8
Capitolo
sette
Affari
di famiglia
§
-
Pansy
non ci può credere, suo cugino le sta davanti perfettamente composto
ed elegante, con quell’espressione pacifica e sinceramente
sorpresa. Ha una voglia insana di prenderlo a sberle fino a non
sentire più le mani.
-
«Come
te la passi?» esordisce lui con un sorriso affabile che gli crea un
paio di affascinanti fossette ai lati della bocca. Pansy ha una fitta
di nostalgia nel vedere quel sorriso impertinente, un tempo le
illuminava la giornata, ora la fa solo incazzare ulteriormente.
-
«Mi
prendi in giro, Bellamy? “Come te la passi?” Fai sul
serio?» mormora livida.
-
«Pansy—»,
sospira il ragazzo tirando fuori le mani dalle tasche e osservandola
con serietà.
-
«Pansy
un cazzo! Cosa!? Eh?». Freme di indignazione, la ferita che aveva
meticolosamente rattoppato in quegl’anni le sembra riaprirsi
impietosa e ricominciare a sanguinare.
-
«Stai
attirando l’attenzione»;
-
«E
chissenefrega Bellamy!» sbatte il tacco del raffinato stivaletto
contro il marmo del pavimento, quasi volesse marcare un punto. «Oh
perdonami – continua con un tremendo sorriso mellifluo, colmo di
velenoso sarcasmo – non vogliamo certo che il buon nome dei Burke
venga trascinato in qualche sconveniente pettegolezzo. Ricordami,
qual è la politica della famiglia, c u g i n o? ».
-
Lui
fa un passo verso di lei, ma Pansy si tira indietro osservando
un’espressione inedita sul suo volto solitamente insondabile; se
non fosse così furiosa lo troverebbe quasi buffo.
-
«Sei
arrabbiata d’accordo»,
-
«Arrabbiata?
Oh no! Io sono incazzata! Cos’è una rimpatriata questa? Vi siete
improvvisamente ricordati di avere una nipote? Mi devo aspettare
nonna per caso?».
-
Bellamy
la guarda in silenzio, manda giù il boccone amaro e riprende con
tono calmo:
-
«Sono
qui per lavoro, ci sono solo io». La ragazza si mordicchia il
labbro, cercando di chiudere qualsiasi emozione sotto uno strato di
indifferenza e sarcasmo.
-
«Bene,
non avrei sopportato di vedere le facce del resto della famiglia. La
tua basta a nausearmi a sufficienza» sbotta cattiva. Si stringe
nelle spalle, percependo solo freddo intorno a lei. Si sente
sopraffatta.
-
«Pansy?».
-
La
voce calda e ferma di Harry penetra dolcemente quello strato di
invisibile gelo che la sta avvolgendo, il suo corpo tende
involontariamente verso di lui; appena sopraggiunto e con
un’espressione preoccupata e seria stampata sul bel volto.
-
Pansy
si vergogna, abbassa il capo per un attimo e poi lo rialza sdegnosa.
-
«Va
tutto bene?» chiede avvicinandosi a lei con un senso di protezione e
fissando il ragazzo che gli sta di fronte con circospezione.
-
«Oh
alla grande! Harry lascia che ti presenti il mio fantastico cugino,
Bellamy Burke», non vuole che lui la veda così… antipatica,
sarcastica, com’era ai tempi della scuola, ma davvero il suo cuore
non può sopportare oltre.
-
«Sai
sono imparentata con gli irreprensibili Burke, ma attenzione! A volte
basta solo la tua insulsa esistenza a offenderli… - si volta verso
il cugino indossando un sorriso spietato – e non esitano ad
abbandonarti nel momento del bisogno», lo guarda e gli sembra di
aver scorto, nei suoi occhi, della tristezza? Deve esserselo
sicuramente immaginato. «E io non so che farmene di una famiglia
così» conclude con rancore. Poi il suo fiato si spezza e si gira
verso Harry, i loro sguardi si sfiorano e i suoi occhi si dilatano
rendendosi conto di ciò che ha appena detto. Si porta una mano alla
bocca vergognandosi, rapida si incammina verso la folla desiderando
che questa la inghiottisca.
-
-
Si
rannicchia contro una parete e comincia a singhiozzare nascondendo il
capo contro le ginocchia raccolte. Ha fatto una figura meschina,
come, come ha potuto dire una cosa del genere davanti a Harry? Dopo
quella scenata non le avrebbe più rivolto la parola, si sarà
sicuramente pentito di essere venuto con lei. Il cuore della
ragazza sembra incapace di battere regolarmente, il battito è
sofferente, singhiozzante come lei; se non avesse incontrato Bellamy…
Dovrà rinunciare all’ex gryffindor ancora prima che possa esserci
una possibilità concreta, ma forse – mormora malevola una vocina
interiore – non c’è mai stata, ne mai ci sarà; non per una come
lei.
-
«Pansy!
Godric ti ho trovata!».
-
Harry
sospira di sollievo; come se n’è andata le è stato subito dietro,
l’ha persa per qualche istante in mezzo alla calca di ospiti ma ora
è riuscito a ritrovarla. Le si fa accanto e il suo stomaco si
rimescola afflitto nel vederla così fragile. Le accarezza il capo
con attenzione.
-
«Pansy
guardami», ma la ragazza scuote il capo senza azzardarsi a
sollevarlo. È testarda, ma Harry, se possibile, lo è ancora di più.
-
«Per
favore, non ho intenzione di lasciarti così. Guardami, parlami...»;
l’auror sta andando leggermente nel panico, sta quasi pensando di
sollevarla di peso e smaterializzarsi quando, senza alzare la testa,
la sente mormorare:
-
«Dovresti
lasciarmi perdere invece, non faccio altro che ferirti».
-
Harry
resta impietrito a quelle parole, si sente scosso nel profondo. Non
gli piace vederla così, non gli piace vedere Pansy così… .
-
«Che
stai dicendo?».
-
Mesta
la medimaga solleva il volto e lo guarda con occhi arrossati ed
emozionati, mentre lui la osserva incapace di comprendere il
miscuglio di sensazioni che gli si agitano dentro.
-
«Che
sono una persona meschina! Ti volevo dare in pasto ai Mangiamorte ad
Hogwarts e poi ti sbatto in faccia che vorrei non avere la famiglia
che ho, quando tu… tu…» la voce scivola bassa e sepolcrale, ma
si interrompe perché Harry l’afferra e l’abbraccia stretta.
-
La
mora sa che non dovrebbe, eppure si aggrappa a quelle spalle,
sollevata, le dita afferrano grate la giacca e la stringono
sconvolte; assapora il suo profumo fresco ma scuro, virile.
-
«Non
lasciarmi», le sussurra dolcemente prima di smaterializzarsi
entrambi.
-
-
Avere
Pansy tra le braccia lo sconvolge in modo inaspettato, un lungo e
sottile brivido gli percorre le membra, un tepore gli si propaga dal
centro. Quando lei si scosta, retrocedendo, Harry è costretto a
trattenersi ed imporsi calma per non afferrarla e riportarla dov’era.
La sua reazione lo destabilizza: mai ha provato una sensazione tanto
totalizzante quanto impulsiva.
-
«Dove
siamo?» domanda la ragazza cercando di sistemarsi i capelli e il
trucco con gesti nervosi.
-
«A
Londra», l’auror le prende la mano, in automatico quasi senza
accorgersene, mentre Pansy si lascia nuovamente guidare, emozionata
ma senza osare a sciogliere quell’intreccio, che lei trova
perfetto.
-
Dopo
qualche metro i due raggiungono un piccolo locale che si rivela
essere la pasticceria preferita dall’ex gryffindor: piccola,
elegante ed intima.
-
I
due si siedono in uno dei tavoli in legno imbiancati in fondo alla
stanza e ordinano del tè caldo insieme ad una fetta di dolce, Pansy
è piacevolmente sconvolta dalla varietà delle torte che servono.
-
«Ti
va di parlarne?» chiede cauto Harry dopo essere stati serviti.
-
La
ragazza si concede un altro piccolo boccone della sacher che ha
scelto, prima di annuire.
-
«Mia
madre era un Burke, da quanto so era la prediletta di mia nonna –
Salomé – e fino a quando non morì, poco prima di iniziare
Hogwarts, passavo spesso le mie giornate a Burke Mansion in
compagnia di Bellamy e Winnie, sua sorella. Per me Bellamy era come
un principe – un lieve sorriso nostalgico increspa le sue labbra –
eravamo molto legati. Dopo la morte di mia madre, nonna decise che
per lei restare lì era troppo doloroso e così si portò dietro il
resto della famiglia, mio zio Tobias non ebbe obiezioni e si
trasferirono in Francia. A quel tempo, nei circoli Purosangue,
iniziavano a circolare le prime notizie riguardo il S-Signore Oscuro
e loro non volevano più essere coinvolti». Harry ascolta in
religioso silenzio, avverte però una sensazione di disagio, intuisce
che ciò che gli sta raccontando non è che il preambolo e difatti
quel sorriso malinconico muta in una smorfia sardonica.
-
«Devi
capire che per mio padre, io, non sono mai stata altro che un
investimento. Qualcosa da mettere a frutto, un mezzo» Pansy solleva
appena le sue iridi chiare, timorosa di scorgere del biasimo in
quelle smeraldine e vive di Harry, ma lui sostiene il suo sguardo,
invitandola con un cenno a proseguire.
-
«Beh
per tagliare il becco all’ippogrifo, quando ero all’ultimo anno
mi combinò un matrimonio con uno dei Mangiamorte più vicini a-a
Lui… - Harry inghiottì a vuoto, un moto di velenosa rabbia
si agitò in lui – terminato l’anno mi sarei dovuta sposare; per
mesi l’ansia mi ha divorato, non riuscivo a mangiare, dormire era
impensabile, senza contare che la situazione a scuola era
terrificante anche per noi slytherin. Io non vedevo via d’uscita,
davvero Harry, io- io non sapevo che fare» friziona incontrollata le
mani fra loro al ricordo di quel periodo della sua vita, osserva poi
con piacere la mano di Harry che, gentile, copre le sue come a
volerla rassicurare.
-
«Dopo
aver parlato con Draco e Theo, decisi che non potevo più restare in
quel limbo: così preparai una pozione che mi provocò degli effetti
abbastanza forti da obbligare Piton a farmi ricoverare al St.
Mungo—»; «Pansy—».
-
«Non
volevo farmi davvero del male, volevo solo del tempo per per capire
cosa fare! Avevo scritto una lettera a mia nonna, spiegandole la
situazione, pregandola di proteggermi, di permettermi di raggiungerli
in Francia e stare con loro. – abbassa il capo come sconfitta da
quel ricordo, Harry le stringe le mani con la sua, comprensivo –
Non mi rispose. Io non so il motivo, ma attesi in quel letto di
ospedale invano, in un loro cenno – ridacchia senza allegria – e
invece venne Eliza in mio soccorso. Capì subito il mio assurdo
piano, ma contrariamente a quanto pensassi mi offri protezione. Disse
che il mio patetico tentativo aveva dimostrato che avevo delle
doti interessanti per una carriera in medimagia e così mi aggrappai
a quello spiraglio, poi tu e la guerra avete fatto il resto» termina
la sua storia con un sorriso desolato ma sente di aver fatto bene a
raccontarla.
-
«Mi
dispiace Pansy per quello che hai passato, davvero.», lei annuisce
piano, sa che è sincero lo può scorgere nel suo volto aperto e nel
suo sguardo intenso. Si chiede se Harry sia consapevole di quanto
possa essere profondo il suo sguardo.
-
«E’
troppo strano da parte mia dire che nonostante tutto sono contento
che tu sia rimasta? Non avrei avuto modo di conoscere la vera Pansy
se tu fossi andata in Francia», ridacchia impacciato lui,
grattandosi nervosamente i folti capelli. L’ex slytherin cerca di
nascondere l’espressione lusingata che le fa tingere di porpora le
guance.
-
«Non
mi porti rancore per quello che ho detto prima della battaglia?»
mormora piano, la paura che le resta impigliata fra il cuore e la
gola.
-
Harry
si sporge verso di lei, cercando un contatto di sguardi.
-
«No.
Stavi cercando di preservare te stessa, fossi stato al tuo posto chi
può dire cosa avrei detto o fatto? Sto cercando di smettere di
giudicare senza conoscere. E questa sera tu mi hai aiutato a capire,
grazie per aver condiviso il tuo passato con me» le dice serio.
-
La
mora si perde nei suoi occhi, mentre il cuore è completamente rapito
dal ragazzo che le sta di fronte; non è una semplice cotta. La
consapevolezza le arriva piano, cheta ma inesorabile, non è più una
semplice cotta, è diventato qualcosa di più profondo, ora lo sa con
certezza.
_______________________________________________________________________________________
Con
calma ma si va avanti, lenta ma inesorabile! Eccoci qui con un nuovo
capitolo, in cui viene svelato il passato di Pansy e per fortuna che
non volevo creare drammi, ma ho pensato che nonostante tutto le vite
degli slytherin non dovessero essere state così semplici,
d'altronde erano ragazzini incastrati in una società elitaria
alquanto rigida se non settaria. Mi sono sempre chiesta come potesse
essere la vita dall'altro lato della barricata, magari sono andata un
po' oltre ma questo è ciò che ne è uscito.
Bellamy Burke è un mio
carissimo OC, così come l'intera famiglia Burke che prima o poi
mi piacerebbe far comparire, ma non in questa ff. Chissà
progetti in cantiere ce ne sarebbero.
Tengo a sottolinare che Pansy non
aveva intenzione di farsi del male, ma voleva - almeno apparentemente,
anche solo per un po' - uscire dall'ambiente opprimente che vigeva ad
Hogwarts e casa sua, con quello che la aspettava lì, non era per
lei un rifugio sicuro. Spero vivamente che possiate comprendere quanto sto dicendo.
Grazie
a chi è giunto fino a qui e a chi vorrà lasciarmi un
commento anche piccolino su questa storia! Ci si vede al prossimo
capitolo!
|