CAP 2 COME NELLE FAVOLE
Capitolo 2: Principessa di ghiaccio
Si narra che tanto tempo fa,
proprio nella cittadina di Magnolia, una principessa dalla pelle di
porcellana fosse rinchiusa in una torre d'avorio.
Dai suoi occhi sgorgavano gocce di pioggia vivida e ogni volta che il
suo cuore era in tumulto, la tempesta irrompeva nella città.
La principessa possedeva uno sguardo gelido e a nessuno era permesso
entrare nella torre personale in cui lei stessa si era rinchiusa dopo
essere uscita dalla sua prigione, nessuno poteva accedere al suo Io
più reale ed autentico e nessuno poteva farlo perché
nessuno ne era davvero meritevole.
La principessa doveva proteggere se stessa e il proprio cuore
affinché nulla potesse più ferirla o farla sentire
inferiore.
La giovane donna viene tutt'ora ricordata come "La principessa di ghiaccio".
14 anni dopo...
Juvia non immaginava che il mondo fuori dall'orfanotrofio
potesse essere così incredibile, ad ogni angolo c'era qualcosa
di cui meravigliarsi e ogni nuova scoperta ne portava con sé una
ulteriore a cui seguiva un'altra ancora.
Tutto era frenetico, diverso, colorato... C'erano così tante cose da fare, da esplorare, da capire.
Era stata cacciata dal luogo della sua infanzia pochi giorni prima,
l'avevano sbattuta fuori senza nemmeno un grazie. Non che se ne
aspettasse uno in effetti.
Per quattro anni, dopo averne compiuti diciotto, si era presa cura dei
nuovi bambini, sperando di donare loro ciò che lei non aveva
avuto mentre era chiusa in quell'Inferno.
Dunque, era stata cacciata e tutto ciò era successo solo per
aver portato i bambini a giocare nel parco... Se solo si fermava a
pensare che non era lì per proteggere quei poveri bambini le
veniva mal di stomaco.
E ora si ritrovava a camminare per le strade di Magnolia con un logoro
zainetto in spalla e con addosso dei vestiti fin troppo larghi per la
sua esile figura.
Non aveva idea di dove recarsi, non aveva un posto dove stare e non
conosceva nessuno al di fuori del personale dell'orfanotrofio. Il suo
cuore iniziò ad accelerare i battiti, e se non avesse trovato un
posto dove alloggiare? Come avrebbe fatto a quel punto?
In fondo non poteva contare su nessuno che non fosse se stessa! E se nessuno avesse voluto aiutarla?
No, doveva levarsi quei brutti pensieri dalla testa. Andare in ansia
non le sarebbe certo servito in quella situazione, ci voleva calma e
sangue freddo per affrontare il tutto.
Due cose che Juvia, chiaramente, non possedeva.
Sentiva il fiato morire in gola mentre cercava disperatamente una
soluzione ai suoi problemi di alloggio, con scarsi risultati visto che
non aveva idea di come fare né da dove iniziare.
La gente che le sfrecciava affianco non si fermava a chiederle come
stesse come quando era bambina, nessuno sembrava notarla davvero e
questo le rendeva molto difficile fermare qualcuno per chiedere un
consiglio o un'indicazione di qualsiasi tipo.
E poi, ora che ci pensava bene, anche se avesse chiesto a qualcuno non era certo che le venisse data una risposta.
Juvia sbuffò cercando almeno un posto dove sedersi, erano ore
che camminava ormai e iniziavano a farle male i piedi. Le sue scarpe
non erano delle più comode e, onestamente, nemmeno delle meglio
ridotte.
C'erano buchi un po' ovunque e a Juvia venne in mente che avrebbe anche
dovuto trovare un lavoro che le permettesse di vivere dignitosamente in
una normale società.
-Che stanchezza, solo a pensarci a Juvia viene da vomitare- si disse.
Sin da piccola le era stato insegnato a parlare in modo estremamente
formale, la ragazza si riferiva dunque a se stessa utilizzando la terza
persona ma, seppure fosse abituata a farlo si rendeva conto che, fuori
dalla prigione in cui era stata rinchiusa tutto quel tempo, nessuno
parlava come lei.
Quindi, come un fulmine a ciel sereno, una nuova ansia si fece largo nella sua mente: e se non fosse riuscita ad integrarsi?
Juvia era abituata a starsene per i fatti propri, nessuno le voleva
bene o la considerava ma, nel profondo del suo cuore, aveva sempre
desiderato degli amici. Qualcuno con cui aprirsi e sfogarsi, o anche
solo qualcuno con cui ridere e giocare.
La vita le aveva riservato un tiro mancino dietro l'altro e la poverina
non era riuscita a far fronte a nessuno di essi, era totalmente sola e
non aveva idea di come affrontare la nuova vita che si presentava
dinnanzi a lei.
Non aveva nemmeno mai provato il calore di una famiglia, come sarebbe
riuscita a sopravvivere nel mondo reale? Nessuno le aveva insegnato
nulla. Certo, conosceva le basi ma non aveva mai avuto il modo di
metterle in pratica e, in tutta franchezza, a che serviva sapere come
funziona il mondo se poi non ci si è mai addentrati in esso?
Juvia si sentiva smarrita e detestava sentirsi così, odiava
dover ammettere che fuori da quel posto orrendo lei non aveva nessuno
su cui fare affidamento.
Quel posto l'aveva resa fragile, ingenua e insicura. Niente di
ciò che era avvenuto lì poteva prepararla a tutto
ciò che l'attendeva fuori.
Forse perché nessuno credeva che sarebbe mai riuscita a vederlo
quel famoso "fuori" di cui pochi avevano il coraggio di parlare; doveva
ammetterlo, dopo tutti quegli anni, persino lei aveva smesso di credere
che sarebbe mai riuscita ad uscire e una parte di lei, ben nascosta in
un angolo della sua memoria, si sentiva ancora legata a quel maledetto
Inferno.
-Hai per caso bisogno di aiuto?- trillò una voce femminile.
Juvia alzò lo sguardo: una ragazza bionda, che avrà avuto la sua età, la stava fissando con insistenza.
-Come?-
-Ti serve una mano?- ripeté la ragazza alzando appena il tono della voce.
-Juvia non avrebbe idea di cosa chiederti...- mormorò lei abbassando lo sguardo.
-Tanto per cominciare ora so che ti chiami Juvia, io sono Lucy- disse
la ragazza mentre le rivolgeva un sorriso radioso :-Ora, passiamo alla
parte importante... Hai l'aria smarrita, hai bisogno che ti indichi la
via per raggiungere un luogo in particolare?-
-Ecco... Juvia non sa... Ehm...-
-Certo! Eppure era abbastanza evidente! Non sei di qui vero? Ti sei persa e non sai come tornare all'hotel-.
-Juvia non ha una casa- mormorò, finalmente, la ragazza.
Lucy sgranò gli occhi :-Ma come no? Scusa e perché non
l'hai detto subito?- esclamò :-Vieni, ho il posto che fa al caso
tuo-.
Juvia non sapeva se fidarsi o no di quella bizzarra ragazza, non le
sembrava normale che si rivolgesse a lei con tanta gentilezza né
le sembrava normale dare subito tanta confidenza ad un'estranea.
-Coraggio, non ti mangio mica!-
Decise di fidarsi, almeno per quella volta. Dopotutto la sua era una
situazione disperata, non aveva nemmeno un posto dove dormire per
quella notte e non aveva soldi con cui comprare da mangiare.
Ora che ci pensava, anche nel suo zaino c'era ben poco.
-Vedrai, nel posto dove ti sto portando ti potranno aiutare- disse Lucy.
-Juvia non è affatto sicura che qualcuno possa aiutarla a questo punto-.
Lucy si bloccò sui suoi passi :-Non so che cosa ti sia capitato,
non devi nemmeno dirmelo ma, credimi, il posto dove ti sto portando fa
al caso tuo. Di sicuro!-
Juvia rimase in silenzio a fissare quella ragazza, perché la stava aiutando?
-Tu non sei abituata ai gesti gentili, eh?-
Juvia scosse il capo, ovviamente non era abituata! Il luogo in cui
aveva trascorso la sua intera vita era il posto peggiore del mondo...
Ma tutto questo, chiaramente, quella ragazza non poteva proprio saperlo.
L'orfanotrofio stesso era eccezionale nell'insabbiare tutti gli abusi
che venivano rivolti ai bambini che vi alloggiavano; Juvia non
poté evitare di sentirti in colpa per essere stata cacciata, chi
avrebbe protetto quei ragazzini ora? Non che lei potesse fare molto in
effetti, non era mai stata una persona che amava i conflitti, anzi
tutto il contrario.
-Bè? Cammini o no?- incalzò la ragazza dinnanzi a lei.
Juvia si limitò ad annuire e, ignorando il dolore ai piedi, a
seguire Lucy verso questo fantomatico luogo incredibile dove voleva
condurla.
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Natsu era seduto nel soggiorno comunitario, stava guardando un film sui
draghi. Era il suo film preferito, lo aveva visto circa un centinaio di
volte da quando era bambino e non si era ancora stancato di guardarlo
dopo tutti quegli anni.
-Ancora guardi quella roba?- chiese Luxus.
Era cambiato così tanto da quando erano solo ragazzini: Luxus
adesso era alto e muscoloso, i capelli biondi erano sistemati con il
gel e, visto che praticava la boxe, aveva una cicatrice sul viso
all'altezza dell'occhio. Se l'era fatta durante un incontro.
-Non me ne stanco mai- rispose Natsu trangugiando un bicchiere di limonata.
-Fammi spazio dai-.
Natsu si spostò per lasciar sedere Luxus e gli passò il pacco di biscotti che stava mangiando.
-Cioccolato e peperoncino, solo tu puoi mangiare certa robaccia!- esclamò Luxus.
-Ridammeli allora-.
L'altro alzò gli occhi al cielo e morse uno dei biscotti, seppure con poco entusiasmo.
-Ahh! Questa è la mia parte preferita!- gridò Natsu indicando lo schermo.
-Sono tutte le tue preferite- scherzò Luxus rivolgendogli un sorriso compiaciuto.
Erza e Gray arrivarono in salotto poco dopo :-Mamma mia quanto gridate!- esclamò Gray roteando gli occhi.
-Shh! Zitti, voglio sentire!- ammonì Natsu.
-Come se non conoscessi a memoria tutte le dannate battute di quel film- ringhiò Gray.
Natsu gli lanciò un'occhiataccia ma non rispose alla
provocazione, di solito lo avrebbe fatto ma era troppo occupato a
godersi la sua scena preferita per mettersi a litigare.
Improvvisamente, il gruppetto fu destato dal suono del citofono.
-Mh? Aspettavate qualcuno?- chiese Erza.
-No, forse mio nonno sì però- rispose Luxus alzandosi per andare ad aprire.
-Non scomodarti, Mirajane è di sotto all'accoglienza- disse Gray mentre si stiracchiava.
Luxus alzò gli occhi al cielo :-Non può fare mica tutto lei-.
-Ci sono anche Lisanna ed Elfman- puntualizzò Erza.
-Siete proprio degli sfaticati- sbuffò Luxus rimettendosi a sedere.
-Oh ma insomma! La finiamo con questo casino?- gridò Natsu, lo sguardo furioso.
-Il lato negativo di condividere lo spazio con altre persone- commentò Erza con un sorriso malizioso in viso.
-Scusate? Interrompiamo qualcosa di cruciale?- chiese una voce femminile piuttosto squillante.
Natsu si alzò di scatto, suscitando uno sghignazzo divertito dei presenti.
-Lucy! Che ci fai qui?- chiese.
-Bè, sono qui perché... Ma dove è finita? Juvia, su dai, vieni qui!-
Erza chinò la testa da un lato per cercare di vedere con chi stesse parlando Lucy.
-Ecco, lei è Juvia e se vostro nonno vorrà da oggi vivrà qui-.
Juvia sgranò gli occhi :-Non c'è nessuna procedura da svolgere?- chiese intimidita.
-Ah, forse non sei abituata a condividere la casa con tante persone?- chiese Lucy.
-No, non è quello...Prima... Bè non ha importanza-
mormorò la ragazza :-E' che Juvia non immaginava che...
Bè...-
-Non sei una di molte parole, eh?- chiese divertito Gray.
Juvia arrossì, ebbe come una sorta di déjà vu in
quel momento; quelle parole le aveva già sentite forse ma in che
contesto? Impossibile che avesse conosciuto questo ragazzo in
precedenza, eppure aveva un aria così familiare...
-Senti, lo so che può sembrare strano ma non lo è... Vedi
questo posto è una sorta di rifugio per ragazzi con disagio,
nessuno di loro è un criminale... Bè, non tutti
almeno...- spiegò Lucy :-Ma non preoccuparti, se potranno
prenderti con loro qui ti troverai benissimo ed è sempre meglio
di non avere un tetto sopra la testa-.
-Non hai una casa dunque- azzardò Luxus.
Juvia scosse il capo :-Juvia non ha nemmeno una famiglia...- mormorò.
-Di questo non preoccuparti, se inizierai a vivere qui saremo noi la
tua famiglia- esordì Natsu :-Mi sa che non sei abituata alle
persone gentili, tutto questo deve sembrarti strano-.
-Un po'- tagliò corto lei.
-Povera piccola, non devi aver avuto vita semplice- commentò Erza portandosi una mano al viso.
-Quindi, vostro nonno c'è?- incalzò Lucy.
-E' in ufficio, ti ricordi la strada? Altrimenti la accompagno io- suggerì Luxus.
-Per favore, sono qui ogni giorno da tre anni- disse Lucy alzando gli occhi al cielo :-Dai, seguimi-.
Juvia trotterellò dietro alla ragazza ma, nel processo, le sue
scarpe di scollarono definitivamente, rompendosi e facendola scivolare
in avanti. Gray, il più vicino fra gli altri, si protese verso
di lei per acchiapparla prima che raggiungesse il suolo.
-Tutto bene?- chiese.
Juvia divampò, il suo viso era di un vivido color cremisi :-J-Juvia... Sì, grazie- balbettò.
-Sono ridotte male quelle scarpe, perché non ne compri di nuove?- chiese lui.
-Juvia non ha nulla... Né una casa, né dei soldi...-
-E allora non si discute, rimarrai qui sì o sì- sentenziò Erza in tono solenne :-Vengo con voi-.
-Juvia non vuole creare problemi- mormorò la ragazza.
-Non ne crei infatti, io mi chiamo Erza. Benvenuta a casa-.
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La principessa, da troppo tempo
rimasta sola nella sua torre, trovò ciò che stava
cercando da anni: il calore di una famiglia accogliente.
Venne circondata in un abbraccio senza fine e, improvvisamente, la
pioggia incessante svanì senza lasciare tracce, spuntò il
sole e fu un sole eterno da cui la principessa non sentiva il bisogno
di ripararsi.
La torre venne sgretolata pezzo dopo pezzo, mattone dopo mattone... Non
avvenne in fretta ma lentamente, fin troppo sotto certi aspetti.
La principessa era finalmente libera di vivere, libera dalle
costrizioni e anche se ancora non ne aveva idea, avrebbe compiuto
grandi imprese grazie al supporto della sua nuova famiglia.
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