invece, alzando lo sguardo sul suo volto.
Ryoken sorrise ancora.
«A quanto pare sì» rispose, allentando la presa.
«Ma ora la mia attesa è finita».
Yusaku si lasciò
prendere per mano e, subito dopo, si avviò insieme a Ryoken
lungo il sentiero fiorito. Avrebbe dovuto prendere esempio da lui e
andare a letto presto la sera, ma il più delle volte seguiva una
routine alquanto sregolata che lo portava a rimanere sveglio fino a
tardi a causa di tutti i compiti scolastici che lasciava sempre
indietro — a sua discolpa, però, poteva dire che il lavoro
part-time alla caffetteria occupava parte delle sue giornate e, il
più delle volte, quando tornava a casa desiderava solo riposare
e svagarsi coi videogiochi. In fondo il suo rendimento scolastico era
comunque buono, quindi perché preoccuparsi?
«Quando verrai a trovarmi?» gli domandò, gli occhi
che brillavano di una speranza completamente rinvigorita. Ryoken tra i
due era l'unico in grado di mantenere un ricordo vivo dei loro incontri
anche quando tornava alla realtà — o almeno, così
gli aveva riferito — e Yusaku era sicuro al cento percento che,
se si fosse palesato davanti ai suoi occhi in una giornata qualunque,
l'avrebbe riconosciuto nell'immediato
(e cosa più importante, tutto avrebbe finalmente acquisito un senso).
Ryoken continuava a
stringergli la mano con dolcezza, anche se Yusaku avvertì, per
una misera frazione di secondo, una rigidità che purtroppo aveva
imparato a conoscere bene. Difatti perse le speranze ancor prima che
Ryoken gli rispondesse con parole che ormai sapeva a memoria.
«Mi dispiace, Yusaku, ma ancora non posso. Vedi, dovrei fare un
lungo viaggio per venire nella tua città e… Yusaku?»
Si era fermato, il cuore
nuovamente a pezzi, come succedeva ormai quasi tutte le notti. Pensava
di aver sviluppato una corazza abbastanza resistente per fronteggiare
quelle parole, eppure ogni volta erano in grado di ferirlo in maniera
sempre diversa.
(Si
sentiva indesiderato nel modo peggiore possibile e le insicurezze che
albergavano in lui non facevano altro che divorare con ingordigia ogni
grammo di felicità conquistato a fatica).
Dopo diversi tentativi,
riuscì a liberare la mano dalla stretta di Ryoken con uno
strattone forse più violento di quanto si aspettassero entrambi.
Gli era ormai impossibile osservare le meraviglie che lo circondavano e il
sentiero gli parve un'anonima stradina impolverata, insulsa proprio
come le sue speranze.
«Credo che ora mi sveglierò» disse a mezza voce, gli
occhi velati dalle lacrime. «Non voglio stare qui. Non questa
volta».
«Yusaku, aspetta…»
«Buonanotte, Ryoken».
Glielo sussurrò con
il cuore a brandelli e l'anima spaccata a metà. E quando
riaprì gli occhi sul mondo reale, aveva il volto rigato da tutte
quelle lacrime che nel sogno non era stato in grado di versare.
2
«Buongiorno».
«Buongiorno, Yusa— oh cielo, hai un aspetto orribile!»
Yusaku inarcò un sopracciglio. «Grazie, Miyu».
La ragazza portò
velocemente le mani alla bocca. «Scusa» disse poi,
ritrovando la compostezza. «È che hai delle occhiaie
davvero profonde. Non sei riuscito a dormire questa notte?»
Yusaku sospirò
sconsolato, poi le raccontò ciò che era accaduto con il
ragazzo dei suoi sogni, delle ennesime speranze infrante e di come nel
resto della nottata avesse incanalato tutto il dolore e la frustrazione
nello svolgimento degli esercizi di matematica che aveva lasciato in
sospeso pur di non pensarci.
«Credo di aver calcato un po' troppo con la penna, ci sono dei
buchi tra una pagina e l'altra…» constatò dopo aver
estratto il quaderno dallo zaino e averlo sfogliato.
Il suo tentativo di
sdrammatizzare in quella situazione per lui troppo pesante ed
esorcizzare il suo dolore fallì miseramente, tanto che Miyu,
senza giri di parole, arrivò a porgli una domanda maledettamente
scomoda.
(«E ora come ti senti?»)
Si morse il labbro
inferiore e per un attimo, solo e soltanto per un misero sfilaccio di
secondo, desiderò piangere come aveva fatto solo fino a poche
ore addietro, quando le lacrime si mischiavano senza sosta
all'inchiostro e lui non capiva nemmeno più se stesse svolgendo
in maniera corretta le complicate disequazioni di secondo grado. Poi le
ricacciò tutte in gola e ingoiò quel groppo amaro a
fatica, ma quantomeno ci riuscì e, in un abbrivo dettato
dall'enorme delusione che provava, parlò forse in maniera un po'
più brusca senza rendersene conto, ma dando comunque una forma
alla triste domanda che popolava la sua mente già da un po'.
«Come dovrei sentirmi nel realizzare che nemmeno la mia anima gemella desidera stare con me?»
3
Incontrare la propria
anima gemella nei sogni era solo una delle innumerevoli forme d'amore
che affondava le proprie radici fin dalla notte dei tempi. Era
considerata la sfumatura più intima e incantevole tra tutte,
poiché sognarsi significava esprimere il desiderio sempre
più crescente di voler restare accanto alla propria metà
per il resto della vita
(e
siccome non ci possiamo vedere di giorno, ecco che ti sogno di notte,
così da poter stare con te quando ancora le nostre strade non si
sono incrociate).
E poi c'erano Yusaku e la
sua anima gemella. O meglio, c'era solo Yusaku, che desiderava
ardentemente conoscere il ragazzo che popolava i suoi sogni, ma questi
pareva non essere dello stesso avviso, visto e considerato che ogni
notte non faceva altro che infrangere le sue speranze con dinieghi che
si facevano via via sempre più snervanti e opprimenti.
Prova a dargli ancora un po' di tempo, gli aveva consigliato Miyu quella mattina a scuola. Forse
in questo momento si ritrova davvero impossibilitato a incontrarti e
questo fa soffrire anche lui. Non penso che non desideri stare con te,
Yusaku. Forse ha solo bisogno di trovare il momento giusto per venire
da te.
Yusaku in un primo momento
aveva accettato i suoi consigli, anche se poi il tarlo del dubbio aveva
iniziato a divorarlo pian piano, con crescente ingordigia, senza prima
averlo anestetizzato. E se in realtà la sua anima gemella fosse innamorata di un'altra persona?
Accadeva raramente, ma
poteva comunque succedere che si creasse scompiglio, che ci fosse un
errore grande quanto un granello di sabbia in grado di mandare in
cortocircuito l'intero ingranaggio. Forse erano entrambi incastrati in
un loop e non ne sarebbero usciti per un bel po', fino a quando
l'equilibrio non fosse stato ripristinato.
Inoltre, Miyu non poteva
capire. Yusaku le voleva un bene dell'anima e apprezzava molto i suoi
tentativi di aiutarlo e di farlo ragionare riguardo l'intera faccenda,
ma cosa ne poteva sapere lei, che le era bastato coricarsi a letto una
notte d'inverno inoltrato e incontrare nel suo sogno proprio il ragazzo
che le aveva rubato il cuore nei corridoi della scuola tra una lezione
e l'altra? Per lei e Jin era stato tutto così facile,
si erano trovati e riconosciuti subito e avevano ufficializzato la loro
relazione solo poche ore dopo il loro primo — e ultimo —
sogno condiviso.
Miyu era stata davvero
tanto fortunata. E proprio per questo, tutta quella fortuna la rendeva
cieca di fronte ai problemi di Yusaku. Poteva provare ad aiutarlo, ma
non lo avrebbe mai capito fino in fondo.
E in ogni caso, era una situazione che avrebbe dovuto risolvere da solo. Nel bene o nel male.
4
E lo so che mi puoi sentire
Dove ogni anima ha un colore
E ogni lacrima ha il tuo nome
Se tornerai qui, se mai, lo sai che
Io ti aspetterò
Quella notte faticò
molto ad addormentarsi ma, quando accadde, riuscì a provare una
punta di sollievo. Prima di ogni altra cosa, desiderava scusarsi con la
sua anima gemella
(il nome, voleva assolutamente pronunciare un'altra volta ancora il suo nome)
e poi avrebbero discusso della loro situazione, e questa volta ne avrebbero parlato seriamente e a cuore aperto.
Impiegò un po' a
realizzare dove si trovasse questa volta; in un primo momento ebbe
timore di essere incappato in una casa stregata, considerando la scarsa
illuminazione, ma quando pian piano mise a fuoco ciò che lo
circondava, capì di trovarsi in una grande sala. Era addobbata
con festoni e coriandoli sparpagliati a terra, un'infinità di
colori di carta che rendevano quel luogo molto più accogliente
rispetto al primo impatto, dando l'impressione di essere arrivati tardi
a una festa.
Le luci soffuse che
danzavano intorno a lui quasi lo invitarono ad avanzare verso il centro
di quella stanza immensa e lui ubbidì, muovendo passi tremebondi
verso il fulcro dei suoi desideri.
Ryoken
era lì, che lo stava aspettando. Bellissimo come sempre, con lo
sguardo velato da una patina di malinconia e gli occhi azzurri che
riflettevano un cielo terso e immacolato, in netto contrasto con il
turbinio di emozioni che provava — perché erano le stesse
che in quel momento provava anche Yusaku.
Quando i loro sguardi si
incontrarono, il mondo intero tacque per un lungo istante. La
frustrazione, il dolore e ogni tipo di attrito furono messi da parte,
lasciando posto solo al desidero sconfinato di abbracciarsi un'altra
volta ancora.
Yusaku iniziò a
piangere ancor prima di essere avvolto dalle braccia di Ryoken e quando
ciò accadde, avvertì l'intero corpo del ragazzo tremare,
cosa che lo fece sentire tremendamente in colpa. Così
cercò di fare del suo meglio e ricambiò quella stretta
disperata più forte che poteva, nel goffo tentativo di diventare
a sua volta un appiglio per Ryoken in mezzo a quel mare di coriandoli
di carta e incertezza.
«Sono così felice che tu sia qui» sussurrò Ryoken, baciandogli il capo.
«Anche io» rispose Yusaku con la voce spezzata a
metà per le troppe lacrime. «Perdonami per ciò che
è successo l'ultima volta…»
«No, Yusaku, non ho nulla da perdonarti. Semmai è il contrario…»
Yusaku alzò lo sguardo su di lui, ritrovandosi a osservare una figura incerta e sfocata.
(Eppure avrebbe potuto piangere anche tutte le lacrime del mondo, e Ryoken ai suoi occhi sarebbe sempre stato bellissimo).
«Non dire così» disse, mentre scioglieva l'abbraccio
per potersi asciugare le gote. Voleva parlare con Ryoken senza alcuna
barriera frapposta tra loro e finché non avesse riacquistato il
controllo delle proprie emozioni, questo non sarebbe potuto accadere.
Respirò
profondamente, cercando di scacciare tutto il grumo di brutte sensazioni
che si era formato nel corso della notte precedente, poi tornò a
guardare Ryoken e in quel momento, proprio mentre si perdevano l'uno
nell'altro come mai avevano fatto prima, realizzò che non doveva
esserci proprio nessun errore, che loro due erano fatti per stare
insieme e che niente e nessuno avrebbe mai potuto separarli.
Comprendere fino in fondo
questa realtà fu come aprirsi un varco per un nuovo mondo. E ora
che aveva le idee chiare, giurò a se stesso che mai più
avrebbe trattato Ryoken come aveva fatto la notte precedente — il
solo pensarci lo faceva stare così male che per lunghi attimi
respirare diventava un'azione difficile, come se non ricordasse
più cosa doveva fare per inspirare e riempire d'aria i polmoni.
«Immagino che per te non sia facile dover rimandare ogni notte il
nostro incontro nella vita reale» disse, prendendogli entrambe le
mani e intrecciando le dita con le proprie. «Solo che io,
anziché cercare di comprenderti e di ascoltarti, mi sono
arrabbiato e…»
«E avevi tutte le ragioni per farlo» proseguì Ryoken
al posto suo. «Deve essere snervante sentirsi dire di no per mesi
interi. Immagino tu ti sia sentito rifiutato…»
Quelle parole fecero male.
E fecero male soprattutto perché erano intrise di una
verità che ormai non poteva più cancellare o anche solo
nascondere.
«Sì…» ammise con un filo di voce mentre
abbassava lo sguardo. «Ma ho pensato solo a me stesso, senza
tenere in considerazione ciò che provi tu. Quindi ora…
ora vorrei saperlo. C'è qualcosa che ti impedisce di venire da
me?»
Ryoken sciolse la stretta
delle loro mani, poi le poggiò sulle gote di Yusaku e, con
garbo, lo invitò tacitamente ad alzare nuovamente lo sguardo per
incontrare ancora una volta il suo.
Quando Yusaku lo
fissò, rimase esterrefatto nel constatare che non solo Ryoken
fosse sull'orlo del pianto, ma che fosse in procinto di spezzarsi da un
momento all'altro.
«Vorrei avere il coraggio di confessarti tutto, ma non ci riesco.
Non oso pensare quanto debba essere straziante tornare nella
realtà senza più alcun ricordo, solo strascichi di tutti
i sogni che abbiamo condiviso insieme. Vorrei liberarti da tutto
questo, davvero, ma ho paura che la verità possa allontanarti da
me. Anzi, ne sono certo. Mi sento un codardo…»
Accadde in un attimo. Il
mondo si capovolse bruscamente e Yusaku si sentì sballottolato
sopra e sotto, a destra e sinistra, da un angolo all'altro dell'immensa
stanza.
La realtà gli
piombò addosso con cattiveria, una ferocia che forse non sarebbe
mai stato in grado di sopportare e che l'avrebbe schiacciato
lentamente, con sadismo e perfidia.
(Era troppo per lui).
(Troppo, troppo, troppo).
(Ma doveva reagire. Doveva farlo, altrimenti niente sarebbe cambiato e
lui in tutta quell'immobilità si sentiva ormai soffocare).
Esistevano casi in cui le anime gemelle erano impossibilitate a interagire nella vita reale poiché una delle due non poteva tornare nella vita reale dopo il sogno.
Perché il sogno perenne era ormai diventata la nuova
realtà e forse lo sarebbe stata in eterno, fino a quando
qualcuno, un familiare con ogni probabilità, non dava il
consenso per staccare la spina.
«Ryoken… dimmi immediatamente in quale ospedale ti trovi».
5
Presentarsi come un amico
di Ryoken fu tremendo, un colpo ben piazzato nel cuore, ma strinse i
denti e ascoltò con attenzione le indicazioni che gli diedero
alla reception per raggiungere la sua stanza. Era un orario
particolarmente insolito per le visite, ma forse erano bastati la sua
espressione stravolta e il suo respiro corto per concedergli uno
strappo alla regola, dato che per i medici e gli infermieri
la sua condizione doveva essere una scena vista e stra vista e sapevano a cosa
stesse per andare incontro.
L'odore pungente del
disinfettante gli si insinuò con prepotenza nelle narici e
l'asettico candore delle pareti gli dava la sgradevole sensazione di
trovarsi tra i ghiacci, a decine e decine di gradi sotto lo zero. Il
che era, considerando la calura di quella notte estiva, un abnorme
paradosso che gli provocò ancora più angoscia.
Ora ricordava il suo nome
anche nella vita reale. Non poteva essere altrimenti, visto che ora
sapeva dove cercarlo. Ironia della sorte, Ryoken si trovava proprio
all'ospedale di Den City.
L'aveva ipotizzato
perché ricordava di trovarsi in città quando un pirata
della strada lo investì; Yusaku non aveva ancora avuto modo di
cercare qualcosa online — si era svegliato di sorpassato, si era
cambiato, era uscito di casa e aveva subito iniziato a correre a
perdifiato in direzione dell'ospedale —, ma sperava con tutto se
stesso che quel bastardo stesse marcendo in galera per il crimine che
aveva commesso.
Prese l'ascensore per
dirigersi al secondo piano e il terrore di rimanere intrappolato in
mezzo a tutto quel bianco gli cristallizzò il sangue nelle vene.
Non che la situazione migliorò una volta trovatosi davanti la
porta della stanza di Ryoken: la mano era lì, stretta attorno
alla maniglia, ma l'intero braccio era immobile e non dava segno di
voler condurre il polso verso il basso, talmente era divorato dal
terrore di ciò che avrebbero visto i suoi occhi una volta
varcata la soglia.
Non aveva fatto tutta
quella strada per niente, però. Deglutì a fatica, la gola
riarsa per la corsa e la paura, poi abbassò la maniglia della
porta ed entrò.
Il suo cuore perse un
battito. Poi un altro e poi un altro ancora, fino a quando le ginocchia
quasi cedettero e lui temette di sprofondare in una voragine di vuoto e
disperazione, la stessa nella quale Ryoken si trovava ormai da mesi
interi.
Ryoken che giaceva sul
letto d'ospedale circondato da un coacervo di fili, tubicini e
macchinari. Che respirava placido in un sonno profondo dove tutto era
immutato ormai da tempo, parametri regolari cristallizzi sui monitor
sempre accesi.
Quando Yusaku si
avvicinò abbastanza da poter scorgere ulteriori particolari
grazie al chiaro di luna, si ritrovò faccia a faccia con
l'orrore che l'incidente aveva portato con sé: Ryoken aveva
perso il braccio sinistro e il suo viso era sfregiato da cicatrici che
avrebbero lasciato un segno indelebile sulla sua pelle candida per il
resto della vita.
Il ragazzo che abbracciava
sempre nei suoi sogni era diverso, era ancora integro, assolutamente
perfetto e immacolato. E forse era anche per questo che Yusaku non
ricordava quasi nulla una volta tornato alla realtà:
perché Ryoken non era più così, era stato violato
dalla tragedia e il suo corpo appariva diverso, martoriato e distrutto.
Eppure Yusaku non
poté fare a meno di pensare che, se in quel momento avesse
aperto gli occhi, l'unica cosa che avrebbe catturato la sua attenzione
sarebbe stato l'azzurro di quelle iridi che tanto amava e che Ryoken,
per lui, sarebbe sempre stato bellissimo.
Si sedette accanto a lui e
gli prese la mano tra le sue, stringendola appena per paura di fargli
male e smuovere qualcosa tra i fili e i tubicini. Pianse in silenzio
tutte le lacrime che gli erano rimaste e lentamente, tra un singulto e
l'altro, si addormentò ancora una volta.
6
Ovunque sarai
Ovunque sarò
In ogni gesto io ti cercherò
Se non ci sarai
Io lo capirò
E nel silenzio io ti ascolterò
Io ti ascolterò
L'oscurità lo
avvolgeva da capo a piedi, asettica e compatta. Dell'enorme sala colma
di festoni e coriandoli colorati in cui era approdato neanche un'ora
addietro non era rimasto nulla, solo il vuoto assoluto. Non esistevano
più pareti, nessun sentiero da percorrere, nessun vellutato
chiaro di luna dipinto in cielo a indicare la via.
Si sentiva solo, perso e tremendamente spaventato.
(Era così che si sentiva Ryoken per tutto il giorno, prima dell'arrivo della notte).
(Smarrito in quel limbo oscuro senza un luogo confortevole in cui
rifugiarsi, completamente esposto e spaurito).
Mosse i primi passi
all'interno di quel buco nero senza fine e tremò da capo a
piedi. Più avanzava in quel luogo dimenticato dal mondo intero e
più realizzava quanto fosse critica la condizione di Ryoken.
Ryoken che non andava a letto presto ogni sera, semplicemente era
bloccato lì e non poteva scappare, in attesa che Yusaku si
assopisse per vedere l'oscurità mutare e tramutarsi in uno
scenario più confortevole; Ryoken che ogni notte, nonostante
tutto, lo accoglieva sempre con un lungo abbraccio e gli occhi colmi di
meraviglia; Ryoken che aveva cercato forse di proteggerlo da una
verità troppo dolorosa da accettare, senza pensare che Yusaku,
per lui, avrebbe sopportato di tutto, anche le pene dell'inferno.
Lo chiamò a lungo,
tanto che a un certo punto la gola cominciò a bruciare — e
non smise neanche in quel caso.
Il suo nome, quello che
aveva cercato disperatamente di non dimenticare ogni volta che tornava
alla realtà, si perse in un'eco lontanissima inghiottita dalle
tenebre.
(Ryoken).
Avrebbe continuato a
cercarlo all'infinito e lo avrebbe fatto per davvero, perché non
voleva rinunciare a lui per niente al mondo. E voleva dirglielo,
perché Ryoken meritava di saperlo a tutti i costi.
Il suo lungo cercare, alla
fine, fu ricompensato: lo trovò in un punto imprecisato di
quell'immenso e cupo nulla, solo e abbandonato a se stesso. Pareva
quasi desiderasse farsi piccolo piccolo per non essere notato, in
procinto di accartocciarsi su se stesso se necessario, ma era
impossibile, perché Yusaku un modo per stare con lui l'avrebbe
sempre trovato.
Quando gli aveva chiesto
di dirgli in quale ospedale si trovasse, Ryoken aveva ceduto,
raccontandogli la verità di quanto accaduto quel giorno di
metà primavera. Se ne vergognava come se la colpa fosse sua,
quando sapevano entrambi che non era così, perché era lui
la vittima sotto tutti i punti di vista. Doveva rendersene conto.
Ryoken aveva portato le
ginocchia al petto e teneva lo sguardo basso, perso chissà dove.
Sembrava quasi stesse cercando di rimanere tutto intero per non
rischiare di dissolversi nel nulla da un momento all'altro.
Yusaku si avvicinò
silenziosamente, parandosi davanti a lui. Non aveva bisogno di
annunciarsi, sapeva che Ryoken aveva già percepito la sua
presenza e questo era più che sufficiente.
«Mi dispiace, Yusaku» disse in un soffio, rimanendo
immobile nella sua posizione. «Ero in coma già da qualche
giorno quando iniziarono i sogni condivisi. Quando ti vidi per la prima
volta pensai che fossi bellissimo — e lo penso tuttora. E nel
giro di poco tutta l'oscurità che mi avvolgeva lasciò il
posto al verde dei tuoi occhi e agli altri colori. Aspettarti ogni
notte era diventata l'unica cosa in grado di rendere più
sopportabile la mia condizione… le tenebre non mi fanno
più paura quando sono accanto a te. Però… ogni
volta che ti incontravo non facevo altro che pensare che avrei dovuto
dirti tutta la verità, che non era giusto farti aspettare e
soffrire a causa del mio terrore di perderti. Io non voglio perderti,
Yusaku, ma non voglio neanche renderti infelice. Perché ora come
ora non ho alcuna certezza e non so nemmeno se un giorno mi
risveglierò dal coma».
Poi alzò lo sguardo e le sue labbra si incurvarono in un sorriso pregno di tristezza.
«So che non ho più un braccio» ammise con dolore.
«È da quando sono qui che quello sinistro non lo sento
più “mio”… e ho sempre la sensazione che ci
sia qualcosa sul mio volto, degli sfregi forse, che non se ne andranno
mai via. Se anche dovessi svegliarmi, come potrò renderti
felice, ridotto in quello stato?»
Fu lì che qualcosa
scattò in Yusaku, qualcosa che lo portò a scegliere
Ryoken un'altra volta ancora. Si inginocchiò di fronte a lui e
lo abbracciò forte, accogliendo tutte le sue lacrime e tutto il
suo dolore senza riserva alcuna.
«Non mi devi dimostrare nulla» parlò con dolcezza.
«Il solo fatto che tu esista mi rende felice. Sapere che siamo
legati come anime gemelle è la cosa più bella che mi
potesse capitare… Ryoken, guardami».
Lui ubbidì e i loro occhi si incontrarono un'altra volta ancora, l'ennesima che si perdeva nell'infinito.
«Io voglio stare con te,» proseguì Yusaku mentre gli
asciugava le lacrime, «e niente e nessuno mi farà cambiare
idea. Nemmeno le tue paure».
Subito dopo si alzò in piedi e poi gli porse la mano, che Ryoken accettò.
«Verrò a trovarti in ospedale ogni volta che ne
avrò l'occasione. E tutte le notti sarò qui, con te. E
poi… poi un giorno riaprirai gli occhi e io sarò
lì accanto a te quando questo accadrà. E continueremo a
essere felici insieme. Io ti aspetterò». Un piccolo sorriso gli incurvò le labbra. «Cosa ne pensi?»
Ryoken ricambiò il
sorriso. «Penso che sia tutto meraviglioso. E sono felice di
poterlo realizzare insieme a te. E anche io ti aspetterò, ogni
notte, come ho sempre fatto».
Poi si abbracciarono,
tornando a essere l'uno l'ancora di salvezza dell'altro. Yusaku era
stato troppo preso dalle proprie emozioni e quelle di Ryoken per farci
caso ma, quando si guardò intorno, notò con crescente
meraviglia di non trovarsi più avvolto dalle tenebre,
bensì da un bellissimo paesaggio di montagna. Lui e Ryoken si
trovavano sotto un piccolo gazebo bianco e le poche stelle che ancora
si potevano osservare in cielo impallidivano sempre più,
inghiottite pian piano dal cielo rosato.
«È quasi l'alba» constatò, senza staccarsi da
Ryoken. «Non ne avevamo mai vista una insieme…»
«Direi che oggi sia il giorno perfetto per iniziare, tu che
dici?» gli chiese Ryoken, stringendolo più forte a
sé.
Yusaku sorrise un'altra volta ancora.
«Dico che hai assolutamente ragione».
N.d.A.
• Non ho mai scritto una Soulmates!AU così drammatica, ma
dato che in questa Raccolta mi ero ripromessa di sperimentare il
più possibile, ecco il mio tentativo di dare un finale
dolce-amaro a questa OS.
Ryoken è già stato in coma in un'altra mia storia (questa), ma almeno lì [SPOILER]
c'è il lieto fine… qui diciamo che è tutto rimasto
in sospeso, perché nonostante il forte sentimento che lega
Ryoken e Yusaku, non si sa se effettivamente Ryoken un giorno
riaprirà gli occhi.
• Provo sentimenti molto contrastanti per questa storia,
perché se da una parte ho dimostrato in primis a me stessa di
poter scrivere sulla mia OTP suprema ed eterna senza garantirle un vero
e proprio lieto fine, dall'altra la solita domanda mi assilla senza
darmi tregua: MA CHI ME LO FA FARE.
Ryoken e Yusaku saranno sempre la mia più grande debolezza per
quanto riguarda il mio lato fanwriter, ormai è palese.
Il fatto che io stia cercando pian piano di uscire dalla comfort zone
per scrivere qualcosa di diverso ogni tanto non so quanto possa reggere
ancora, lo ammetto.
Ma in ogni caso, farò sempre del mio meglio.
Grazie per essere arrivati fino a qui!
M a k o
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