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Autore: Asia Dreamcatcher    04/11/2023    2 recensioni
[dal primo capitolo]
"«È strano» esordisce Harry mentre cerca stoicamente di tenere a bada il dolore.
«Mh?»
«Tu. - le parole gli escono senza che abbia il tempo di rifletterci – voglio dire, non avrei mai pensato di vederti in questa veste, ecco» Harry strizza gli occhi in difficoltà, ha il terribile presentimento che le parole gli siano uscite tutte storte [...]
Pansy si lascia sfuggire un sospiro [...] «Il tempo cambia le cose»"
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Pansy Parkinson, Vari personaggi | Coppie: Harry/Pansy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo sette

Affari di famiglia


§


Pansy non ci può credere, suo cugino le sta davanti perfettamente composto ed elegante, con quell’espressione pacifica e sinceramente sorpresa. Ha una voglia insana di prenderlo a sberle fino a non sentire più le mani.
«Come te la passi?» esordisce lui con un sorriso affabile che gli crea un paio di affascinanti fossette ai lati della bocca. Pansy ha una fitta di nostalgia nel vedere quel sorriso impertinente, un tempo le illuminava la giornata, ora la fa solo incazzare ulteriormente.
«Mi prendi in giro, Bellamy? “Come te la passi?” Fai sul serio?» mormora livida.
«Pansy», sospira il ragazzo tirando fuori le mani dalle tasche e osservandola con serietà.
«Pansy un cazzo! Cosa!? Eh?». Freme di indignazione, la ferita che aveva meticolosamente rattoppato in quegl’anni le sembra riaprirsi impietosa e ricominciare a sanguinare.
«Stai attirando l’attenzione»;
«E chissenefrega Bellamy!» sbatte il tacco del raffinato stivaletto contro il marmo del pavimento, quasi volesse marcare un punto. «Oh perdonami – continua con un tremendo sorriso mellifluo, colmo di velenoso sarcasmo – non vogliamo certo che il buon nome dei Burke venga trascinato in qualche sconveniente pettegolezzo. Ricordami, qual è la politica della famiglia, c u g i n o? ».
Lui fa un passo verso di lei, ma Pansy si tira indietro osservando un’espressione inedita sul suo volto solitamente insondabile; se non fosse così furiosa lo troverebbe quasi buffo.
«Sei arrabbiata d’accordo»,
«Arrabbiata? Oh no! Io sono incazzata! Cos’è una rimpatriata questa? Vi siete improvvisamente ricordati di avere una nipote? Mi devo aspettare nonna per caso?».
Bellamy la guarda in silenzio, manda giù il boccone amaro e riprende con tono calmo:
«Sono qui per lavoro, ci sono solo io». La ragazza si mordicchia il labbro, cercando di chiudere qualsiasi emozione sotto uno strato di indifferenza e sarcasmo.
«Bene, non avrei sopportato di vedere le facce del resto della famiglia. La tua basta a nausearmi a sufficienza» sbotta cattiva. Si stringe nelle spalle, percependo solo freddo intorno a lei. Si sente sopraffatta.
«Pansy?».
La voce calda e ferma di Harry penetra dolcemente quello strato di invisibile gelo che la sta avvolgendo, il suo corpo tende involontariamente verso di lui; appena sopraggiunto e con un’espressione preoccupata e seria stampata sul bel volto.
Pansy si vergogna, abbassa il capo per un attimo e poi lo rialza sdegnosa.
«Va tutto bene?» chiede avvicinandosi a lei con un senso di protezione e fissando il ragazzo che gli sta di fronte con circospezione.
«Oh alla grande! Harry lascia che ti presenti il mio fantastico cugino, Bellamy Burke», non vuole che lui la veda così… antipatica, sarcastica, com’era ai tempi della scuola, ma davvero il suo cuore non può sopportare oltre.
«Sai sono imparentata con gli irreprensibili Burke, ma attenzione! A volte basta solo la tua insulsa esistenza a offenderli… - si volta verso il cugino indossando un sorriso spietato – e non esitano ad abbandonarti nel momento del bisogno», lo guarda e gli sembra di aver scorto, nei suoi occhi, della tristezza? Deve esserselo sicuramente immaginato. «E io non so che farmene di una famiglia così» conclude con rancore. Poi il suo fiato si spezza e si gira verso Harry, i loro sguardi si sfiorano e i suoi occhi si dilatano rendendosi conto di ciò che ha appena detto. Si porta una mano alla bocca vergognandosi, rapida si incammina verso la folla desiderando che questa la inghiottisca.

Si rannicchia contro una parete e comincia a singhiozzare nascondendo il capo contro le ginocchia raccolte. Ha fatto una figura meschina, come, come ha potuto dire una cosa del genere davanti a Harry? Dopo quella scenata non le avrebbe più rivolto la parola, si sarà sicuramente pentito di essere venuto con lei. Il cuore della ragazza sembra incapace di battere regolarmente, il battito è sofferente, singhiozzante come lei; se non avesse incontrato Bellamy… Dovrà rinunciare all’ex gryffindor ancora prima che possa esserci una possibilità concreta, ma forse – mormora malevola una vocina interiore – non c’è mai stata, ne mai ci sarà; non per una come lei.
«Pansy! Godric ti ho trovata!».
Harry sospira di sollievo; come se n’è andata le è stato subito dietro, l’ha persa per qualche istante in mezzo alla calca di ospiti ma ora è riuscito a ritrovarla. Le si fa accanto e il suo stomaco si rimescola afflitto nel vederla così fragile. Le accarezza il capo con attenzione.
«Pansy guardami», ma la ragazza scuote il capo senza azzardarsi a sollevarlo. È testarda, ma Harry, se possibile, lo è ancora di più.
«Per favore, non ho intenzione di lasciarti così. Guardami, parlami...»; l’auror sta andando leggermente nel panico, sta quasi pensando di sollevarla di peso e smaterializzarsi quando, senza alzare la testa, la sente mormorare:
«Dovresti lasciarmi perdere invece, non faccio altro che ferirti».
Harry resta impietrito a quelle parole, si sente scosso nel profondo. Non gli piace vederla così, non gli piace vedere Pansy così… .
«Che stai dicendo?».
Mesta la medimaga solleva il volto e lo guarda con occhi arrossati ed emozionati, mentre lui la osserva incapace di comprendere il miscuglio di sensazioni che gli si agitano dentro.
«Che sono una persona meschina! Ti volevo dare in pasto ai Mangiamorte ad Hogwarts e poi ti sbatto in faccia che vorrei non avere la famiglia che ho, quando tu… tu…» la voce scivola bassa e sepolcrale, ma si interrompe perché Harry l’afferra e l’abbraccia stretta.
La mora sa che non dovrebbe, eppure si aggrappa a quelle spalle, sollevata, le dita afferrano grate la giacca e la stringono sconvolte; assapora il suo profumo fresco ma scuro, virile.
«Non lasciarmi», le sussurra dolcemente prima di smaterializzarsi entrambi.

Avere Pansy tra le braccia lo sconvolge in modo inaspettato, un lungo e sottile brivido gli percorre le membra, un tepore gli si propaga dal centro. Quando lei si scosta, retrocedendo, Harry è costretto a trattenersi ed imporsi calma per non afferrarla e riportarla dov’era. La sua reazione lo destabilizza: mai ha provato una sensazione tanto totalizzante quanto impulsiva.
«Dove siamo?» domanda la ragazza cercando di sistemarsi i capelli e il trucco con gesti nervosi.
«A Londra», l’auror le prende la mano, in automatico quasi senza accorgersene, mentre Pansy si lascia nuovamente guidare, emozionata ma senza osare a sciogliere quell’intreccio, che lei trova perfetto.
Dopo qualche metro i due raggiungono un piccolo locale che si rivela essere la pasticceria preferita dall’ex gryffindor: piccola, elegante ed intima.
I due si siedono in uno dei tavoli in legno imbiancati in fondo alla stanza e ordinano del tè caldo insieme ad una fetta di dolce, Pansy è piacevolmente sconvolta dalla varietà delle torte che servono.
«Ti va di parlarne?» chiede cauto Harry dopo essere stati serviti.
La ragazza si concede un altro piccolo boccone della sacher che ha scelto, prima di annuire.
«Mia madre era un Burke, da quanto so era la prediletta di mia nonna – Salomé – e fino a quando non morì, poco prima di iniziare Hogwarts, passavo spesso le mie giornate a Burke Mansion in compagnia di Bellamy e Winnie, sua sorella. Per me Bellamy era come un principe – un lieve sorriso nostalgico increspa le sue labbra – eravamo molto legati. Dopo la morte di mia madre, nonna decise che per lei restare lì era troppo doloroso e così si portò dietro il resto della famiglia, mio zio Tobias non ebbe obiezioni e si trasferirono in Francia. A quel tempo, nei circoli Purosangue, iniziavano a circolare le prime notizie riguardo il S-Signore Oscuro e loro non volevano più essere coinvolti». Harry ascolta in religioso silenzio, avverte però una sensazione di disagio, intuisce che ciò che gli sta raccontando non è che il preambolo e difatti quel sorriso malinconico muta in una smorfia sardonica.
«Devi capire che per mio padre, io, non sono mai stata altro che un investimento. Qualcosa da mettere a frutto, un mezzo» Pansy solleva appena le sue iridi chiare, timorosa di scorgere del biasimo in quelle smeraldine e vive di Harry, ma lui sostiene il suo sguardo, invitandola con un cenno a proseguire.
«Beh per tagliare il becco all’ippogrifo, quando ero all’ultimo anno mi combinò un matrimonio con uno dei Mangiamorte più vicini a-a Lui… - Harry inghiottì a vuoto, un moto di velenosa rabbia si agitò in lui – terminato l’anno mi sarei dovuta sposare; per mesi l’ansia mi ha divorato, non riuscivo a mangiare, dormire era impensabile, senza contare che la situazione a scuola era terrificante anche per noi slytherin. Io non vedevo via d’uscita, davvero Harry, io- io non sapevo che fare» friziona incontrollata le mani fra loro al ricordo di quel periodo della sua vita, osserva poi con piacere la mano di Harry che, gentile, copre le sue come a volerla rassicurare.
«Dopo aver parlato con Draco e Theo, decisi che non potevo più restare in quel limbo: così preparai una pozione che mi provocò degli effetti abbastanza forti da obbligare Piton a farmi ricoverare al St. Mungo»; «Pansy».
«Non volevo farmi davvero del male, volevo solo del tempo per per capire cosa fare! Avevo scritto una lettera a mia nonna, spiegandole la situazione, pregandola di proteggermi, di permettermi di raggiungerli in Francia e stare con loro. – abbassa il capo come sconfitta da quel ricordo, Harry le stringe le mani con la sua, comprensivo – Non mi rispose. Io non so il motivo, ma attesi in quel letto di ospedale invano, in un loro cenno – ridacchia senza allegria – e invece venne Eliza in mio soccorso. Capì subito il mio assurdo piano, ma contrariamente a quanto pensassi mi offri protezione. Disse che il mio patetico tentativo aveva dimostrato che avevo delle doti interessanti per una carriera in medimagia e così mi aggrappai a quello spiraglio, poi tu e la guerra avete fatto il resto» termina la sua storia con un sorriso desolato ma sente di aver fatto bene a raccontarla.
«Mi dispiace Pansy per quello che hai passato, davvero.», lei annuisce piano, sa che è sincero lo può scorgere nel suo volto aperto e nel suo sguardo intenso. Si chiede se Harry sia consapevole di quanto possa essere profondo il suo sguardo.
«E’ troppo strano da parte mia dire che nonostante tutto sono contento che tu sia rimasta? Non avrei avuto modo di conoscere la vera Pansy se tu fossi andata in Francia», ridacchia impacciato lui, grattandosi nervosamente i folti capelli. L’ex slytherin cerca di nascondere l’espressione lusingata che le fa tingere di porpora le guance.
«Non mi porti rancore per quello che ho detto prima della battaglia?» mormora piano, la paura che le resta impigliata fra il cuore e la gola.
Harry si sporge verso di lei, cercando un contatto di sguardi.
«No. Stavi cercando di preservare te stessa, fossi stato al tuo posto chi può dire cosa avrei detto o fatto? Sto cercando di smettere di giudicare senza conoscere. E questa sera tu mi hai aiutato a capire, grazie per aver condiviso il tuo passato con me» le dice serio.
La mora si perde nei suoi occhi, mentre il cuore è completamente rapito dal ragazzo che le sta di fronte; non è una semplice cotta. La consapevolezza le arriva piano, cheta ma inesorabile, non è più una semplice cotta, è diventato qualcosa di più profondo, ora lo sa con certezza.

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Con calma ma si va avanti, lenta ma inesorabile! Eccoci qui con un nuovo capitolo, in cui viene svelato il passato di Pansy e per fortuna che non volevo creare drammi, ma ho pensato che nonostante tutto le vite degli slytherin non dovessero essere state così semplici, d'altronde erano ragazzini incastrati in una società elitaria alquanto rigida se non settaria. Mi sono sempre chiesta come potesse essere la vita dall'altro lato della barricata, magari sono andata un po' oltre ma questo è ciò che ne è uscito.
Bellamy Burke è un mio carissimo OC, così come l'intera famiglia Burke che prima o poi mi piacerebbe far comparire, ma non in questa ff. Chissà progetti in cantiere ce ne sarebbero.

Tengo a sottolinare che Pansy non aveva intenzione di farsi del male, ma voleva - almeno apparentemente, anche solo per un po' - uscire dall'ambiente opprimente che vigeva ad Hogwarts e casa sua, con quello che la aspettava lì, non era per lei un rifugio sicuro. Spero vivamente che possiate comprendere quanto sto dicendo.

Grazie a chi è giunto fino a qui e a chi vorrà lasciarmi un commento anche piccolino su questa storia! Ci si vede al prossimo capitolo!
   
 
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